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Autore: Usagi    31/08/2017    2 recensioni
Seguito de "Il Richiamo della Terra". Per Hitomi è l'inizio di una nuova vita insieme all'uomo che ama, tuttavia tra responsabilità e una Gaea da ricostruire, il suo destino si intreccerà ancora una volta con quello dell'antico popolo di Atlantide. « E' giunto il momento di sperimentare le potenzialità della Macchina di Atlantide. » Storia revisionata al 05/2017 e attualmente in prosecuzione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merle, Millerna Aston, Nuovo personaggio, Van Fanel
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Cieli di Gaea '
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«L’Ultimo Paradiso»


7
Venti di guerra

« Le guerre sono inutili. Non ci si guadagna nulla,
non ci si crea nulla. Servono solo a distruggere le cose e le persone.
Proprio io che come mercante vivo del valore delle cose
non posso fare niente per impedire che esse vengano distrutte.
Ironia della sorte.
»

 

Il pugno si chiuse direttamente sulla guancia dell’uomo, spostando il viso di qualche centimetro.
Il prigioniero rischiò quasi di cadere di lato all’impatto, ma all’ultimo fu in grado di sostenersi dalla sedia sulla quale era seduto e non finire al suolo.
« Ti ho detto di dirmi quello che sai! »
La voce del Re di Fanelia suonava imperiosa ma neanche il Cavaliere Celeste Allen Schezar avrebbe potuto impedire che Van scatenasse la sua furia: era il terzo prigioniero che interrogava e nessuno di loro sembrava intenzionato a collaborare.
« Onore a Basram. » mormorò l’uomo, riportando il volto e lo sguardo sul sovrano di Fanelia.
Un lampo brillò negli occhi del Re che mosse un altro passo e lo afferrò per il bavero del colletto. Indossava ancora l’armatura leggera con cui l’avevano trovato, all’interno del guymelef. Gli erano state legate le mani e i piedi, impedendogli di muoversi durante l’interrogatorio che inizialmente era stato condotto da alcuni uomini.
« Basram non è più qui. Il tuo signore ti ha lasciato alla mia mercé! » scandì Van, con una calma che palesava la sua ira.
L’uomo sorrise, incurante che metà del suo volto stesse già iniziando a gonfiarsi.
« Questo non ha alcuna importanza, adesso. Egli ci ha scelto come i più meritevoli per servirlo, per compiere il suo grande progetto. »
Van allentò la presa.
« Di che cosa stai parlando? »
L’uomo sembrò incerto per qualche istante, come se stesse misurando le successive parole. Van strinse un pugno, pronto a colpirlo di nuovo, ma la mano di Allen si posò sulla spalla. Voltandosi, il Re di Fanelia vide il Cavaliere Celeste scuotere il capo in una muta richiesta di avere pazienza, ancora una volta.
Il prigionierò sollevò lo sguardo.
« Far tornare su Gaea l’antico potere di Atlantide, la Torre che realizza i tutti desideri degli uomini! »
Van e Allen rimasero di stucco, incapaci di credere che un soldato conoscesse qualcosa di simile.
« E questo che cosa ha a che fare con Hitomi? »
Il prigioniero accennò ad un sorriso e scosse il capo.
« Chi credete possa compiere una cosa del genere? Soltanto la Ragazza della Luna dell’Illusione ha un simile potere! »
« I vostri tentativi saranno inutili. Non sarà mai disposta ad aiutarvi. » intervenne Allen, mettendosi di fronte l’uomo.
« Non serve che lo voglia. » ghignò.
Van si scostò da Allen e questa volta gli assestò un pugno sullo stomaco.
L’uomo si piegò in avanti gli occhi spalacanti e il respiro spezzato poi perse i sensi.
Il Re di Fanelia lasciò la stanza subito dopo.
L’interrogatorio era finito.


