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Autore: Angie Mars Halen    29/08/2017    0 recensioni
Dopo anni trascorsi senza mai vedersi, Nikki e un’amica di vecchia data, Sydney, si rincontrano durante il periodo più difficile e turbolento per i Mötley Crüe. Questa amicizia ritrovata, però, non è sconvolgente quanto la scoperta che la ragazza vive da sola con suo figlio Francis, la cui storia risveglia in Nikki ricordi tutt’altro che piacevoli. In seguito a ciò il bassista comincia ad avvertire un legame tra loro che desidera scoprire e rinforzare in nome della sua infanzia vissuta fra spostamenti e affetti instabili. Si ritrova così a riscoprire sentimenti che aveva sempre sottovalutato e che ora vorrebbe conquistare, ma la sua peggiore abitudine è sempre pronta a trascinarlo nel buio più totale e a rendere vani i suoi sforzi.
[1987]
[Pubblicazione momentaneamente sospesa]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NIKKI





Il parco di Van Nuys era quasi deserto, fatta eccezione per qualche bambino che si arrampicava sulla torretta dello scivolo e una decina di persone che avevano deciso di fare un barbecue, riempiendo l’aria dell’odore stuzzicante della carne grigliata. Whisky era impegnato a mordicchiare un ramo che aveva trovato durante la nostra passeggiata, nascosto sotto la panchina sulla quale mi ero seduto.

Cappellino da baseball dei Lakers e Ray-Ban scuri, ero sicuro che nessuno mi avrebbe riconosciuto e che mi avrebbero scambiato per uno studente che, con i jeans puliti e una felpa blu navy del college locale, era stato costretto dalla madre a portare a spasso il cane.

Il sole di dicembre era ancora tiepido grazie alla latitudine a cui si trova Los Angeles, e il tepore dei raggi mi aveva portato ad appisolarmi sulla panchina. Probabilmente sarei caduto in un sonno profondo se una voce infantile non mi avesse svegliato di soprassalto.

“Ciao Nikki!” esclamò Francis, che pareva essersi materializzato davanti a me. “Non pensavo fossi tu perché non metti mai il cappellino, però ho riconosciuto Whisky.”

Il bambino mi fissava con gli occhi spalancati dalla gioia. Se avesse continuato a saltellare come stava facendo, avrebbe finito per attirare troppi sguardi, ovvero avrebbe creato la situazione che volevo evitare a tutti i costi.

“Fa’ piano, non urlare,” gli ordinai a bassa voce, mimando il gesto del silenzio con l’indice.

Francis si zittì all’improvviso, stranito, e mi guardò di sbieco. “Perché sei qui? Abiti qui vicino?”

“Sì, abito a Van Nuys,” risposi, poi mi guardai intorno alla ricerca di Sydney, senza però scorgerla da nessuna parte. “Tu, piuttosto, cosa fai qui da solo? Dov’è tua madre?”

Gli occhi luminosi di Francis si intristirono all’improvviso e chinò distrattamente lo sguardo su Whisky, ancora impegnato a masticare il suo bastone. “Non abito più con la mamma. Adesso sto a casa del mio papà.”

Strabuzzaigli occhi fino ad avere la sensazione che i bulbi stessero per saltare fuori dalle orbite.

Cos’aveva detto? Papà? Ma John non li aveva abbandonati?

Impiegai qualche secondo prima di riprendermi e cominciai ad agitarmi al solo pensiero che John potesse vedermi, dopodiché feci cenno a Francis di avvicinarsi e di raccontarmi cos’era successo. Dopo aver preso posto accanto a me spiegò, a parole sue, che adesso vedeva sua madre solo quando non andava a scuola e che frequentava le elementari a Van Nuys e non più a Venice. Con mio grande shock capii che John doveva essere riemerso dal nulla e che, proprio come faceva mia madre quando tornava a casa, aveva preteso di avere suo figlio tutto per sé. Mi domandai come Sydney avesse preso la situazione e, conoscendola, doveva essere furiosa non tanto perché ora poteva vedere suo figlio solo durante il finesettimana quando non doveva lavorare, quanto perché conoscesse alla perfezione che genere di persona fosse John. Sapeva che non era un tipo affidabile e che presto sarebbe tornato a fare su armi e bagagli per partire alla volta di un’altra città deludendo suo figlio, proprio come mia madre.

