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Autore: Gelatin    05/09/2017    3 recensioni
[Snow King!AU] [Sebastian/Ciel]
Nell'immenso castello del Sovrano dei Ghiacci, il giovane Ciel tenta di sopraffare la crescente attrazione che l'ha spinto a seguire il demone, lasciandosi il suo passato e i suoi cari alle spalle.
Sebastian lo istruisce alle arti magiche, è un insegnante paziente, affascinante e spaventosamente potente, che non si esime dal tentare il ragazzo coi suoi modi carezzevoli.
Sullo sfondo di un luogo perennemente immerso nella neve, inconsapevole di tutto, Elizabeth si mette in cammino, alla ricerca della persona che ha già voltato le spalle al sole.
Dal testo:
''Tu tremi'' sentenziò l'uomo, abbandonando l'enorme, candida slitta. Lo prese per i fianchi e lo adagiò accanto a sé, avvolgendolo nella voluminosa pelliccia.
Il ragazzino rabbrividì.
L'individuo lo fissò lungamente, poi si chinò su di lui, sfiorando la sua bocca in un bacio delicato, e Ciel non sentì più freddo.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Crows In Snow

 

 

Appagare l'umorismo di Undertaker, suo bizzarro salvatore, le aveva impiegato giorni preziosi, trascorsi provando a recuperare le forze e arrovellandosi alla ricerca di una battuta adeguata.

Dopo innumerevoli sforzi era riuscita a raggiungere il suo obiettivo: certo, più che una risata quella del becchino era stata uno sbuffo sommesso, ma aveva comunque apprezzato lo sforzo, decidendosi a darle le informazioni desiderate.

Percorrendo i boschi ad est, in un paio di giorni di cammino, si sarebbe ritrovata alla dimora di un principe trasferitosi da una manciata di settimane in quelle terre: doveva essere un adolescente, per quanto aveva potuto constatare il becchino intravedendolo un giorno in lontananza e udendo la sua risata argentina.

Elizabeth sapeva bene che Ciel non era un nobile né tantomeno un principe, ma sapeva pure di non potersi aspettare una spiegazione coerente alla sua sparizione, così s'incamminò il giorno stesso alla ricerca della reggia.

Il bosco era fitto e cupo: in particolar modo, durante la notte, creature sinistre si aggiravano tra gli alberi, dando voce a latrati agghiaccianti; la ragazzina non poteva far altro che acquattarsi meglio nella coperta datale da Undertaker assieme a qualche provvista, e provare a dormire.

Al mattino successivo si svegliava più stanca di quando si era appisolata e, guardando il proprio riflesso nel fiume, si era accorta di come la sua faccia si fosse fatta pallida e i suoi occhi fossero stati contornati da profondi solchi neri.

Era il sonno a darle il tormento. Più che sogni, a onor del vero, i suoi erano incubi tanto spaventosi da farle dubitare potessero essere davvero frutto della sua mente: lei non aveva mai visto la morte, il terrore, l'angoscia. Era sempre stata segregata sotto una campana di vetro, protetta dai suoi genitori e suo fratello; soltanto le cose belle avevano il permesso di entrare, soltanto felicità e spensieratezza.

Lizzy era una ragazzina forte. Non si sarebbe messa in viaggio per trovare Ciel, in caso contrario: avrebbe semplicemente aspettato di dimenticarlo, ricercando la gioia in altre cose e altre persone, fin quando di lui non fosse rimasto altro che il roseto tra le loro finestre.

Era stata grandemente felice con lui e non poteva sopportare tale allegria le venisse sottratta.

Il perché Ciel fosse sparito restava un mistero, così come il suo comportamento nei loro ultimi giorni assieme. Gli doveva aver nascosto qualcosa, il suo compagno di giochi, colui che le aveva confessato tutti i propri segreti.

E se qualcuno avesse voluto fargli del male?
Ma chi, nella loro città pacifica e accogliente?

Stentava a credere che una sola di quelle pacate anime potesse essere capace di torcere un singolo capello a un bambino.

Doveva esserci dell'altro di cui nessuno era a conoscenza.

La possibilità di trovarlo alla reggia di cui le aveva parlato Undertaker era l'unica cosa a spingerla ad andare avanti.

Poteva essersi davvero allontanato dalle porte della città come avevano supposto i suoi abitanti ed essersi perso nel bosco, per poi imbattersi in una buon'anima che l'avesse soccorso, portandolo con sé.

Voleva davvero crederci. Se ne autoconvinse caparbiamente, ponendo la sua speranza come unica e ineluttabile certezza, tappandosi le orecchie e rifiutandosi di ascoltare realtà al di fuori di quella. In fondo, così aveva sempre fatto.

Il viaggiò durò due giorni e mezzo, e quando si ritrovò davanti alla meta prefissata quasi non vi credette.

Dinnanzi a lei un immenso palazzo dallo stampo orientale si erigeva, maestoso, sull'acquoso cielo pomeridiano, denso di alte arcate sostenute da innumerabili colonne, tinte vivaci e mosaici d'incredibile bellezza.

