Capitolo
16
Complementary
opposites
(Ebony
& Ivory)
Reprimono il desiderio solo quelli che lo hanno tanto debole da poterlo reprimere.
William Blake, “Il matrimonio del Cielo e dell'Inferno”
Quando
siamo insieme, così vicini l'uno all'altra,
sento
che siamo come l'ebano e l'avorio
il
caldo e il freddo
il
giorno e la notte
la
luce e l'oscurità
il
bianco e il nero
l'uomo
e la donna
il
grigio e il colore
due
facce della stessa realtà
due
facce dello stesso sogno
odio
e amore
gioia
e dolore
appagamento
e insoddisfazione
disperata
ricerca
e
finale approdo
tutto
questo trova la sua unità
in
noi, con noi.
Dal diario di Lilac
Il
tassametro girava mentre la
vettura girava per le vie della capitale francese. Eve volle
prudentemente assicurarsi di avere soldi sufficienti per pagare. Li
aveva cambiati da poco. Con gli euro non sapeva proprio regolarsi.
Aveva qualche banconota da venti
e pochi spiccioli. Non era molto. Prima che la cifra diventasse
troppo alta, decise di fermare la macchina e scendere, maledicendo se
stessa per aver dato quasi tutto il denaro a sua sorella.
I
due si ritrovarono in una via della quale non conoscevano il nome.
C'erano un piccolo parco e una cabina telefonica. Eve
entrò mentre Bill rimase fuori a fare la guardia.
La
vampira estrasse da una tasca il bigliettino sul quale aveva annotato
nome e numero dell'albergo presso il quale alloggiavano Tom e sua
sorella. Digitò alcune cifre, ma non terminò il
numero, perchè
alzando lo sguardo vide davanti a sè un essere spaventoso.
“Un
lupo!” gridò, mentre la bestia scuoteva
violentemente la cabina.
Bill
corse dall'altra parte e affrontò l'animale. Gli
saltò addosso più
volte, nel tentativo di azzannarlo, ma venne sempre respinto. Eve era
impaurita. Tuttavia, ritenne necessario un suo intrvento e
così uscì
per affrontare la bestia. Tirò fuori una delle pistole che
aveva nel
cinturone, aggirò, furtiva, la cabina, e, quando si
trovò alle
spalle dell'enorme lupo, gliela puntò alla tempia. Premette
senza
esitazione il grilletto e il proiettile d'argento trapassò
il cranio
dell'animale, facendogli perdere una gran quantità di
sangue. Poi si
accertò che fosse realmente morto, tirando un calcio al
corpo,
rigirandolo: non si mosse. A quel punto corse da Bill, ancora seduto
in terra per via dell'ennesima caduta.
“Tutto
bene?” chiese.
“S-
si.” rispose, ancora scosso per lo scontro.
“Ok,
chiamo l'albergo allora.”
Rientrò
nella cabina, che non era stata danneggiata poi molto, e compose
nuovamente il numero. Si fece passare sua sorella e le chiese di
chiamare un taxi che portasse lei e Bill da quella via buia e
sconosciuta fino alll'albergo. Le chiese di pagare l'autista per lei,
dal momento che aveva quasi esaurito i soldi, e, terminata la
telefonata, uscì. Fu investita subito da un odore forte:
odore di
sangue. Si guardò intorno per cercare di capire da dove
provenisse e
vide che Bill si reggeva il braccio, dolorante.
“Tu
sei ferito!” disse. “Dammi la tua
maglietta.” aggiunse,
tirandola per un lembo.
“Eve
non vorrei che ci arrestassero per atti osceni in luogo pubblico...
Ma se davvero non riesci a resistermi beh potrei anche correre il
rischio...”
“Bill,
non fare l'idiota. Devo fasciarti il braccio. Ti medicherò
per bene
in albergo.” disse, nervosa. L'odore del sangue continuava a
sollecitare i suoi istinti. Del resto, non si nutriva da più
di un
giorno, e mantenere il controllo era davvero difficile. I suoi occhi
stavano per assumere il colore del ghiaccio e i canni iniziavano a
farsi più lunghi ed aguzzi. Scosse la testa, cercando di
reprimere
il suo desiderio di sangue.
