Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: LatazzadiTea    04/09/2017    4 recensioni
Oscar inizia a rendersi conto di ciò che prova, quando André smette di parlarle come faceva un tempo. Ora che tutto sembra cambiato, lei cercherà di ritrovare se stessa aprendo il suo cuore a un nuovo sentimento. Il suo amore per lui cresce dentro al suo cuore facendosi strada giorno per giorno, divendo sempre più intenso e opprimente, quanto il silenzio che la circonda senza il suono della sua voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
Oscar si trascinò dal letto al tavolo della toletta, cercando di non cadere rovinosamente a terra. Aveva abusato fin troppo del vino e del laudano, per trovare un po di pace e ricacciare indietro quella tosse violenta e continua che ogni notte aveva preso a tormentarla, che ora, a stento ricordava qualcosa. In quegli incubi che la perseguitavano dopo l'aggressione avvenuta a Saint Antonie, continuava a vedere e a sentire cose impossibili anche solo da immaginare. Era certa di aver riconosciuto Fersen nell'uomo che l'aveva soccorsa, ma c'era stato anche qualcun altro con lei. Sebbene fosse sicura di aver immaginato che quella persona fosse André, Oscar sapeva che non poteva essere possibile.

- Sono felice di vedervi in salute! - esclamò Fersen sfoggiando uno di quei suoi irresistibili sorrisi.

Oscar tossicchiò imbarazzata: l'aveva scampata bella, e ora, dopo due giorni di riposo, coccolata e vezzeggiata da Marie, stava relativamente meglio. Ovviamente non poteva affermare con certezza di essere in salute, viste le sue condizioni.

- Non dovevate scomodarvi a venire Fersen anche se così, potrò sdebitarmi con voi - gli Oscar rispose stiracchiandosi gli arti ancora indolenziti.

Fersen si adombrò fermandosi ad un passo della grande fontana che abbelliva l'entrata sul retro del suo palazzo.

- Non è con me che dovreste sdebitarvi. Se non fosse stato per uno dei vostri soldati, non so come sarebbe potuta finire... - ammise Il giovane conte di Fersen.

- Uno dei miei soldati? - replicò lei confusa.

Oscar aggrottò la fronte, non riusciva proprio a ricordare.

- Un tipo alto. Spalle larghe, bruno, ben piazzato. Davvero non vi ricordate di lui e di come vi abbia strappata alla folla, evitandovi linciaggio? - ribatté Fersen stupito.

- Sono costernata ma... in effetti io, non ricordo un granché di quella sera - confessò Oscar abbassando lo sguardo.

- Ditemi Oscar, perché il vostro André non era con voi? In effetti, non lo vedo nemmeno ora... - le domandò l'altro ingentilendo la voce.

- André è in viaggio. Tornerà presto, ma per ora, devo fare a meno di lui - rispose Oscar quasi fingendo che non le importasse.

Fersen si limitò a sorriderle, senza indagare oltre. Gli sembrava assurdo che André l'avesse lasciata, anche se lui, in passato aveva fatto lo stesso con la sua amata regina. Non era mai stato tanto sciocco però, da non accorgersi di quel sentimento proibito che André aveva nutrito per lei in silenzio, come non era tanto stupido da non aver colto nel grido disperato emesso da Oscar quella sera, la ricerca di un amore lontano.

- Vi prego, salutatelo da parte mia quando tornerà... e spero sia presto Oscar, perché senza di lui, vi vedo un po persa... - finì col dire Fersen gettando quell'irriverente affermazione sullo scherzo.

- Avete ragione, è proprio così - aggiunse Oscar ridendo a sua volta.

Una risata falsa, niente di più ingannevole e finto, si disse lei, mentre evitava di guardarlo negli occhi troppo chiari e gentili di Fersen, occhi incapaci di mentire, non come i suoi. Lo accompagnò fino ai cancelli di casa Jarjayes e lo salutò, augurandosi di incontrarlo ancora. Ora sentiva di aver trovato un amico sincero in Fersen, in passato aveva pensato che nessun altro oltre lui potesse meritare il suo cuore e sebbene ora amasse un altro, sapeva di non essersi sbagliata poi così tanto. Lì univa un affetto e un amicizia sincera e disinteressata, una cosa preziosa in quei tempi difficili.

Ma se da una parte in quella storia Fersen era la luce, Alain era senz'altro la tenebra. Quegli occhi scuri erano un mistero indecifrabile per lei, e l'insolenza e l'arroganza di cui era capace la infastidivano al punto tale, da sperare che scomparisse.

