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Autore: Guilty Pleasure    02/09/2017    0 recensioni
"Rose" fu l'unica parola che uscì dalle labbra del ragazzo, un lamento, una preghiera, lei non rispose nemmeno, rimase immobile a studiare il paesaggio albicante attorno a se', sognando di poter essere un uccellino per riuscire a volare via: lontano da quella Scuola che la stava pressando, lontano da lui, voleva solo sentirsi libera. Un altro passo. Era dietro di lei: poteva sentire il suo calore sulla schiena e il suo profumo di sottobosco ed estate, ne era dipendente, era talmente abituata a lui che il suo corpo reagiva sempre allo stesso modo; le sue difese crollavano inesorabilmente come la sua forza d'animo, frantumate sotto la coscienza di averlo vicino, distrutta dal suo modo di fare sempre così indeciso e prepotente; prendeva e quello che lasciava dietro se' era solo cenere e mestizia.
I loro cuori battevano ancora una volta all'unisono, sarebbe bastato annullare quella minima distanza per averla vicino, ma Scorpius sapeva che se l'avesse fatto lei si sarebbe ribellata. Lei si ribellava sempre.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Weasley, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Draco/Astoria, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Nuova generazione
Capitoli:
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Questa storia, è dedicata a te che stai leggendo, grazie per trovare il tempo per leggere quello che la mia pazza mente ogni tanto partorisce… Ma è anche dedicata a te, mia cara, carissima amica. Mi fai sentire meno sola tu che le mille persone che mi circondano ogni giorno. Grazie per il tuo supporto, le tue sgridate e le mille chiacchere sul niente che mi fanno nuovamente credere che posso ancora sognare. Grazie Dreams Eater, e grazie ancora per le tue bellissime storie che sono impresse come un marchio nella mia testa è nel mio cuore.


 
The Misleading Sorceress and The Wicked Coward



Prologo :


Heartless
 
Mi sono persa in un sogno,
impossibile fatto di fantasia
di illusioni e pazzia.
Un sogno che valso
un brivido sotto pelle
un emozione che toglieva il respiro.
Un sogno che valeva la vita
un momento di intenso follia
fatti di tanti giorni infiniti.
Mi sono persa nell'impossibile
ma l'impossibile mi dava la vita.

[Mi sono persa, Silvana Stremiz 2008]
 


Era in ritardoMentre correva fra gli intricati e austeri corridoi della Scuola non riusciva a pensare ad altro:

 "Sono in ritardo."

Era impensabile, impossibile. Lei non era mai in ritardo, mai. Lei era impeccabile; nella sua numerosa e chiassosa famiglia lei era quella a cui non dovevano mai ripetere di fare qualcosa, lei era quella che non dovevano mai sgridare; lei era quella seduta diritta e composta anche a cinque anni: lei era Rose, ormai per i suoi familiari era sinonimo di sicurezza e tranquillità, mentre i suoi cugini urlavano per tutta casa, lei se ne stava rintanata in un angolo a leggere o a parlare come un adulta con le parenti più grandi. 

"Rose non corre, Rose non urla, Rose non fa cose stupide, Rose ha la testa sulle spalle. Dovreste tutti essere come Rose!" Ripeteva nonna Molly esasperata dagli stupidi scherzi di James e Fred o dai capricci di Lily e Hugo, ma Rose era solo furba: tutte le sue marachelle erano create ad arte, erano fini come i suoi giochi; erano divertenti e leggere, erano spensierate e coinvolgevano sempre tutti. Lei era il fiore all'occhiello della sua famiglia, eppure quel giorno era in ritardo.

Quanto fa male deludere le aspettative? Quanto spaventa non essere più la candida rosa di casa?

Lo sapeva che era stupido preoccuparsi, se fosse arrivata dieci minuti più tardi a colazione a chi sarebbe mai importato? A lei, lei era la persona che non voleva, non doveva deludere; se stessa: era quello l'importante. Doveva essere sempre migliore, sempre avanti, nonostante tutto e tutti. "Pretendere da se stessi è la chiave del successo, Rosie" le ripeteva sua madre; la sua mammina era sempre stata così fiera di lei, la sua dolce e instancabile mamma, quella donna così sicura eppure così fragile era capace di fare tutto, non cedeva mai nemmeno dinnanzi ai problemi più gravi; quante volte l'aveva vista afflosciarsi sulla sedia in cucina stravolta dal lavoro e dalle mille preoccupazioni? Quante volte l'aveva vista rimediare agli errori altrui? Eppure nemmeno una volta, neanche una, si era dimenticata di lei e di suo fratello: tutte le sere si presentava sulla soglia di camera con due tazze di latte caldo con i cereali e un buon libro; nonostante tutto rimboccava loro le coperte, si distendeva accanto a lei o a suo fratello e leggeva, leggeva anche per un'ora intera, cullandoli con la sua voce calda e rassicurante.
Lei era la sua ancora, la sua forza e il suo modello di vita, era sua madre; Rose durante gli anni aveva fatto, su quella frase ripetuta allo sfinimento, un vero e proprio mantra: non doveva cedere, non poteva permettersi nessun errore. Ma quel giorno era in ritardo. 
Un maledetto e assurdo ritardo, per cosa? Bearsi fra le spire del Tranello del Diavolo non l'avrebbe portata da nessuna parte. "I sentimenti rendono deboli", quante volte l'aveva sentito ripetere dal nonno di quel suo maledetto compagno? A quante liti aveva assistito durante le settimane di vacanza spese insieme a suo cugino e al loro migliore amico?  Quante porte erano state sbattute con forza facendo quasi incrinare i cardini solidi e secolari di quel maniero così lugubre? 


