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Autore: Stregatta_Khan88    08/09/2017    0 recensioni
Diana Tosi è una scrittrice squattrinata. Gabrio Rossato, in arte "Chef Russel" è noto cuoco da strada della televisione. Le loro vite presto s'incroceranno... Un colpo di fulmine, due arti diverse quanto simili. Un biglietto da visita che l'autrice manda ad un suo idolo, con la speranza di poterlo incontrare, un giorno..
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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2.

 

 

Diana, arrivando al bar di fronte al Municipio, salutò la ragazza in piedi che attendeva all'esterno. Tratteneva per il guinzaglio un piccolo cagnolino dal pelo corto color miele. La sera prima si era accordata con le amiche di incontrarsi e fare colazione insieme quella mattina.

«Ciao Jayne, Valeria è già arrivata? Ehi, ciao Chicca!» Si chinò a fare le coccole alla piccola cagnolina che saltellava già da quando la vide arrivare al di là della strada.

«Non ancora» rispose l'amica con uno sbadiglio «Ed io muoio di sonno, odio svegliarmi presto».

«Ma su, ti godidi più le ore di vita attiva per fare le cose di casa, e Chicca ti è grata della passeggiatina».

Jayne non condivideva quell'idea e Diana lo sapeva dal periodo delle scuole, quando si conobbero, ma non perdeva mai l'occasione di stuzzicarla. Gli occhi grigi di Jayne non volevano saperne di spalancarsi vivacemente.

Un'auto, passando, lanciò uno squillo di clacson, imboccando l'ingresso del parcheggio vicino al bar. Scese una ragazza bassa dai capelli castani che saltellò allegramente verso di loro e, a differenza di Jayne, era già sveglia e scattante.

«Buongiorno, ragazze!» Esultò.

«Ciao Valeria, buongiorno a te».

«Sì, buongiorno a te ma non a me» borbottò Jayne assonnata, nascondendo il viso tra i suoi lunghi capelli ricci per ripararsi dall'aria fredda che aveva iniziato a spirare. Li aveva tinti tinti di un bizzarro viola-porpora. Valeria rabbrividì squittendo:

« Entriamo nel bar, si gela!».

Scappò davanti alle due, gettandosi letteralmente al tavolo libero più vicino al termosifone. Jayne la seguì a ruota, appiccicandosi accanto. Diana agganciò la borsa allo schienale della sedia e ci posò sopra il cappotto, tutto molto tranquillamente, prima di accomodarsi.

Sopportava abbastanza bene il freddo, tanto che delle tre era l'unica che portava la mini gonna con dei pesanti collant grigi. Le sue amiche vollero sapere di che cosa fosse fatta la sua pelle per sopportare così bene quel clima di Febbraio e lei si limitò a spiegare che, piuttosto che asfissiarsi con i quaranta gradi estivi, preferiva tremare un po' di freddo: lo soffriva ma allo stesso tempo sopportava.

Erano tre persone diverse. Tre esistenze diverse. Eppure quella diversità le teneva unite, facendole ritrovare spesso insieme a condividere esperienze ed emozioni quotidiane. 

Valeria faceva l'impiegata presso l'ufficio amministrativo di una ditta. Ragazza attiva, amante di diversi sport, sempre in cerca di attività da svolgere al di fuori delle quattro ore di part-time che la rilegavano ad una scrivania ogni pomeriggio.

Jayne era già sposata, nonostante la giovne età. Per colmare la perenne ricerca di un lavoro, si dilettava con il servizio a domicilio di ricostruzione unghie, mentre cercava qualcosa di più proficuo, soprattutto per sostenere le spese domestiche.

Diana, dato il suo lavoro, era la più sognatrice delle tre, ma non dava retta chi le diceva di mettere apposto la testa: abbandonare la fantasia era come ucciderla, anche se il blocco dello scrittore non se ne andava in quei giorni. Temeva che la razionalità adulta la stesse già facendo diventare sua schiava, ma avrebbe resistito. 

Avevano tutte la stessa età.

Ordinazioni: due cappuccini, di cui uno scuro, ed un caffè al ginseng in tazza grande; una croissant al cioccolato, una sfogliata alle mele ed una vegana ai frutti rossi. La colazione era considerata sacra da tutte: o si faceva bene o non si faceva affatto. Anche Chicca ne ricavava il suo beneficio, dato che il loro bar preferito accettava i cani, ai quali venivano serviti sempre biscottini a forma di osso.

«Come va la produzione letteraria?» Domandò Valeria zuccherando il cappuccino.

«In crisi» ammise Diana.

«Ma come? Hai scritto delle bellissime trilogie fantastiche».

«Sono affetta dal blocco dello scrittore».

«Magari hai spremuto troppo le meningi per le saghe ed ora il tuo cervello chiede un poco di pietà» ipotizzò Jayne sbocconcellando la brioche vegana.

