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Autore: dreamlikeview    02/09/2017    4 recensioni
Dean, a quattro anni, assiste all'omicidio di sua madre. Nel corso degli anni inizierà a sentire il peso di quello che ha vissuto, a sentirsi in colpa per qualunque cosa negativa accaduta alla sua famiglia e molto altro.
Dopo molti anni di solitudine e vita travagliata, un ragazzo impacciato e un po' nerd, Castiel, porterà un po' di luce nella sua vita. Riuscirà ad essere felice?
[Destiel, Human!AU, nerd!Cas, long-fic]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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DESCLAIMER: La storia è scritta senza fini di lucro, i personaggi non mi appartengono in nessun modo e non intendo offendere nessuno. Giuro.
PS. C'è l'avviso che i personaggi sono molto OOC, e in questo capitolo qualche riferimento al canon, ma riadattato alla trama.

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Ottobre 2015
 
With you I'm a beautiful mess.
It's like we're standing hand
in hand with all our fears upon the edge.
 
Castiel Novak era scivolato pian piano nella vita di Dean, così lentamente che il ragazzo nemmeno se ne era accorto, semplicemente il giorno prima non c’era e il giorno dopo era ovunque. Sebbene fosse entrato da relativamente poco tempo, circa qualche settimana, nella sua vita, Dean aveva l’impressione che ne avesse sempre fatto parte, perché nel modo di parlarsi e comportarsi tra di loro, sembravano conoscersi da anni, tanto si sentivano a proprio agio l’uno con l’altro. Dopo la serata che avevano trascorso insieme, al bar dove lavorava Dean, si erano incontrati per caso, sempre più spesso in biblioteca, quella di lettere, dove per caso Dean si trovava a studiare, casualmente ogni volta che c’era anche l’altro – e no, Dean si ripeteva, il suo atteggiamento non era affatto da stalker, era puramente casuale. Studiavano insieme e, quando potevano, pranzavano insieme, ma evitavano la mensa del campus, a loro piaceva pranzare in una tavola calda poco distante. Dean aveva riso quando la prima volta che erano usciti a pranzo, Castiel aveva preso solo un’insalata, sostenendo che le verdure facessero bene. Era il gemello nascosto di Sam, ne era certo, come suo fratello, il ragazzo aveva la fissa per le cose salutari e poco grasse, a differenza del biondo per il quale, il cibo, se non colava grasso e colesterolo, non era commestibile. Si frequentavano, come amici, relativamente da poco, ma Dean provava già fiducia verso il moro, era una sensazione strana, non l’aveva mai provata prima, ma con Castiel si sentiva esattamente a suo agio. Era la cosa più strana e al contempo bella che gli accadeva da anni.
Erano di nuovo a pranzo insieme, in quella che era diventata la loro tavola calda. Castiel indossava una felpa nera con la scritta STAR laboratories, Dean non aveva capito a quale serie tv fosse ispirata e si disse che avrebbe chiesto a Sam, perché era lui il massimo esperto di serie tv e relativi gadget; però a Cas quella felpa stava davvero bene, gli stava un po’ larga e gli donava quell’aria da ragazzo piccolo e indifeso che gli aveva visto la prima volta in biblioteca. Non riuscì a trattenersi dal pensare se anche i suoi vestiti potessero andargli larghi in quel modo… e no, doveva eliminare dalla mente quell’immagine. Lui non era interessato sentimentalmente a Castiel, no, ma non poteva negare che fosse attraente, perché insomma con quegli occhi blu, quei capelli scuri che contrastavano con la sua pelle chiara, era dannatamente attraente, e neppure se ne accorgeva. Non sei una ragazzina alle prese con la sua prima cotta, Dean, datti un contegno – si disse, obbligandosi a non guardare il moro nel modo in cui lo stava fissando. Si concentrò sul suo cheeseburger, ecco, sì, quello era davvero buono e invitante, e…
«Dean» lo chiamò l’altro interrompendo il suo flusso di pensieri senza senso, storcendo il naso, mentre lo osservava; e cielo, il ragazzo non si sarebbe mai abituato al suono del suo nome detto da Castiel «Non pensi di esagerare con queste schifezze?» chiese inclinando appena la testa, alludendo al doppio cheeseburger che il biondo stava trangugiando senza alcun ritegno. Gli sembrava di essere a pranzo con Sam, davvero, avevano lo stesso sguardo disgustato nel guardare quelle prelibatezze. Davvero, cosa ci trovavano nelle cose verdi?
«Nah, sto bene» rispose, deglutendo e addentando nuovamente il suo cheeseburger «Tu piuttosto non credi di aver imitato abbastanza le pecore con quelle cose verdi?» chiese sarcasticamente, Castiel in risposta alzò gli occhi al cielo, trattenendo una risata. Oh, mio dio, smettila di fare così, Castiel, mi fai impazzire – pensò Dean guardando il ragazzo di fronte a sé. Adorava passare il tempo in compagnia di Cas, era spiritoso, brillante e intelligente, si imbarazzava per banali complimenti e rideva alle sue stupide battute; ogni uscita con lui, era una boccata d’aria fresca e positività per Dean, persino quegli stupidi battibecchi su quale cibo fosse migliore lo facevano stare bene. Non sapeva perché, ma con lui si sentiva davvero bene, e uscire con lui gli faceva bene, Sam gli avrebbe detto di cogliere l’occasione e lui lo stava facendo, non c’era nulla di male, in fondo, no?
«Si chiama insalata» spiegò come se stesse parlando con un bambino di cinque anni, trattenendo le risate «Te l’ho detto, preferisco il cibo salutare piuttosto che rovinarmi lo stomaco con il cibo spazzatura» disse seriamente, sistemandosi gli occhiali sul naso, Dean rise. Era assurdo che preferisse mangiare verdure, piuttosto che quelle prelibatezze.
«Come vuoi…» mormorò, prendendo una patatina e intingendola nel ketchup «Vedi, mangio anche io le verdure, il ketchup è fatto di pomodoro, il pomodoro è una verdura» spiegò, convinto delle sue parole, mentre Castiel scuoteva la testa e si lasciava andare in una risata divertita, stavolta. Dio, sei un idiota, Winchester – pensò il moro.
«Come no» ironizzò, guardando l’altro con sfida «Qualche volta ti preparo io qualcosa, così vedi che le verdure non sono poi così male» affermò, senza rendersi conto minimamente che quello potesse risultare una sorta di invito.