How could you be so, cold as the winter wind when it breeze, yo
Just remember that you talkin' to me though
You need to watch the way you talkin' to me, yo
Mean after all the things that we've been through
Mean after all the things we got into



La ragazza prese un profondo respiro scacciando quei ricordi dolce amari che non sarebbero più tornati. Era tutto finito. Finito per un futile dubbio, uno sbaglio. Un semplice errore che male poteva mai fare? "Ogni scelta, giusta o sbagliata che sia ha il suo prezzo Rosiericordalo". Come poteva dimenticare le parole del suo papà? Come poteva dimenticarsi di quell'uomo che amava con tutta se stessa? Quella voce cristallina e profonda era la sua guida nei momenti più bui: solo lui riusciva a calmarla quando sentiva di star per crollare.
Quando aveva paura del buio, a quattro anni, non chiamava la mamma, l'unica persona che voleva accanto a se era suo padre; le spalle larghe per sorreggerla, il torace ampio per poterla accogliere e quel profumo che era un misto di fatica e casa che la facevano sentire protetta e cullata; si addormentava serena fra le sue braccia. Spesso aveva sentito sibili di uomini invidiosi di suo padre che si domandavano perché sua madre, così bella e intelligente avesse scelto proprio lui; Rose sapeva il perché: ne era certa, suo padre ci sarebbe sempre stato. Era la costante di sua madre, sua e di suo fratello: era il loro uomo; era l'unica persona che teneva testa a sua madre, era l'unico al quale lei, forte e imperturbabile, si mostrava debole; quello era l'amore che univa la sua famiglia e l'unica cosa che chiedevano a lei e a suo fratello era di essere delle brave persone, ma Rose voleva essere perfetta.
Lei era una rosa, flessuosa ed elegante. Lei era una Weasley e niente sarebbe mai stato abbastanza per ringraziare la sua famiglia della vita che le avevano donato. "La vita è un dono, Rose. Non sprecarlo".


Y'all know some things, that you ain't told me
Y'all did some things, that's the old me
And now you wanna get me back and you gon' show me



Il ticchettio delle sue scarpe riecheggiava per i corridoi deserti, il suo respiro era irregolare e pesante, le faceva male ogni singola parte del corpo; i muscoli sotto sforzo erano tesi e doloranti, i tendini tirati al limite del possibile e i capelli sciolti sulla schiena le si stavano attaccando al collo leggermente scoperto. Il cuore sembrava quasi volerle uscire dal petto mentre svoltava l'angolo per imboccare l'ultima rampa di scale prima di arrivare all'androne adiacente alla Sala Grande; si ricompose, chiuse gli occhi e prese un bel respiro. Spalle dritte, marmoree nella posizione da lei scelta, le gambe tremavano per lo sforzo, ma non lo dava a vedere. Sicura in tutta la sua perfezione; quanto costa la perfezione, Rosie?


So you walk around like you don't know me
You got a new friend, I got homies
In the end, but still so lonely



Non esitò un attimo, nemmeno quando lo vide. Era appoggiato allo stipite del portone che sorrideva melenso a una ragazzina incatenata fra lui e il legno etereo dell'entrata alla Sala Grande; lei lo guardava con occhi adoranti e vacui e lui, lui che era così gentile ed educato la fissava come un predatore fissa il cadavere della sua preda; la rabbia la invase ma non si fece sopraffare, lisciò la gonna della divisa con fare convulso e nervoso che nessuno avrebbe notato se non Lui, lui che la conosceva come le sue tasche, lui che le era stato amico e le era stato vicino nei momenti peggiori, adesso le stava davanti flirtando con una sciaquetta di poco conto. Lei sapeva cosa stava pensando Lui, ne era certa; lui era l'altra faccia della sua medaglia. La biondina di turno ridacchiò a una qualche battuta sussurrata all'orecchio, le labbra fresche che sfioravano il lobo della giovane, famelico come un predatore digiuno da mesi. Lei arrossì pudica, come se potesse esserlo e Rose li fissò quasi nauseata mentre procedeva verso l'entrata della Sala, nonostante le fosse passata la fame.


In the night, I hear 'em talk,
The coldest story ever told
Somewhere far along this road,
He lost his soul to a woman so heartless



"Mostra sempre la tua maschera migliore, nipotina mia". Le parole di sua nonna riecheggiavano nella sua mente come una dolce litania come il passo suo cadenzato, leggero, come se non avesse corso per più di sei piani di scale; sicura e ferina come una tigre che studia la sua prossima vittima.

Era delicata, era Tempesta e Nirvana; a guardarla bene, così piccola e sempre nascosta fra le fiamme cremisi che erano i suoi ricci, nessuno avrebbe detto che potesse essere così forte, così determinata e così letale. Gli occhi limpidi come il cielo estivo la facevano sembrare sempre stupita e sognante. "Cosa sogni Rosie? Cosa c'è nella tua mente contorta?" Rideva prendendola in giro il suo migliore amico, quando si distendevano all'ombra di un albero a riposarsi fra una lezione e l'altra, il giardino di Hogwarts era il custode dei loro pomeriggi spensierati e dei loro sogni infranti.


