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Autore: NPC_Stories    08/09/2017    5 recensioni
Sono un ranger elfo dei boschi della foresta di Sarenestar, o foresta di Mir come la chiamano gli umani. Il mio nome è Johlariel, per gli amici Johel.
Sì, ho degli amici.
Sì, per davvero, anche se sono un elfo, quelle voci che girano sul nostro conto sono solo calunnie. In realtà sono un tipo simpatico e alla mano.
Questa storia è una raccolta di racconti, alcuni brevi altri lunghi e divisi in più parti, che narrano dei periodi in cui ho viaggiato per il mondo insieme a un mio amico un po' particolare. Per proteggere la sua privacy lo chiamerò Spirito Agrifoglio (in lingua comune Holly Ghost, per comodità solo Holly). Abbiamo vissuto molte splendide avventure che ci hanno portato a crescere nel carattere e nelle abilità, e che a volte hanno perfino messo alla prova il nostro legame.
...
Ehi, siamo solo amici. Sul serio. Già mi immagino stuoli di ammiratrici che immaginano cose, ma siamo solo amici. In realtà io punto a sua sorella, ma che resti fra noi.
.
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Nota: OC. A volte compariranno personaggi esistenti nei libri o nella wiki, ma non famosi.
Luglio 2018 *edit* di stile nel primo capitolo, ho notato che era troppo impersonale.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1301 DR: Infestando Galardoun, ovvero Una casa stregata è sempre una meravigliosa attrazione


Correva l’anno della Tromba, e io ed Holly eravamo in viaggio verso i Boschi Remoti, per indagare su voci che parlavano di una crescente popolazione di gnoll e altri umanoidi mostruosi, con contorno di sacrifici a divinità malvagie.
Venivamo da nord-ovest, da Waterdeep. Anche se la nostra casa è nel sud, ogni tanto Holly insiste per passare da Waterdeep; penso che lì da qualche parte ci sia un tempio della sua dea, per conto del quale riceve missioni da svolgere. Io non mi lamento, sono sempre missioni interessanti. Questa volta eravamo diretti ai Boschi Remoti. Se ci fosse stata occasione avremmo potuto anche spingerci fino a Corm Orp, un villaggio che più che i pericoli dei Boschi Remoti doveva temere le bizze della malvagia regina-lich di Darkhold. Quella era una signora da trattare con cautela: la cosa migliore sarebbe stata mettere insieme una forza sufficiente a distruggerla, ma con i lich è difficile capire se li hai distrutti davvero o no... e se la missione fosse fallita, la sua vendetta si sarebbe scatenata sui pacifici villaggi della valle.
Per cui, per il momento ci limitavamo ad affrontare missioni alla nostra portata. I Boschi Remoti. Viaggiavamo sulla strada principale, allontanandoci solo quando percepivamo l’avvicinarsi di altri viaggiatori. Raggiunto il villaggio di Triel, Holly si tenne fuori dai suoi confini. Il villaggio sembrava identico all’ultima volta che ci ero passato: una manciata di umani assennati e prudenti che chiudevano le porte della città dopo il tramonto. Raggranellai un paio di monete d’argento offrendomi come guardia cittadina per una notte; i miei sensibili occhi da elfo erano un prezioso aiuto che il capo della guarnigione non si sentì di rifiutare, specialmente perché nella piazza principale si erano accampate due ricche carovane e se fosse successo qualcosa ne avrebbe risentito la reputazione del villaggio. Me ne andai a dormire all’alba e per mezzogiorno ero riposato, rifocillato e pronto a ripartire.
Holly mi aspettava sulla strada che conduceva a Scornubel. Per una volta evitò di lamentarsi del tedio che le mie necessità di essere vivente gli causavano.
“Com’è il villaggio?” indagò soltanto.
“Tranquillo. C’erano due carovane, ma entrambe dirette a nord, a Waterdeep. I mercanti sembravano stanchi per il viaggio.”
“Stanchi? Perché, scappavano da qualcosa?”
Scossi la testa. Era la prima cosa a cui avevo pensato anche io, ma i mercanti non avevano nulla da riportare.
“Ma allora, scusa, non c’era un villaggio umano a metà strada fra Triel e Scornubel? Gan... Gar... qualcosa?” domandò ancora.
“Sì, dovrebbe esserci. Nemmeno io mi ricordo il nome, ma dovremmo scoprirlo presto, è di strada.” Ci pensai ancora un momento, poi aggiunsi “Forse le carovane non si sono fermate perché sono in competizione per il mercato di Waterdeep e sanno che chi arriva primo ha più possibilità di piazzare meglio la merce.”
Mi rivolse lo sguardo di chi ritiene che il discorso sia andato fin troppo alla deriva nelle acque della noia. A questo non avevo nulla da obiettare, quindi tornammo a concentrarci sul nostro viaggio.