«Questo dovrebbe essere un invito a cena?» scherzò immediatamente Dean «Andiamo, Cas, sai fare di meglio» lo ribeccò, guardandolo negli occhi, c’erano questi lievi flirt tra di loro, che il biondo catalogò come semplici scherzi tra amici. Castiel si sentì decisamente a disagio sotto il suo sguardo, ma cercò di non dar a vedere il proprio imbarazzo, fallendo miseramente. Dean rideva sotto i baffi, ma senza scherno, a lui avrebbe fatto piacere un invito, come amico, ovviamente.
«Quanto sei stupido…» borbottò arrossendo, abbassando lo sguardo sulla sua insalata. Il biondo adorava il suo modo di imbarazzarsi anche per le cose più piccole, quell’espressione dolce che aveva, e il modo in cui poi dopo si torturava le mani, senza sapere come uscire dall’imbarazzo. Semplicemente adorabile.
«Comunque per me va bene» disse, smorzando l’imbarazzo del momento e Castiel gliene fu grato «Ma dubito che tu riesca a farmi apprezzare le verdure, Sam non ci è mai riuscito» lo sfidò, ridacchiando, insomma suo fratello aveva cercato per anni di convincerlo a cambiare piano alimentare, ma non ci era mai riuscito.
«Bene… allora accetto la sfida. Ma se ti faccio apprezzare qualcosa di diverso da cheeseburger e simili, tu limiterai il cibo spazzatura per un mese» impose il moro, sfidandolo a sua volta.
«Un mese? No, no! Tu sei pazzo!» obiettò il biondo, terrorizzato.
«Ti stai già tirando indietro?» chiese guardandolo negli occhi, Dean ebbe come la sensazione che quegli occhi potessero penetrare a fondo dentro di lui e leggere tutte le cose sbagliate che avevano caratterizzato la sua vita. Deglutì, prima di distogliere lo sguardo e abbassarlo nuovamente sul suo cheeseburger. Doveva dissimulare quel momento di debolezza che aveva avuto. Perché si sentiva così? Non gli era mai capitato con nessuno. Cosa gli stava facendo Castiel?
«No, accetto la sfida, tanto non mi farai apprezzare nessuna verdura, pft».
«Vedremo» disse sorridendo beffardamente. Dean non sapeva che Castiel amava cucinare, e per lui qualunque scusa era buona per mettersi in cucina e dare il meglio di sé, lo conosceva ancora così poco... «Facciamo domani sera».
«Dove?» si ritrovò a chiedere, per un istante aveva dimenticato che non viveva al campus, ma in un appartamento.
«A casa mia, no? Gabriel e Michael non ci saranno, sicuramente andranno ad una festa. Sai dov’è mi hai accompagnato spesso» spiegò sorridendo. Dean boccheggiò un attimo, come faceva Castiel a passare da nerd secchione adorabile a ragazzo sicuro e sfacciato in meno di tre secondi? E, subito dopo, si chiese se davvero meritasse tutto quell’interesse da parte di una persona che non faceva parte della sua famiglia; poi si ritrovò a sorridere, la semplicità con cui Castiel diceva le cose lo lasciava sempre spiazzato e senza parole, era timido, e si imbarazzava spesso, ma riusciva anche a sorprenderlo, piacevolmente. Cas era una continua scoperta e Dean aveva il desiderio di conoscerlo meglio, al diavolo i suoi dubbi esistenziali, poteva avere un amico che non fosse quell’idiota di Benny, no?
«Va bene… a casa tua» mormorò, e non riuscì a mascherare il lieve disagio che provò dicendo quelle parole, perché si sentiva a disagio? Non sapeva perché, ma il fatto che Castiel lo avesse invitato a casa sua, un posto in teoria intimo e personale, lo faceva sentire davvero in imbarazzo, forse era perché non era mai stato invitato a casa di qualcuno, e gli sembrava una cosa troppo intima per due che si conoscevano da così poco, o forse perché dentro di sé sentiva di non meritare un’occasione del genere. Castiel notò il suo disagio, ma non disse niente, catalogando il suo silenzio come una piccola vittoria, però gli strappò una risata quando rubò una patatina fritta dal suo piatto, ridendo ed esclamando: «Vedi? Anche io mangio schifezze, ogni tanto!» Dean scosse la testa e rise di cuore, Castiel aveva il potere di illuminare una vita buia come la sua con pochissimo, anche con un’azione stupida come quella. Cas era davvero speciale. Il suo era un potere sovrannaturale, nessun altro essere umano aveva una capacità simile, e Dean era grato che proprio lui fosse entrato nella sua vita, così, improvvisamente.
«Sei adorabile, Cas» disse spontaneamente, senza neanche rendersi conto delle sue parole, se ne rese conto qualche istante dopo averle pronunciate, perché vide il volto del moro diventare rosso come un peperone. Ah già – pensò – Cas e i complimenti non vanno molto d’accordo.
«Grazie, Dean» borbottò e le sue gote divennero ancora più rosse. Dean sentì le farfalle nello stomaco, ma restò in silenzio e gli sorride teneramente, dicendosi che quella sensazione non significava niente.
Il loro pranzo si concluse nel modo più normale possibile, poi uscirono insieme dalla tavola calda e il biondo chiese all’altro se avesse bisogno di un passaggio, come ogni giorno. Pur di restare con lui qualche minuto in più, Cas accettò e Dean lo accompagnò a casa, perché, gli disse, non aveva lezioni quel pomeriggio. Anche se ormai stava imparando i suoi orari a memoria, e no, lui era solo un bravo osservatore, nient’altro. Castiel doveva essere solo un buon amico per lui, non poteva permettersi altro, perché in fondo sapeva di non meritare nient’altro che l’amicizia di una persona come lui.
«Allora ci vediamo domani?» chiese Castiel «Vieni qui alle sette?»
«Non ci vediamo in biblioteca?» domandò, forse apparendo troppo disperato all’idea di non vederlo. Ormai era una dolce abitudine, si vedevano tutti i giorni in biblioteca – di solito Castiel arrivava alle undici – e dopo aver studiato insieme, andavano a pranzo fuori, poi Dean lo accompagnava al campus per le lezioni del pomeriggio o a casa.
«Domani non ho lezioni» disse Castiel, semplicemente «E poi devo andare a fare la spesa per la cena!»
«Okay. Allora ci vediamo domani, alle sette».