How could you be so heartless?
Oh, how could you be so heartless?



"Sei sporca sul naso Rosie!" Quante volte la stuzzicava sfiorandole delicato il piccolo naso e le guance rosee, coperte di quelle leggere efelidi che lei non si preoccupava di nascondere, era un orgoglio averle, erano parte di lei, erano parte della sua meravigliosa famiglia. "Non stare troppo al sole, Rose, finirai per bruciarti!" Lei amava il sole, avrebbe voluto tanto abbronzarsi ma lui e suo cugino la deridevano tutte le estati, era così chiara che l'unica cosa che faceva era arrossarsi e soffrire per giorni. Rose si morse le labbra carnose e morbide avanzando sempre più vicino al Serpeverde che aveva lasciato andare la biondina; sapeva che era lì; sentiva gli occhi cerulei della sua rosa.

Da quanto non si parlavano? Dalla sera precedente, troppo per lui, era assuefatto da lei: non riusciva a togliersi dalla mente la sua voce così maledettamente calda, torrida come il vento del Sud, bollente come il fuoco scoppiettante nel camino di casa sua durante le vacanze di Natale; rassicurante come l'abbraccio di una madre apprensiva; ardente come il sole estivo, seducente come lei; cocente come le sue piccole mani su di lui.
La guardò per un istante soltanto, smarrendosi nel fissare la  figura della giovane che lo stava per superare; una smorfia altezzosa a deformarle il viso sempre gioioso e fine. Lo stava ignorando.  Lei lo stava ignorando. "Nessuno deve ignorare un Malfoy, ricordalo Scorpius". La voce glaciale di suo padre riecheggiò nelle sue orecchie. Suo padre, il suo papà. Quante persone lo deridevano ancora? In quanti avevano provato a fargli del male? Eppure lui, quell'uomo così posato e distaccato non si scomponeva davanti a nulla; se ne stava diritto e fiero, lo sguardo di mercurio ammantato di orgoglio e boria, puntato negli occhi dei suoi nemici, senza indietreggiare mai.
Negli anni si erano scontrati e incontrati così tante volte che ne aveva perso il conto, ciononostante lui c'era e ci sarebbe sempre stato; il suo viso, i rari sorrisi dedicati solo al figlio e le parole di conforto erano per il ragazzo fonte di orgoglio e sicurezza;  quella stessa sicurezza che davanti a lei vacillava sempre, tutte le volte, senza eccezione.
Senza pensare alle conseguenze, quando lei lo stava per superare l'afferrò per un polso e la costrinse a voltarsi verso di lui, fu in quel momento che si scontrò con tutta la rabbia che solo quella rosa fatta di discordia e beatitudine era capace di provare.


How could you be so Dr. Evil,
You bringin' out a side of me that I don't know
I decided we weren't gon' speak so
Why we up 3 A.M. on the phone
Why does she be so mad at me fo'
Homie I don't know, she's hot or cold

 

"Lasciami. Subito." Sibilò lei con voce compassata e fredda; ma Rose non era fredda, né scostante, lei era incendio e lui era il suo acceleratore. 

"No." Replicò lui, il sorriso che gli increspava le labbra era angoscioso come lo sguardo di un rapace che cala sulla sua preda; gli occhi madreperla fissi su di lei."Chi abbassa lo sguardo perde! Via!" Il ricordo di quel gioco che avevano fatto con  Albus qualche anno prima era uno spettro che fluttuava fra loro; chi aveva più da perdere da quella situazione?

"Malfoy -il suo cognome scaturito da quelle labbra rosse e morbide era quasi un insulto- lasciami. Ora! Il mondo non gira intorno a te!" Ululò attirando l'attenzione di tutti gli studenti che, nonostante l'ora, sembravano essere vigili e ben attenti a non perdersi nemmeno una parola di quell'ennesimo diverbio fra i due ragazzi: non una forchetta toccava piatto; tutta la scolaresca sembrava ibernata in quell'istante.

"Il mondo intero no, ma tu sì, Weasley" Perché quel cognome che amava così tanto in quell'istante sembrava una sentenza di Morte emessa da un boia spietato con le fattezze di un Angelo?

"Sei un idiota! Ti odio" Urlò lei strattonando il polso verso di se con una potenza che nessuno avrebbe mai creduto avesse. 

"Non mi odi" Replicò il ragazzo ghignando, la voce bassa, rauca e suadente, mentre il suo viso si avvicinava pericolosamente a quello della ragazza, un sussurro, un sospiro leggero e fresco sul volto colorato di virgineo pudore di lei. Il giovane le lasciò di scatto il braccio, lei barcollò un istante prima di ricomporsi come se niente fosse.

 "Chi sei adesso, Rosie? La guerriera o la vittima sacrificale?" 

"Nei tuoi sogni! Io ti odio e ho sbagliato, ho sbagliato a fidarmi di te! Sei un egocentrico, viziato!" Il grido della ragazzina riecheggiò per tutta la Sala; il furore che aveva covato negli ultimi tempi le stava ribollendo nelle vene come lava incandescente.

 "Sono una guerriera, sono una guerriera, sono..." 

