Un
rito che si ripeteva, incrollabile, ogni mattina.
Sanji si levava ai primi chiarori dell'alba,
raggiungeva la cucina che ancora era ammantata di ombre, poi svelto si
affaccendava ai fornelli sui quali disponeva pentole e padelle, pronte ad
accogliere la colazione per l'intero equipaggio.
Pregno della soddisfazione che solo lo svolgere il suo lavoro riusciva a
dargli, Sanji si allontanava poi in direzione del
ponte, nell'attesa che il cibo cuocesse a dovere.
Fissava gli occhi sulle onde del mare, osservava il dondolare pigro dei
gabbiani, il sole nascente che ardeva oltre l'orizzonte ed infiammava con la
sua luce le spume dell'oceano. Poi, frugava nel taschino alla ricerca della
prima sigaretta del giorno e con lentezza la portava alle labbra. Avvicinava le
mani a coppa e faceva scattare l'accendino, dopodiché un sottile rivolo di fumo
s'insinuava tra le dita.
Era più o meno allora che, puntuale, arrivava lei.
Sanji sapeva che stava arrivando fin da quando
sentiva la porta della camera delle donne aprirsi e poi richiudersi lentamente.
Non aveva bisogno dell'haki dell'osservazione per
riuscire ad immaginare esattamente la traiettoria dei suoi passi, interrotti
solo per un breve saluto a Brook e Robin -già svegli,
da qualche parte sulla nave- e poi sempre dritti, verso il ponte. Quando alla fine Nami gli compariva accanto, le braccia puntellate sulla
ringhiera e i capelli ancora spettinati dal sonno e mossi dal vento, Sanji lasciava che a salutarla fosse il più caloroso dei
suoi sorrisi.
Per qualche beato minuto se ne stavano in silenzio, a dare fianco a fianco il
benvenuto al giorno che stava per iniziare, limitandosi di tanto in tanto a
qualche chiacchiera leggera – Nami si informava sullo
stato della dispensa, sulla quantità delle provviste, Sanji
le domandava quale fosse il porto più vicino, stabilivano insieme le cifre da
spendere per l'approvvigionamento.
Infine, Sanji spegneva la sigaretta sul legno della
ringhiera, infilava le mani nelle tasche e faceva ritorno, non dopo averle
rivolto l'ennesimo sorriso ricolmo di calore, nel suo regno di spezie e
fornelli.
Era un piccolo rito quotidiano, forse qualcosa di superfluo e inosservato ad
occhi esterni, ma al quale entrambi non mancavano mai di adempiere.
Fu per quel motivo che, anche quel giorno, Sanji
semplicemente sapeva che lei sarebbe arrivata. Quello che avrebbe pagato
per sapere, invece, era quali fossero le parole che avrebbe dovuto rivolgerle.
Come da rito uscì sul ponte, accese la sigaretta, fissò gli occhi sul mare. La
porta della camera delle donne si aprì – aveva pensato, sperato, quasi,
che quel confronto gli venisse risparmiato ancora per un po' – ma non poté
evitarsi il consueto fiotto irrazionale di gioia mista ad eccitazione che provò
quando, infine, Nami gli comparve al fianco.
Se lei si accorse di quanto Sanji fosse nervoso, non
lo diede a vedere. Niente, se non quel primo sorriso mancato e le mani del
cuoco strette intorno al legno fino quasi a far sbiancare le nocche sembravano
indicare che quella placida mattinata fosse in qualche modo diversa dalle
altre.
Ma lo era, e Sanji riusciva a percepirlo nell'aria
che si respirava tra loro. Il confronto sarebbe arrivato, lo sapeva – Nami non era il tipo da tirarsi indietro, non era codarda
quanto lui.
«E quindi... alla fine ci hai concesso l'onore
di tornare, Principe Sanji», esordì, senza guardarlo negli occhi.
Lui serrò la presa sulla ringhiera. Era andata dritta al punto, senza giri di
parole... tipico di lei.
«...Nami-san», disse lentamente. «Preferirei
che tu non mi chiamassi così».
«Be'», replicò
lei freddamente, «non mi sembra di essere
stata io la prima a farlo. Non è così, Lord Sanji?
Nobile Principe dei Vinsmoke, troppo elevato per
stare con dei reietti come noi...»
«Nami-san». Sanji la implorò,
tranciando quasi di netto la sigaretta coi denti in uno slancio di rabbia. «Te lo chiedo per favore. Basta».
Lei lo guardò negli occhi per la prima volta. Poi sospirò. «....Non ti aspettare che io ti perdoni così
facilmente. Forse Luffy l'ha fatto, ma io non sono
come lui. Hai esagerato». Sottolineò
l'ultima parola con sdegno.
E avrebbe voluto difendersi da quelle accuse, Sanji,
ma sapeva di non averne alcun diritto. Con che diritto negare di aver calciato Luffy fino a quasi ucciderlo, con che diritto negare di
averlo chiamato reietto, criminale, feccia, con che diritto negare di aver
rinnegato il proprio capitano, di aver riempito di lacrime gli occhi di Nami? Con che diritto, anche se gli stava salvando la vita?
