行かないで
Piove.
Guardati.
Come sei patetico.
Il tuo molle corpo inzuppato d'acqua in una pozza fangosa come la tua putrida coscienza.
Ti rialzi.
Corri corri corri
E
Cadi.
Di nuovo.
Ma questa volta resti lì, ad urlare.
Contro te stesso, contro la squadra, contro il calcio.
Ma l'avevi deciso tu di abbandonare il club di atletica per unirti a loro, no? Pensi sia giusto incolpare qualcuno, o qualcosa, diverso da te stesso?
E pensi anche che sia giusto averlo lasciato lì, indietro, da solo, correndotene via come un idiota subito dopo avergli detto
Che non ce la facevi più
Che non eri forte come lui
Che te ne andavi
Che non potevi farci niente?
Adesso la tua anima ti sta graffiando il petto con gli artigli della colpa, sta facendo sanguinare il tuo cuore di parole, di azioni codarde.
Come te.
Perché tu hai sempre saputo che lui si teneva tutto dentro, che consolava te, ma che di notte al buio piangeva da solo, che incitava la squadra e poi si spaccava gli stinchi e le mani con quel gommone pur di diventare migliore.
E tu hai incolpato la squadra, tu hai incolpato lui della tua debolezza, mollandolo con parole false, con parole che devono averlo ucciso dentro metaforicamente quasi come fecero quei ventitrè pugnali con la vita del grande imperatore.
Ed adesso immerso in quella pozza urli.
Ti ci accasci con tutto il corpo, afferri i sassolini bagnati abbandonati lì in profondità e stringi la terra, più forte che puoi.
Fa male.
Urli come un forsennato al vento il tuo dolore.
E affondi le unghie in delle ginocchia fin troppo malconce
E urli
E urli
E urli
E urli
E piangi
E urli
E urli
E urli
E piangi.
Saresti in tempo per tornare indietro e riparare tutto.
Saresti in tempo per corrergli incontro, abbracciarlo, dirgli che era solo uno stupido scherzo ed asciugare, almeno per una volta, tu le sue, di lacrime.
Ma sai che non lo farai.
Perché sei un codardo.
E i codardi non si trasformano in eroi tutto d'un tratto.
Guardati le mani, sono piene di sangue, quello che continua a sgorgare dal tuo orgoglio.
Guardati le ginocchia, sono piene di fango, quello che ristagna dal tuo animo.
Guardati i vestiti, sono mezzi di pioggia, quella che ti batte inesorabile alle porte del corpo urlandoti che sei un meschino stupido codardo traditore.
E guarda lì.
Sì, proprio lì, in tasca.
'Tanti auguri Kazemaru!'
Pensavi forse che anche lui se ne fosse scordato?
Ti rialzi.
E corri.
E corri
E corri
E corri
E caschi
E corri
Ed adesso sei di nuovo lì, al porto.
Ma davanti a te c'è solo un limpido mare mosso.
Ed urli
Ed urli
E urli
E urli
E urli
Un nome
Un nome che ti è sfuggito dalle dita come sabbia in balia del vento.
Per sempre.