"Nei miei sogni... Forse, ma nella realtà tu non mi odi, o devo forse ricordarti delle scorse notti? Perché sei in ritardo per la colazione, Rosie?"  Disse a voce tremendamente alta, voleva che tutti sapessero del suo stupido errore; il suono emesso dal ragazzo era roco, strascicato, ma tagliente come le mille spade che Rose percepiva nel petto e nell'anima ricolma di lacrime non ancora versate.

"... Una vittima. Legata a lui, legata ai suoi occhi argentei. Incatenata fra sue spire come un topolino in trappola..." 

L'aveva tradita. 

"Colpiscimi Rose, avanti fallo" pensò lui, malevolo, inclinando il volto, sorridendole come un bimbo sorpreso a rubare i biscotti dalla dispensa prima di cena. 

"... Non mi avrai così. Io sono una guerriera, non la tua vittima". La reazione, di fatti, non si fece attendere, la furia che le scorreva nelle vene si riversò tutta in un punto soltanto. La Sala Grande era immobile, nemmeno dall'esterno proveniva alcun rumore, come se perfino gli animali si fossero resi conto della sacralità e intimità di quel momento; solo uno risuonò glaciale e chiaro, quando la piccola mano di Rose si scagliò sulla guancia imberbe del Serpeverde il mondo intero si frantumò su di lui: lei era un mare in burrasca e lui la battigia sulla quale si era infranta inesorabile e sempiterna, rimase impassibile, come se niente fosse successo, come se la sua guancia non stesse bruciando di dolore, vergogna e rabbia; freddo e distaccato, un ghigno noncurante a sfiorargli le labbra fintanto che non vide delle minuscole perle bagnare silenziose il viso della ragazzina; sgranò gli occhi tempesta, e anche se voleva allungare una mano verso di lei non stava riuscendo a controllare i muscoli: il cervello sconnesso dalle membra, l'unico muscolo che ancora si muoveva era il suo cuore che sbatteva ripetutamente contro la sua gabbia toracica, voleva uscire, voleva Lei

Silenzio.

Non una parola, non un sospiro, non riuscì a proferir verbo nemmeno quando la ragazza gli diede le spalle facendo mulinare sulle esili spalle i ricci scarlatti, scarlatti come il loro più grande fallo; il suono dei passi della giovane rimbombarono per tutto l'androne prima di essere sovrastati da qualche risata di scherno e il chiacchiericcio concitato degli studenti che sembravano essersi risvegliati in quel maledetto istante; il ragazzo sentiva i loro occhi sulle sue spalle leggermente ricurve, avrebbe voluto nascondersi. Come erano arrivati a tanto? Cosa gli era successo? 

"Sei sempre così possessivo, Scorpius!" Lei rideva, rideva sempre, del suo modo di fare, lo canzonava spesso e lo abbracciava. "Weasley, smettila di prendermi in giro, quel che è mio è mio" Lei sorrideva, sorrideva davvero e lo faceva solo per lui, e in quel frangente tutto scompariva; il male si dissolveva, esisteva solo lei. "Ti svelo un segreto, Scorpius: ti voglio bene anche se sei così prepotente, egoista, viziato e geloso" E rideva Rosie, rideva di gusto delle parole taglienti e così semplici con cui lo descriveva; per lei era facile dire ti voglio bene, per lei era facile esternare i sentimenti perché lei era emozione, sentimento e Vita; era quello che adorava di lei: lei era Viva, calda e allegra, spensierata, come l'azzurro delle sue iridi curiose e sognanti. Per lui invece era così difficile essere come lei, per lui era sempre così complicato farsi avvicinare e abbracciare ma lei rideva della sua eterea compostezza, come se fosse una sua paranoia. "Malfoy, se continui così diventerai vecchio prima di aver compiuto vent'anni!" Lui borbottava contrariato e lei gli scoccava un leggero bacio sulla guancia, facendo prendere un po' di colore alle sue guance sbiadite. Lui la fulminava con lo sguardo come se avesse appena commesso un delitto capitale e lei rideva di nuovo; era il loro teatrino quando erano da soli, senza Albus, senza compagni.
Quando erano solo Rose e Scorpius. Quando erano solo amici.
Scorpius si chiuse nella sua bolla lasciando scivolare i ricordi e le parole vuote che sentiva provenire dagli altri studenti che si burlavano di lui; tutto era ovattato. 


I won't stop, won't mess my groove up
'Cause I already know
 how this thing go



"Scorpius, che diavolo ti è saltato in mente? È Rose, per le mutande di Merlino!" Le parole di Albus gli sembravano così aride, prive di ogni significato; percepì a mala pena la sua mano olivastra stringersi sulla sua spalla destra, come a volerlo risvegliare da un incubo, si scansò malamente, quasi scottato da quel contatto così intimo, così sbagliato. Lui non era Lei: solo Rose poteva toccarlo, solo Rosie poteva permettersi di leggergli dentro, Al era solo la brutta copia di quell'amicizia simbiotica che aveva con Lei.

Cos'aveva fatto? "Solo alla morte non c'è rimedio, Scorpius". Quante volte sua madre lo rimbeccava con quella frase quando da piccolo rompeva qualcosa di suo padre e correva terrorizzato da lei nella speranza di essere difeso? Essere protetto da cosa? Suo padre urlava e sbraitava ma non l'aveva mai toccato, nemmeno una volta; spesso lo sgridava e dopo poco andava da lui e se lo stringeva al petto, poteva così sentire il padre inspirare il suo profumo di bambino.