«...Non... non cercherò di giustificarmi», cedette infine, passandosi stancamente una mano
sul viso. «Ma, Nami-san...
proprio tu dovresti capire perché l'ho fatto, perché ho sentito di non
avere altra scelta. Non sei stata tu la prima a rinnegarlo per lo stesso
motivo, una volta?»
Sanji vide lo schiaffo arrivare, ma non fece nulla
per evitarlo.
Quando riaprì gli occhi Nami gli stava davanti,
turbata, che traeva sospiri profondi nel tentativo di calmarsi.
«È proprio per questo...», boccheggiò. «...È
proprio per questo che avresti dovuto saperlo, razza d'idiota. Non
avresti dovuto commettere il mio stesso errore! Avresti dovuto sapere che lui
non si sarebbe mai arreso così facilmente! Dannazione, Sanji-kun,
come bugiardo sei terribile! Quelle bugie...». Le
spalle tremanti, Nami abbassò le braccia lungo i
fianchi. «...Non avrebbero ingannato
nessuno... non avrebbero ingannato noi... razza di stupido, avresti
dovuto conoscerci bene, ormai! Sapere che insieme avremmo risolto tutto...
senza bisogno di ferirvi così tanto a vicenda...».
A quel punto, lacrime di rabbia iniziarono a brillarle negli occhi. «Non voglio mai più vedere due compagni che
amo combattere l'uno contro l'altro. Mai».
Sanji fu pervaso dall'istinto improvviso di
asciugarle le lacrime ed abbracciarla, ma si ritrovò paralizzato nei propri
passi, incapace di muovere un solo muscolo. Perché Nami
aveva ragione, dio se ne aveva. Avrebbe dovuto sapere meglio di chiunque
altro che Luffy non si sarebbe lasciato fermare dai
suoi calci, dalle sue bugie, avrebbe dovuto saperlo da quando, anni addietro,
era stata la stessa Nami a mentire e rinnegarlo per
prima. Come aveva potuto, dannazione, lasciare che succedesse di nuovo?
Si sentì miserabile. Davanti alle lacrime di Nami, Sanji non trovò parole da rivolgerle. Non trovò un solo modo per
colmare lo strappo che le aveva causato nel cuore, non trovò un modo per
implorare il suo perdono. Con le mani che tremavano e la voce che si spezzò
dopo le prime lettere, riuscì a dirle solo “mi dispiace”.
Cercò dentro di sé la forza per guardarla negli occhi. Le lacrime di rabbia
brillavano ancora, fiere, le labbra erano strette per trattenere i singhiozzi.
Nami allungò nuovamente un braccio verso di lui. Sanji serrò gli occhi, in attesa dello schiaffo, ma trasalì
quando, invece, sentì il palmo di lei che gli si posava sul volto con
inaspettata gentilezza.
Quando tornò ad alzare lo sguardo su di lei, le lacrime che le solcavano le guance non erano più
dettate dalla rabbia.
«Ma... sai... sono così contenta», balbettò Nami tra i
singhiozzi. «Che sei tornato».
Sanji non era mai stato bravo con le parole,
sopratutto quando si trattava di lei. Fu per questo che mandò al diavolo ogni
razionalità, semplicemente, si gettò in avanti e l'abbracciò.
Furono le braccia di Nami che ricambiarono la stretta
a suggerirgli che, forse, era stato perdonato.
Angolo autrice.
….sì, lo
so, un'altra fanfic su questa saga. SCUSATE SE È
COSI' PIENA DI SPUNTI INTERESSANTI
Sinceramente non mi piace per nulla come l'ho scritta, ma vabbè,
a questo ormai ci siamo abituati. Mi sento in dovere di dare qualche
spiegazione sul comportamento di Nami: non è che in
realtà lei fosse davvero arrabbiata con Sanji,
ma sappiamo tutti che è molto orgogliosa e riesco ad immaginarmela
perfettamente che, una volta calmate le acque dopo la fuga da Big Mom, decida di fargliela pagare almeno un po' e fargli
“pesare” il suo perdono. Insomma, Sanji ha
effettivamente esagerato con Luffy, e Nami ha sempre risentito enormemente dei conflitti
all'interno della ciurma, ne è sempre stata molto toccata. Odia vedere i suoi
compagni ferirsi tra loro, quindi riesco ad immaginarmela mentre decide di
farla pagare a Sanji almeno un po', pur avendolo già
perdonato dentro di sé. E no, anche se alcuni la pensano così, non credo
sinceramente che Nami si fosse bevuta le bugie di Sanji durante il combattimento con Luffy.
Semplicemente, come ho già detto prima, se l'è presa con lui perché ha
esagerato nel cercare di allontanarli con la forza. Se davvero gli avesse
creduto, se davvero pensava che Sanji volesse
uccidere Luffy e che fosse quindi una minaccia,
perché avvicinarsi con tranquillità e senza il minimo timore per dargli uno
schiaffo? Senza dubbio era ferita dal suo comportamento, da quell'occhiata
fredda che le ha rivolto, ma non penso sinceramente che gli abbia mai creduto
-non dopo che lei stessa ha recitato la stessa messinscena ad Arlong Park.
Detto ciò......................... questa fanfic
continua a non piacermi. Scusatemi, prima o poi pubblicherò qualcosa di decente
GIURO