Ad
un tratto sentì la sua testa girare e si accasciò
a terra.
“Dio!
Eve!” gridò Bill, allarmato. Si
avvicinò a lei e prese il suo
viso pallido tra le mani.
"Hai
bisogno di nutrirti, vero? Dai, prendi." disse, avvicinandole al
volto il braccio sanguinante.
"No,
non posso..."
"Poche
storie. Bevi!"
"Non
posso bere il tuo sangue... Non voglio..."
"Considerami
un animale come un altro e fai uno sforzo."
"Non
pensarci nemmeno. Potrei non fermarmi, lo sai. Non voglio ucciderti."
"Proprio
perché non vuoi non lo farai."
"Ti
fidi troppo di me."
"So
di poterlo fare. E ora, forza, bevi!"
"Bill,
io..."
"Forza!"
le ordinò.
Lei
non potè opporsi. Accostò le labbra gelide alla
ferita, senza
affondare i denti, visto che il taglio era già aperto. Il
sangue
fluì dal braccio fin nella bocca di lei, che bevve
avidamente, senza
staccarsi dalla ferita. Era completamente catturata dal suo sapore:
al fondo metallico tipico del plasma si aggiungeva un che di dolce,
che le impediva di smettere di bere.
Bill
reclinò la testa all'indietro, lasciandosi andare ad un
sospiro, un
po' per il freddo contatto tra le labbra di lei e la sua pelle e un
po' per il sangue che stava perdendo. Sentiva le sue forze venire
meno ad ogni sorso, il fiato mancargli sempre di più...ma
era pronto
a sacrificare anche la sua vita se necessario, purché lei si
rimettesse in sesto. Non le avrebbe detto di smettere: l'avrebbe
fatto da sola.
Mentre
Eve beveva, alzò leggermente lo sguardo, posandolo su di lui
che, a
bocca aperta, cercava di prendere quanta più aria potesse.
No, non
poteva appagare oltre il suo appetito a scapito della sua vita.
Solo
un altro po'...
No,
rischi di ucciderlo.
Quell'ultimo
pensiero la indusse a staccarsi dal suo braccio con decisione. Quando
lo ebbe fatto, si leccò le labbra, sulle quali era rimasto
ancora
quel sapore delizioso. Assaporò ancora quelle ultime gocce,
ad occhi
chiusi.
“Visto?”
disse il ragazzo, respirando affannosamente. “Ci sei
riuscita.”
“Per
pochissimo.” precisò lei.
“L'importante
è che tu l'abbia fatto.”
La
luce di un paio di fari li colpì in pieno. Eve
spostò lo sguardo
sulla vettura che emanava quella gran luce.
“Ecco
il taxi. Adesso andiamo in albergo.” disse.
Lo
aiutò ad alzarsi e ad arrivare alla macchina. Parlando un
perfetto
francese, chiese all'autista se era già stato pagato come
aveva
chiesto. L'uomo le rispose di si. Il silenzio che calò nei
minuti
successivi fu rotto nuovamente dal conducente, che chiese ai ragazzi
cosa fosse successo, avendo notato il braccio sanguinante di Bill
dallo specchietto retrovisore. Eve giustificò il tutto con
un'aggressione di due delinquenti del luogo.
Il
tassista commentò, indignato, la delinquenza dei giovani.
Si, doveva
essersi davvero bevuto quella storia.
Quando il taxi
giunse a destinazione, i due ringraziarono l'autista molto
gentilmente e si avviarono verso la hall, dove li attendevano Lilac e
Tom.
I quattro si abbracciarono,
felici.
“Abbiamo
preso un'altra
stanza.” disse Lilac.
“Bene...
Aspetta perché una?”
chiese Eve.