La frescura serale le provocò un brivido lungo la spina dorsale mentre si sforzava di ricordare, c'era stato un breve momento in cui le era parso di sentire sulle labbra e nella bocca, il dolce sapore di un bacio, ma poi, quella sensazione era scomparsa, sopita dall'alcol e dal calmante per la tosse. Fece due o tre scalini e si ritrovò difronte alla porta finestra che dava sul retro del palazzo, dando un ultimo sguardo ai giardini prima di rientrare: in ogni ombra scorgeva la sua figura, in ogni suono la sua voce o l'incedere sicuro del suo passo.

Sentiva la sua mancanza sotto la pelle, nella carne e nelle ossa. Aveva bisogno di vederlo e di toccarlo, di stringersi a lui fino ad arrivare a scomparire, in quell'abbraccio forte e sicuro. Provò ad immaginare cosa stesse facendo o dove si trovasse in quel momento; forse a passeggiare accanto alla madre, o a discutere coi suoi nuovi fratelli o sorelle.
O forse, come lei, André era solo in un giardino, con lo sguardo rivolto verso quelle stesse stelle che anche lei stava guardando, con la stessa profonda malinconia nel cuore.

- André! André!! - chiamò ancora urlando prima di rientrare.

Lo fece più di una volta, sperando che il suo grido lo raggiungesse riportandolo da lei, forse, si disse Oscar, lui così, l'avrebbe sentita.






Nei giorni successivi al suo arrivo, André ebbe l'occasione di conoscere altri membri della sua nuova famiglia. Oltre ad Alexander che era il terzogenito, André conobbe Edgard, il secondo figlio di Joséphine, e poi Arnaud e Clarisse, i più giovani, che oltretutto erano gemelli.

Dopo una vita di solitudine in qualità di figlio unico, André si ritrovava ad essere il maggiore di ben fratelli, ma la cosa che più gli diede gioia; essendo Clarisse una femmina, fu la scoperta di avere fra l'altro, anche una sorellina minore. Era sconcertato dal fatto che praticamente tutti sapessero di lui, e della sua storia. Un figlio illegittimo era sempre stata una cosa da nascondere o di cui vergognarsi, ma in quella casa, dove tutto sembrava essere l'opposto, non era così.

Era stato accolto con affetto e come un vero membro della famiglia da tutti, sebbene avesse letto una certa diffidenza nello sguardo di Edgard, che aveva soli due anni in meno di lui. Un sentimento di dubbio e d'incertezza sulle sue reali intenzioni, che il giovane non mancò di manifestare, dopo essersi appartato in uno dei salotti della casa, per bere qualcosa dopo cena.

- Così siete voi il mio famoso fratello maggiore. Volete spiegarmi perché avete deciso di farvi vivo solo ora? - gli domandò spudoratamente Edgard.

- Ho saputo di lei solo ora! Mia nonna nascose le sue lettere per anni, tenendomi totalmente all'oscuro della verità sulla mia nascita... - gli rispose André scaldandosi la gola con un sorso di un buon vecchio cognac.

- Cosa volete davvero da noi, da lei? Immagino che foste al corrente del suo stato sociale. Siete qui per il denaro? - chiese Edgard rincarando la dose.

Più che un insinuazione, quella gli sembrò una palese accusa. Ma André non si stranì più di tanto, in realtà, era un sospetto più che legittimo, pensò, vista la straordinaria ricchezza di sua madre.

- Volevo conoscerla, solo questo. Prima che fosse troppo tardi... prima di... - André approfittò del liquore per farsi coraggio e ne bevve un altro abbondante bicchiere.

- Prima di cosa? - insistette il fratellastro.

- Prima di non riuscire più a vedere il suo viso... Non volevo sprofondare nelle tenebre, senza aver mai avuto la possibilità e l'onore di ammirare il volto di mia madre - rispose finalmente André.

Edgard ebbe una reazione del tutto anomala a quella confessione, per tutta risposta gli si avvicinò, prendendogli inaspettatamente il viso fra le mani.

- Lo sguardo del vostro occhio destro è velato in effetti, da quanto siete in queste condizioni? - volle sapere il più giovane.

- Da qualche mese ormai, in effetti, da quasi un anno - gli confessò lui cercando di capire meglio cosa stesse succedendo.

- Maman ve l'ha detto, cioè, ti ha detto che sono un medico vero? Domani mattina ti accompagnerò nel mio studio, e mi accerterò delle tue reali condizioni. Nostra madre lo sa? - gli domandò ancora Edgard.