Vide il cielo farsi sempre più chiaro mano a mano che il sole sorgeva.
Neanche le tenebre erano riuscite a farla decidere di riposare un po’, nonostante fosse distrutta fisicamente e non solo.
Hitomi non era disposta ad arrendersi così facilmente. Aveva trascorso ciò che rimaneva della notte pensando ad un modo per fuggire, anche se aveva realizzato in breve che sarebbe stato impossibile farlo fino a quando si trovavano in viaggio. Un’altra idea che le era balenata in mente era stata quella di trovare un modo per comunicare il luogo della sua destinazione. Sapeva che i suoi poteri le avrebbero potuto permettere di connettersi a Van, ma quella era una capacità che si manifestava raramente e solo in presenza di un grave pericolo. Era qualcosa che andava al di là della sua consapevolezza, almeno fino a quel momento, non aveva mai sentito la necessità di esercitarsi sulla nuova espressione che avevano assunto i suoi poteri e adesso si trovava nella condizione di maledirsi perché non lo aveva mai fatto.
I poteri che Gaea le aveva donato, attraverso lo spirito che aveva tornato a dare vita alla sua anima perduta, le erano sconosciuti e quasi del tutto inesplorati. Probabilmente non sarebbe mai stata in grado di comprenderli del tutto, fino in fondo, ma adesso le avrebbe fatto comodo riuscire ad aprire un canale di comunicazione con Van quanto meno per fargli sapere che, nonostante tutto, stava bene.
Il suo sguardo venne attirato all’esterno, dove la piccola finestra rivelava che stavano scendendo di quota.
Si sollevò in piedi, cercando di osservare meglio l’esterno.
Non riuscì a vedere molto, se non che dovevano essersi abbassati di parecchio visto che adesso i rilievi montuosi erano più vicini e ad un’altitudine minore.
Nonostante non avesse ancora ben chiara la geografia di Gaea, sapeva che Zaibach era molto più lontana e non sarebbe stato possibile raggiungerla in poco più di una notte.
Non vi era alcun dubbio del fatto che stessero scendendo di quota, però.
Infatti, dopo poco meno di mezz’ora atterrarono.
Dovevano trovarsi in un luogo disabitato poiché non vi era alcuna costruzione intorno.
Dalla finestra non riusciva a vedere granché, eppure, quel luogo le sembrava piuttosto familiare.
Sentì il chiavistello della sua cabina aprirsi dall’esterno e istintivamente si avvicinò alla parete, il che equivalse – in realtà – a fare mezzo passo all’indietro.
Rakos aprì la porta.
« Immaginavo di trovarvi sveglia. Spero che il viaggio non sia stato troppo scomodo, fino ad ora. »
Hitomi si raddrizzò. « Un prigioniero è comunque un prigioniero. »
L’uomo sembrò per un momento sorpreso da quelle parole.
« I miei modi saranno stati bruschi e di certo vi ho condotto qui contro la vostra volontà. Ma vi prego di considerarvi mia ospite, poiché non vi sarà fatta mancare alcuna cortesia anche una volta raggiunta Zaibach. »
Hitomi non era particolarmente d’accordo con quell’affermazione, ma decise di soprassedere: aveva una domanda ben più urgente.
« Questa non è Zaibach. »
L’uomo annuì. « Ci troviamo ai confini del regno di Cesario.  Questa nave è veloce, ma l’energia che alimenta i nostri massi galleggianti si esaurisce rapidamente. Anche con gli energyst in nostro possesso non possiamo ripartire subito. »
Hitomi non ne sapeva abbastanza da poter dire qualcosa, ma si limitò solo ad annuire.
Poi accadde qualcosa di totalmente inaspettato: il suo stomaco produsse un suono inconfondibile. Lei abbassò lo sguardo, sentendo le guance diventare calde, ma si impose con orgoglio di non dire una parola. Il volto di Rakos si distese in un sorriso.
« E’ normale che abbiate fame, venite. » si voltò, facendo per uscire dalla porta della cabina.
Hitomi rimase immobile, perplessa. Incerta sul da farsi.
« Non vi lascerò di certo morire di fame, non credete? Immagino vogliate anche uscire un po’ all’esterno. »
E quella gentilezza da dove veniva fuori?

Sentì il verso di un drago in lontanza. « Proprio per questo motivo dobbiamo cambiare il destino di coloro che cercano solo il sangue. » aveva detto Folken salvandola da morte certa, il giorno in cui si era riconciliato con Van, in una Fanelia distrutta e invasa dai draghi.

Sobbalzò, riaprendo e chiudendo gli occhi di scatto.
Rakos di Basram si era fermato a guardarla. Hitomi riuscì a riavere il controllo sui propri pensieri.
Cos’era stata? Una visione? Per un momento il profilo di Rakos le aveva ricordato quella di Folken o forse era stata la sua immaginazione.
Non aveva molte alternative.
Lo seguì.