«Sii puntuale, ciao Dean!» esclamò uscendo dall’auto e cercando le chiavi nelle tasche. Dean ignorava il motivo per cui aspettava sempre che Cas le trovasse, aprisse il portone e poi sparisse dalla sua visuale, prima di andare via, si disse che lo faceva solo perché la zona era pericolosa e Castiel troppo indifeso. Ritornò a casa sentendosi davvero un idiota, e gli stava capitando un po’ troppo spesso, in quel periodo. Poi si preparò ed andò al lavoro, ricordandosi di avvisare il titolare che la sera seguente non sarebbe stato disponibile perché aveva un appuntamento, persino lui si congratulò con Dean, che finalmente stava decidendo di divertirsi alla sua età. Ma meritava un’occasione del genere? O stava rovinando per l’ennesima volta qualcosa? Si domandò istintivamente. Non era un appuntamento, era solo una sfida tra amici, nient’altro. Cercò di non avere pensieri negativi fino al giorno dopo, perché non voleva che la sua serata con Cas fosse rovinata dai suoi dubbi esistenziali, ma fallì miseramente e si ritrovò a parlarne con Benny durante la pausa quella sera, e l’amico gli disse: beh, non esitare troppo, non ti sei rotto il cazzo di avere solo me come amico? Andiamo, meriti un’altra occasione. In altri tempi non avrebbe creduto all’amico, ma quella volta, ci provò. Parlò anche con Sam, perché aveva bisogno di suo fratello per sapere che non stesse facendo un azzardo. Quando la loro conversazione si concluse con un affettuoso bitch, da parte di Dean e un jerk, da parte di Sam, il maggiore capì che sì, andava bene così. In fondo, come aveva detto sia al suo migliore amico che a suo fratello, era una cena di sfida, giusto? Lui non voleva alcun coinvolgimento sentimentale o sessuale con Castiel, non poteva averne, non doveva averne.
Così la sera seguente, puntuale come un orologio svizzero era fuori alla porta di casa di Castiel, non sapeva perché avesse tra le mani una torta chiusa in una scatola – perché è maleducazione andare a cena a casa delle persone senza portare nemmeno un dolce o una bottiglia di vino, diceva sempre Jody – e tremava d’euforia come una ragazzina al primo appuntamento. Non era mica un appuntamento, eh. Era solo una stupida sfida che si erano lanciati, sicuramente la cena sarebbe stata a base d’insalata e dopo sarebbero dovuti uscire per andare al fast-food e mangiare qualcosa di commestibile per non morire di fame. Aveva chiesto a Castiel per citofono il piano e il numero dell’appartamento, aveva salito le scale, non era mai stato lì, e Castiel viveva nel dopoguerra, in un palazzo di tre piani senza ascensore, ovviamente il suo amico viveva al terzo piano, era arrivato fuori all'appartamento, ma non aveva il coraggio di suonare il campanello. Quale problema mentale lo affliggeva esattamente? Castiel già sapeva che fosse arrivato, in un modo o nell’altro, non poteva più dargli buca, ora. Non poteva semplicemente scappare, anche perché davvero, nemmeno da adolescente sarebbe scappato, forse da adolescente, prima dell’arrivo di John tutto era più semplice, leggermente più semplice. Scacciò immediatamente quei pensieri dalla mente, Sam gli aveva consigliato di godersi la serata, e lui aveva intenzione di divertirsi, e impedire a quello stronzo di John di insinuare dubbi in lui. Prese un paio di respiri profondi e poi finalmente trovò il coraggio di suonare il campanello, pochi istanti dopo fu investito da un invitante profumo di cibo, wow. Poi si soffermò sul padrone di casa, che gli aveva appena aperto la porta, indossava una t-shirt nera con la scritta Non sono basso, sono un Hobbit, e dei pantaloni di tuta, che gli stavano un po’ larghi, ma che gli donavano un’aria davvero tenera. Si soffermò a pensare Castiel con la sua camicia di flanella a quadri che aveva indossato quella sera, dopo aver fatto sesso… ma no, no, cosa diavolo andava a pensare? Castiel era troppo puro per finire in pensieri così sconci. E poi era lì per una dannata sfida – si ripeté mentalmente – doveva essere solo una cena. Nient’altro.
«Ciao Dean» lo salutò, dannazione doveva smetterla di chiamarlo in quel modo – il suo nome – con quella voce.
«Ciao Cas… sento un profumino invitante, non avrai mica preparato roba commestibile? Hai rinunciato a farmi mangiare le tue amate verdure?» domandò ilare. Castiel sbuffò leggermente e lasciò che il ragazzo entrasse in casa.
«Idiota, ho preparato la cena, vedrai, ti leccherai i baffi» gli rispose, fiero di se stesso.
«Questa dove la metto?» domandò l’altro alludendo alla scatola con la torta. Quando Castiel si rese conto che Dean aveva portato con sé un dolce, per la loro cena di sfida, quasi arrossì. Che avesse la malsana idea che si trattasse di un appuntamento? Cioè, non gli dispiaceva, Dean gli piaceva anche tanto, ma si conoscevano relativamente da poco tempo, e avere già un appuntamento… sì, sapeva che poteva suonare davvero così, perché Castiel aveva invitato Dean a casa sua, e aveva cucinato per lui, ma potevano essere solo conoscenti che si conoscevano meglio, no? Dean non sapeva neanche tutto di lui, e non si fidava ancora abbastanza da dirgli tutto, per ora. Okay, forse era stato solo gentile e non si era presentato a mani vuote. Potevano essere semplicemente due amici che cenavano insieme, non c’era bisogno di alcun coinvolgimento sentimentale. Con Michael e Gabriel non si era mai fatto tanti scrupoli, non era poi così inusuale, non era mica una cena al lume di candela.
«Non dovevi…» mormorò Castiel, facendogli strada verso la cucina «Puoi metterla sul ripiano accanto al piano cottura» gli disse sorridendo. Dean entrò e si guardò intorno, la cucina era piccola, c’era giusto un piano cottura con un ripiano, una piccola credenza e un frigo. Niente di molto elaborato. Ovviamente, era la cucina dell’appartamento di tre studenti del college, mica poteva essere una reggia. Notò diversi piatti coperti con degli strofinacci e si incuriosì, da ognuno di essi proveniva un profumo buono. Sul ripiano indicatogli ripose la torta, e si guardò intorno in imbarazzo; subito dopo seguì un imbarazzante silenzio e una conversazione patetica sul motivo per cui Dean avesse portato la torta, perché volevo essere gentile, Cas e ti ringrazio Dean, non dovevi esserlo e simili. Una volta sconfitto l’imbarazzo iniziale, i due ragazzi si sedettero a tavola e Castiel porse al giovane i piatti che aveva preparato per quella sera, divise le pietanze nei piatti e Dean si stupì di ciò che vedeva, dannazione, Castiel era un ragazzo attraente, irresistibile e sembrava saper cucinare. Siamo amici, siamo amici, siamo amici…
«Quindi… queste sono verdure?» chiese indicando un tortino verde dal profumo davvero invitante.