Incredula, avanzò lentamente verso l'ingresso, facendo scricchiolare il terriccio sotto di sé. Mai nella sua vita aveva visto una costruzione tanto mastodontica e sontuosa, di una ricchezza che aveva potuto ammirare soltanto nelle illustrazioni di certi libri di fiabe.

Era giunta difronte all'enorme porta d'ingresso e le sue mani già premevano sulla superficie grinzosa del legno. In cuor suo, aveva un po' di timore a bussare; il pensiero di incontrare un volto estraneo, di non trovarvi Ciel come aveva sperato, la spaventava e frenava in un'indecisione momentanea.

Ispirò e spostò l'arto al batacchio, stringendolo forte.

Non aveva ancora battuto il primo colpo che la porta si spalancò, facendola sussultare e barcollare in avanti; due mani la sostennero, impedendole di cadere.

Un uomo slanciato, avvolto da una veste smeraldina, la guardava stupito, la fronte appena aggrottata.

Elizabeth si ritrasse spaventata.

''Perdonatemi'' farfugliò, sforzandosi di non tremare ''Sto cercando un amico.''

Lo straniero continuò a fissarla interdetto, poi le rivolse un sorriso cordiale, rassicurante.

''Mi dispiace, signorina, ma gli unici a vivere qui dentro siamo io e il principe Soma, che non conosce nessuno di queste terre. Vi sarete certamente confusa con qualcun altro.''

La fanciulla si adombrò, incapace di trattenere le lacrime.

Udì l'uomo balbettare qualcosa, allarmato, e poi un'altra voce sovrapporsi alla sua.

''Agni, cosa sta succedendo?''

Lizzy alzò lo sguardo per vedere avvicinarsi un altro individuo, la medesima pelle ambrata del compagno e gli stessi vestiti curiosi, probabilmente una manciata di anni più grande di lei.

Il primo dei due uomini farneticò una spiegazione confusa, così il ragazzo si rivolse direttamente a lei.

''Chi sei, cosa ci fai qui? Ti sei persa?''

''Dice di star cercando un amico'' s'intromise colui che l'aveva accolta ''Voi la conoscete, principe?''

Il ragazzo scosse la testa.

''Affatto. Ma vieni, non star lì fuori, fa freddo'' la invitò gentilmente. Lizzy varcò la soglia esitante, catapultandosi nel fasto degli interni del palazzo ''Agni, portale qualcosa da mangiare, sembra affamata.''

La fanciulla lo seguì lungo la sala luminosa dai pavimenti lucidi e il soffitto a volta, fino a dei soffici divani in cui il principe la invitò a prendere posto.

Si lasciò cadere su uno di questi, sfinita.

Il viaggio l'aveva sfiancata: le sue scarpe erano incrostate di terra, così come i suoi vestiti, e tra i suoi capelli s'erano impigliati una quantità notevole di foglie e rametti che non era riuscita del tutto a togliere con il solo ausilio dell'acqua come specchio.

Agni era tornato, accompagnato da un aroma succulento.

Dispose diversi piatti sul tavolo davanti a lei con un inchino.

''Come sei arrivata fin qui? Non ti ho mai vista da queste parti. Non che vi sia molta gente ad aggirarsi per il bosco.'' le domandò il ragazzo, il cui tono gentile riuscì a tranquillizzarla parzialmente.

Iniziò a raccontare la sua storia incespicando con le parole, singhiozzando sommessamente e lasciando tutte le sue ipotesi e paure prendessero voce sotto all'udito attento dei due sconosciuti. Quando finì di parlare, scoppiò ancora una volta in un pianto copioso.

Soma si sporse, dandole una pacca affettuosa sulla spalla.

''Agni, prepara un bagno caldo a Lizzy, per favore. Sarà nostra ospite fin quando lo vorrà.''

Il servitore si congedò, mentre la ragazzina cercava di asciugare le lacrime.

''Vi ringrazio, siete tanto gentile.'' bisbigliò grata. Anche parlare le costava uno sforzo immane. Non si era ancora del tutto ripresa dalla caduta nel fiume, e il viaggio nel bosco aveva solo peggiorato la situazione; sperava solo di non essersi presa un'infreddatura.

''Non preoccuparti, farò ciò che posso per aiutarti a trovare il tuo amico!'' la consolò, invitandola a mangiare qualcosa.

Fu capace di mandar giù giusto due bocconi: la disperazione e il pianto le avevano chiuso lo stomaco, e qualsiasi sapore pareva nausearla.

Soma sembrò capire la situazione, e non disse nulla quando lei mise giù le posate senza aver finito neppure metà piatto. Si limitò a sorriderle, alzandosi ed esortandola a seguirlo fino a quella che sarebbe stata la sua stanza.

Percorsero una serie di corridoi e scalinate, più simili a un dedalo che a un vero e proprio palazzo; durante tutto il tragitto Soma cianciò di qualche leggerezza, raccontandole di come fosse giunto dall'India alla ricerca anch'egli di una persona per poi trasferirsi in quella reggia.