« E così neanche il nostro Re di Fanelia è riuscito a scoprire qualcosa di più. »
Allen non sapeva neanche per quale motivo era andato da Dryden a parlarne. In genere, in queste situazioni, l’astuto mercante sapeva essere sagace e fastidioso al tempo stesso. Nonostante detestasse ammetterlo, quell’uomo era l’unico capace di vedere le cose da un punto di vista diverso da tutti gli altri. In quei casi si dimostrava una vivace intelligenza che più di una volta aveva permesso a tutti loro di venire fuori da situazioni di stallo come quella.
« Mi sembra ovvio quale sia la conclusione più logica. » Dryden si era portato gli occhiali sottili fin sulla punta del naso. Allen non aveva ancora capito se li indossasse per qualche ragione o se lo facesse per vezzo.
« E quale sarebbe? »
L’uomo si sollevò in piedi.
« Dobbiamo attaccare Basram per primi. È chiaro. »
Il Cavaliere Celeste faticò a credere che quelle parole fossero uscite da un tipo come Dryden.
L’uomo però sembrava avere delle buone motivazioni.
L’incertezza di Allen venne dissipata poco dopo, quando il reggente di Asturia spiegò la sua idea.
Il Cavaliere Celeste aveva solo un appunto da fare.
« Non credo che quest’idea piacerà molto a Van. »
Dryden si fece serio.
« Non credo ci siano molte alternative sul piatto. »
« Forse è come dici tu. In fondo, Van non ha mai affrontato scelte facili. »
In quel momento il Re di Fanelia entrò nella sala. Lo sguardo rabbuiato e stanco tradiva che un riposo che non si era concesso da quando era iniziato tutto.
« Avete saputo qualcosa da Asturia? » chiese, pensando evidentemente che le notizie che gli portassero avessero a che fare con questo.
Fu Allen a parlare per primo « No, Van. Ma forse c’è qualcosa che possiamo fare. »
Lo sguardo del ragazzo si sollevò appena: aveva ottenuto il suo interesse. Dryden lo anticipò, oltrepassando la scrivania sulla quale poco prima era stato seduto.
« Attaccheremo Basram. »
Van strinse i pugni e la notizia non lo colse impreparato. « È ciò a cui anche io ero arrivato, pur ritenendolo un rischio. Fanelia non ha ancora ricostituito un esercito regolare che possa definirsi pronto per una grande battaglia. »
Allen rimase sorpreso d’innanzi alle parole del sovrano: doveva averci pensato sin da prima di lui. Era un buon indicatore: Van non faceva che maturare di settimana in settimana, assumendo sempre più le sembianze di un buon Re.
Dryden allungò le labbra senza nascondere nel viso un’espressione soddisfatta. « Siete diventato più saggio Vostra Maestà. Ma Asturia onorerà le antiche amicizie e quelle nuove. » poggiando le mani sulla scrivania si raddrizzò e si volse verso l’uomo biondo.
« Mentre il grosso dell’esercito assedierà Basram con un attacco frontale, l’Escaflowne penetrerà al suo interno. »
« E i guymelef volanti? »
Van aveva riflettuto anche su questo punto.
« Non c’è altra scelta che affrontarli direttamente. Lo farò io con l’Escaflowne. »
Allen annuì: su quel punto del piano non c’erano altre strategie. Nemmeno il suo Scheherazade avrebbe potuto combatterli se fossero rimasti in volo. « Se siamo fortunati la maggior parte dei loro guymelef sono stati impiegati per colpire Fanelia. Ma non escludo che possano averne costruiti altri. Basram non ha mai smesso di prepararsi per la guerra, anche dopo la caduta di Zaibach. »
« Cavaliere Celeste Allen Schezar, posso contare su di voi per preparare le nostre truppe e ideare una strategia d’attacco? »
Allen si volse, colpito dalle parole formali che aveva ricevuto. Si raddrizzò e chinò il capo lievemente. « Le truppe di Asturia sono pronte a cingere i confini di Basram entro due giorni. »
Quando il Cavaliere Celeste sollevò lo sguardo incontrando gli occhi di Dryden seppe che in futuro sarebbero potuti andare maggiormente d’accordo. Forse avrebbero trovato un modo di comunicare senza innervosirsi a vicenda.
Van si mosse per lasciare la stanza, senza dire null’altro.
« Hitomi è una ragazza forte, Van. Siamo stati salvati più volte dalle sue azioni, in passato. So che sei preoccupato per lei e che in questo momento saresti a cercarla lì fuori. Stai agendo al meglio per il tuo popolo. Ho fiducia nel fatto che lei lo sappia e ti stia aspettando. »
Van si fermò, sulla porta.
« Sbagli nel credere che io sia nel giusto, Dryden. » disse, senza voltarsi.
Dryden e Allen si scambiarono un’occhiata.
« Nonostante fossimo preparati, siamo stati comunque colti di sorpresa e più di ogni altra cosa, non sono riuscito a proteggerla. Come posso proteggere un intero regno se non sono in grado di impedire che una singola persona venga portata via? »
I due videro il Re di Fanelia stringere il pugno della mano destra, ma non ci fu alcun altro movimento.
Prima che i due potessero dire qualcosa Van aveva già lasciato la stanza.

