Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: MadLucy    26/08/2017    1 recensioni
{Arya/Gendry/Jon | Jondrya | spoiler 7x5-7x6 | what if | after 7x6 | OT3 | threesome | fluff}
E solamente quando Arya glie ne diede cautamente il permesso, accettando riottosa la loro vicinanza -la sua innata sensibilità in un corpo possente, le sue guance da ragazzino ruvide di barba, era proprio come Jon, un pensiero bizzarro ma tanto comodo, come una piantina interrata di nuovo nella stessa zolla in cui è germogliata- Gendry la baciò, senza fronzoli, senza gonfiare una cosa semplice, una chiave per qualcosa, un'opportunità, una via d'uscita.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gendry Waters
Note: What if? | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
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Da quando Gendry era tornato, c'era solo l'armeria. Arya sceglieva un elmo dalla rastrelliera e glie lo porgeva -anche quando lui replicava con qualche osservazione non richiesta, glie lo porgeva. Poi si sedeva nel buco che l'assenza dell'elmo aveva lasciato sulla rastrelliera, con ai propri lati tutte quelle teste di latta. Vegliava sui suoi allenamenti, guidandoli con le proprie indicazioni. Scendeva da lì per affrontarlo direttamente solo al termine di essi, e quando lo faceva Gendry non rideva più come faceva un tempo, ma sorrideva, con non minore tenerezza -stavolta della propria, di ingenuità. Per il resto, Arya correggeva la posizione delle sue dita sull'elsa e i movimenti delle sue ginocchia dall'alto, come un gufo notturno. Erano sopravvissuti insieme e questo permetteva loro di comportarsi come nessun altro si comportava con qualcuno. Appena l'aveva visto arrivare, incolonnato insieme a Jon in quella sfilata di sopravvissuti, Arya aveva socchiuso gli occhi per sostenere la portata di quell'onda che rotolava all'indietro sulla battigia per restituire. Di Jon si era riempita come aveva fatto con la neve del nord al suo arrivo a Grande Inverno, un morso vorace, uno sbrano di inappetenza, la bocca satura, insensibilizzata di improvvisa, totale, eccessiva sazietà. Lo aveva ritratto nel proprio mondo con uno strappo, con violenza, come se da quel gesto dipendesse il perderlo o il salvarlo. Le mani di Jon nei suoi capelli le erano parse improvvisamente mortali, umane, tremanti, da soldato e non da invincibile fratello maggiore, e le era venuto da piangere di pietà per entrambi. Invece aveva semplicemente giurato a se stessa che l'avrebbe protetto da qualsiasi sfortuna, lui e le sue spalle ingobbite da un gran peso, i suoi occhi pieni di tristezza che non gli apparteneva. Poi Gendry l'aveva raggiunta. E lei non l'aveva accolto, non l'aveva ingoiato con lo sguardo. Non l'aveva attirato a sè per compensare un altro vuoto. Era rimasta distante, disarmata.
«Spingi ancora la gente, e le tiri ancora oggetti?» aveva chiesto Gendry. La sua voce era senza ferite, come se avesse dormito dal momento in cui si erano separati.
«Ogni volta che posso» aveva risposto Arya. «E tu ti comporti ancora come un idiota?»
Gendry aveva sorriso, e il tempo si era appiattito su se stesso, proiettandoli all'era della polvere sulle guance e gli abiti stracciati. «Puoi giurarci, milady.»
Arya inarcò un sopracciglio, sarcastica, senza dargli la soddisfazione di arrabbiarsi. «Non attacca più, milord.»
Gendry annuì, commosso, come se stesse dando la sua approvazione, o la sua benedizione, a ciò che vedeva -o come se constatasse realizzarsi ciò che si era figurato. «Speravo che non fossi cambiata.»
«Io invece sono convinta che si possa sempre migliorare» replicò Arya, sogghignando. «Credi ancora di essere forte?»