Elizabeth si sforzò di ascoltarlo, tuttavia i suoi pensieri erano rivolti a Ciel e, per quanto tentasse di segregarlo almeno momentaneamente lontano dalla sua testa, ogni suo sforzo si andava a unire al precedente insuccesso.

''Prego, questa è la tua stanza. È una delle camere più belle, ma non venendoci mai nessuno a far visita è sempre vuota.''

La ragazzina lo raggiunse e superò con un sommesso ringraziamento.

Venne introdotta in un trionfo di colori tiepidi e intarsi dorati che facevano rilucere le pareti quasi fossero fatte d'oro; un ampio letto addossato al muro giaceva al centro della stanza, attorniato da un mobilio tanto pregiato da metterla a disagio.

Non era decisamente abituata a quel genere di sfarzo; pensò sarebbe stato bello se Ciel fosse stato lì per vedere tale splendore.

''Agni ti ha già preparato il bagno: rilassati e riposati, domattina parleremo della persona che cerchi, d'accordo?''

Lizzy assentì.

Nell'istante stesso in cui il ragazzo chiuse la porta, lei vi si lasciò scivolare contro, poggiando la testa sulle ginocchia e consentendo ai boccoli biondi di avvolgerla.

Per la prima volta dall'incidente al fiume, contemplò l'idea che Ciel potesse essere morto sul serio: era una riflessione raccapricciante, e il sol lambirla col pensiero la avviliva orribilmente.

Asciugò con la manica del vestito le lacrime che avevano ripreso a solcarle le guance e si diresse verso il bagno adiacente, trovandovi una vasca interrata già piena di acqua fumante. Si spogliò e permise al tepore di accarezzarla bonariamente.

Uscì dal bagno con la testa finalmente sgombra, indossando la vestaglia lasciatale sul letto e gettandosi su quest'ultimo, non riuscendo a tenere le palpebre aperte.

Per la prima volta dopo giorni, Lizzy cadde in un sonno profondo.

Sebastian ghignò al vedere la faccia della ragazzina rossa di pianto.

Che essere umano infinitamente patetico. Non credeva, quando era andato a riscattare il ragazzino da quella vita indegna, qualcuno si sarebbe premurato di venirlo a cercare; agli occhi di una persona dotata di un minimo di raziocinio, la dipartita del fanciullo sarebbe parsa l'unica spiegazione sensata.

Eppure ecco che quella bambina s'impuntava, ostinata, a rifiutare la morte del compagno, arrivando a mobilitarsi in un viaggio incerto e folle.

Per un demone come lui, che non conosceva affetto o amore, quel gesto era semplicemente una manifestazione di irreprimibile stupidità. A conti fatti, sarebbe stata una stupida pure se fosse partita per cercare il ragazzo sapendo della sua ubicazione; Sebastian non l'avrebbe mai lasciato andare e nessun umano era abbastanza forte da poterlo costringere.

Si puntò ancora sullo specchio sotto di sé, osservando la ragazzina gettarsi tra le coperte e affondare la testa nel guanciale. In una manciata di minuti il suo respiro si fece regolare, segno si era già abbandonata al sonno.

Percepì dei passi attutiti farsi largo per le scale.

Tese una mano per far scomparire l'immagine sotto di sé, ma l'incantesimo parve agganciarsi alla fanciulla per un secondo di troppo; dovette accentuare di un po' la forza per far sì questi la abbandonasse e tutto tornasse immobile e cristallino.

Ciel era già entrato nel salone e lo guardava con occhi sgranati.

Ah, errore di calcoli, un bel fastidio.

Il ragazzino si avvicinò flemmaticamente, le labbra che fremevano nell'atto di articolare qualcosa.

Il Sovrano rimase impassibile, studiando lo sgomento del giovane e il contrasto di sentimenti che attraversò il suo sguardo in genere così cupo.

Stupendo, decisamente stupendo.

Ciel si era fermato ai margini dello specchio di ghiaccio e lo scrutava quasi stesse cercando di farvi riaffiorare nuovamente l'immagine della ragazza.

Finalmente, parve recuperare il dono della parola, facendo sì il sorriso del demone si allargasse ulteriormente.

''Quella era...'' biascicò ''Quella era Elizabeth, vero?''

 


 


Warning! Don't feed the author!
Sì, ho cambiato giorno di pubblicazione dal lunedì al martedì: col finire dell'estate dubito di avere la forza psicofisica di aggiornare di lunedì, perdonatemi.
Nel caso non ve ne foste ancora accorti, non mi piace scrivere di Elizabeth -perché non mi piace proprio lei, ma dettagli-, però certe cose vanno fatte. Diciamo che il brutto è per la gran parte passato, comunque.
Grazie infinite a chi ha resistito fino a questo quinto capitolo, spero avrete la stessa tenacia pure per gli altri!
See ya!
   
 
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