A quel punto pensai che la cosa migliore da fare fosse tagliare la corda da quel parco per evitare incontri sgradevoli, allora slegai frettolosamente il guinzaglio di Whisky da intorno alla gamba della panchina e lanciai via il ramo con cui stava giocando. Avevo intenzione di salutare Francis e sgusciare via, ma il bambino fu attratto da un uomo che lo chiamava ad alta voce, visibilmente preoccupato. Il soggetto in questione fece capolino da dietro un cespuglio e non ci misi più di un secondo a riconoscerlo: davanti a me, in un abbigliamento casual ma impeccabile, John incedeva vistosamente nella nostra direzione. Mi aggiustai il cappello, notando troppo tardi che una ciocca di capelli era scivolata fuori, conferendomi non più l’aria dello studente perbene del college, ma quella di uno spiantato che passa i pomeriggi al parco in cerca di un po’ di erba da quattro soldi.

“Francis, accidenti, ti avevo detto di non allontanarti troppo,” lo rimproverò suo padre, poi mi squadrò dalla testa ai piedi con un sorriso dispiaciuto, evidentemente scambiandomi per uno studente anziché per uno spiantato, tanto che aggiunse cortesemente, “Devi scusarlo se ti ha infastidito ma, come vedi, è solo un bambino.”

Gli avrei anche risposto di non preoccuparsi se Francis non mi avesse preceduto. Mi puntò contro un dito, tutto contento, ed esclamò: “Guarda, papà, che noi due ci conosciamo. È un amico della mamma.”

Beata innocenza... proprio non lo potevi evitare, eh?

John spalancò i grandi occhi azzurri, identici a quelli del figlio, e tornò a studiarmi con attenzione, mordendosi vistosamente l’interno di una guancia. Iniziai a temere che, se mi avesse riconosciuto, avrebbe potuto infervorarsi come era solito fare quando, ai tempi in cui aveva iniziato a frequentare Syd, mi vedeva in sua compagnia. Una discussione con qualcuno non era ciò di cui avevo bisogno in quel momento, né tantomeno era qualcosa a cui Francis avrebbe dovuto assistere.

Tu conosci Sydney West?” domandò poi, il tono di voce tagliente. Vedendo che non accennavo a voler rispondere, spedì Francis da quella che doveva essere la sua nuova compagna e, una volta che il bambino fu abbastanza lontano da non sentire più nulla, tornò a ripetere la domanda, alla quale risposi sollevando gli occhiali scuri. John impallidì come un lenzuolo per poi avvampare tutto d’un colpo.

“Per dio, ma tu sei coso... com’è che ti chiami?” sbottò. “Sei quell’idiota che sbavava dietro a Sydney e che ho anche preso a pugni. Come accidenti è che ti chiami, tu? Johnny Six?”

“Nikki Sixx,” lo corressi. “E se evitassi di urlare il mio nome qui in mezzo te ne sarei grato.”

“Non me ne frega niente di quanto sei famoso,” sibilò cercando di mantenere un tono basso. “Cosa ci fai tu vicino a mio figlio?”

“Ho incontrato Syd qualche mese fa, dopo sei anni che non ci vedevamo, e mi è capitato di incontrarla altre volte in cui era con Francis e me l’ha presentato. Tutto qui,” spiegai con pochi giri di parole.

John si passò una mano sul volto con fare teatrale e disperato. “Merda... vorrei sapere che cosa ci trova Sydney in quelli come te.”

“Qual è il problema?” domandai mentre mi alzavo in piedi.

Mi picchiettò la spalla con un dito per un paio di volte, gli occhi assottigliati e infuriati.

“Mettiamo subito in chiaro una cosa, d’accordo? E vedi di aprire bene le orecchie perché non mi piace ripetere le cose,” prese rumorosamente fiato e mi puntò addosso l’indice destro. “La prima cosa che farò non appena sarò arrivato a casa sarà telefonare a Sydney e dirle che con te è libera di fare quello che vuole, a patto che tu stia alla larga da mio figlio. Quelli come te non sono il tipo di persona di cui Francis ha bisogno.”

Se ne andò senza lasciarmi il tempo per ribattere e sparì dietro il cespuglio da cui era sbucato. Lo scorsi in lontananza mentre se ne andava insieme a suo figlio e a sua moglie, gesticolando animatamente con la donna, sicuramente riguardo la discussione che avevamo appena avuto.

Tornai a indossare gli occhiali scuri e mi calcai il cappello sulla testa: non mi restava che tornare a casa, inforcare la motocicletta e correre da Syd. Non che dovessi per forza arrivare prima della telefonata di John, ma sapendo che lui l’avrebbe sicuramente rimproverata con poca leggerezza per aver riallacciato i contatti con me, volevo quantomeno prepararla.

Sfrecciai lungo la 405 facendo lo slalom tra i pick-up e i camion e, una volta raggiunta Venice, rombai tra le vie strette e polverose finché non mi ritrovai davanti al cancello della palazzina di Sydney. Senza togliermi il casco, mi attaccai al campanello finché non si decise a rispondere.

