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Autore: marea_lunare    03/09/2017    2 recensioni
Ormai è ben noto che per il consulente investigativo Sherlock Holmes mangiare non non rientra tra le priorità.
John, da buon dottore, per l'ennesima volta tenta di fargli ingerire qualcosa, ma il cocciuto ricciolino si rifiuta ostinatamente di mettere in bocca almeno un po' di purè. Perciò il nostro Watson, esasperato a livelli inimmaginabili, chiama in suo aiuto una forza della natura che porterà un vero e proprio ciclone nell'appartamento, per la gioia della piccola Rosie. Riuscite ad indovinare chi è?
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Note dell'autrice:​ CHIEDO VENIA. CHIEDO UMILMENTE SCUSA. Perdonatemi, sul serio, mi rendo conto di quanto dannato tempo io ci abbia messo per far uscire la seconda parte, ma ormai penso mi conosciate e più di una volta l'ho affermato: quando non mi sento di scrivere, non mi esce nulla di buono. E' stato da un lato un periodo morto per mancanza d'ispirazione e nel tentare di concludere la long, ma poi ieri notte, dopo aver concluso un altro pezzo che probabilmente oggi pubblicherò, ho avuto un barlume di illuminazione divina e tra le 1 e le 1:30 sono riuscita a concludere anche questa mini-long. Perdonatemi davvero, però vi prometto che ne è valsa la pena. Ho cercato di mantenere quella comicità che avete trovato anche nel primo capitolo, insieme a quel pizzico di fluff e clima familiare che non guastano mai, senza però scendere troppo nello sdolcinato. 
Enjoy e scusatemi ancora una volta. Grazie a chi ha avuto la pazienza di aspettare e buona lettura! <3 


II- Cammei vaticani

“Questa è la prima volta che arriva in elicottero” gracchiò John ridendo. 

“Direi che non devi stupirti più di niente, John. Mia madre e il mettersi in mostra sono come il diavolo e l’Inferno, vanno a braccetto” gli rispose Sherlock alzando gli occhi al cielo. 

“Una primadonna a tutti gli effetti esattamente come suo figlio” sorrise malizioso Watson, beccandosi un’occhiata fulminante dal marito. 

“L’elicottero atterrerà sul tetto, papà?” chiese Rosie, tirando un lembo della maglia del padre. 

“Credo di sì, non possono di certo atterrare in mezzo alla strada” 

“Mia madre sarebbe capace di farlo, ma mi appello a quel poco di buon senso che le è rimasto” rispose sconsolato il consulente, coprendosi il viso con i palmi delle mani. 

Fortunatamente per i coinquilini, mamma Holmes aveva deciso di non creare ulteriore trambusto facendo arrivare l’elicottero sul tetto di Baker Street. 

John si affacciò alla finestra e notò numerosi nasi curiosi volti all’insù, intenti a guardare quella che probabilmente sembrava una scena da film americano, alquanto inusuale in una città relativamente tranquilla come Londra. 

“Ma come hanno intenzione di scendere?” chiese il dottore, voltandosi a guardare il detective che si stava mangiando le mani esasperato e che concluse con un secco “Non lo so, John e sono certo di non volerlo nemmeno sapere” 

“Oh cielo, cari, mi sapete dire cosa sta succedendo? Cos’è tutto questo rumore?” chiese la signora Hudson salendo le scale con aria preoccupata. 

“Stia tranquilla signora Hudson, è solo mia suocera” le sorrise rassicurante Watson. 

“Violet? Sono felice di rivederla di nuovo” 

“Anche noi, signora Hudson, non può immaginare quanto” rispose Sherlock sarcastico. 

“Suvvia Sherlock, è pur sempre tua madre, la donna che ti ha portato in grembo e cresciuto. Dovresti essere solamente grato per tutto quello che fatto per te!” 

“Signora Hudson la prego, in questo momento una paternale è l’ultima cosa di cui ho bisogno” 

Martha Hudson fu sul punto di rispondere quando venne interrotta da un gridolino eccitato della bambina. 

“Papà guarda!” disse Rosie battendo i piedi ed indicando al padre la finestra. 

John fu certo che non sarebbe sopravvissuto a quella giornata, soprattutto per l’attacco di cuore che gli venne non appena si girò.

