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Autore: GreyHol    31/08/2017    2 recensioni
Sasuke avrebbe sacrificato la vita per Satana, l'unica creatura che gli recava conforto ed affetto in quel mondo velenoso ed a lui estraneo. La sua esistenza si è sempre rivelata monotona, ma al contempo piacevole, costituita da sacrifici e riti che soddisfavano i suoi istinti più oscuri.
Quando però sperimenta l'amore, tutto viene stravolto: di fronte a quegli occhi azzurri, Sasuke si indebolisce e, suo malgrado, si ammorbidisce.
Ma una mente malata non guarisce così in fretta, e certi sentimenti malsani non possono essere repressi.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Karin, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sakura, Naruto/Sasuke, Sasuke/Karin
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Prologo

 

“A te Naruto, che a me dolore hai causato,

vendetta ho designato.

A te, che a me cattiveria hai donato,

vendetta ho designato.

A te, che in me odio hai trascinato,

vendetta ho designato.

 

Che il tuo destino da me venga alterato,

il tuo stesso male ora ti ho irrogato,

per non concederti più di compiere danno alcuno

il tuo buio maledirò per cent'anni, ora giuro.”

 

Sasuke afferrò con sicurezza la candela affiancò a sé, nera quanto la sua anima ed i suoi contorti pensieri in quell'istante. La rimirò leggermente tra le dita, permettendo alla flebile luce che filtrava tra i rami e le foglie degli alberi di illuminarne i dettagli, mentre, con la mano sinistra, avvicinava il sottile foglio sul quale aveva quasi inciso il nome del giovane ragazzo che tanto sognava fosse privo di vita.

Le fiamme iniziarono a scorrere, lentamente, mutando forma e colore, in una danza che le vedeva piroettare all'unisono ed allontanarsi, prendersi per mano e cambiare direzione, secondo una melodia disarmonica ed irregolare. Sasuke risultò quasi estasiato dalla trasformazione da carta in cenere, come fosse stato un innocente bimbo che ammirava quello spettacolo per la prima volta. Ma di puro egli nulla poteva vantare, in verità: solo odio e violenza abitavano il suo animo in quel momento, sopprimendo qualunque altra emozione ed acquisendo totale controllo della sua coscienza.

Quando anche l'ultimo angolo venne disintegrato, un brivido percorse la sua pallida e gracile schiena. Percepiva un'indefinita forza scorrergli nelle vene, quasi inebriante, come se qualcuno si fosse impossessato di lui e del suo debole corpo, per concedergli di realizzare il malocchio al massimo della sua energia.

Sentiva che qualcosa sarebbe accaduto, nei giorni seguenti. Qualcosa di particolarmente oscuro, che la mente umana non era nemmeno in grado di progettare, né tantomeno di immaginare. Solo Lucifero, grazie a quella spietatezza che definiva il suo magnanimo carattere, poteva esserne l'artefice, tant'era altruista nei confronti del moro; perché lui era consapevole di essere amato, e, finalmente, Satana avrebbe dimostrato i suoi sentimenti rovinando Naruto.

Eppure, nonostante questa consapevolezza, mentre si accingeva a terminare la sua opera, gettando la polvere nera nel fiume di fronte a sé (a simboleggiare la sperata scomparsa dell'odiato), Sasuke scoppiò in un pianto disperato, che gli provocò un vivace rossore sul volto, in contrasto con la sua carnagione bianca quanto il latte. Le lacrime sgorgavano in fretta, rigandogli profondamente il viso, impazienti di fiondarsi al suolo.

Si era messo a nudo di fronte alla Bestia, per la prima volta, presentandole tutte le debolezze che per anni aveva tentato di celare. Si vergognava così tanto, a comportarsi in una maniera così infantile di fronte alla gloria del suo Dio, con il cervello che annegava tra mille pensieri negativi e peccaminosi che nemmeno lui stesso comprendeva. Detestava essere così fragile, talmente suscettibile alla pressione e all'amore che riservava segretamente, che tendeva a distruggerlo, a spezzarlo in due con prepotenza.

D'improvviso, naufragando in un mare infinito che ovattava i suoi sensi, riuscì a percepire un flebile sussurro, che, con l'avanzare del tempo, si rendeva sempre più chiaro e limpido, anche se le parole pronunciate si dimostravano a lui incomprensibili. Pareva quasi una formula magica, impossibile da crittografare ma palesemente dall'immenso influsso. Quella voce dal tono rassicurante, accorsa in suo aiuto all'insorgere dei suoi bisogni più tristi ed umani, si era ora limitata ad una sorta di affettuosa ma ossessiva cantilena, che tintinnava nella sua testa senza alcun timore.

Magari era solo l'effetto della droga. O forse, e il moro se lo augurava sinceramente, qualche presenza aveva seriamente deciso di consolarlo.

Così, cullato da quella dolce melodia che ebbe l'onore di ripresentarsi ripetutamente durante le settimane successive, trovò il coraggio di cercare una stabilità in sé, indipendentemente da quanto fosse scosso o da quanto fossero bagnate le sue guance, spegnendo con le dita umide la sua candela e rollando l'ennesima canna.

Alzò gli occhi al cielo, perso nel nulla più assoluto.

Voleva contemplare la morte di quel ragazzo in prima persona, gioirne, goderne, restare assuefatto da quelle immagini a vita. Quello stronzo meritava solo di sprofondare in un sonno eterno, con l'anima ed il corpo consumati, frantumati, sgretolati, allo stesso modo in cui, con un'indifferenza estremamente dolorosa, lui aveva consumato, frantumato, sgretolato il suo cuore.

 

 

 

   
 
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