Non la stupiva che lui e Jon si piacessero. Il motivo per cui si era fidata di Gendry intuitivamente era la sua somiglianza con Jon -non qualcosa nell'aspetto o nel modo di fare, ma una prossimità spirituale, come se condividessero lo stesso cuore largo e calmo, la stessa profondità nel mettere radici. Forse le stesse mancanze plasmano temperamenti simili, forse Arya aveva semplicemente cercato di ricomporre il quadro dei suoi affetti. Era convinta che Gendry avrebbe fatto del bene a Jon, in qualche modo. Aveva un impatto più diretto nella vita, sapeva affermarsi con meno rimorso. Jon si defilava, di striscio, marginalizzava se stesso, faceva passare chiunque davanti. Gli serviva un po' di egoismo. Gli serviva qualcuno che non avesse bisogno di lui, che sapesse offrire aiuto senza umiliarlo, farlo ridere di se stesso -ciò che Gendry aveva fatto con lei. A un certo punto si diventa troppo pesanti per sostenersi da soli, questo Arya lo sapeva benissimo. E solo spartendo il fardello si ha l'impressione di poter smettere di venire travolti e cominciare a nuotare contro la corrente delle avversità. Gli occhi di Jon, le sue parole, erano quelli di chi è stato lasciato troppo da solo con se stesso, con il sentimento del proprio destino.
Gendry starnutiva nell'aria dell'inverno, il naso umido, il busto infagottato di pellicce, eppure sventrava nemici invisibili con attenzione, come se non volesse deludere la sorveglianza costante di Arya e imbastire uno spettacolo all'altezza. Il nord non era il suo posto, era cresciuto nei miasmi di un inferno cittadino, non in questo asettico paradiso bianco e inodore. Eppure mangiava, russava, aiutava nell'officina, come per ritrovare una parvenza della sua quotidianità, per ricostruire il suo microcosmo lì dov'era lei. Arya era così grata, così placidamente soddisfatta che lui fosse tanto vitale. La sua energia la nutriva come un ottimismo.
«Hai imparato a fare cose sorprendenti» commentò Gendry, quando lo disarmò con un gesto fluido al termine dell'allenamento, al calar del sole, quando il cielo era indaco e il vento bianco come condensa.
«Mi sono capitate cose sorprendenti» si giustificò Arya.
«Con questo non intendo dire che io sono sorpreso.»
Lei gli sfilò l'elmo dalla testa, scoprendo gli occhi dallo sguardo divertito. «Eppure ti atterro tutte le volte» ci tenne a precisare.
Gendry scosse le spalle. «Non c'è niente di che stupirsi. Tu sei sempre stata così forte, Arya, anche quando ci siamo conosciuti. L'abilità puoi averla imparata, ma questa forza è solo tua.»
Arya lo fissò, stranita. «Stai cercando di farti benvolere, per caso?»
«Ci mancherebbe altro. Mi piace non piacerti» garantì Gendry, annuendo vigorosamente. «Prendermi le botte e il resto. La merda in faccia quando si dice qualcosa di carino su di te, e via discorrendo. Farsi insultare. Davvero una meraviglia.»
«Significa che abbiamo un problema, perchè non mi va proprio di farti un piacere.» Arya gli prese le labbra bruscamente, com'erano stati tutti i loro contatti fisici, rapido e aggressivo senza un filo di violenza. Gendry, paziente, le lasciò credere che fosse un fendente come un altro, un trastullo suo che poteva scegliere del tutto come gestire. La lasciò riflettere e soppesare, il suo respiro arrabbiato che gli solleticava la bocca. E solamente quando Arya glie ne diede cautamente il permesso, accettando riottosa la loro vicinanza -la sua innata sensibilità in un corpo possente, le sue guance da ragazzino ruvide di barba, era proprio come Jon, un pensiero bizzarro ma tanto comodo, come una piantina interrata di nuovo nella stessa zolla in cui è germogliata- Gendry la baciò, senza fronzoli, senza gonfiare una cosa semplice, una chiave per qualcosa, un'opportunità, una via d'uscita. Sapeva che Arya aveva paura di quando si sarebbero staccati, di quando sarebbe apparsa scoperta, colta in flagrante con un punto debole. Quindi chiuse gli occhi, attendendo che fosse lei a scostarsi, per fuggire o restare. Lei, inaspettatamente, parlò.
«Hai paura dei reumatismi?»
«In che senso?»
Si sdraiarono sui sacchi di iuta adibiti ad attutire l'urto durante gli allenamenti, sotto la tettoia dell'armeria.
«É l'unico posto di Grande Inverno dove ancora mi sento perfettamente a casa. Le stanze sono troppo diverse... Troppo insultate. Lì è rimasto poco di sacro. Invece qua il cielo è lo stesso, e la neve è la stessa.» Con il suo brillio segreto, immoto e lontano, rinfrangeva il lucore della luna, smerigliandolo in mille sfaccettature come un prisma. Sembrava carne cruda e palpitante, qualcosa di vivo e in lotta. Gendry non poteva evitare di provare una timorosa ammirazione. Sentiva che la condivisione dell'unica parte del suo passato che non l'avesse abbandonata fosse un dono significativo da parte di Arya. Il suo volto non era triste nè pensoso, solo assorto, come sedata dalla serenità di quei ricordi. Gendry si chiese se avrebbe mai raggiunto la pace, o comunque un equilibrio sufficiente per condividersi, per presentare a un altro lo scampolo faticosamente raffazzonato di se stessa.