Trasalì violentemente e fu quasi sul punto di urlare, perché tutto si aspettava tranne di vedere i suoceri fuori dalla finestra, vestiti di tutto punto e appesi ad un pesante cavo di acciaio, che li salutavano con un sorriso cordiale. 

“Ma che diavolo?!” esclamò perplesso, mentre Rosie rideva beatamente e Sherlock andava a sbattere la testa sul muro. 

“Sapete almeno cos’è l’ospitalità? Aprite quella finestra, per l’amor del Cielo!” li rimbeccò indispettita la padrona di casa, affrettandosi lungo il salotto e permettendo agli ospiti di entrare. 

“Martha, mia cara!” 

La voce squillante di mamma Holmes proruppe nell’appartamento, mentre il marito si assicurava che non scivolasse. 

“Violet! Quanto tempo!” rispose la signora Hudson abbracciandola con trasporto e lasciandosi baciare su entrambe le guance. 

“Le serve una mano, Sieger?” chiese cordialmente John, ripresosi dallo spavento, dirigendosi anche lui alla finestra e tendendo la mano al signor Holmes. 

“Ti ringrazio John” rispose il suocero che glie la prese e, una volta toccato il pavimento, lo abbracciò come un vecchio amico. 

Watson sorrise felice. Non si sarebbe mai aspettato che i genitori di Sherlock fossero così normali e affettuosi, praticamente l’opposto della loro progenie, e in tutto quel tempo avevano iniziato a trattarlo come un secondo figlio per somma gioia non solo sua, ma anche di Sherlock, nonostante il detective non lo avesse mai espresso apertamente. 

“Nonna!” gridò Rosie correndo incontro a Violet, che si era inginocchiata per permettere alla piccola di saltarle addosso. 

“Rosie, tesoro mio, mi sei mancata tanto” disse dolcemente la donna, accarezzando i capelli biondi e morbidi della nipotina acquisita. 

“Ciao nonno!” sorrise la bambina, correndo ad abbracciare anche il signor Holmes che la prese in braccio. 

“Ciao piccolina, come stai?” 

“Benissimo, ora che ci siete anche voi!” 

“Sherlock, caro, non vieni a salutarmi?” esclamò Violet. 

“Oh, per l’amor di Dio… Ciao mamma” disse il detective con un sorriso talmente tirato che il suo viso sembrava sul punto di spaccarsi come fosse coccio. 

“Siete arrivati giusto in tempo per l’ora di pranzo, che ne dite di mangiare tutti insieme?” propose la signora Hudson intrecciando le mani. 

Sherlock non seppe come, ma resistette all’impulso di saltare all’istante dalla finestra ancora aperta. 

Probabilmente fu il sorriso rassicurante, amorevole e in parte anche comprensivo del marito che, insieme ai suoi occhi così belli e penetranti, lo stregava ogni volta come fosse la prima. 

“Certo, Martha, rimarremo molto volentieri” disse mamma Holmes lanciando un’occhiata d’intesa al marito, il che preoccupò non poco John. Il consulente aveva ragione: non aveva la minima idea del guaio in cui li aveva cacciati, ma sapeva di aver agito per il meglio, dato che in fondo lo aveva fatto solo per il bene di Sherlock. 



Circa dieci minuti dopo la tavola era apparecchiata e a Baker Street si erano diffusi una tale confusione e trambusto di pentole e piatti che cozzavano l’uno contro l’altro da far sembrare che un vero e proprio ciclone avesse messo piede in quella cucina. 

John e Rosie avevano già mangiato, ma ciò non impedì alla piccola Watson di mangiarsi un’altra bella porzione di purè e carne preparati personalmente dalla padrona di casa. 

Il dottore beveva tranquillamente un caffè discutendo animatamente con il suocero, mentre Violet e la signora Hudson civettavano saltando da un argomento all’altro. 

Sherlock sembrava un bambino imbronciato, le braccia conserte e lo sguardo intento a fissare il vuoto, ignorando volutamente il piatto pieno e fumante appoggiato di fronte a lui.

“Sherlock, prima mangerai e prima questo supplizio finirà” disse John guardandolo. 

“Se non ho fame cosa posso farci?” protestò il detective. 

“Oh smettila, non mangi nulla da ieri mattina e hai il coraggio di dirmi che non hai fame? Non sono un completo idiota”

“Cosa te lo fa credere così fermamente?” sogghignò Sherlock. 