"Ci hai salvato Scorpius" questa era la risposta secca che sua madre gli rifilava tutte le volte che chiedeva una spiegazione. Lo guardava con gli occhi grandi di quel blu notte, così scuro che avrebbe potuto perdercisi dentro e lo stringeva Astoria, lo coccolava, lo istruiva e lui glielo lasciava fare, immergeva il suo visino sul seno di sua madre e riusciva a sentire il suo cuore pulsare, poteva sentirla viva sotto le sue mani quando gli faceva il solletico o quando scostava le coperte per farlo dormire con lei e suo padre. Protetto, ecco come si sentiva fra di loro, lui si girava verso suo padre e nascondeva il volto nella sua schiena larga e sicura, mentre sua madre lo stringeva al petto; spesso si era addormentato in quel modo e si era risvegliato incatenato fra i suoi genitori, i loro respiri profondi e caldi; solo in quei momenti poteva guardarli veramente per quel che erano. Persone. Non Eroi. I volti rilassati e cullati da dolci sogni fatti di pasta di zucchero e caramelle colorate. Non una preoccupazione, non un cruccio, nessun sorriso di circostanza. Solo loro. Casa: il profumo di biscotti e vaniglia della madre che si confondeva  perfettamente con la menta e il tabacco emanato dal padre e sapeva di loro, di vita, ma in quel momento non era a casa, non era con loro e stava perdendo: l'avrebbe persa di nuovo.
Lui odiava perdere.
I suoi piedi si mossero senza che ne fosse consapevole; non sentiva Albus che lo chiamava a gran voce, intimandogli di fermarsi e di non rovinare ancora di più le cose, non sentiva le risa, non sentiva i commenti malevoli, ne i professori infuriati da tale comportamento. Non sentiva la fatica, non sentiva l'affanno; il cuore pulsava convulso contro la cassa toracica. Scale, scale e ancora scale, eppure lui sapeva che avrebbero dovuto finire e lui sapeva dove.
Il cigolio della porta risuonò nel vento freddo, uno spiraglio di luce colpì il suo viso; l'aria era gelida lassù, ma non avvertiva il freddo. In quel momento non sentiva niente. Vedeva e percepiva solo Lei: lei che era appoggiata con le mani sul parapetto della Torre di Astronomia; le piccole ed affusolate dita stavano accarezzando la fredda pietra come fosse un gatto, unghie, polpastrelli e indietro, i ricci sanguigni si muovevano sinuosi accarezzati dalla brezza gelida di dicembre. Un passo, poi un altro, la neve scricchiolava sotto le suole di cuoio delle sue scarpe lucide, color petrolio.


You run and tell your friends that you're leaving me
They say that they don't see
 what you see in me
You wait a couple months then you gon' see
You'll never find nobody better than me



La ragazzina poteva percepire i suoi occhi sulla sua schiena, Rose lo sapeva che sarebbe arrivato. Lo conosceva. Lui la conosceva. 

"Rose" fu l'unica parola che uscì dalle labbra del ragazzo, un lamento, una preghiera, lei non rispose nemmeno, rimase immobile a studiare il paesaggio albicante attorno a se', sognando di poter essere un uccellino per riuscire a volare via: lontano da quella Scuola che la stava pressando, lontano da lui, voleva solo sentirsi libera. Un altro passo. Era dietro di lei: poteva sentire il suo calore sulla schiena e il suo profumo di sottobosco ed estate, ne era dipendente, era talmente abituata a lui che il suo corpo reagiva sempre allo stesso modo; le sue difese crollavano inesorabilmente come la sua forza d'animo, frantumate sotto la coscienza di averlo vicino, distrutta dal suo modo di fare sempre così indeciso e prepotente; prendeva e quello che lasciava dietro se' era solo cenere e mestizia.

I loro cuori battevano ancora una volta all'unisono, sarebbe bastato annullare quella minima distanza per averla vicino, ma Scorpius sapeva che se l'avesse fatto lei si sarebbe ribellata. Lei si ribellava sempre.

"Rosie" un sussurro dietro l'orecchio sinistro, i ricci indomabili spostati sulla spalla opposta. Una nuvoletta di candido vapore scaturì dalle labbra gelide del ragazzo, e lei piegò leggermente il volto verso destra.

"Non cedere, non cedere" pensò la ragazza mentre il giovane le cingeva la vita sottile, la mano libera a sfiorarle il polso destro; le sue dita ghiacciate che risalivano lente sul braccio fino ad accarezzarle la spalla, dita lunghe e curate che lambivano i suoi ricci, li tiravano delicatamente. Il giovane era così assorto dall'amaranto dei suoi capelli che si era quasi dimenticato il perché l'aveva seguita: doveva perdonarlo, non poteva perdere. 

"Ro- le sue labbra erano così vicine al suo collo, sfioravano la sua pelle bollente lascive, quasi a chiedere il permesso- se" un bacio di farfalla posato dietro l'orecchio la fece sospirare mestamente; quante volte aveva giocato così con lei? Cosa era per lui? Uno sfizio? Una sua proprietà? Perché ci cadeva sempre?

"Le spire del Tranello del Diavolo sono letali se non si conosce l'incantesimo giusto". 