Diana rispose con un'alzata di spalle, ritenendola plausibile come idea, ma dopo uno sbuffo scocciato aggiunse: «Mi servirebbe un'ispirazione diversa».

«Scrivendo fantasy hai la fortuna di poter inventare».

«Anche i fantasy hanno un tocco di realtà. Prendi Tolkien, per esempio, i luoghi dove ha ambientato “Il Signore degli Anelli” sono territori della Norvegia, in realtà» un istante di silenzio riflessivo anticipò la sua testa che abbandonò sul piano del tavolo in atteggiamento di resa. «Potrei cambiare genere ma so che non ce la farei».

«Stephanie Meyer dal young adult è passata al thriller, puoi farlo benissimo anche tu».

«Hai qualche idea di base?» Chiese Jayne.

Diana avvampò improvvisamente, ricordando la folle ipotesi di scrivere un libro su uno Chef, ispirandosi a Russel, con il rischio di mutare la sua inclinazione fantasy in erotico o romance. Espose la sua frustrazione con le amiche, definendo i romance troppo frivoli e gli erotici ripetitivi. Forse, la verità, era che si vergognava all'idea di scrivere qualcosa basato solo sul sesso. Valeria obbiettò:

«Non è detto che tutti i romance debbano essere frivoli, come gli erotici sempre uguali, dipende dall'autore».

«Lo so».

«Carina l'idea di usare uno Chef come Russel per protagonista. Potresti scrivere una storia su di lui, ambientata a Roma, magari».

«Sì, ne approfitti e ti fai un viaggetto nella Capitale, con i suoi bellissimi siti archeologici: il Colosseo, San Pietro, i Fori, i sette colli e l'Amatriciana» vaneggiò Jayne imitando un contorto accento romanesco. «A parte che non eri mica stata a Roma anni fa?» Aggiunse

«Sì, ma non ricordo granchè di ciò che ho visitato, so solo che era una gran bella città. Comunque, San Pietro è Vaticano, non Roma».

«Ehm, sì, be', sono vicine. Anzi, il Vaticano è dentro Roma... Oh, insomma, indipendente in Roma, punto».

Diana e Valeria risero per via della confusione di Jayne e della sua espressione imbronciata, ma l'ironia sfumò quasi subito: Diana si rifece seria, ricordando la splendida Roma, città degna del titolo di capitale. L'idea di tornarci era allettante, soprattutto perchè avrebbe tratto parecchie idee dalla sua maestà. Quando la visitò anni prima era ancora adolescente e la considerò solo una città d'arte, ma attualmente poteva essere la sua fonte d'ispirazione.

«Piacerebbe tanto anche a me vedere Roma» soggiunse Valeria con sguardo trasognante, reggendosi il volto con una mano. «Ha quel non so che di magico».

L'immagine più magica che a Diana era rimasta impressa tra i ricordi della Città Eterna, erano i tramonti, ai quali aveva assistito dalla finestra dell'hotel dov'era alloggiata. Come diceva una note canzone dedicata a Roma, il sole aveva tinto di rosso i cucuzzoli dei sette colli per tutta la settimana che vi aveva trascorso, non aveva mai piovuto. Riflettè: in qualche modo Diana voleva rendere quel luogo ancora più magico.

***

Otto e trenta di sera, pioggia battente sui vetri della finestra ed ancora tabula rasa, quel maledettissimo cursore che lampeggiava sullo sfondo bianco, accanto alla scritta ”non so che cazzo scrivere”. Diana stava con la testa gettata all'indietro sullo schienale della poltrona d'ufficio, dopo aver cenato ed essersi concessa una doccia. I lunghi capelli cenere ciondolavano dalla sedia con le sue braccia. 

Resa o no? Si chiese.

Un trillo proveniente dal laptop attirò la sua attenzione, inforcò gli occhiali ed aprì la chat, rispondendo all'avviso di videochiamata.

«Buonasera sorella!» Esordì una ragazza con una sprizzante tinta rosso rubino tra i capelli, manifestando un sorriso smagliante ma moderando il tono della voce.

«Ciao Romina, sei radiosa stasera».

«Sai, mia madre è uscita, il mio piccolo dorme ed io mi stavo annoiando, ho pensato di fare due chiacchiere, ti piace la tinta? Fatta a nuovo».

«Stai benissimo».

Videochiamando, evidentemente con l'utilizzo del cellulare e seduta in cucina, Romina si accese una sigaretta dando una lunga boccata con soddisfazione.

«Novità? Come vanno i libri?».

Diana dichiarò solo: «Blocco dello scrittore».

Non le servì dilungarsi in molte spiegazioni con Romina: era anche lei una scrittrice del livello di Diana, conosciuta molto in provincia di Pavia, Padova ed altre zone per vie dei contatti Facebook.