“Caro, ti dispiacerebbe aiutarmi con i piatti?” chiese Violet in direzione del marito. 

“Certo tesoro” rispose il signor Holmes alzandosi immediatamente e raggiungendo la moglie al lavandino della cucina. 

“Vorrei evitare di metterti le mani addosso davanti a mia figlia, perciò mangia e non comportarti in modo così infantile” concluse l’ex soldato contro Sherlock. 

“Ti ricordo che poco fa sono riuscito a buttarti a terra nonostante mi fossi seduto sopra, perciò non penso saresti capace di sorprendermi di nuovo” lo rimbeccò l’altro. 

“Suvvia, Sherlock, non parlargli così” rise Sieger appoggiando le mani sulle spalle del figlio “Lo fa solo per il tuo bene” 

“Lo so anche io cos’è nel mio bene, non ho bisogno di una balia che mi getta a terra e mi si siede sopra solamente perché per qualche giorno non assumo le calorie necessarie” borbottò il detective, non nascondendo la sua evidente irritazione. 

Solo in quel momento John focalizzò cosa effettivamente la suocera stesse facendo alle spalle del figlio. 




Il dottore la vide prendere una corda tirata fuori da Dio solo sa quale cassetto della loro cucina e afferrarne un lembo con entrambe le mani, l’una leggermente distanziata dall’altra. 

“Non è possibile” pensò John “Vuole veramente…?”

Violet Holmes sorrise malandrina e gli fece l’occhiolino, contando evidentemente sul suo momentaneo silenzio, ma John non volle privarsi di quella soddisfazione. 

“Sherlock?” lo chiamò con un gran sorriso.

“Mh?” 

“Cammei vaticani”

Immediatamente l’altro si voltò, ma fu comunque troppo lento. 

“Oh no mio caro!” esclamò mamma Holmes avvolgendo la corda attorno al corpo del figlio mentre il padre gli teneva ferme le braccia. 

Una, due, tre, quattro volte la corda fece il giro completo ed attaccò totalmente la schiena di Sherlock contro la sedia, per poi chiudersi con un nodo alla marinaresca, bello stretto e certamente difficile da sciogliere con le braccia attaccate al corpo. 

“Ma che diavolo?!” esclamò il detective “Starete scherzando spero! Mi avete legato ad una sedia?” 

“A mali estremi, estremi rimedi, tesoro” ghignò mamma Holmes. 

“Scioglimi immediatamente” le disse severamente il figlio. 

“Sherlock, ti ricordi che cosa ti ha detto John questa stessa mattina?”

“A cosa ti stai riferendo?”  

“Penso stia parlando del tuo non sapere cosa sia l’autoconservazione” sorrise John incrociando le braccia sul petto “Ovvero, se non taci e cerchi di mangiare prevedo seri guai per te”

“Sì, certo” sbuffò l’altro. 

“Oh, ma taci” brontolò Violet prima di chiudere la bocca di Sherlock con uno straccio. 

Rosie scoppiò a ridere e John si coprì la bocca con una mano chiudendo gli occhi, mentre il petto cominciò a sussultare violentemente dalle risa trattenute malamente. 

“Pldhfladljsk!” gorgogliò Sherlock. 

“Oh poverino” bisbigliò la signora Hudson, sorridendo però a sua volta. 

“Come? Scusa, non credo di aver capito” disse John sporgendosi verso il marito. 

“Plahdoyehshdlahsòksdhdsak!” gridò il detective nello straccio. 

John si piegò dietro il tavolino ridendo come un pazzo, tenendosi solo con il braccio appoggiato sul legno scuro. 

Sieger sorrise compassionevole mentre Violet lo guardava soddisfatta, sicura di aver fatto prevalere per l’ennesima volta il suo potere di sola ed unica femmina alpha della famiglia. 

“Oddio, oddio…” continuò a ridere John asciugandosi le lacrime con il dorso della mano “Violet, lei è la suocera che avrei sempre voluto avere”

“Grazie John, caro” 

“GRRRRRRRRRRRRRR” 

Questo è tutto ciò che Sherlock avrebbe potuto dire per dimostrare ogni singolo briciolo della sua collera, ma a causa di quel pezzo di stoffa che gli occludeva la bocca, ciò che uscì fu una sorta di erre moscia: “GVVVVVVVVVVVVVV”, scatenando così non poche altre risate da parte di tutti i presenti in cucina. 

