Giusto un paio di
indicazioni e sparisco subito.
⁓ Primo di tutto:
questa nuova OS può essere considerata una sorta di sequel per “Una notte
ancora e per tutta la vita” che potete trovare al seguente link:
→ http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3683783&i=1 ←
ma potete benissimo anche
leggerla come storia a sé stante, la scelta che farete non compromette la
comprensione delle vicende qua sotto narrate.
⁓ Secondo: è una cosa
nata in un momento di estremo (ESTREMO) nervosismo durante la settimana di
ferie al mare, l’ho tipo scarabocchiata nel giro di un paio d’ore nemmeno,
quindi scusate per la scarsità di particolari o per il suo essere così
“scarna”. È una sorta di storia-sfogo di cui, per essere sincera, mi sento
anche abbastanza soddisfatta, caso più unico che raro.
⁓ Terzo: ringrazio
ancora una volta quelle persone (senza fare nomi spero capiranno) che
puntualmente mi supportano con le loro preziosissime parole e delicatissime
minacce a darmi una mossa e pubblicare. Se non fosse per loro sarei caduta
nello sconforto più totale già da un pezzo che Bo levati proprio fammi spazio
che ci deprimiamo assieme in un angolo.
Detto questo me ne vado che
tra un po’ queste note iniziali sono più lunghe della stessa storia, grazie
comunque a tutti, e buona lettura!
Fee ♥
PS: se volete potete
allegarci la canzone che linko qua a seguito, l’ho tipo riesumata l’altro
giorno di ritorno dall’uni mettendo su il primo cd che mi è capitato a mano
e sbam,
ecco la colonna sonora perfetta:
→ https://www.youtube.com/watch?v=jWeC9kMK4gw ←
Va tutto bene
Doveva essere un tranquillo risveglio di
una tranquilla mattina di un tranquillo dicembre quello, per Yuri. Uno come già a migliaia erano successi, uno come
infinite volte erano capitati.
La luce di un nuovo giorni filtrava
pigra – come pigri rintoccavano inesorabili i minuti battuti dall'orologio che
il nonno gli aveva lasciato in eredità – tra le persiane lasciate socchiuse la
notte prima. Il tepore sotto al piumone era ciò che di più bello potesse
esistere quando fuori le temperature sfioravano i venti gradi sotto lo zero
termico. L'odore del caffè permeava l'aria, come il ticchettio lento del
passare del tempo, e quello dei loro corpi ristagnava tra le coperte.
Doveva essere un tranquillo risveglio di
una tranquillissima mattina di dicembre, Yuri
continuava a ripeterselo con le lenzuola colorate tirate fin sopra la testa e
le fusa della gatta che sonnecchiava accanto a lui a riempire il silenzio che sentiva
rombargli nelle orecchie.
Contava i secondi sottovoce, muovendo
appena le labbra in un flebile sussurro. Il mondo fuori a vorticare, l’universo
sotto quello strato scuro in cui stava cercando protezione a correre come un
treno impazzito, contro di lui, addosso a lui, travolgendolo, lasciandolo
inerme.
La prima volta che era successo aveva
avuto diciassette anni. E nessuno a sottrarlo da quel dolore che lo aveva rotto
da dentro. Un battito del cuore alla volta. Era stato dopo che lui e Otabek avevano rotto. Per la precisione dopo che Yuri stesso aveva chiesto di poter mettere in pausa la loro
storia. Si era svegliato nel pieno della notte, il respiro inesistente e il
mondo a schiacciarlo. La sensazione di andare in frantumi a colmarlo e il
silenzio tutto attorno a lui a soffocarlo. Aveva dovuto salvarsi da solo,
quella volta. Così come aveva dovuto salvarsi da solo tante altre volte, tante
altre notti e mattine e giornate che non finivano mai in cui si sentiva sparire
ingoiato da un nero tropo opprimente, troppo grande perché lui solo potesse
affrontare tutto quanto. Infinite volte era stato schiacciato, infinite volte
si era rialzato in silenzio senza rivelare a nessuno quella spaventosa voragine
in cui cadeva sempre un poco di più, senza possibilità di salvezza.
La prima volta che Otabek
lo aveva trovato in quelle condizioni era stato il giorno dopo che si erano
ritrovati. Yuri si era svegliato da solo, in un
immenso letto tutto bianco, in una città che non era la sua – se ancora poteva considerarsi
appartenente ad una città precisa –, senza più Otabek
a tenerlo ancorato in quel mondo, senza più certezze, senza più un appiglio al
quale tenersi stretto. Il kazako lo era andato a salvare sotto la doccia. Yuri si era rifugiato sotto al getto gelato della doccia
della loro stanza d’albergo. Otabek lo aveva abbracciato
forte, lo aveva stretto a sé. Otabek lo aveva salvato
la prima volta di tante altre volte ancora a venire.
Va tutto bene Yuri,
aveva sussurrato al suo orecchio cercando di strapparlo alle crepe del suo
animo.