 

Da quella distanza non era possibile vedere la città, solo qualche casupola di certo appartenente a qualche pastore o allevatore.
Le montagne che si estendevano in direzione nord-est separavano geograficamente i confini dei due regni, Cesario e Zaibach. Lo aveva saputo quando si era decisa finalmente a studiare un po’ la geografia del pianeta sulla quale aveva deciso di vivere.
Era una piccola regione pacifica, che si sviluppava prevalentemente sulle stesse acque che solo più a sud lambivano Asturia. Dalle carte geografiche che aveva osservato attentamente aveva compreso che la maggior parte dei regni era concentrata in prossimità di un grande lago che confluiva a nord nel mare, lo stesso mare che occorreva attraversare per arrivare alla perduta terra di Asgard.
Hitomi fu colpita dalla luce del nuovo giorno e dalla brezza fredda che calava direttamente dai picchi ancora spruzzati di neve. Strinse le gambe giacché il vestito si era parzialmente strappato e si portò le mani sulle braccia, strofinandole.
« Avrei dovuto avvertirvi che quassù fa ancora piuttosto freddo. »
La voce di Rakos la distolse dall’osservare l’ambiente attorno a lei. Voltandosi, si accorse che l’uomo aveva portato con sé un mantello.
« Tenete questo. » le disse, porgendole il manto.
Hitomi fu colpita dal gesto gentile. « G-grazie. » la voce le tremò solo perché non era riuscita a trattenere un brivido.
Rakos allargò le braccia e con movimenti delicati fu lui stesso a metterglielo sulle spalle.
Incerta d’innanzi quell’atteggiamento gentile, Hitomi non fece altro che stringersi il mantello addosso. Forse avrebbe potuto sfruttare quel comportamento a suo vantaggio.
Solo dopo aver messo qualcosa nel suo stomaco riuscì a trovare le parole giuste.
« Chiunque abbia cercato di utilizzare il potere di Atlantide ha incontrato un triste destino. In questo modo scatenerete un’altra guerra! »
Rakos mosse qualche passo, sollevandosi in piedi da dove aveva consumato il proprio pasto, poco prima. Il terreno sotto i suoi piedi era roccioso, ma già qualche ciuffo d’erba primaverile aveva iniziato a sbucare qua e là. Ad un centinaio di metri vi erano diversi alberi di conifere che si estendevano a perdita d’occhio. Era evidente che avessero scelto una radura per atterrare in sicurezza. Non aveva dato molta importanza agli uomini che aveva visto affaccendarsi intorno alla nave volante ma a giudicare dalle voci che riusciva ad udire, sarebbero ripartiti presto.
« Quello che voglio è evitare tutte le guerre, in futuro. Se l’uomo riuscirà a perfezionarsi, allora sarà anche in grado di abbandonare simili cose futili. »
Hitomi lo aveva ascoltato, ma faticava a capire il senso del suo discorso.
« Conoscevo i piani dell’imperatore Dornkirk e sono diventato un’alchimista cercando di inseguire l’ombra di Folken Fanel. La guerra talvolta può essere un mezzo necessario per raggiungere un fine più alto. »
Quella era un’assurdità! Scosse il capo. « Sono stati proprio questi pensieri che hanno condotto Gaea sull’orlo del disastro. Era a questo che Basram stava pensando quando ha creato quella… quella bomba? »
Rakos sembrò stupito per qualche istante, poi lo sguardo si rilassò. Aveva capito.
« Quindi anche sulla Luna dell’Illusione esiste una cosa del genere. » fece una pausa prima di scuotere il capo a sua volta. « Non c’entro nulla nei progetti di costruzione dell’Arma Definitiva. È stata la follia di un generale che non ha rispettato la catena di comando. Non avrei mai dato il consenso. Tuttavia, all’epoca, non ero io a governare su Basram. Mio padre perse la vita proprio a causa di quello, si trovava su una nave volante che sfortunatamente rimase coinvolta nell’incidente. »
La freddezza con cui aveva narrato l’episodio lasciò Hitomi turbata.
« Non voglio ricreare un luogo della fortuna assoluta. »
« Come fate a conoscere queste cose? »
Lei stessa ne sapeva pochissimo, e solo per bocca dell’Imperatore Dornkirk in persona o… lo spirito che si era manifestato subito dopo la sua morte. Quella volta, il desiderio di quell’uomo era stato così forte da superare i confini della morte e concedergli di espandere la sua coscienza fino anche a ricreare uno spirito che potesse osservare compiersi il destino degli uomini.
« A Zaibach non è andato distrutto quasi niente, dopo la guerra, anche se il castello è stato saccheggiato, gli uomini e le donne non hanno toccato i preziosi appunti che Folken e Dornkirk avevano scritto sul perduto popolo di Atlantide. »
Lei aveva ancora un’altra domanda da porgergli, probabilmente in futuro non sarebbe stato così facile parlare con lui. « Voi non siete un discendente del popolo di Atlantide, quelle ali... sono nere. »
« Sono un’alchimista, non dimenticatelo. Ed ero a Zaibach il giorno in cui la guerra si concluse. Ero lì, il giono in cui voi portaste Folken d’innanzi all’Imperatore Dornkirk perché egli lo uccidesse. Ero lì, quando vidi i due più grandi uomini su questo pianeta perire per colpa dei loro desideri. »
Una folata di vento più forte delle altre li investì, e Hitomi si strinse nel mantello.