«Sì, Dean» rise Castiel «In realtà, è una quiche di spinaci e formaggio» rispose sorridendo Castiel «E questi sono dei piccoli strudel di verdure» continuò la spiegazione «Poi ho preparato degli sformati di melanzane e zucchine, e del pollo con verdure grigliate» concluse sorridendo. Gli spiegò, infine, che erano tutti piatti con molte fibre e vitamine e poveri di grassi – almeno così dicevano le ricette che aveva cercato su internet. Sperava di aver fatto colpo, però.
«Wow» riuscì a dire solamente Dean «Spero che siano buoni quanto sono invitanti».
Castiel fece un piccolo sorriso e iniziò a cenare con Dean, solo che non si aspettava di essere stato così bravo e nemmeno i versi che emetteva l’altro ragazzo, molto simili a quelli che emetteva quando mangiava un cheeseburger. A quanto udiva, stava apprezzando molto ciò che gli era stato offerto, allora i suoi coinquilini non erano poi così bugiardi quando gli dicevano che fosse bravo in cucina, non lo dicevano solo perché effettivamente lui era l’unico in grado di cucinare e loro non sapevano nemmeno mettere una pentola con l’acqua sul fuoco – sul serio, Gabriel una volta aveva quasi bruciato la pentola perché l’aveva dimenticata per ore e l’acqua era quasi del tutto evaporata – non sapeva perché, non aveva mai creduto alle loro parole. Doveva ricredersi in quel momento, Dean stava apprezzando ogni cosa da lui preparata. Cenarono in tutta tranquillità, il biondo aveva decisamente perso la sfida, e dovette ammetterlo prima a se stesso e poi all’altro, non erano di certo mancate battute, risate e sguardi profondi. Dean non sapeva spiegare cosa stesse accadendo, ma gli piaceva fin troppo. Con Castiel si sentiva davvero bene, e si comportava in maniera totalmente naturale, cosa che per un periodo gli era stata difficile da fare persino a casa sua; con lui tutto era più luminoso e positivo e non si spiegava il motivo. Doveva avere qualche sorta di potere paranormale, davvero, perché non si spiegava come potesse farlo sentire in quel modo, con solo qualche sguardo, sorriso o solo la sua presenza.
«Ho perso la sfida» ammise ad un certo punto della cena-sfida, l’altro sorrise, fiero di se stesso, vittorioso, senza riuscire a trattenere dal dire un te l’avevo detto che ti sarebbero piaciute le verdure. Il biondo dovette accettare la sconfitta, perché davvero si era leccato i baffi e avrebbe davvero chiesto il bis di ogni portata – ma aveva ancora una dignità.
«Sei incredibile, Cas» disse Dean, alla fine della cena, avevano anche sparecchiato, ed erano seduti sul divano a guardare un film che passava in tv, una stupida commedia romantica inglese, con una fetta di torta tra le mani «Era tutto ottimo, stento a credere che quelle cose fossero verdure» disse ridendo, e scuotendo la testa «O tu sei un fantastico cuoco, o io non ho mai capito nulla» affermò con serietà, facendo arrossire l’altro.
«Non sono poi così bravo, su» mormorò, imbarazzato Castiel con il sorriso sulle labbra. Dean gli mise un dito sotto il mento e gli alzò il volto verso il proprio, fissando i suoi occhi in quelli dell’altro, che si spalancarono rivelandosi ancora più azzurri e profondi di quel che erano, sembravano davvero riuscire a scavare l’anima di chi gli stava di fronte, e Dean, perdendosi in quegli occhi, sentì la gola secca e il cuore a mille. Non dovrei sentirmi così, no.
«Dovresti avere più fiducia in te stesso» soffiò, avvicinando il suo viso a quello dell’altro, che diavolo stava facendo? Erano davvero quasi ad un soffio l’uno dall’altro e si stavano scavando l’anima a vicenda, attraverso gli sguardi che si scambiavano, ma nessuno dei due aveva il coraggio di sottrarsi, forse… se Dean si fosse sporto un po’ più in avanti e se Cas non si fosse ritratto, forse… se…
Un rumore improvviso, la porta che si apriva, li fece separare di scatto, come scottati. Santo cielo, erano a distanza di bacio, realizzò Dean, e no, no, no, cosa diavolo stava combinando? Dov’era finito il non-essere-assolutamente-coinvolto-sentimentalmente-ancor-meno-sessualmente? Per fortuna, erano stati interrotti, ma se non fossero stati interrotti… si sarebbero baciati? Castiel si sarebbe ritratto? Gli avrebbe tirato un ceffone? O avrebbe ricambiato il bacio? Un Gabriel totalmente ubriaco fece la sua comparsa sotto l’uscio della porta e: «Cassie, non mi sento per niente bene» biascicò, quasi piegandosi a metà, tenendosi lo stomaco, pronto a rigettare qualunque cosa avesse bevuto.
«Penso sia tardi…» mormorò Castiel, alzandosi per raggiungere il coinquilino «Dovresti andare» disse sbrigativo.
«C-Certo» disse alzandosi di scatto. Salutò con un gesto veloce sia Castiel che il suo coinquilino appena arrivato – che fortunatamente era ubriaco e non si sarebbe mai ricordato di lui in casa – ed uscì di corsa dalla casa, con il cuore in gola. Cosa era appena successo?
 
31 ottobre 2015, Halloween.