“Perché
ce ne era rimasta una
sola. Fortunatamente è sul nostro stesso piano. L'hanno
lasciata
stamattina.”
Eve si rassegnò, imprecando a
denti stretti per quella sfortunata situazione. Voleva chiedere a sua
sorella di poter dormire in stanza con lei, ma sapeva che Tom non
sarebbe mai stato disposto a cederle il suo posto.
Tom, nel frattempo, fece una
sorta di interrogatorio a Bill mentre salivano verso le rispettive
camere. Era tremendamente preoccupato per lui e gli chiedeva in
continuazione se stava bene.
Quando raggiunsero il loro piano,
il quarto, si separarono.
Mente Tom e Lilac si
addormentarono subito, esausti per il viaggio affrontato.
Nell'altra stanza, la 421, Eve,
seduta a un tavolo, medicava il braccio di Bill con gli attrezzi da
pronto soccorso che si era intelligentemente portata dietro.
“Ahia!”
disse Bill,
lamentandosi mentre lei stringeva una fascia intorno al suo braccio.
“Non
lamentarti. È già tanto
che io stia nella tua stessa stanza. Fosse per me, dormirei in
corridoio.”
“Ma, cavolo,
è stretta! Fa
male!”
“Ti ci devi
abituare. Deve
essere stretta. E poi non dirmi che un lupo come te si lascia
spaventare da una fascetta!”
“Chi, io?
No, no. Non mi stavo
lamentando. Stavo soltanto precisando.”
“Bene.
Adesso andiamo a
dormire. Mi raccomando, niente scherzi.”
“Sarò
buono, promesso.”
“Bravo
bambino. Allora
dormiamo.” dissse Eve.
I due si sdraiarono sul grande
letto matrimoniale, tenendosi a debita distanza l'uno dall'altro.
Bill si appisolò, mentre Eve continuò a rimanere
sveglia. A un
certo punto si alzò e andò verso la finestra,
dalla quale proveniva
un chiarore bluastro che illuminava leggermente le pareti bianche
della stanza. Ammirò il panorama per un po', poi fu
spaventata
dall'arrivo improvviso di un fulmine. La pioggia iniziò a
cadere
fitta, battendo violentemente sui vetri.
Bill si svegliò e, vedendola in
piedi, andò verso di lei.
“Non riesci
a dormire?”
“No.”
“C'è
qualcosa che non va?”
“Ho
paura.” confessò, quasi
senza accorgersene.
“Non averne.
Qualunque cosa
accada sarò sempre con te.”
“Preferirei
che non ci fossi.
Per colpa mia passi solo guai.”
“Quel lupo
mi ha solo colto di
sorpresa.”
“Fa lo
stesso: non voglio che
ti ritrovi in situazioni pericolose per colpa mia.”
Lui la guardava apprezzando ogni
dettaglio del suo viso: occhi del colore dell'Oceano, pronti a
diventare due specchi di ghiaccio, pelle dal candore quasi mortale,
labbra vermiglie... Dio, quanto desiderava allungare una mano verso
quel volto!
Continuò ad osservarla, quasi
accarezzandola con lo sguardo. Fu un attimo: la sua mano fece
ciò
che facevano gli occhi, e così si ritovò a
sfiorare delicatamente
le sue gote. Poi osò ancora, e si insinuò tra i
suoi capelli.
Accostò il viso al suo e le sue labbra si posarono, lievi,
su quelle
di lei.
“Che stai
facendo?”
“Niente.”
rispose per poi
tornare a baciarla con più passione.
Posò nuovamente le labbra su
quelle di lei, stavolta dischiudendole lentamente.
Eve non oppose resistenza a quel
contatto. Perché non lo stava allontanando con una spinta,
buttandolo fuori dalla stanza senza neanche aprire la porta?
Perché
rispondeva a quel bacio con tanta passione, quasi lo avesse aspettato
da tutta una vita?