“Ho guidato il corso del destino. Facendo in modo che tu portassi a me la ragazza della Luna dell’Illusione”.
“Fino a quale punto avete intenzione di giocare con il destino?!”
“La tua domanda mi sorprende: dovresti sapere bene i miei obiettivi.”
“Così come voi dovreste conoscere bene la ragione che mi ha condotto qui!”
“Sei venuto per uccidermi, vero Folken? Avanti uccidimi! Non c’è nessuno qui che possa fermarti!”
Folken aveva spalancato le ali, sollevando la sua spada.
La risata rauca dell’Imperatore Dornkirk aveva iniziato a diffondersi insieme al suono stridente di ingranaggi che si attivavano e aria che veniva decompressa, che lo liberavano dalla sua protezione di metallo, la stessa che lo manteneva in vita.
“Questa è la tua occasione! Vieni avanti Folken!!”
“Voi siete pazzo!”
“Signor Folkeen!”
Aveva visto tutto da lontano, aveva urlato, ma non aveva potuto fare niente per fermarlo.
“NOOO!”
La spada di lui che perforava il torace dell’anziano imperatore. La punta spezzarsi e conficcarsi direttamente nel petto di Folken.
“Ora capisco. Questo luogo è il fulcro della modifica del destino. Per questo le forze di azione e reazione sono molto più intense… Ma l’unica cosa che conta è che la guerra sia terminata. Che la pace regni sul mondo di Gaea.”
Lo aveva visto crollare al suolo, ricoperto di sangue e visto esalare il suo ultimo respiro.
“Van…”