Né Dean né Castiel parlarono più di quell’imbarazzantissimo finale di serata, e di quel probabile bacio, sarebbe stato strano e fuori luogo, visto che non era successo niente, così si ripeteva Dean, lo ripeteva così tante volte che aveva messo da parte quel brivido improvviso che aveva provato lungo la schiena e il cuore che batteva all’impazzata una volta fuori dal suo appartamento. Continuarono normalmente a vedersi ogni giorno in biblioteca, a chiacchierare, a studiare insieme, ad uscire a pranzo insieme – Dean aveva davvero dovuto rinunciare al cibo spazzatura, ma Cas era stato clemente e si era accontentato di una settimana di astinenza da quel tipo di cibo. Forse una cosa che era cambiata tra di loro, era il fatto che uscissero più spesso insieme, quando Dean era libero dal lavoro, capitava spesso che si vedessero, la maggior parte delle volte per bere qualcosa insieme, o per guardare gli episodi di alcune serie tv insieme. Castiel lo aveva un po’ contagiato, più di Sam, un giorno si era presentato al college con una maglia enorme, blu con dei quadrati che sembravano finestre. È il TARDIS gli aveva detto il moro Doctor Who, hai presente? Alla faccia confusa del biondo, Castiel gli aveva spiegato la trama di una delle sue serie tv preferite, quella che raccontava le avventure di un alieno, che viaggiava nel tempo e nello spazio con una cabina blu, e gli aveva proposto di guardare insieme il primo episodio. Dean accettò e si ritrovarono una sera, sul divano dell’appartamento di Cas, spiaccicati l’uno all’altro – perché il divano era davvero piccolo – con un bicchiere di succo di frutta tra le mani a guardare quella serie. Dopo i primi dieci minuti di episodio, Dean capì che avrebbe davvero fatto a meno di guardare quella serie, un po’ troppo stupida per lui, ma gli occhi di Castiel – che già brillavano di luce propria – erano davvero esplosi di luce, come fatti di fuochi d’artificio mentre guardavano, ma soprattutto mentre gli spiegava ogni scena, recitando a memoria alcune delle battute – un po’ come Sammy quando guardava il Signore degli Anelli – e rideva alle leggere proteste di Dean, che si lamentava che non fosse abbastanza d’azione per lui; tuttavia, visto il suo entusiasmo, non aveva saputo dirgli di no e così aveva iniziato a seguire anche lui quella serie, e anche altre. Cas probabilmente poteva far concorrenza a suo fratello, le conosceva tutte, dalle sitcom più idiote, alle serie più complesse e lunghe. Così almeno una volta a settimana, si vedevano – soprattutto quando i coinquilini di Cas non erano in casa – e guardavano un episodio di Doctor Who o di un’altra serie, e Dean stranamente non credeva che quei minuti fossero sprecati, anzi, non si pentiva minimamente di quello, perché Castiel sorrideva radiosamente ed era tutto ciò che contava. Era grato di poter passare del tempo con Castiel, con lui stava bene, si sentiva bene e si sentiva una persona migliore; e soprattutto il moro non faceva domande inappropriate su di lui, sulla sua vita e simili; gli interessavano più che altro i suoi hobby e le sue passioni – e sul serio, avevano davvero molte cose in comunque, ad esempio, anche Cas amava viaggiare – solo una volta aveva chiesto come mai era così tanto fuoricorso, e Dean aveva evitato l’argomento, girandoci attorno, sentendosi davvero a disagio. Castiel si era scusato per essere stato invadente e gli aveva sorriso comprensivo, e insieme a lui aveva cambiato argomento. Castiel capiva, e non faceva domande inopportune. Forse per questo Dean passava volentieri il suo tempo libero con lui – non perché gli piacesse, eh, a lui non piaceva per niente, o almeno si impegnava a fingere che fosse così, perché sapeva di non meritare il modo in cui Castiel lo faceva sentire, ma davvero non poteva farne a meno. Castiel in qualche strano modo lo faceva sentire in pace con se stesso e con il mondo, ed era una sensazione che non provava da quando Bobby gli aveva consegnato le chiavi dell’Impala e gli aveva permesso di ripararla – e davvero, quello era stato uno dei momenti più felici della sua vita, sebbene avesse solo aperto le porte alla seguente catastrofe e al crollo emotivo di Sam.
Halloween era alle porte, e Sam non la smetteva di parlare di quella stupida festa che i suoi nuovi amici – quelli della confraternita in cui era entrato – avevano organizzato, diceva che era un evento importante, e che tutto il campus ci sarebbe andato, quindi loro due dovevano per forza andare lì e partecipare. Dean non ne era molto sicuro, non voleva andare a una stupida festa, aveva in programma con Castiel di vedersi a casa del moro e guardare film horror insieme. Ne stavano parlando da un po’, da quando avevano scoperto di essere entrambi pantofolai, avevano deciso che ad Halloween non sarebbero andati a nessuna festa, e che avrebbero fatto l’alba a guardare film horror e Dean ci teneva a non dare buca al moro. Vane erano state le proteste di Sam, che gli diceva che era imperdibile, che si sarebbe divertito, che c’era anche la torta perché il maggiore non avrebbe mai detto di no all’altro studente, anche se era suo fratello ad insistere. Dean aveva supplicato il titolare del bar per avere Halloween libero, visto che nell’ultimo periodo aveva fatto molti turni extra, ed era riuscito ad ottenerlo solo dopo molti tentativi, e non era stato affatto facile, ma alla fine i suoi occhioni verdi e il benedetto carisma avevano fatto il loro lavoro e dopo aver promesso al capo altri turni extra per il weekend successivo, aveva ottenuto la giornata libera. No, non si pentiva di nulla.
Era la mattina del trentuno di ottobre, lui era in biblioteca come al solito, stava aspettando Castiel, che, se non ricordava male, aveva detto che avrebbe finito una lezione di filosofia antica alle undici. Aveva preso un caffè scuro per se stesso e un cappuccino per l’altro, la giornata era nuvolosa e fredda, esattamente come il giorno dei morti avrebbe dovuto essere; Dean non vedeva l’ora che arrivasse quella sera, in modo da ritrovarsi con Castiel tra le braccia, terrorizzato da uno dei film – o tutti – che avevano scelto. Sorrideva al solo pensiero di stringerlo forte a sé. Anche se provava – in modo davvero penoso – a fingere che non fosse interessato, dentro di sé non poteva che ammettere che sì, Castiel gli piaceva. Suo fratello trovava il modo di ricordarglielo in qualunque situazione, per esempio l’ultimo weekend che era stato a casa, durante il pranzo, Dean stava scambiando messaggi con Cas, Sam lo aveva guardato, sorriso e poi aveva detto: Ti fa proprio bene questo… Cas, giusto? Ti fa sorridere con un solo messaggio. Sei così tenero!  Ovviamente Dean, da duro di cuore qual era, aveva negato tutto, sostenendo che fossero solo amici, ma non poteva negare che Sam avesse ragione, Castiel gli faceva davvero bene con poco, e sì, era assurdamente patetico, ma lui non ci trovava niente di sbagliato.