La risposta era semplice: lei lo stava
davvero aspettando, senza essersene mai resa conto. A forza di
reprimere i suoi istinti, i suoi desideri e i suoi sentimenti aveva
finito per opporsi alla chimica, commettendo l'errore più
grave che
qualunque essere, mortale o immortale che fosse, potesse compiere.
Solo ora si rendeva conto di quanto fosse stata sciocca.
Le mani di lui si posarono sulle sue
spalle e la accarezzarono lievemente, procurandole brividi.
Eve strinse le sue braccia intorno al
collo di Bill, attirandolo a sé con forza.
Si staccarono per un momento e si
guardarono negli occhi.
Avrebbe voluto dirgli mille cose: mi
ami?, giurami che non mi lascerai...
Ma non proferì parola, incantata dal
suo sguardo nocciola, nel quale coglieva quel fantastico riflesso
arancione che lui aveva ogni volta che era con lei. Lasciò
solo che
lui la baciasse di nuovo e la portasse verso il letto matrimoniale,
facendola sdraiare piano. Non voleva davvero quelle risposte, non in
quel momento, perché non aveva bisogno d'altro che non fosse
lui.
Come in preda a una febbre, con un
continuo brivido che le correva lungo la schiena pallida e fredda,
iniziò a respirare convulsamente. Lui le tolse i vestiti di
dosso,
continuando a darle baci e carezze e lei fece altrettanto,
lasciandosi guidare dal suo cuore e abbandonando per una volta quella
razionalità della quale era sempre andata tanto fiera.
Il calore di quella stanza contrastava
terribilmente con il gelo e la pioggia dell'esterno. Dalla finestra,
coperta da tende bianchissime, entrava solo la luce azzurra della
notte. Fuori c'era un tempo da tempesta: la pioggia si abbatteva con
violenza sui vetri e il vento spirava impetuoso.
Bill si fermò un attimo a guardarla.
Lei era sdraiata sul morbido materasso e lui si manteneva issato
sulle braccia.
“Sei bellissima, sai?” disse,
scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Lei rimase a fissarlo.
“Non te l'ho mai detto prima, però è
così. Sono pazzo di te e non mi importa se alla fine di
tutto questo
mi considererai uno stupido.”
“Agisci sempre così impulsivamente?”
“Il 99,9% delle volte.” disse,
accennando un sorriso. “Dovresti provare anche tu. A volte
può
essere divertente.”
“E cosa pensi che stia facendo
adesso?” rispose, attirandolo a sé e baciandolo.
“Temo” disse Bill “che tutto
questo possa diventare pericoloso. Una sorta di dipendenza.”
“Troppo
tardi. Tu sei già la
mia droga. Dammi le tue allucinazioni.” rispose, guardandolo
negli
occhi con aria dolcemente maliziosa.
***
L'angolo di RosOggi faccio dei ringraziamenti veloci veloci...
Midnight of phantom: tesoro, oltre ad avermi fatto schiantare dalle risate come al solito, mi hai resa davvero felice. Sono contenta di non averti delusa. Mi raccomando, continua a seguirmi.
MissQueen: cara, a te dico poche parole, ma come sempre molto sincere: mi hai davvero commossa.
_Angel_Of_Lust_: oddio davvero ti è piaciuto? Menomale, mi sento davvero sollevata. ç____ç Stavolta perdonami ma il componimento in apertura mi deve essere uscito mentre ero ubriaca (anche se me regge benissimo l'alcol... -.-")
Gemel: è inutile che fai la santarellina... xD Ti ho beccata! Ammettilo! *indica* comunque sono felice che ti piaccia la storia. Come sai il tuo giudizio per me è fondamentale (visto che ti chiedo sempre un parere sulle mie ficcy).
Ladysimple: semplicemente GRAZIE. Sia per il commento che per l'inserimento tra le storie seguite. *si commuove*
Un grosso bacio a tutti (o forse dovrei dire a tutte, visto che il mio pubblico sembra essere esclusivamente femminile O.o).