Viveva con la madre ed il figlio di tre anni, guadagnandosi da vivere, oltre che con la scrittura, anche lavorando presso una ditta come operaia. Nessuno meglio di lei avrebbe capito davvero la situazione di Diana e la crisi dovuta all'assenza di ispirazione ed idee.

«Vedrai che passerà. Dopo tre saghe come le tue è normale ritrovarsi un po' svuotata».

«Voleva fare un racconto su Chef Russel» sputò fuori Diana.

«Quello della televisione? Be', ti uscirebbe un racconto interessante, sarebbe un personaggino mica male, sai? Anche se ti confesso che non adoro gli uomini con la barba, ma invidio i suoi tatuaggi. Chissà se ne ha anche di nascosti da qualche parte».

Una campanello di allarme suonò nella testa di Diana, percependo il tagliente tono di voce e notando il sorriso assunto da Romina. La conosceva abbastanza bene da intuire che stesse già facendo qualche pensierino sconcio. Mettendosi a braccia conserte Diana puntualizzò:

«Non voglio scrivere romance»

«Bene, li odio anch'io».

«Neppure erotici, detesto pure quelli e poi, parlare di sesso riguardo ad una persona della tv, mi caccerebbe nei guai. Miravo ancora a qualcosa di fantasy».

Romina spense la sigaretta nel posacenere, rivolgendosi direttamente alla fotocamera del pc, come se fissasse concretamente qualcuno che in realtà vedeva da uno schermo.

«Non mi piacciono gli erotici ma, secondo me, cambiando nomi ed usando uno Chef, ne uscirebbe qualcosa di piccante e tu sapresti non renderlo noioso».

«Esiste già una serie di erotici con uno Chef» arrossì.

«Ma non di una scrittrice erotica ed uno Chef».

«Perchè tutti, dicendo Chef, pensano sesso?» Polemizzò Diana sull'orlo dell'isteria.

«Alcuni studi, hanno rivelato che il recettore celebrale del piacere, che si prova gustando del cibo, è lo stesso che si attiva durante il sesso» espose diplomaticamente Romina.

Diana sbuffò chiudendosi in sé stessa. Si fece scura in volto: «Non ho avuto grandi esperienze sessuali, verrebbe un libro monotono e noioso, come d'altronde ritengo lo sia scopare, scusa la volgarità».

Romina ridacchiò perfida. «Ti è mancato l'uomo con un po' di fantasia, sis! Ma tu sei ascendente Scorpione, pensa a Russel quando si spoglia per mettere la casacca da Chef, alle occhiate che dà alla videocamera, a quelle esclamazioni romanesche che fa, il recettore ti scoppia».

«Mi stai istigando a scrivere un erotico?».

«Mi ricordo quell'episodio che mi hai fatto vedere, non dire di no: il suo modo di leccare i ricci di mare ti attizzava parecchio, volevi essere un riccio di mare».

«Romina, ti prego, non iniziare».

«Ho anche letto una sua intervista, riguardo le relazioni col sesso. Da quel che dichiara, per me, sarebbe troppo tranquillo, ma tu che ti imbarazzi con poco, sis cara. Immaginalo mentre ti guarda zitto e pacifico ma dentro di sè pensa a cosa ti potrebbe fare».

Diana sgranò gli occhi: «Ma che cosa dici?».

Romina alzò le mani con espressione innocente: «Lo ha dichiarato Russel! Ha detto che quando fissa una donna che gli piace pensare a... Oh, mi sorprendi, Diana! Non hai letto l'articolo?».

«Temo mi sia sfuggito» aveva già il volto in fiamme.

«Cercalo su internet, altro che ricci di mare! Per me si dichiara santarellino a letto, ma è un bel furbone».

Nonostante solo di un anno più grande, la cara Romina aveva un'esperienza assai maggiore in ambito sessuale e Diana sapeva che non bisognava mai dar fuoco alla miccia. Sfortunatamente capitava che lo facesse involontariamente e quando la bomba esplodeva, i risultati erano quelli. Reggendosi il volto con le mani, fissò silenziosamente, con fare disinteressato, Romina che vaneggiava su quegli argomenti. Però, non era affatto disinteressata perchè qualsiasi cosa poteva darle spunto, anche se voleva evitare l'argomento sesso.

«Parliamo di qualcosa di non sessuale» borbottò.

«Mo cosa te farei, Diana» continuò Romina imitando l'accento romano. «T'empannerei come un Saltimbocca».

«I Saltimbocca non sono impanati... credo».

«Chiedi a lui, ti dirà: viè qua che te faccio vede'».

«Mica lo conosco Non ho email o numero di telefono, e anche se fosse non lo chiamerei mai per questo».

«Era per fantasticare, magari ti viene un'idea».