Le mani curate di lui si posarono su quelle piccole e fredde della ragazza e lei inconsciamente le strinse; le mani incatenate fra quelle del ragazzo, strette in una morsa gentile, leggiadre come stesse stringendo le mani di una bimba e quei dolci e caldi baci che venivano depositati sul suo esile e latteo collo la stavano facendo sentire come una marionetta di pezza, vulnerabile, esposta. Debole

"Rosie, non volevo." le sussurrò con le labbra sulla sua guancia; gli occhi cerulei di lei si spalancarono. Non voleva? Ma l'aveva fatto. Si rigirò fra le braccia del ragazzo e appoggiò le mani sul suo petto spingendolo lontano da se'.

"Non volevi?" sbraitò lei, di nuovo lucida, mise da parte tutto. Relegò infondo al cuore l'affetto e la dolce beatitudine dei ricordi dei suoi caldi abbracci e dei suoi sorrisi ricolmi di tenerezza; un unica parola riecheggiava nella sua mente ebbra di dolore: Traditore

"Il Diavolo ha le fattezze del più bello degli Angeli". 

"No." 

"Ma l'hai fatto, stupido- lo spinse ancora più lontano da se- idiota- ancora più lontano, doveva uscire dalla sua vita- babbeo- lontano da lei- razza di deficiente senza cervello!" le urla di lei si dispersero nel vento così come la cieca fiducia che aveva sempre riposto in lui. Selvaggia, indomita, coraggiosa Rose, i capelli vermigli scarmigliati l'avvolgevano come un aurea mistica, racchiusa in quelle lingue di fuoco, sembrava un demonio travestito da pecorella, gli occhi azzurri erano glaciali, così freddi da poter gelare l'Inferno, ma non lui; un sospiro, un attimo di calma prima della tempesta. 

"Rose, per la miseria, calmati!" La voce compassata e il viso di nuovo a pochi centimetri da quello della ragazza; Rose riusciva a percepire il suo respiro dolce e amaro, fatto di veleno e zucchero, così  vicino alle sue labbra da far male. Sarebbe bastato un soffio e si sarebbe potuta perdere di nuovo, avrebbe potuto cancellare l'ennesima litigata, ma quante suture doveva applicare ancora a quel rapporto ormai dilavato da ogni sorta di fanciullesca felicità? 

"Calmarmi? Scorpius Hyperion Malfoy, io non sto calma! Mi fidavo di te, mi sono sempre fidata di te, ti ho... Ti ho voluto bene e tu mi hai ferita ancora una volta, perché? Dimmi perché! Me lo devi!"  L'ennesimo urlo della giovane e l'ennesima spinta, piccata come una bimbetta capricciosa, lo sguardo ferito come quello di un animale braccato, senza via d'uscita; lui invece aveva fissava le sue scarpe di vernice mentre lei scagliava tutta la sua rabbia su di lui, triste eppure risoluto nella sua calma apparente. 

"Attacca prima di essere attaccato, sii il boia non il condannato" una cosa buona gliela aveva insegnata suo nonno. Non essere mai la vittima, non lasciare che gli altri vedano la tua debolezza, attacca sempre, l'attacco è la miglior difesa. Un Malfoy non chiede, pretende: il perdono, i soldi, una donna; non chiedere, esigi. 

"Ti ho vista ieri sera. Dopo che te ne sei andata, o meglio scappata, come al solito" disse lui con voce indolente e misurata; la ragazza alzò le sopracciglia, scettica. Di cosa diavolo stava blaterando? Avevano bisticciato un'altra volta, ne più ne meno di quello che facevano tutti i giorni e le notti. 

"Anche io mi fidavo di te, hai detto che eri mia, me l'avevi promesso proprio in questo punto quando siamo stati insieme la prima volta, o te lo sei dimenticata?" il tono del ragazzo era sempre fermo, anche quando veniva ripreso dagli adulti, fiero e deciso come gli avevano insegnato fin da piccolo, ma in quel momento non aveva niente di dignitoso o determinato; in quel momento aveva la cadenza di un qualsiasi ragazzino della sua età, in quell'istante era solo un bambino volubile e fragile. 

"Che cosa diamine stai dicendo, Malfoy?" lei lo fissò come un passerotto ferito, ma le lacerazioni del suo cuore erano profonde e insanabili e parlare, quella volta non avrebbe portato a niente: era stanca, stanca delle sue ripicche e dei suoi innumerevoli silenzi, spossata dalle mille litigate e dal suo essere sempre così imprevedibile nei gesti, nei modi; distrutta dal suo passare da felice e triste con una sola parola; era come un temporale estivo, bizzoso e mutabile, sempre in movimento, sempre un passo avanti a tutti e non faceva altro che rinfacciarlo al mondo con la sua boria e alterigia che però svaniva sempre quando erano insieme, sempre ma non quella volta. In cosa si stava trasformando?