Quando ritornò in sé, aveva il viso umido di lacrime e gli gonfi di pianto. Si ritrovò sdraiata, in un luogo semi oscuro, Rakos era al suo fianco.
« Immagino che abbiate avuto una visione. Siete svenuta. »
Quanto tempo era passato?
Comprese di essere nuovamente sulla nave volante e che adesso erano ripartiti. Poteva sentire il movimento e il suono dei motori, in un ronzio familiare.
Si portò le mani agli occhi, asciugandosi velocemente le lacrime.
Aveva tentato con tutte le sue forze di dimenticare quello che era accaduto quel giorno.
Rakos continuava ad osservarla, senza dire nulla. Qualcosa nel suo comportamento le suggeriva che sembrava… preoccupato?
Si mise seduta, cercando di riordinare la mente. Aveva un leggero mal di testa. Si accorse che era ancora avvolta nel mantello che l’uomo le aveva dato.
Comprendendo, forse, che lei aveva bisogno di stare da sola e di riprendersi Rakos si sollevò in piedi muovendosi di appena un passo, visto che l’uscita era praticamente già alle sue spalle.
« Riposate, arriveremo a Zaibach entro il tramonto. »
« Aspettate! »
C’era assolutamente una cosa che doveva dirgli.
« Folken… egli sarebbe comunque morto, a causa di ciò che gli alchimisti avevano fatto con il suo corpo. »
Rakos annuì lievemente.
« E sarà così anche per me. Ho accettato questo fato nel caso io sia destinato a fallire nel mio obiettivo. Tuttavia, se riuscirò a ricreare la Torre di Atlantide, qualunque malattia svanirà da questo mondo. E la stirpe degli uomini-draghi-divini potrà nuovamente prosperare su questa terra. »
Uscì dalla stanza, lasciando Hitomi con mille dubbi e i ricordi della visione ancora vividi nella sua mente.
Trovò stranamente confortante essere avvolta da quel tessuto, ma si riscoprì tremante e non per il freddo. Una volta sola, si lasciò andare ai singhiozzi. La sofferenza rinnovata per la morte di Folken, per la sofferenza di Van e le conseguenze che quella guerra aveva prodotto sull’intero pianeta di Gaea riaffiorarono nel suo cuore, inondandola di una tristezza che non era solo sua. Da qualche parte, nelle profondità della sua anima, alla medesima sofferenza rispondeva anche lo spirito di Gaea che aveva trovato dimora dentro di lei.
« Van… dove sei? »
Si addormentò, pregando di rivederlo presto.


Aveva lasciato lui per ultimo. Colui che aveva tormentato il castello per settimane rimanendo nell’ombra, riuscendo a nascondersi alla vista di chiunque, ma che era stato comunque in grado di penetrare in quelle mura nonostante la sorveglianza, complice dell’oscurità. E nell’oscurità lui lo aveva lasciato, decidendo che la più lontana e angusta cella delle prigioni del castello di Fanelia sarebbe stata adatta.