“Zio, per favore, mangia, altrimenti morirò dal mal di pancia!” disse la piccola Rosie, prendendo dalla signora Hudson un fazzoletto di stoffa con cui asciugarsi gli occhi. 

“Mphomgf” 

“Sherlock, per l’ultima volta, mangia o sarò costretta a fare di peggio” lo minacciò la signora Holmes.

“Mh?” domandò lui voltandosi verso di lei. 

Mamma Violet fece scattare istintivamente il pollice e l’indice verso il braccio del figlio, afferrando un piccolo pezzo di carne e girandolo in senso orario. 

Sherlock sobbalzò e soffocò un grido nello straccio, guardando la madre come se fosse la più orrenda carnefice che avesse mai incontrato in tutta la sua carriera. 

“Ora ti toglierò questo affare dalla bocca ma, se non mangerai niente, sappi che questo non sarà stato l’ultimo pizzicotto della giornata” affermò la donna liberando il figlio da quell’impiccio. 

“Finalmente. Sei una madre degenere” sibilò il detective una volta libero, ma l’altra non prestò attenzione alle sue parole e gli mise un pezzo di carne di fronte alle labbra. 

“Scegli, tesoro, la carne o pizzicotti” mormorò spalancando gli occhi ed assottigliando le labbra in una linea retta. 




Quello sguardo intimidatorio era l’unica cosa che spingesse il detective a mangiare quando era bambino, e sua madre lo sapeva. Sfortunatamente per lui e fortunatamente per John, quell’espressione lo terrorizzava tutt’ora, tanto che aprì la bocca ed ingoiò. 

“Grazie al cielo. Ci è voluto così tanto per un singolo boccone? Quando avrai finito tutto credo che Rosie avrà già preso la sua laurea in criminologia” disse Watson ridendo con rassegnazione. 

“Davvero, Rosie? Vuoi diventare una criminologa?” chiese sorpreso Sieger Holmes guardando in direzione della nipotina. 

“Sì nonno! Voglio seguire le orme di zio Sherlock e di zia Molly! Papà mi ha già promesso che mi aiuterà con gli studi!” rispose la bambina battendo le mani. 

“Che cosa?” chiese Sherlock stupito “Le hai promesso di aiutarla con gli studi?” 

“Certo che l’aiuterò, perché non dovrei farlo?” 

“Pensavo non fossi d’accordo... Inorridivi quando mi vedevi mostrare alla bambina le foto dei miei casi”

“Certo, perché aveva due anni e scoppiava a piangere ogni singola volta. Ma ormai ha sei anni e si è abituata ad avere pezzi di cadavere umano in frigo, ad assistere ai tuoi assurdi esperimenti ed è capitato addirittura che la portassimo su alcune scene del crimine perché non avevamo nessuno che potesse farle da baby-sitter. È entrata a far parte di questa nostra parte di mondo e sarebbe da perfetti idioti impedirle di proseguire per quella che pensa possa essere la sua strada, che sia studiare criminologia o imparare ad acconciare i capelli” concluse Watson. 

“Ora capisco perché ti ho sposato” sorrise inconsciamente Holmes, non riuscendo a nascondere la gioia della possibilità che la figlia adottiva seguisse le sue orme.  

“Forza zio Sherlock, mangia, così puoi aiutarmi a capire cosa devo studiare per diventare la più brava criminologa del mondo!” 

“Penso che già basti la tua intelligenza” le sorrise il consulente. 

Violet Holmes sciolse il nodo e finalmente Sherlock ebbe le braccia libere. 

Fece accomodare meglio Rosie sulle sue gambe, prese la forchetta ed iniziò a mangiare, ascoltando la piccola spiegargli tutto ciò che avrebbe voluto fare nel suo lavoro da adulta, elargendole poi consigli su ogni possibile indirizzo di studi. 

Senza nemmeno rendersene conto, il consulente ripulì il piatto dal cibo che c’era sopra e continuò a dedicare tutta la sua attenzione alla bambina bionda che lo osservava incantato. 

John sorrise complice ai suoceri, sapendo che da quel giorno Sherlock avrebbe sempre mangiato se Rosie fosse stata al suo fianco. 




   
 
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