"Ti ho visto con quel pezzente di Lucan*, era vicino a te, ti ha accarezzato il viso e tu non ti sei spostata, ti ho consolata quando ti ha lasciata e tu sei tornata da lui. Vuoi davvero di dirmi che Io non devo essere arrabbiato?"* Scorpius non urlava mai quando era davvero alterato e in quel momento la sua voce era cristallina, chiara come l'acqua della fonte più pura e dolce come il più industrioso veleno; lei chiuse gli occhi per una frazione di secondo. Come poteva essere ovunque fosse lei? Spariva e riappariva nei posti e nei momenti più strani, quasi fosse un'ombra. Cavaliere di tenebra. Tuttavia lei lo sapeva perché si era arrabbiato per una cosa di così poco conto; Scorpius non si fidava di nessuno. Scorpius era sempre scostante con tutti, Scorpius aveva passato l'inferno, aveva visto suo padre bistrattato e sua madre additata come la moglie di un Mangiamorte, e lui stesso ne aveva subito le conseguenze, le angherie e le cattiverie, solo per il suo cognome. Ma perché non riusciva a fidarsi nemmeno di lei? Questo non riusciva ad accettarlo. Non lo avrebbe accettato; non più.

"Mi ha chiesto scusa per il suo comportamento dell'anno scorso, mi ha preso in contropiede e no, non mi sono spostata perché non me lo aspettavo. Ma non ti devo nessuna spiegazione, non stiamo insieme, Malfoy, non siamo niente" Quelle parole lo colpirono come un macigno sul petto, la voce di lei era aspra come un limone e granitica come la struttura della Torre di Astronomia sulla quale si trovavano. 


In the night, I hear 'em talk
The coldest story ever told
Somewhere far along this road he lost his soul
To a woman so heartless



"Cosa siamo, Scorpius?" il rossore sulle guance di Rose quella volta era quasi doloroso, ma lui l'aveva stretta ancora più a se', non se ne sarebbe andata quella volta, non l'avrebbe abbandonato in quel letto da solo per correre a farsi una doccia, per scappare alle conseguenze delle loro azioni.

"Non lo so, Rosie. Siamo noi, no? Qualcosa siamo."  Così l'aveva rassicurata per l'ennesima volta, siamo qualcosa, siamo noi. Le sarebbe dovuto bastare, si sarebbe dovuta sciacquare così la coscienza, si sarebbe dovuta rassegnare ad aver donato il suo corpo e la sua anima a quel ragazzo che non ne voleva sapere niente di ufficializzare il loro rapporto.

"E' inutile far sapere a chi non capirebbe, non credi?" il sorriso di Scorpius in quei frangenti era qualcosa di unico, gli occhi mercurio accesi dalla passione, le guance arrossate e i capelli spettinati lo rendevano splendente come il sole di giugno, surreale, maledettamente diverso dal ragazzetto pallido e impostato che camminava per i corridoi durante il giorno e che riusciva ad eguagliare la ragazza in ogni materia. In quei momenti era vivo e spensierato, un ragazzino di sedici anni felice; era così difficile per Rose pensare che sarebbe arrivato a farle tutto quel male solo nascondendo la loro relazione, come se si vergognasse di lei. 


How could you be so heartless?
How could you be so heartless?



"E' questo quello che credi?" replicò lui alzando le sopracciglia scettico, come se stesse per scoppiare a ridere, un sorriso trattenuto fra le labbra fini, violacee per il freddo; nella fretta di raggiungerla non aveva preso il mantello che avrebbe potuto ripararlo dalle intemperie dell'esterno.

"Sei stato tu a non voler far sapere a nessuno di me, sei stato tu! Tu hai voluto tener tutto nascosto perfino ad Albus. La scelta è stata tua" strillò lei stringendo i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nei suoi teneri palmi da bimba. 

"La colpa è una gran donna ma nessuno la vuole Rosie" pensò il ragazzo mentre inclinava la testa, il volto più rilassato adesso, se era quello il problema avrebbe potuto porvi rimedio in pochi secondi; il sorriso che apparve sul volto del giovane si tramutò in una risata argentina che rimbombò agghiacciante, nelle orecchie della ragazza che lo osservò sorpresa. La stava prendendo in giro? 



Talk and talk and talk and talk
Baby let's just knock it off
They don't know what we been through
They don't know 'bout me and you




"Sei sempre così, così testarda Rose" replicò lui al suo cipiglio attonito, il tono della sua voce in quel momento era quasi dolce, delicato ed avvolgente come il suono leggero di un arpa; con una falcata fu di nuovo vicino a lei, il suo braccio destro incatenato intorno alla sua vita sottile mentre con la mano sinistra le prese il mento fra il pollice e l'indice per guardarla negli occhi e quello che Rose vide la spaventò: tutte quelle emozioni e quelle mezze verità erano come dardi infuocati immersi nella tempesta d'argento che erano gli occhi del ragazzo; un sorriso soave accarezzava le labbra del giovane e lei si perse di nuovo; la mano sinistra della ragazza si appoggiò delicata come il battito d'ali di una farfalla sul petto del ragazzo; anche attraverso la divisa invernale poteva sentire il suo cuore battere possente e vitale; per quanto lui fosse freddo, per quanto fosse distaccato e disinteressato lei sapeva che era vivo ed era caldo, come l'Ardemonio; il naso del ragazzo le sfiorò l'attaccatura dei capelli mentre posava un tenue bacio sulla sua fronte leggermente aggrottata per poi scendere sugli occhi, sulla guancia sinistra. Lieve e casto fu il bacio che lasciò vicino alle sue labbra cremisi; Rose si morse il labbro inferiore e con la mano libera gli accarezzò titubante la guancia per poi perdersi fra i capelli eburnei mentre lui la stringeva con forza a se le labbra del ragazzo erano gelide sulle sue, eppure alla giovane importava. Seta gelida su di lei, fra le sue labbra. Si scambiarono l'anima ancora una volta: l'ennesimo sbaglio; poteva sentirlo, poteva giocare con le ciocche dei suoi capelli, in quel momento tutte le litigate sembravano non esistere, almeno per lui. "A cosa stai pensando mia dolce Regina della Notte?" 