Castiel arrivò trafelato, con una felpa scura macchiata di gocce d’acqua, che sicuramente aveva visto giorni migliori, e la scritta “You have failed this city”, in verde; uh, stavolta conosceva la serie tv da cui era tratta, e l’espressione di un pulcino bagnato; aveva i capelli spiaccicati sul volto, bagnati fradici. Doveva essere scoppiato un acquazzone e lui doveva averlo preso in pieno, sebbene in quello stato, era carino. Smettila di pensare che sia bello, non è il tuo tipo, non deve esserlo.
«Ciao Cas» lo salutò «Sei fradicio» commentò con ovvietà. Il moro storse il naso e annuì, indispettito.
«Ho dimenticato l’ombrello a casa, stamattina. E hanno spostato la lezione all’edificio dall’altra parte del mondo, perché l’aula di questo era inutilizzabile» rispose nervosamente, sedendosi di fronte a Dean «E oggi è sabato, dannazione, non ci sono lezioni il sabato, ma quella stronza doveva recuperare la fottuta lezione a cui lei non è venuta» si lamentò, Dean si accigliò, Castiel non era il tipo che usava un linguaggio così scurrile, doveva essere davvero arrabbiato. E santo cielo, Castiel arrabbiato doveva essere dichiarato illegale in tutti gli stati americani e non, perché se prima Dean poteva evitare di ammettere a se stesso di trovarlo attraente, ora non riusciva a staccare lo sguardo dal suo volto corrugato e dalla sua mascella contratta, lui avrebbe saputo come fargli tornare il sorriso. Si morse le labbra con forza prima di riuscire a tornare in se stesso e spiccicare una frase di senso compiuto.
«Ora capisco la felpa» scherzò «Era un chiaro messaggio alla stronza che ti ha rovinato il sabato mattina».
«Hai riconosciuto la citazione?» chiese, con un lieve sorriso che compariva sulle sue labbra.
«Certo! È Arrow, giusto?» Cas annuì, leggermente meno nervoso  «Bevi questo» disse poi porgendogli il cappuccino che gli aveva preso «È ancora caldo».
«Sei un angelo» rispose, un po’ più calmo, accettando la bevanda calda, stringendola tra le mani per trovare un po’ di sollievo dal freddo che sentiva fin dentro le ossa. Dean lo osservò un attimo, sebbene arrabbiato, Castiel tremava appena per il freddo e cercava di stringersi nei suoi umidi vestiti; il biondo, senza alcuna esitazione, come se fosse stato un atto del tutto naturale, si sfilò la felpa che aveva indossato quella mattina e gliela porse.
«Prendi questa» disse semplicemente.
«Ma no, non posso accettare, Dean» cercò di ribattere e di rifiutare, perché altrimenti lui avrebbe avuto freddo e non era giusto, perché davvero quel giorno faceva un freddo assurdo per essere solo autunno.
«Insisto» sorrise Dean «Prendila io non ho freddo» continuò, ed insistette fino a che Castiel non si tolse quel capo fradicio e la indossò, tirando un evidente sospiro di sollievo a contatto con la stoffa calda – e no, Castiel non si crogiolò per niente nel penetrante profumo di Dean. Ne aveva davvero bisogno, e non capiva Dean come avesse fatto a rendersene conto, anche se doveva ammettere che stesse tremando in modo davvero imbarazzante.
«Grazie» soffiò, tenendosi la felpa dell’altro stretta addosso.
«Figurati» gli disse sorridendo, si concesse uno sguardo abbastanza lungo sull’altro, aveva ragione, a Cas i suoi abiti stavano leggermente larghi, ed era semplicemente adorabile «Sei più calmo ora?» Castiel prese un lungo sorso di cappuccino caldo e annuì, la sola presenza di Dean lo calmava «Allora… stasera, ho pensato che potremmo guardare-» iniziò, ma fu subito interrotto, bruscamente, senza che potesse prevederlo e ripararsi dalla delusione imminente.
«Dean…» mormorò bloccandolo «I miei coinquilini hanno insistito per andare a questa assurda festa in maschera e… beh, alla fine mi hanno convinto, io… mi dispiace» balbettò a disagio. Avrebbe davvero voluto passare la serata con Dean, ma Gabriel e Michael sapevano essere davvero convincenti e stressanti, alla fine aveva dovuto accettare per farli tacere. Non avrebbe mai voluto dare buca a Dean, e un po’ si sentiva in colpa, notando il suo sguardo triste.
«Non mi dire, la festa in maschera della confraternita dalle strane lettere greche?» domandò, ostentando sicurezza.
«Sì» rispose con un sospiro «Volevo davvero passare la serata con te» specificò, ma Dean davvero si sentiva un po’ deluso, lui aveva detto di no a suo fratello, che aveva persino nominato la torta, aveva rinunciato ad una festa con lui, di passare del tempo con suo fratello che non vedeva mai, per Castiel, e lui aveva detto di sì ai coinquilini perché evidentemente non aveva poi tanta voglia di passare la serata con lui. Avrebbe dovuto prevederlo, no? Avrebbe dovuto prevedere che una cosa simile potesse accadere a lui, dopotutto, sapeva di non essere il massimo e di non meritare occasioni simili, perché stavolta sarebbe dovuto essere diverso?
«Potremmo… sai, andarci insieme, se ti va» disse improvvisamente l’altro. Cosa? «Poi ce ne andiamo prima e… guardiamo qualche film fino all’alba come avevamo deciso» aggiunse. Dean lo guardò stupito.
«Non devi sentirti obbligato, in fondo anche Sam voleva che andassi a questa festa…» disse, sapeva che lo stesse dicendo per circostanza, per non fargli capire che volesse dargli buca, ma Dean non sopportava la pietà.
«No, no!» esclamò «Ti sto chiedendo se vuoi… accompagnarmi e passare comunque la serata con me» disse piano, alzando lo sguardo verso quello dell’altro, che gliene restituiva uno totalmente confuso e smarrito. Cosa sta succedendo?
«Mi stai invitando a venire alla festa con te?» chiese allora Dean, cioè sul serio, lo stava invitando? Lui?