L’uomo camaleonte se ne stava quieto, in piedi, in prossimità di un angolo della su cella. Non c’era dubbio che avesse assunto quella posizione poiché aveva sentito che qualcuno si stava avvicinando. Le fasciature erano state cambiate quello stesso giorno, mentre le sue mani erano tenute legate perché non si ribellasse o tentasse di prendere il corpo di chi lo stava curando.
La luce della torcia accompagnava, inoltre l’unico pasto che gli veniva offerto, per tenerlo in vita. Tuttavia, doveva aver capito che quella non era l’ora in cui avrebbe ricevuto cibo né ulteriori medicazioni.
Si trovò davanti il Re di Fanelia, illuminato dalla luce della torcia che aveva utilizzato per illuminare i suoi passi. Aveva la spada legata al fianco.
Il volto, era quello di un uomo affranto. Le sbarre di ferro che dividevano la cella dal resto delle prigioni sarebbero servite da insperata protezione. L’uomo camaleonte sapeva che se il Re di Fanelia lo avesse voluto, avrebbe potuto togliergli la vita in qualsiasi momento. Quello era un destino comune, per il suo popolo, quello di essere assoggettati ai desideri altrui ed essere utilizzati come meri strumenti, utili fin tanto che essi compivano il loro dovere per poi essere buttati o, nella migliore delle ipotesi, venduti a chiunque altro avesse avuto bisogno delle sue abilità.
L’uomo camaleonte temeva per la sua vita, da quando si era separato dal suo padrone che si era rivelato inaspettatamente gentile con lui. Rakos di Basram era l’essere umano che non lo aveva schernito. Era arrivato a servirlo dopo che Folken di Fanelia aveva lasciato l’Impero di Zaibach. Per lungo tempo era stato inviato nei paesi alleati per spiare le corti dei regni vicini. Il fondamento della forza dell’impero era stato costruito anche grazie agli sforzi che lui e la sua gente avevano compiuto per servire quegli esseri umani. Dopo la fine della guerra i suoi compagni si erano dispersi, fuggendo il più lontano possibile, ma lui era rimasto insieme all’alchimista alla quale era stato affidato e che non gli aveva mai affidato compiti che lo conducessero alla morte.
Tuttavia, in quel momento, con il Re di Fanelia che lo osservava con uno sguardo cupo, il suo animo vacillava. Forse Rakos di Basram aveva finito con lui? Proteggerlo a costo della sua vita gli aveva causato delle ferite che quelle persone avevano medicato solo perché sapeva che sarebbe stato utile in futuro. Ma adesso che egli aveva ottenuto la ragazza della Luna dell’Illusione e lo aveva lasciato lì, a Fanelia, forse non aveva più alcun motivo di essergli utile.
Con questi pensieri, senza più avere la certezza di essere protetto dall’ombra del suo signore, avrebbe dovuto rispondere alle domande del giovane Re che gli stava davanti.
« Qual è il tuo nome? »
Era una domanda che non si aspettava. In genere, gli esseri umani si appellavano a lui con il nome della sua razza, come se fosse una bestia qualunque.
« Zuhri. »
« Una volta Hitomi ha rischiato di morire per colpa di un uomo-camaleonte. »
Vide il Re di Fanelia sfiorare il suo fianco, lì dove vi era la sua spada. Istintivamente indietreggiò di un passo. Quella storia gli era familiare. Un suo compagno era stato posto sotto il comando del Comandante Dilandou Albatou ed era perito in missione. Scelse di non dire nulla.
Il Re di Fanelia mostrò qualcosa alla luce della torcia.
« Come facevi ad avercela tu? »
Era la sfera di metallo che gli aveva dato Rakos e che aveva dovuto consegnare personalmente, qualche settimana prima. Quello era un messaggio, che avrebbe dovuto portare sgomento nel cuore di quel giovane e turbare la tranquillità del castello. Era stato necessario prendere tempo in quel modo, per permettere a Rakos di ultimare i suoi guymelef.
« Apparteneva a vostro fratello Folken. »
« Lo so benissimo a chi apparteneva. Ti ho chiesto come faceva ad essere in tuo possesso. »
Il tono del Re era affilato, prossimo a perdere la pazienza, avrebbe dovuto rispondere per salvarsi la vita. Il suo padrone cosa avrebbe voluto?
« Mi è stata data dal mio padrone affinché giungesse a voi, il Re di Fanelia. »
« Rakos, quel maledetto. Ed egli dove lo ha preso? »
Esitò, non sapendo se quell’informazione potesse essere rivelata. Quell’interrogatorio si sarebbe potuto protrarre a lungo se non avesse collaborato.
« Il mio padrone conosceva vostro fratello. Un tempo, prima che ritornasse a sedere sul trono di Basram era un esperto alchimista dell’Impero di Zaibach. Non so dirvi come quell’oggetto sia giunto nelle mani del mio signore. »
Il Re di Fanelia poggiò la torcia da qualche parte, in un punto che lui non poteva vedere, da qualche parte, sul muro. Le fiamme continuarono a crepitare allungando l’ombra del giovane sovrano.
« Perché avete atteso fino al giorno del matrimonio per attaccarci. Cosa stavate aspettando? »
Zuhri abbassò lo sguardo, chinando lievemente la testa. Si sentiva agitato: fino ad ora quelle domande si stavano svolgendo in tranquillità, ma conosceva bene cosa erano in grado di fare gli esseri umani quando avevano quello sguardo sul volto. Se non mostrava quanto poteva essere utile, allora non meritava di vivere.
Van fece un passo in avanti e con una mano strinse l’inferriata di ferro che consisteva nella porta della cella.
« Farai meglio a rispondere. Non mi piace uccidere inutilmente, questo sicuramente lo sa anche il tuo padrone. Non sfidare la mia pazienza, uomo-camaleonte: ti ho già concesso di vivere più a lungo di quanto immagini. »
La cosa più spaventosa di quel ragazzo, comprese Zuhri, era la calma di cui erano impregnate le sue parole. Era piuttosto pallido e gli occhi erano scavati dall’assenza di sonno. Poteva capire perché. Li aveva osservati per molti giorni, senza essere notato, anche quando non si trovavano insieme.
Lui e la ragazza della Luna dell’Illusione erano profondamente innamorati.
Il comportamento di quegli esseri umani cambiava totalmente rispetto a quando si trovavano ad interagire con altre persone. Quando erano insieme davano l’idea che il mondo fosse totalmente in pace. Una tranquillità che aveva lui stesso assaporato nell’aria di festa che nonostante le sue incursioni e gli incubi che avevano turbato la ragazza della Luna dell’Illusione non era stata intaccata.
L’uomo davanti a lui era spezzato preoccupazione.
Se i suoi calcoli erano corretti, dovevano essere passati oramai due o tre giorni dal giorno del matrimonio. E se il Re di Fanelia non si era lanciato immediatamente nell’inseguimento, allora il suo padrone doveva avere un notevole vantaggio, in più, se lo stesso Van Fanel veniva a scomodarsi per parlare con lui e interrogarlo di persona, poteva significare soltanto che tutti brancolassero nell’incertezza per le sorti della futura regina.
« Il mio padrone doveva essere certo di poter utilizzare il potere dei guymelef volanti e ultimare i preparativi necessari. »
Il Re di Fanelia comprese il suo tentativo di rispondere in modo generico.
Fu più veloce di quanto si aspettasse nell’entrare all’interno della cella e puntargli la spada alla gola.
« Non tollererò ulteriormente i tuoi giri di parole!! »
Sentire la fredda lama sulla sua gola lo fece cedere dalla paura.
Il Re di Fanelia lo spinse fino all’angolo della cella. Istintivamente, si portò le braccia d’innanzi a sé, in un disperato tentativo di difendersi. Ma con nient’altro che la sua pelle non poteva nulla contro un’arma umana.
« Il mio padrone ha ottenuto le ali degli uomini-draghi-divini tramite il corpo di vostro fratello. Adesso non gli resta che rifondare la stirpe unendosi con la ragazza della Luna dell’Illusione! Unendo i poteri della ragazza con le macchine dell’Impero di Zaibach sarà possibile ricostruire la Torre di Atlantide e creare un nuovo mondo! »