Ci trattenemmo un paio di mesi nei Boschi Remoti: quanto bastava per distruggere un paio di cellule del culto di Yeenoghu (anche se chiamarlo “culto” è già un grosso complimento) guidate da un manipolo di flind, cugini più grossi e più aggressivi degli gnoll stessi. Avevamo dovuto sgominare qualche clan di gnoll, concentrandoci su quelli troppo vicini ai bordi della foresta e che quindi avrebbero rappresentato una minaccia per gli insediamenti umani nei dintorni. Due mesi erano stati anche sufficienti per renderci conto che il dilagare di quelle creature non avrebbe potuto essere fermato, se non al prezzo di un genocidio. La foresta era quasi completamente invasa da simili mostri, solo alcuni folletti e qualche clan di goblinoidi resistevano al dilagare delle iene (li avevamo lasciati in pace, hanno già i loro problemi, inoltre qualsiasi nemico potesse ostacolare la propagazione di gnoll era il benvenuto).
Aver tagliato la testa del serpente, eliminando i capi flind, era già qualcosa: gli gnoll non avevano mire espansionistiche al di fuori dei confini della foresta, e non avrebbero tentato alcuna mossa audace senza la guida dei fanatici flind.

Per il Solstizio d’Estate eravamo a Corm Orp. La situazione lì era precariamente stabile e un piccolo contingente di avventurieri halfling presidiava il villaggio. Per qualche settimana li aiutammo a tenere a bada gli occasionali non-morti che osavano spingersi fino alle terre civilizzate, ma poi divenne evidente che non potevamo fare nulla per risolvere davvero la situazione.

L’autunno ci vide arrivare nuovamente alla città di Scornubel, e da lì a Galardoun, un minuscolo villaggio regolarmente ignorato dalle carovane. C’era una locanda, ma aveva visto tempi migliori. Quando ci eravamo fermati lì all’andata, ero il loro primo cliente forestiero da almeno un mese. Al ritorno, la situazione che trovai non era molto diversa. Una carovana arrivò al villaggio e passò oltre, anche se era ormai quasi il tramonto.

Un’ora dopo, ero in locanda a consumare un pasto decoroso ma insipido, quando da fuori cominciò a udirsi uno scalpiccio di zoccoli. La porta della locanda si spalancò: un umano, che riconobbi come uno dei mercanti che guidavano i carri coperti della carovana, irruppe nel refettorio e chiese all’arcigna signora Peppermint se nel villaggio ci fosse un borgomastro. Per la cronaca, a Galardoun non c’era un borgomastro, solo uno sceriffo eletto per volontà popolare che aveva il compito di badare all’ordine pubblico.
Incuriosito, seguii discretamente il mercante e la locandiera mentre andavano a parlare con il signor Stanvork, lo sceriffo.
Il motivo di tanta confusione venne presto alla luce: la carovana era stata presa di mira e spaventata a morte da “uno spettro uscito dall’inferno”.
Sospirai. Avevo i miei dubbi che fosse uno spettro, e anche che fosse uscito dall’inferno, ma non dissi nulla. Lo sceriffo si rifiutò di andare a fare un sopralluogo di notte, così la carovana decise di fermarsi in paese e ripartire con la luce del giorno.

L’infestazione di un fantasma può essere una cosa seria.
Non in questo caso... ma in generale può essere una cosa seria.
Due settimane dopo arrivò un paladino da Scornubel. Si trattenne alcuni giorni. Mi permisi di offrirgli da bere una sera, per ringraziarlo per il lavoro che stava portando avanti, così potei indagare su come stesse procedendo la sua missione.
“La creatura infesta un capanno da caccia abbandonato” mi rivelò.
“Pensavo che la gente di queste lande vivesse di agricoltura” commentai, perplesso.
L’umano mi dedicò quel tipo di sguardo che solitamente si rivolge a una persona con un ritardo. “Sì. Per questo è abbandonato.”
Altro alcol e qualche lusinga al suo ego portarono il discorso dove volevo.
“È un fantasma. Mi avevano detto che fosse uno spettro, ma credo che questi contadini non sappiano neanche la differenza. È intelligente e sa pianificare, quindi so che è un fantasma. Non sono mai riuscito a vederlo bene perché si nasconde sempre nelle ombre, ma si è divertito a tormentarmi esponendomi nel dettaglio i piani che ha per questo villaggio...” rabbrividì, non di paura ma di orrore “inoltre non vuole dare pace alle carovane di mercanti, che sono al sicuro solo durante il giorno.”
“Ma di certo voi sarete in grado di cacciarlo, non è così?”
Incrociai il suo sguardo e in quegli occhi scuri lessi solo confusione e scoramento. “Ci ho provato.” Mi confessò, sottovoce. “Ho invocato su di lui il potere della mia fede, l’ho attaccato con la mia spada sacra per colpire il fulcro del male che lo anima, ho pregato Torm, patrono dei paladini del mio Ordine, ma i miei sforzi non sono valsi a nulla. Quella creatura dev’essere il ricettacolo di un potere malvagio incredibile, per resistere a tutti i miei tentativi di distruggerla o scacciarla.”
Certo, un potere malvagio incredibile, ragionai fra me e me, oppure stai cercando di uccidere un elementale del fuoco buttandogli addosso del fuoco.