«Se hai problemi, io…» balbettò, poi si riscosse «Sì, ti sto invitando a venire con me, Dean, voglio davvero passare del tempo con te» disse risoluto «So che non avrei dovuto dire di sì a quei due, ma sanno essere così stressanti e-» si bloccò, prese un momento di respiro e lo guardò ancora «Ti prego, so che sembra patetico, ma ti prego, accetta di venire con me, mi sento già abbastanza uno schifo, perché non avrei mai dovuto dire di sì a loro» gli disse con un sospiro. Dean dovette ricredersi. Perché pensava sempre male, prima di ascoltare? Perché dava per scontato che le persone non volessero avere a che fare con lui? Aveva questa dannata, bruttissima abitudine di fasciarsi la testa, ancor prima di cadere. Glielo dicevano tutti che sbagliava, che non si sarebbe mai trovato bene, eppure lui compiva sempre lo stesso errore. Era sempre un suo errore, in fondo, lui era l’errore, anche se Cas non se ne era ancora accorto. Decise che avrebbe aspettato il momento in cui se ne sarebbe accorto, e poi sarebbe sparito, come accadeva di solito a lui.
«Mi farebbe molto piacere» gli rispose, poi la reazione di Castiel, prima imbarazzata, poi euforica, lo fece sorridere spontaneamente. Quel ragazzo era così genuino e spontaneo, che trasmetteva queste qualità anche a Dean «Ma… dovremmo travestirci?» chiese, stavolta serio, non era mica un idiota che si travestiva per una festa.
«Non saprei… forse? La festa è in maschera… e… non so» balbettò il moro «Non sono mai stato ad una festa in maschera a dire la verità» borbottò al limite dell’imbarazzo.
«Io una volta, quando Sam aveva dodici anni, ma non usai nessun costume, infatti mi guardarono tutti molto male» raccontò ridacchiando, coinvolgendo anche l’altro «Forse, potremmo ideare qualcosa, senza sembrare degli scemi».
«Sono tutto orecchie».
Dopo un po’ di riflessione, il biondo ebbe il lampo di genio. L’idea di Dean consisteva nell’essere semplicemente loro stessi, lui avrebbe indossato abiti comuni, magari una giacca di pelle e dei jeans stretti e forse, se ne aveva voglia, avrebbe indossato un cappellino in stile in Indiana Jones, doveva essere una sorta di cacciatore del paranormale o qualcosa del genere a detta sua, e Castiel avrebbe potuto travestirsi da angelo, tenendo il suo trench e dicendo che avesse le ali nascoste perché avrebbero potuto bruciare gli occhi dei presenti. Era una festa di Halloween, mica di Carnevale, alla fine. E ovviamente, quest’idea piacque al moro, che non avrebbe dovuto cambiare look per la sera, certo, era arrossito al tu potresti essere un angelo, insomma, guardati, lo sembri davvero di Dean, come avrebbe potuto fare altrimenti? Dean gli faceva capire in ogni momento quanto fosse interessato a lui, ma lui non aveva il coraggio di dirgli nulla, troppo spaventato dal giudizio che altre persone avrebbero potuto dare a una loro relazione. Castiel non aveva ancora fatto ufficialmente coming out, oltre ai suoi familiari, solo i suoi coinquilini sapevano della sua tendenza sessuale, perché di loro si fidava ciecamente, in fondo, li conosceva da anni, e anche se erano un po’ stronzi a volte, sapeva che non agissero con cattiveria. Quando Dean comunicò al fratello il cambio di programma, Sam fu davvero felice di sapere che il fratello sarebbe andato alla festa, e ringrazia Castiel da parte mia, aveva detto, guadagnandosi un affettuoso insulto dal maggiore. Michael e Gabriel avevano approfittato della presenza di Dean per scroccare un passaggio sia all’andata che al ritorno, quando sarebbero stati sicuramente troppo ubriachi per guidare.
Arrivarono alla festa tutti e quattro, Dean osservò la sala, era interamente addobbata a tema, c’erano scheletri attaccati ovunque, ragnatele di plastica, ragni, teschi e luci che suggerivano che quella fosse proprio una festa di Halloween. Non appena individuò il fratello – con un paio di corna da alce sulla testa, fortuna che era lui quello che odiava i travestimenti – lo raggiunse e lo abbracciò, il minore si sentì un po’ in imbarazzo, ma alla fine ricambiò, perché lo vedeva così poco che un po’ gli mancava – ma lui non avrebbe mai dovuto saperlo – gli presentò alcuni dei suoi compagni di confraternita, tra cui un certo Garth, un tipo un po’ strano, e fin troppo affettuoso, e Kevin, una matricola del primo anno, dall’aria innocente e, a detta di Sam, mostruosamente intelligente. Poi c’erano altri, ma Dean non li calcolò minimamente, però era felice che suo fratello si trovasse così bene, al punto da entrare in una confraternita – non credeva che il piccolo Sammy fosse tipo da confraternita, l’aveva sempre visto come un topo da biblioteca – e soprattutto che fosse sereno e in pace. Lo prese giocosamente in giro, per le corna da alce e gli diede una pacca sulla spalla, stranamente divertito dalla situazione. A distanza di un mese quella era la seconda festa a cui veniva trascinato.
«Ehi Dean» gli disse, prima di separarsi da lui per raggiungere una ragazza che gli faceva gli occhi dolci «Non sprecare l’occasione, quel Castiel sembra davvero carino» gli consigliò sorridendo raggiante. Poi lo vide sparire tra la folla, e raggiunse Castiel, a cui un ragazzo un po’ troppo esuberante offriva una birra. Non seppe perché, ma si sentì un po’ geloso a quella vista, e quando Castiel accettò la birra, e ne bevve, incerto, qualche sorso – santo cielo, doveva essere illegale guardare il moro fare qualsiasi attività con la bocca – Dean si sentì un po’ invaso nel suo territorio e geloso, si disse perché sentiva uno strano senso di protezione verso Cas e non voleva che nessuno gli facesse del male; poi sorprendentemente, lo vide congedarsi da quel tizio, avvicinarsi a lui con rapide falcate e lo vide sorridere, vicinissimo. Santo cielo, di nuovo…
«Posso offrirti da bere, Dean?» chiese con una voce troppo suadente, per essere quella di Castiel. L’alcool lo rendeva decisamente troppo disinibito, e se solo qualche sorso di birra lo rendeva così, cosa sarebbe successo a fine serata? Cercò categoricamente di eliminare dalla sua mente il pensiero di Castiel che lo sbatteva contro un muro, perché, insomma, non ne sarebbe mai stato capace nemmeno da sobrio, forse, e no, no, lui è troppo puro per questo genere di pensieri – si disse, ma quando guardava Cas gli era impossibile pensare razionalmente.