Quando Jon arrivò, Arya stava su un fianco con le palpebre calate e la fronte aggrottata e Gendry interrogava il cielo, apprensivo. Appena lo vide, si affrettò a sorridere.
«Ho perso la concezione del tempo, è così tardi?»
«Abbastanza da farmi preoccupare non trovandola nella sua stanza» ribattè Jon, carezzando Arya con lo sguardo. Gendry contemplò la scena dal suo punto di vista e gli parve equivoca.
«Le piace qui. Stavamo solo parlando. Tutto qua» abbozzò. Jon assunse un'espressione ironica e bonaria.
«Arya non ha bisogno di fratelli protettivi. Ha bisogno di avere intorno più persone che la amano possibili. E sono felice che abbia te» concluse dolcemente.
Gendry rise. «Lei ha detto la stessa cosa. Che tu hai noi.» Poi gli parve di cogliere un significato più viscerale, e ammutolì, incerto. Jon allargò il sorriso.
«E forse il più fortunato sono io.»
La sua figura stagliata contro la notte del nord era imponente, nonostante indossasse soltato un mantello sopra le vesti. C'era qualcosa di tacito e nobile in lui, e per essere passato da bastardo a re nel giro di pochi anni doveva di certo essere invecchiato nell'anima. La sua pareva una saggezza amara, un apprendistato dall'esperienza o una verità troppo dura. Gendry avrebbe voluto sedersi attorno a un fuoco con lui, arrostirgli un bel cinghiale pasciuto e farlo parlare, fargli sprigionare le pene rinchiuse nei precordi, farlo sfogare, confessare, e poi imparare da tutto ciò che i suoi occhi avevano visto. Eppure sembrava concedersi la morbidezza, Jon Snow, e questo lo rendeva più bello, inteneriva il suo volto. Il suo ingentilirsi con i bambini, con gli animali, il suo rispetto per l'innocenza, l'amore per sua sorella, dimostravano che anche lui era come Arya, che non era mai cambiato, che la sua forza era un muscolo elastico sviluppato e temprato, ma governato da una mente luminosa e limpida che non si era lasciata scalfire nè manipolare dalle tenebre che lo avevano avvinto. Gendry era ipnotizzato da loro, da questi santi che le sventure non avevano spezzato, che il potere non aveva assetato di sangue. Ma soprattutto Jon aveva uno scopo a cui si era votato, che guidava la sua vita. Questa determinazione, questa lealtà a una causa, era ciò che Gendry invidiava di più, e che lo rendeva più degno ai suoi occhi.
Nel frattempo, il fratello aveva preso la ragazza in braccio. «Meglio portarla a letto. Anche i guerrieri senza macchia e senza paura si prendono la febbre, ogni tanto.»
Gendry lo seguì in cima alle scale, fino alla nuova camera di Arya. Jon la posò sul materasso rigonfio con delicatezza, sfilandole gli stivali, scostandole una ciocca dal viso e sistemandole le mani lungo i fianchi, affinchè non si intorpidissero. Poi le baciò la fronte, quasi con solennità. Le sue labbra si soffermarono sulla sua pelle per un attimo.
«Se mi avessi detto fin dal primo momento in cui ci siamo conosciuti che stavi simpatico ad Arya, ti avrei ingaggiato all'istante» scherzò con Gendry. «Ha grande intuito per le persone.»
«Non sono affatto sicuro che le stessi simpatico. Mi picchiava e teneva il broncio un giorno sì e l'altro pure» rivelò lui, sedendo sul bordo del letto e rivolgendo ad Arya uno sguardo indiscretamente amorevole, ora che non poteva venire rimbrottato.
«Allora la cosa è seria» garantì Jon, scuotendo il capo, sopraffatto dal calore molle del passato che sciabordava, sotto la crosta indurita di quella realtà spietata su cui ormai lui aveva imparato a camminare. «Le dava fastidio accorgersi che le importava di qualcuno, era molto tipico suo. Ma adesso è cresciuta.» Il dispiacere per non avervi assistito era eloquente.
«Soltanto un pochino» precisò Gendry, valutando critico quanto si fosse allungata.
«Odio l'idea di tutto ciò che ha dovuto subire da sola» sospirò Jon. Adesso si stava prendendo sulle spalle anche quel dolore.