- No io, non l'ho detto a nessuno. Non desidero darle un altro dolore... io non... - replicò balbettando André alzandosi dalla comoda poltrona dove era sprofondato pochi istanti prima.

- A nostra madre non si può nascondere nulla e tanto meno una cosa simile, André. Per quanto riguarda il dolore poi, non conosco nessun'altra persona al mondo, con più esperienza di lei al riguardo... - aggiunse Edgard versandosi a sua volta da bere.

Una cameriera entrò per ravvivare il fuoco nel caminetto, seguita da Joséphine, Alexander e i gemelli. La più entusiasta si rivelò essere proprio Clarisse, che nel vederlo gli si gettò addosso, costringendolo a sedersi nuovamente nella poltrona per raccontarle tutto di lui e del suo passato.

La sorella era poco più che una bambina, somigliava molto a Joséphine ma al contrario di lei, era bionda e aveva gli occhi azzurri. Proprio come la sua Oscar, pensò André per un momento, sentendo aumentare ad ogni ora il bisogno di tornare da lei il più presto possibile. Tornato a godere del calore famigliare, André decise di accontentare la piccola Clarisse, malgrado non sapesse bene da dove iniziare. Così Partì dal giorno in cui, all'età sei anni, conobbe la figlia più giovane del generale Jarjayes e di come ne fosse divenuto il compagno di giochi e attendente, nel corso degli anni. Raccontò di lui al fianco di Oscar, e di come lei, in veste di capitano delle guardie reali, aveva protetto la regina Maria Antonietta. Raccontò della reggia di Versailles, di tutti gli accadimenti vissuti lì, della contessa Du Barry, della Polignac e dei suoi intrighi, lasciando tutti attoniti e a bocca aperta per la sorpresa, sua madre sopratutto.

Josèphine lo guardava seduta poco lontano, con lo sguardo lucido e basso, quasi a vergognarsi di se stessa per l'infausto destino toccato al figlio. Lei era in grado di vedere oltre tutte quelle avventure fantastiche, oltre quel lusso sfrenato e l'abbagliante falsità di quella vita apparentemente fantastica passata però, nell'ombra di qualcun altro. Lui era sempre stato un servo in quella casa, quando invece avrebbe potuto godere di una vita vera, piena e ricca di vantaggi, se solo non glielo avessero portato via. Immaginò che avesse sacrificato molto a quella donna che venerava così tanto; la sua giovinezza, la possibilità di farsi una famiglia propria, il suo occhio sinistro, e magari molto altro, pensò Joséphine, profondamente addolorata.

Quando si fece troppo tardi per continuare, dopo aver messo a letto i ragazzi, lei Edgard e Alexander, si intrattennero ancora un poco nel grande salone principale della casa per un ultimo saluto ad André, prima di andare a dormire. Vide le sagome confuse dei suoi fratelli appartarsi a poca distanza, e suppose che stessero tramando qualcosa, visto i toni concitati che i due uomini stavano usando per discutere fra loro.

Sua madre poi, lo raggiunse accanto al camino invitandolo a seguirla per una passeggiata in giardino, benché fosse molto tardi.

- Vedo che vorresti già andar via e tornare alla tua vita di sempre, a Parigi - esordì Joséphine prendendolo sotto braccio.

- Sono un soldato in licenza madre, ed è passata quasi una settimana dalla mia partenza. A meno che non voglia essere tacciato di diserzione, devo tornare... - si giustificò André.

- Capisco. Ma lo fai davvero per questo, o per quella donna, la figlia del generale? Parigi è un delirio figlio mio, non sono certa che questa decisione sia saggia - replicò sua madre.

- Io la amo, madre, l'ho sempre amata... Desideravo conoscervi più di ogni altra cosa, e non mi pento di essere venuto sin qui per farlo. Ma il mio cuore è rimasto a Parigi, madre, con lei! - ammise André sistemandole premurosamente lo scialle sulle spalle scoperte.

Joséphine sospirò, era quello che temeva.

- E lei, ti ricambia? - domandò lei solamente.

- Sì, ci amiamo vicendevolmente! - le rispose André mentre le camminava lentamente accanto.

- Allora devi tornare da lei ragazzo mio, e senza indugio. L'amore vero è un privilegio che in pochi possono affermare d'aver conosciuto. Se tuo padre fosse ancora vivo, e mi aspettasse da qualche parte, correrei subito da lui, ovunque fosse. Edgard mi ha parlato dei tuoi occhi André, promettimi che andrai da lui. Gli permetterai di aiutarti prima di lasciare questa casa, lo farai? - gli chiese con ansia Joséphine.