Diana si resse la fronte scuotendo il capo, coprendosi gli occhi con la mano, borbottando: «Romy, a causa tua, finora, ho solo immaginato Russel Chef Sadico».

«In certi mestieri c'è del sadismo, come nei chirurghi! Penso che lo Chef sia il lato razionale del cannibalismo» Romina si mise a riflettere con una mano sotto il mento e notò che Diana spalancò la bocca, senza emettere suono. Rise: «Be', è così logico: se la follia non sfocia nel cannibalismo, si diventa Chef, non trovi?».

Gettandosi esasperata con la testa sulla tastiera del computer, digitando per l'ennesima volta una serie alfanumerica senza senso, Diana trasse un sospiro affermando: «Sei davvero senza speranze» si fece seria. «Forse è inutile insistere».

«Avanti, mia piccola riccia di mare, vedrai che arriverà il flash per iniziare un nuovo romanzo».

«Per quanto tempo mi chiamerai riccia di mare ora?» Sbottò Diana sentendo le orecchie scottare.

«Finchè non ammetterai che il modo di leccare i ricci di mare che ha Russel ti eccita».

«A te nemmeno piace Russel, perchè t'interessa?».

«Perchè lo ritengo un tipo interessante, in fondo. Ma a te piace quindi ammettilo».

Se non gliela avesse data vinta, Romina l'avrebbe stuzzicata ancora per molto, molto tempo. Diana sospirò e disse: «E va bene: trovo che Russel usi la lingua in maniera eccitante. Contenta?».

«Uh, uh, dopo di questa lo incontrerai».

«Perchè? È una formula magica?».

«Può darsi!» Ammiccò sorridendo. Fu obbligata a salutare Diana perchè il figlioletto la chiamava dalla sua cameretta. Diana chiuse la chat e si alzò dalla "postazione di lavoro", dedicandosi alla preparazione del suo adorato tè solubile in cucina. Adocchiò i genitori che sedevano in salotto a guardare la televisione, la madre accomodata sul divano con una rivista aperta sulle ginocchia, il padre davanti al portatile ma rivolto alle immagini televisive che scorrevano sullo schermo, con gli occhiali sulla punta del naso.

In cucina attese la giusta temperatura di ebollizione dell'acqua e nel frattempo accese la tv, facendo zapping con il telecomando. Si fermò sul canale 9 che trasmetteva la replica di un altro programma in cui ancora Chef Russel era protagonista, insieme ad un'altra celebrity, ogni settimana diversa. Nel programma era previsto che lui e l'altra celebrità si sottoponessero a delle prove che, se vinte, garantivano premi da ricchi, se perse, comportavano penitenze da poveri.

Diana versò l'acqua nella sua tazza di ceramica e vi aggiunse due cucchiaini di polvere di thè, mescolandovi dentro una zolletta di zucchero. Una bastava, tanto la polverina era già abbastanza dolce di per sé.

Guardò lo schermo ed assistette alla prova di un malcapitato Chef Russel, costretto a cercare parti di un travestimento sparso all'interno di un labirinto oscuro.

Non riuscì a fare a meno di ridere guardando il panico dello Chef ed udendo le imprecazioni romanesche, ma poi lo studiò a lungo in silenzio, dopo aver vinto la prova. Lo mirò crogiolarsi alle terme, con l'acqua che scorreva sulla sua pelle, accarezzandogli i muscoli tesi delle braccia ed i pettorali tatuati. 

Arrossì ed il caldo le salì fino alla punta delle orecchie.

Il tè, si disse, quasi stesse parlando con Romina e cercasse di contrariarla, ma non potè negare a lungo l'evidenza davanti all'aspetto rude dello Chef, con il pelo sullo stomaco, la barba e tutti quei tatuaggi. 

Russel le piaceva da morire! Questa era la verità! 

Purtroppo era un personaggio della televisione, non certo un uomo facile da incontrare per strada, ed anche se fosse stato casualmente rintracciabile, non sarebbe mai potuto esserci un rapporto tra loro: lui era famoso, lei appena conosciuta entro ristretti confini. Si ritenne una stupida per aver avuto l'infantile idea di cercare un contatto ed avere informazioni da lui, per scrivere uno sciocco romanzo di cui non aveva neppure una trama o uno schema, al di là del fatto che non usasse mai quella tecnica per scrivere.

«Devi ancora crescere, Diana» si rimproverò guardando Russel che rideva con il suo compagno di viaggio, dando l'impressione che sorridesse per lei. Purtroppo, con un amaro sospiro, sapeva che lo Chef era come uno dei suoi personaggi fantastici, era come se non esistesse, anche se lo vedeva lì, concreto sullo schermo.

Doveva entrare nell'ottica di considerarlo come i supereroi dei cartoni animati, l'affascinante Chef che leccava in modo provocante i ricci di mare.

E per Diana, era il personaggio preferito.

 

   
 
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