Van sentì che la sua presa sull’arma stava cedendo.
Quello era un incubo.
Un’ossessione maledetta che si era diffusa come una malattia.
I semi della follia dell’Imperatore Dornkirk non erano periti con esso.
Vide l’espressione terrorizzata dell’uomo-camaleonte e non dubitò della verità delle sue parole.
« Dove aveva intenzione di portare Hitomi?! Rispondi!! »
L’uomo-camaleonte si rannicchiò nell’angolo, tremando.
« N-non lo so. » tremò, accucciandosi su se stesso, temendo che quella parola corrispondesse alla sua condanna a morte.

Van non aveva alcun dubbio che quella fosse la verità. Era altamente probabile che l’uomo-camaleonte non fosse a conoscenza della parte più importante dei piani del suo signore.
Allo stesso modo, non ne erano a conoscenza i suoi sottoposti.
Richiuse con forza la porta della cella, provocando un clangore che fece sobbalzare l’uomo-camaleonte.
I piani di quell’uomo non potevano essere così complessi. Non era uno stratega come suo fratello e non aveva la stessa forza che l’Impero di Zaibach aveva costruito negli anni.
Quell’uomo non era un sovrano. Era spinto da interessi egoistici che poco avevano a che fare con la conduzione di un regno.
Un lampo di comprensione fece spalancare gli occhi di Van.
Esatto. La guerra non era che un diversivo.
Catturare i mercanti di Asturia era stato un espediente per creare un incidente diplomatico.
Mandare l’uomo-camaleonte a Fanelia era stato un mezzo per fargli guadagnare tempo.
Uscire allo scoperto in modo così plateale, proprio durante le sue nozze, era stato solo un modo per sviare l’attenzione da qualcosa che Rakos di Basram doveva considerare più importante di ogni altra cosa.
La guerra che stavano preparando era la più logica e naturale delle conseguenze contro simili atti perpetrati non solo contro Asturia ma anche contro Fanelia.
Rakos di Basram sapeva da principio che le cose si sarebbero messe così.
C’era solo un motivo per cui quell’uomo voleva che l’attenzione dei suoi nemici fosse focalizzata sulla guerra.

Perché lui non ne avrebbe preso parte.


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Come promesso, il capitolo entro agosto! 
E' stato faticoso scrivere questo intermezzo necessario per mettere qualche spiegazione qua e là. Perdonate il ritardo di circa due settimane rispetto a quello che avevo preventivato. L'estate, per quello che mi riguarda, è stato molto poco relax e tante cose importanti da fare.
Spero che continuiate a recensire la storia e mi facciate sapere cosa ne pensate.
I vostri commenti sono letteralmente il carburante che alimenta la mia ispirazione!

A presto!
Usagi.



  
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