- Lo farò madre, ve lo prometto! - assentì lui con gioia.

Intanto, nell'elegante salotto di casa, Alexander e Edgard si intrattennero ancora a parlare fra loro di André e della sua improvvisa comparsa nelle loro vite; un avvenimento a cui non avevano mai sperato di poter assistere nella loro vita.

- Quanto credi sia grave la situazione? - volle sapere Alexander.

- Non posso dirlo con certezza finché non lo visito... - gli rispose Edgard indulgendo ancora nell'alcol.

- Lo abbandoneremo al suo destino? Voglio dire, gli permetteremo di tornare in Francia in quelle condizioni, con tutto quello che sta succedendo laggiù? - sbottò il soldato con rabbia.

- Certo che no! Ma ora calmati, nostra madre è già fin troppo turbata. Nostro fratello maggiore avrà la nostra completa attenzione, Alexander. Maman ha atteso trentacinque lunghi anni per ricongiungersi a lui, avrebbe fatto lo stesso per ognuno dei suoi figli, e non possiamo deluderla. Non permetterò che ad André accada qualcosa di irreparabile, e ci prenderemo cura di lui, ora che fa di nuovo parte di questa famiglia. Devo solo capire bene come, visto che non possiamo obbligarlo a restare... - asserì Edgard

- Non è necessario che resti se noi lo accompagniamo. Sono un Dragone della gloriosa Armée Belge, e non ho paura di niente! - aggiunse Alexander vantandosi anche troppo del suo stato e dei suoi gradi.

Edgard si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, il cognac aveva avuto la sua parte di merito in tutto quell'entusiasmo. Ma il più vecchio non era uno sciocco, e soprattutto sapeva, che alla madre quell'idea non sarebbe piaciuta affatto.







Dopo quasi tre gironi d'assenza, Oscar fece ritorno al suo ruolo e al suo comando, badando bene di non chiedere eccessive spiegazioni su quanto fosse accaduto quella sera vicino a Saint Antoine. Avrebbe voluto almeno ringraziare Alain, visto che le aveva salvato la vita, ma stranamente, quando domandò di lui al colonnello d'Agoult, quest'ultimo le annunciò che dopo essere andato al matrimonio di sua sorella, Alain non era più tornato.

- Non ha preso nemmeno la sua paga, comandante. Ed è molto strano, visto che quel denaro è essenziale per lui e la madre - aggiunse dAgoult che aveva l'aria assai preoccupata.

- La piccola Diane si è sposata? Era questa, la settimana in questione? L'ho proprio dimenticato... - disse Oscar incredula.

Aveva perso il senso del tempo e dello spazio. Senza André a sostenerla, Oscar si sentiva in balia di una tempesta, e giorno dopo giorno, ne pagava sempre di più le conseguenze. Si sentì sopraffare dalla frustrazione al pensiero di non poter soddisfare quel bisogno lacerante di vederlo, di saperlo accanto a sé e di scorgerlo alle sue spalle con la sua rassicurante presenza. Poi si decise, e cercò di ritrovare un po di calma e di lucidità, mentre pensava a come risolvere quella spinosa situazione che riguardava Alain.

- Andrò io da Alain, gli porterò la paga di persona. Predisponetemi una scorta, e fatemi avere il suo indirizzò! - gli ordinò perentoria.

Oscar non perse tempo e nel primo pomeriggio raggiunse la casa di Alain, che si trovava in uno dei quartieri più poveri della città di Parigi.

Non appena scese dalla carrozza e fu raggiunta dai soldati che l'avevano accompagnata, due donne la raggiunsero davanti alla porta, che venne sfondata dai suoi uomini dopo aver chiamato inutilmente Alain per diversi minuti.

- Scusateci, ma voi siete il comandate di Alain de Soisson? - domandò a Oscar un'attempata e rubiconda signora dall'aria scontrosa.

- Sono io Madam, perché me lo domandate? - le aveva chiesto Oscar un po confusa.

- Allora vi prego, dite ad Alain di fare qualcosa per questa puzza insopportabile, o gli daremo fuoco alla casa! - aveva minacciato la donna prima di andarsene.