“Chi è?” esclamò irritata, evidentemente colta di sorpresa.

“Sono Nikki,” risposi senza riuscire a celare l’agitazione nel mio tono di voce. “C’è un problema, fammi entrare.”

La sentii bofonchiare qualcosa prima che il cancelletto si aprisse e, quando ci ritrovammo faccia a faccia, mi accorsi che aveva ancora il fiatone.

“Mi stavo riposando e mi hai fatta saltare giù dal letto. Si può sapere cos’è successo?” domandò mentre si chiudeva la porta alle spalle.

Feci un respiro profondo per prendere coraggio e decisi di evitare inutili giri di parole. “Ho visto John.”

Sydney inarcò le sopracciglia scure. “Ah, davvero?”

“Sì,” confermai prima di sedermi sul divano, accanto a lei. “Francis mi ha trovato mentre ero al parco col cane e... be’, mi ha presentato a John, che mi ha riconosciuto subito. Credo voglia telefonarti.”

Sembrava ancora più confusa di prima. Scosse il capo e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. “Stai cercando di dirmi che John ce l’ha ancora con te da–”

“Proprio così,” la interruppi. “Non so cos’abbia contro di me dopo tutto questo tempo, ma credo che a turbarlo sia il mio lavoro. Nessuno vorrebbe una rockstar intorno al proprio figlio, non credi?”

Syd restò senza parole. Conosceva John e sapeva quanto fosse difficile fargli cambiare idea.

Il silenzio era calato nel piccolo appartamento e io avevo iniziato a fare il conto alla rovescia in attesa della famigerata chiamata del padre di Francis, che però non arrivò mai. Mi voltai allora verso Sydney, la quale si stava distrattamente fissando le mani, e attirai la sua attenzione con un colpo di tosse.

“Cosa c’è di così terribile in me da costringere un genitore ad allontanare il proprio figlio?” domandai tutto d’un fiato.

Syd sospirò e si abbandonò contro lo schienale del divano. “Io non ho mai allontanato Frankie da te.”
“Perché tu mi conosci,” borbottai. “Però perché chi non mi conosce lo fa? Perché lo ha fatto anche John?”

“Il mondo è pieno di gente che si ferma alle apparenze,” cominciò con tono piatto. “Però lasciamelo dire, Nikki, ma non è che tu faccia proprio una buona impressione. Non che sia una giustificazione valida per chi dice cose cattive su di te, però il primo impatto scatena una sorta di riflesso involontario, come quando tocchi qualcosa di bollente. Per quanto riguarda John, invece, credo che il suo sia un problema personale. Non ha mai digerito il fatto che fossimo amici, evidentemente perché era geloso, e se continua a disprezzarti tutt’ora è perché fa parte del suo carattere di merda.”

Arricciai il naso, inorridito. “Cosa crede, che possiamo tornare a prenderci a botte?”

Sydney fece spallucce. “Sicuramente no, però continuerà a vederti come una persona sgradita. Cerca di essere superiore, tanto non devi vederlo tutti i giorni.”

“Tu, invece, quando lo vedi?” domandai, più per portare il discorso verso un altro argomento che per reale interesse.

“Solo quando devo andare a prendere Frankie,” rispose. “Tutti i sabati vado a prenderlo a Van Nuys e andiamo a fare un giro insieme. Credo che dopodomani lo porterò da qualche parte a vedere gli aerei che decollano dato che, da quando gli hai raccontato dei tuoi viaggi, si è convinto che da grande farà il pilota.”

Le sue parole mi strapparono un sorriso genuino e rivissi la sera in cui, seduto sul pavimento della sua stanza, gli avevo parlato dei lunghi voli a bordo del jet della band. Allora nessuno sarebbe riuscito a immaginarmi intento a raccontare una storia a un bambino, accucciato ai piedi del suo lettino e circondato da giocattoli e disegni. Invece era successo e io, in quanto comune mortale, avevo iniziato a pensare che, in fin dei conti, un moccioso a cui raccontare storie non sarebbe stato una brutta idea, anzi, sarebbe anche stato possibile se solo non fossi incastrato in un guaio ancora più grande di me. Se mi fossi ripulito avrei potuto iniziare a pensare di avere una famiglia, il che significava avere qualcuno che mi amasse e qualcuno da amare. A pensarci bene, però, se già ora avessi voluto essere utile a qualcuno e renderlo felice, avrei potuto farlo, e l’occasione mi era appena stata servita su un piatto d’argento.

Mi voltai di scatto verso Sydney, la quale mi guardò stranita, e colsi la palla al balzo. “Anche a Van Nuys c’è un aeroporto. Se mi volete, sabato verrò con voi.”

   
 
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