Il russo non aveva risposto. Non
esisteva voce nella sua gola. Non esisteva respiro nei suoi polmoni. Non
esisteva vita nel suo corpo quella mattina, non esisteva più nulla dentro di
lui se non turbinosa e devastante ansia, nero, nulla, dolore e spilloni
acuminati che lo trafiggevano ad ogni respiro che provava a compiere.
Va tutto bene Yuri
sono qua io con te ora, aveva ripetuto stringendoselo al petto, permettendogli
di trovar rifugio in quel mondo che Otabek custodiva tra
le sue braccia.
Non mi lasciare, lo aveva pregato con le
lacrime agli occhi a confondersi con gli schizzi gelati che gli sferzavano il
corpo. Non te ne andare, aveva aggiunto aggrappandosi all’unico sostegno che avrebbe
potuto impedirgli di spaccarsi una volta per tutte. Resta un altro poco, resta
per sempre. Non te ne andare.
Altre infinite volte Otabek
lo aveva soccorso, altre innumerevoli volte lo aveva strappato alla
disperazione e al vortice senza sosta dell'ansia. Durante interminabili notti
dove l’alba era sembrata troppo lontana, durante risvegli che di tranquillo non
avevano avuto nemmeno il ricordo, o chiusi in un piccolo bagno pubblico dopo
una gara in cui su Yuri erano ricadute tutte le
attenzioni del mondo intero, e lui aveva sentito crollargli addosso il peso del
titolo che gli gravava sopra la testa. Troppo fragile e piccolo lui, troppo
dura l'armatura dietro la quale si nascondeva e mascherava le sue ferite.
Doveva essere un tranquillo risveglio di
una tranquilla mattina di un tranquillo dicembre di una tranquilla vita passata
a consumarsi tra la pista di pattinaggio e le sicure mura di casa. Yuri si strinse su se stesso, affondando il volto tra le
gambe in cerca di un appiglio che mancava. Sentiva il mondo vorticargli nelle
vene, la testa girare e tutte le cazzate che si ripeteva come un mantra svanire
prosciugate da quell’ennesimo attacco che lo aveva colto impreparato.
«Va tutto bene Yuri, va tutto bene».
Fu come un soffio di vento dopo una
giornata di totale arsura. Un lume giunto a rischiarare l’oblio che lo stava
dilaniando.
Le braccia di Otabek
lo avvolsero e il suo odore a riempire i polmoni del biondo.
«Respira, va tutto bene» ripeté con tono calmo mordendosi le labbra per
non sussultare quando le dita del ragazzo che doveva salvare andarono a
conficcarsi nelle sue spalle.
E Yuri provò a
convincersene, lasciò che quelle parole gli invadessero la mente illudendosi
che davvero potesse andare tutto bene, come gli stava venendo detto.
Lasciò che Otabek
lo salvasse ancora una volta.
Cercando di concentrarsi sul battito
cardiaco che gli risuonava contro l'orecchio in maniera che diventasse anche il
suo, Yuri lasciò che Otabek
lo stringesse a sé facendo calmare la trottola impazzita che aveva al posto del
cervello, lasciò che il respiro del kazako diventasse anche il suo, fondendosi
in uno solo, diventando uno solo come loro erano un essere soltanto, unito da
quell'amore che li aveva divorati e consumati e portati allo strenuo delle loro
forze distruggendoli, per poi dargli di nuovo vita. La magia di una notte
infinita dove tutto era stato perfetto.
Yuri
lasciò che Otabek lo prendesse per mano e lo
trascinasse fuori da quel vuoto che lo aveva divorato, che da anni lo divorava
insaziabile, quel mostro che loro avrebbero sconfitto assieme, un passo alla
volta. Cazzata anche questa ma, in quel momento, Yuri
aveva bisogno di credere che insieme ce l'avrebbero fatta.
«Va tutto bene Yurochka .
Devi solo respirare. Va tutto bene. Guardami Yuri, va
tutto bene» disse in tono deciso guardandolo negli occhi. Così serio che per Yuri non credergli fu impossibile. Quegli occhi così scuri
che non gli avevano mentito mai, nemmeno quando qualche anno prima gli avevano
riversato addosso tutto il dolore che lo stesso russo gli aveva causato.
Erano salvezza.
Erano vita.
Erano tutto ciò di cui Yuri aveva bisogno.
«Non mi lasciare» mormorò nascondendosi nell'unico posto che poteva
considerare come casa sua. Con gli anni passati a medicarsi da solo, poter
affondare nella sicura protezione delle braccia di Otabek
era indispensabile.
«Mai» ripeté Otabek stringendo un altro poco
le braccia attorno al tremante corpo di Yuri.
Doveva essere un tranquillo risveglio di
una tranquilla mattinata di un tranquillo dicembre dove le temperature fuori
dal piumone sfioravano i meno venti in una tranquilla vita dove di tranquillo
non c’era nulla. E Otabek, ancora una volta, si era
apprestato a salvare il suo unico vero amore, come sempre lo avrebbe salvato.