Salire quei tre piani fu un calvario, quell'odore disgustoso e pungente si fece via via più forte, fino a che fu chiaro che provenisse proprio dall'appartamento dove Alain viveva con la madre e la sorella. Oscar provò una profonda angoscia quando finalmente riuscì ad entrare, la prima persona che vide, fu la madre di Alain. La donna era seduta immobile come una statua di pietra su una sedia, al punto che per un momento, Oscar pensò al peggio. Solo quando le si avvicinò richiamando la sua attenzione, la vecchia madre di Alain sembrò dare segni di vita.

- Siete la madre di Alain, non è così? Dov'è vostro figlio, cos'è successo qui dentro... Madam, parlate vi prego, dite qualcosa! - la spronò Oscar che a fatica riusciva a respirare.

- Mio figlio è qui accanto, Monsieur, con la sua amata sorellina... la mia piccola Diane, la mia bambina... - singhiozzò la donna del tutto annientata.

Quando Oscar fece un passò oltre la porta della camera da letto fu investita da una visione orrenda, di gran lunga peggiore di quell'odore orrendo che aveva permeato tutto, togliendole ogni dubbio in proposito alla tragedia che aveva colpito quella famiglia.

Alain era in ginocchio ai piedi del letto di Diane, il cadavere della ragazza, ancora avvolto nel suo abito candido come un angelo sconfitto, sembrava già in avanzato stato di decomposizione. Le bastò alzare lo sguardo per capire che Diane si era impiccata: la corda penzolava ancora da una delle travi esposte del soffitto, e lo sgabello dove era salita era tristemente ancora ribaltato sul pavimento, con accanto una delle scarpette che la povera fanciulla avrebbe dovuto indossare il giorno del suo matrimonio.

- A-Alain... - balbettò Oscar inorridita.

- Vattene via! Andate via! Non permetterò a nessuno di toccarla! - aveva gridato Alain. La persona che si ritrovò davanti non era più quello che conosceva, difronte a lei c'era un uomo distrutto e con lo sguardo totalmente stravolto dal dolore, al punto tale che dopo averla spintonata con l'intenzione di allontanarla, lei dovette arrivare a colpirlo e a schiaffeggiarlo più di una volta per riportarlo alla realtà.

- C-Comandante... - la chiamò Alain tornato lucido.

- Sì... sono io! Cos'è accaduto, Alain? Quello è il cadavere di Diane, cosa è successo qui? - gli chiese Oscar strattonandolo.

La spiegazione non tardò ad arrivare quando la madre di Alain raggiunse il figlio in quella stanza. - Pochi giorni prima delle nozze, l'uomo che Diane avrebbe dovuto sposare... la persona in cui credeva, che amava, e in cui aveva riposto tutte le sue speranze, l'ha abbandonata per la figlia di un ricco borghese. E' per questo che... forse temendo la vergogna... spero solo che non abbia sofferto quando si è impiccata... -

La madre di Diane e di Alain si avvicinò al figlio barcollando, senza quasi più nemmeno una lacrima da versare, e Oscar rimase in silenzio e deglutì, cercando di ricacciare indietro le lacrime e non cedere a sua volta allo sconforto.

- Mi dispiace comandante ma io, non tornerò adesso. Devo prima accettare che la mia Diane abbia smesso di esistere, e che non rivedrò più il suo meraviglioso sorriso, fino ad allora io resterò qui, comandante, qui , con la mia dolce Diane... la mia sorellina... - disse Alain dando finalmente libero sfogo a tutto la sua disperazione.

Oscar non ebbe il coraggio di contraddirlo, e restò a guardarlo di spalle per un momento prima di lasciarlo solo col suo dolore. Un dolore che apparteneva solo a lui, e che lei non avrebbe mai voluto provare. Non pote non pensare ad André in quel momento e a quante volte, anche dopo aver scoperto di amarlo, l'avesse preso per scontato. La vita non era scontata, e nemmeno l'amore. Si doveva viverla ogni istante e il più intensamente possibile. Oscar decise che non avrebbe più permesso a nessuno, di impedirle di vivere e di amare. Né al tempo, né alla malattia, né al mondo che pian piano sembrava collassarle addosso senza darle speranze.

Come aveva potuto lasciarlo andare visto che lui era l'altra metà del suo cuore, del suo respiro e della sua anima?

Non avrebbe più potuto vivere senza di lui, e ora, lo sapeva.









Ciao a tutte, per problemi di tempo ho deciso di spostare il giorno di pubblicazione dal venerdì al lunedì. Grazie ancora per il vostro affetto, che vi giuro è del tutto ricambiato!
Un abbraccio Tea.

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: LatazzadiTea