«L'ha resa ciò che lei voleva essere. Forse è stato giusto così, e c'è un disegno dietro questo caos» propose Gendry. Non aveva potuto fare altro che crederci, da quando era sopravvissuto a eventi oltre la sua immaginazione.
«Mi ricordo di prima che le nostre vite venissero stravolte, e non ci credo che non le manchi» insistette lui. Il suo sguardo era su Arya, ma pareva prendere un po' le distanze, come se l'eccessiva vicinanza fosse origine di troppa sofferenza, o lui non ne avesse il diritto.
Gendry cercò di sollevargli il morale. «Vi assomigliate, voi due. Anche se non capisco bene in cosa... Entrambi, a vedervi in mezzo a una folla, sembrate divisi da tutti gli altri. Come se nessuno potesse capirvi veramente.»
Jon sembrò apprezzare l'osservazione. «É un bene o un male?» chiese lo stesso.
«Essere se stessi va bene, però non mi sembra facile vivere in questo modo, no?» Gendry radunò le sue forze per ciò che intendeva dire dopo. «Io sono un bastardo, e so come la gente ti tratta quando lo sei. Non riesco neanche a immaginare quante tu ne abbia dovute superare per arrivare dove sei ora. Tante quante Arya, di certo. Anche per questo vi assomigliate -forse è questo. Forse siete più coraggiosi del resto della gente.» Fu contento di averlo detto, perchè Jon sorrise. Si era fidato quasi subito di lui. Aveva un destino stretto al petto che lo scaldava, e da quando abitava a Grande Inverno sembrava scaldare anche loro. Aveva il dono di farli sentire, loro che avevano avuto così poca stabilità nell'ultimo periodo delle loro vite, cose che rimangono, ancorati profondamente a tutto ciò che in passato si erano sentiti costretti a lasciare -il collante tra le loro identità confuse e i mattoni isolati delle rovine che li circondavano.
«Tu hai gli occhi di chi farà qualcosa di grande» pronunciò Jon, quasi inconsapevolmente, sbirciando in quegli occhi troppo fiammanti, troppo vispi. Gendry sembrò quasi coccolare i suoi, tale era il modo in cui lo guardò.
«Tu hai gli occhi di chi ne ha già fatte.»
«E adesso che siamo insieme, possiamo solo fare di meglio.»
«Siamo con lei» sottolineò Gendry, con riverenza e umorismo al tempo stesso. 
Lo sguardo di entrambi tornò su Arya. Gendry rimase ipnotizzato da un pensiero.
«Una volta mi disse che lei avrebbe potuto essere la mia famiglia, e a quel tempo non credetti che fosse possibile. La delusi. Ma ora...» Lasciò la frase in sospeso. I due ragazzi si guardarono e qualcosa avvenne, materialmente, al di là del loro arbitrio e discernimento. I loro visi si accostarono in fretta e si baciarono con furtiva, leggiadra irruenza, in superficie, ma con struggente concentrazione. Jon abbozzò una risata, per stemperare la vampa delle proprie guance, e tentò di darsi un tono, di scoccargli un'occhiata molto regale.
«Sei un tipetto sfacciato, lo sai?»
«Quindi permettimi di dire che dobbiamo fare in fretta, perchè Arya dorme, ma non dormirà ancora a lungo» mormorò Gendry, senza rompere il contatto delle loro labbra.
Jon indugiò. Aveva perso un fratello e un'amante, ma quell'inverno era una stagione strana, ciò che gli aveva sottratto gli stava restituendo attraverso i suoi giochi di nebbia e fumo. Poi quasi impercettibilmente annuì.
Arya sbuffò a bocca chiusa, seccata dalla loro dabbenaggine -due che sostenevano di conoscerla, e che ritenevano che una come lei fosse ancora capace di dormire sul serio.




























Note dell'Autrice: Per chi è venuto qui per il porno, dai, ve l'ho settato, non vi resta che metterci Kit, Joe (((e Maisie ehm))) e siete a posto!
Sappiate che scrivere fluff è stato difficile, perchè mi partivano doppisensi e battute che stendevano male ad ogni frase. Comunque, a parte gli scherzi, Gendry e Jon sono stati la cosa migliore di questa stagione. E, prevedendo già che nell'ultimo episodio non ci saranno reunion Jon-Arya e Arya-Gendry, mi consolo con i what if.
Grazie per aver letto, chi volesse recensire gli voglio bene!
Lucy
 
  
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