«S-Sì» boccheggiò il biondo. Forse era davvero astemio, ma quella birra gli aveva dato coraggio, e Dean apprezzava molto questa versione coraggiosa e intraprendente di Castiel. Era eccitante, e no, non doveva pensarlo, no. Castiel era la persona più pura e innocente del pianeta, non doveva finire nei suoi pensieri sconci. No. Presero entrambi una bibita da una di quelle bacinelle enormi piene di bottiglie e ghiaccio, brindarono alla serata e bevvero velocemente. Le gote di Castiel si erano arrossate a causa dell’alcool, ingerito poco prima, e Dean lo trovò ancora più attraente. Doveva smetterla, sul serio, o non avrebbe risposto delle sue azioni. Mangiarono anche qualche rustico e dei dolci, in fondo, Sam gli aveva detto della torta e, siccome si trovava lì, chi era lui per rinunciare a una buona fetta di torta?
La serata trascorse nella più totale spensieratezza e allegria, c’era buona musica, persone divertenti, Castiel, Sam, e anche quei due idioti dei coinquilini di Cas, e Dean non riuscì a pentirsi di essere andato lì. Improvvisamente, la musica cessò, e saltarono fuori – Dean non capì esattamente da dove – dei ragazzi vestiti da zombie che iniziarono ad imitare quelli di The Walking Dead, e ad inseguire gli invitati, trasformando la festa in un vero e proprio set da telefilm sovrannaturale. Bastò uno sguardo con Sam, e anche loro si lanciarono nella mischia; Dean si divertì più di quanto avrebbe immaginato, e si calò nella parte del cacciatore del paranormale insieme a Sam, ed entrambi usando delle finte armi cercavano di combattere i vari zombie. Spuntarono anche ragazzi travestiti da vampiri, da fantasmi, e persino da licantropi, rendendo la festa un vero spasso per ognuno, c’era chi correva terrorizzato, chi come Sam e Dean si divertiva ad uccidere mostri e poi c’era Castiel, beh Castiel alla seconda birra – quella che il suo intelligente coinquilino Gabriel gli aveva offerto – era già andato, e si era attaccato al braccio di Dean parlando a vanvera e dicendo cose assurde su quanto Dean fosse bello e angelico, poi l’aveva definito anche coraggioso, quando un finto vampiro lo aveva quasi morso sul collo e l’altro eroicamente l’aveva salvato. Il biondo non aveva saputo interpretare quelle parole, ma aveva preferito credere che fossero dettate solo dall’alcool e non da altro, non potevano. Insomma, Castiel non aveva mai dato segnali di nessun genere, a parte quel quasi bacio che Dean aveva cercato di rimuovere dalla sua mente. Ma no, Cas non aveva mai fatto capire di provare interesse, era solo ubriaco e parlava a vanvera. Dean smise di pensare alle sue parole, e continuò con suo fratello a divertirsi. Cielo, erano anni che non si divertiva così, si era sentito, seppur per poche ore, un normale studente del college. Lui e Sam furono gli unici due a non essere toccati dai ragazzi travestiti da mostri.
Quando la festa terminò, ormai erano le quattro del mattino, Castiel era in stato comatoso su un divanetto, così come i suoi coinquilini. Dean, dopo aver salutato il fratello, ed averlo ringraziato per aver condiviso con lui quel delirio da cacciatori del paranormale, promettendogli che avrebbe partecipato a più feste così, caricò nella sua auto i tre ubriaconi e li riportò a casa. Michael e Gabriel, dopo aver delirato un po’, quando il biondo parcheggiò, esattamente sotto lo stabile, uscirono dall’auto e raggiunsero il portone a tentoni. Dean fu tentato di raggiungerli per aiutarli, ma Castiel era rimasto in auto e lo bloccò sul posto. Aveva gli occhi lucidi, le guance arrossate e i capelli gli ricadevano sul volto. Era irresistibile, se non fosse stato sobrio, probabilmente lo avrebbe baciato… e non si sarebbe limitato a una pomiciata; no, no, no, doveva smetterla, Castiel era puro, e Dean non doveva pensare a lui sessualmente.
«Dean» lo chiamò in un sussurro roco, un brivido percorse tutta la spina dorsale del ragazzo, facendolo trasalire.
«Dimmi, Cas» disse a corto di fiato.
Castiel non disse nulla, semplicemente allungò una mano verso la guancia dell’altro, accarezzandola lentamente, Dean trattenne il fiato per qualche istante, provò a chiedergli cosa stesse succedendo, ma il moro si limitò a sporgersi verso di lui, lasciandogli un leggero bacio a stampo sulle labbra. Restarono a labbra incollate per diversi istanti, il cuore di Dean sembrava impazzito e lui di sicuro arrossito, fino a che il moro non si staccò bruscamente dall’altro come scottato, forse rendendosi conto solo in quel momento di ciò che stava facendo ed uscì dall’auto in fretta, raggiungendo gli altri due, che erano riusciti ad aprire il portone; poi sparì all’interno del palazzo in cui viveva, lasciandosi alle spalle un Dean con l’espressione più confusa che avesse mai avuto e un accenno di sorriso sulle labbra. Forse, poteva interpretare quelle parole che gli aveva detto, non solamente dettate dall’alcool. Forse, in qualche modo assurdo, l’altro provava davvero interesse per lui.

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Hola people, come si va?
Non è carino Dean si auto-convince che non prova niente per Cas? E Cas che cerca di fare lo stesso? Ma si piacciono, è evidente - perchè tutti sanno che sono fatti l'uno per l'altro - e Sam li shippa già.
Piccola nota: la felpa STAR laboratories è un gadget della serie tv The Flash (ed è bellissima e comodissima) mentre la battuta infelice sulla statura da Hobbit è dal Signore degli Anelli (io sono un hobbit, non Cas, comunque) e niente. 
Non ho molto da dire, solo che i guai torneranno presto - no, non nel prossimo capitolo, Dean avrà ancora qualche gioia - e tanti dubbi esistenziali. 
Spero non ci siano errori e che vi sia piaciuto questo capitolo! Se ne avete voglia fatemi sapere che ne pensate, del capitolo o della storia in generale! Ringrazio, come sempre, chiunque segua, preferisca e ricordi la storia, e un grazie speciale alle mie commentatrici abituali! Grazie del sostegno! 
Ci si becca la settimana prossima, sempre su questi canali! 
A presto, people! 
   
 
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