So I got something new to see
And you just gon' keep hatin' me
And we just gon' be enemies



Calde lacrime sgorgarono dagli occhi chiusi della ragazza. Scorpius riusciva sentire la rigidità di Rose fra le sue braccia, poteva sentire le sue lacrime bagnare anche il suo viso; o erano le sue? 

"Rose?" un gemito spezzato come la sua anima dilaniata dal dubbio. Quella parola scaturita dalle sue labbra sembrava quasi una supplica. 

"Non te ne andare, non scappare da me". 

Non una parola, ancora una volta lo esaminava come un animale in gabbia. I suoi occhi grandi che lui sapeva esser fatti per sognare adesso sembravano più piccoli e i sogni che vi regnavano parevano frantumati in mille schegge di opale iridescente come le perle che scendevano da essi. La liberò; la lasciò andare sapendo che così non avrebbe avuto modo di riaverla fra le sue braccia; sciolse l'abbraccio forzato in cui l'aveva stretta sentendo per la prima volta di aver sbagliato, ma lui non sbagliava mai, giusto? 

"Addio" disse lei dandogli le spalle ancora una volta cercando di nascondere le lacrime che le si erano ormai congelate sul volto. 

"Rose? Che diavolo stai dicendo?" la voce di lui era incrinata, da cosa? Paura? Rassegnazione? Il suo tono era talmente sofferente che Rose pensò per un attimo che fosse veramente costernato, ma lo era davvero o era una delle sue macchinazioni machiavelliche? Chiuse gli occhi di nuovo, lo conosceva eppure in quel momento gli pareva di non conoscerlo affatto; troppe persone l'avevano redarguita su di lui e sul suo modo di essere: un calcolatore, ogni sua espressione, ogni sua parola era soppesata per ottenere ciò che voleva. Sempre. Tuttavia lei non aveva mai creduto a nessuno e cosa aveva ottenuto? Solo ferite da leccare in solitudine, non avrebbe mai lasciato che la guardassero con compassione e con un te l'avevo detto sulle labbra. 

Il battito di un cuore infranto riecheggiò nella gabbia toracica del ragazzo. Aveva perso? Aveva davvero allontanato l'unica persona, a parte i suoi genitori e Albus, a cui teneva veramente? 

"Cosa si prova a perdere tutto, Malfoy?" una voce relegata nella sua testa aveva il sapore dolce amaro del ricordo di mille e mille diatribe avute con il fratello di Albus, che cosa si prova a arrivare secondi, stupido di un Serpeverde

Un passo, un altro. La maniglia della porta sotto le mani della ragazza era marmorea come le sue spalle e il suo sguardo irremovibile quanto la sua decisione.

I know you can't believe
I could just leave it wrong
And you can't make it right
I'm gon' take off tonight
Into the night


"Rose, rispondimi!" la voce del ragazzo era distaccata, pungente. Disperato.

 "Non c'è fiducia, Malfoy, per me è finita qua, qualsiasi cosa ci fosse." replicò lei mentre spingeva leggermente l'uscio che cigolò sinistramente.

 "Rose, se te ne vai è finita sul serio" l'arroganza nella sua voce fece sorridere mesta la giovane che non si voltò e chiuse il portone dietro di sé.

"Ci sarà sempre qualcuno che non comprenderà una tua scelta. Ma si sceglie per proseguire, non per essere compresi.* Bambina mia non badare agli altri fai sempre quel che ti farà arrivare dove vuoi".

"Lontano dagli occhi, lontano dal cuore".  Pensò questo mentre iniziava a singhiozzare e a correre a rotta di collo per le scale, incespicando di tanto in tanto, scappando verso la Sala Comune di Grifondoro. 

"Lontano dagli occhi, lontano dal cuore".  Mai affermazione fu più errata.

How could you be so heartless?
Oh, how could you be so heartless?

 

 

 

 
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Where My Demons Hide 


 
*Ci sarà sempre qualcuno che non comprenderà una tua scelta. Ma si sceglie per proseguire, non per essere compresi,  è una frase di  Joël Dicker

*Lucan è un personaggio di Dreams Eater alla quale ho chiesto di poter usare questo nome =) 

*So che in questo punto Scorpius può sembrare esagerato ma l'ho sempre immaginato come una persona molto, forse anche troppo, teatrale

* il titolo è la canzone dei The Fray, Heartless, che io sto amando alla follia ultimamente! 



Sono passati anni da quando ho pubblicato la mia ultima storia, ed è passato un anno da quando ho iniziato a scrivere questa che devo dire è a buon punto, contando che non sarà molto  lunga! 

Ho voluto pubblicarla oggi perchè so che se non mi facevo violenza non avrei mai inizato a pubblicare! 

Devo davvero ringraziare la pazienza della mia cara Dreams Eater che scommetto in questo momento vorrebbe uccidermi... 

Spero di aggiornare presto e grazie ancora anche a chi è arrivato fino qua! 

PS... il raiting potrebbe cambiare, non ne sono molto sicura ancora... =) 

Un abbraccio a tutti!!
 
 
  
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