Continuò a tentare inutilmente per alcuni giorni, poi si arrese e mandò a chiamare un chierico per avere manforte. Nel frattempo, tutte le carovane che arrivavano da Triel o da Scornubel erano costrette a fermarsi al villaggio per la notte, perché viaggiare con il buio era diventato troppo pericoloso. O meglio, troppo spaventoso, visto che non era davvero stato arrecato danno a nessuno.
Dopo il prete, arrivò una banda di avventurieri, ma erano dilettanti. Dopo di loro, Scornubel si degnò di mandare un mago.
Non era un mago molto potente, ma era intelligente. Lui non ci mise molto a realizzare che nonostante le minacce non era ancora successo nulla, e fece di più: si accorse che i problemi erano cominciati quando ero arrivato io.
Credo che per un periodo mi abbia sospettato di essere un mago e di aver creato l’illusione del fantasma (avrebbe spiegato la sua mancanza di reazione davanti ai simboli della fede). Mi lasciai osservare e valutare, fingendo di non essermi accorto di nulla. Alla fine il mago dovette decidere che sono solo il ranger che sembro essere, e mi lasciò in pace.
Ci trovammo a parlare davanti a un bicchiere di vino caldo speziato, la sera del Solstizio d’Inverno.
“Se mai quel fantasma tenterà una mossa, sarà stanotte” mi confidò. "Il Solstizio d’Inverno è la notte più lunga, quando i poteri delle tenebre sono più forti.”
Distesi le gambe sotto il tavolo e allungai il viso verso il camino, godendo del suo piacevole tepore. “Allora non dovreste bere alcol stanotte, non credete? Non è meglio restare lucido in caso di attacco?” commentai con flemma.
Il mago sbuffò.
“Non credo davvero che ci sarà un attacco. L’unica cosa che infesta questo luogo, se credete a me, è un’illusione che ha portato bei profitti a questa mediocre locanda e al villaggio. Ho visto che stanno allargando la forgia. Di questo passo arriveranno altri avventurieri, e quei cani sciolti portano fama e profitto.”
“Oh? Dite sul serio?”
Il suo tono di supponenza non mi piaceva, e trovavo ingiuste le critiche alla locanda: con il sopraggiungere di una maggiore disponibilità economica era migliorata anche la qualità del servizio.
“E di certo questa... attrazione... fungerà da allenamento per paladini e chierici.” Nominò questi ultimi con malcelato disprezzo. “Quello che mi resta da scoprire è: chi, in questa misera topaia, può avere potere sufficiente a mettere in piedi un’illusione così ben costruita?”
Scrollai le spalle. Siccome era in vena di parlare, la lingua sciolta grazie al vino, mi confessò anche che aveva sospettato di me, ma poi mi aveva scartato perché sono chiaramente (detto con parole non lusinghiere e che non voglio ripetere) un non-incantatore.

Quella notte, sapendo che i campioni del Bene ospitati nel villaggio sarebbero rimasti al villaggio, per proteggerlo in caso di attacco, uscii non visto e mi diressi al capanno di caccia che Holly infestava.
La porta di legno era marcia e pendeva dai cardini. All’interno la casupola non era illuminata, ma dalle finestre rotte giungeva abbastanza luce perché potessi vedere qualcosa.
“UUUuuuuUUUUuuuhhh! Chi oooosa disturbare il mooostro di... Gal... Gar... di queste landeee?” mi apostrofò una voce spettrale. Feci molta fatica a restare serio.
“Vile creatura dell’oscurità!” gridai, sfoderando la mia arma. “Io, Johlariel di Sarenestar, libererò... ehm... queste lande dalla tua immonda presenza!”
Le mie parole furono accolte dal silenzio. Mancava qualcosa? Provai a mettermi nei panni di un paladino.
“Oh, ehm, sì. In nome di Una Divinità Buona, affronterò le tue tenebre e le ricaccerò indietro, perché la Luce possa sempre trionfare!” conclusi, in tono teatrale.
Altro silenzio. Stavo già pensando a qualcos’altro da aggiungere, ma qualsiasi cosa pensassi mi sembrava sciocca e ridondante.
“Sì. Meh. Passabile, direi. L’impeto c’è, ma cerca di ricordare meglio le battute. E non avere paura di esagerare con gli epiteti.” Holly espresse il suo giudizio e finalmente si fece vedere, uscendo da un angolo in ombra.
“E tu cerca almeno di ricordare il nome del villaggio che infesti, magari?”
Rise di cuore. Probabilmente erano settimane che non rideva, se non alle spalle degli eroi di cui si prendeva gioco.
“Perché dovrei ricordarmi il nome di questo pidocchioso posto di cui non m’importa niente?”
“Mi sembra che te ne importi abbastanza da trattenerti qui per settimane, in modo da rendere il villaggio una specie di attrazione turistica.”
Si strinse nelle spalle, come per scusarsi.
“Non è che mi importi veramente. Mi diverto. E poi, mi piace contribuire alla formazione dei giovani avventurieri. Meglio che fuggano da me, piuttosto che da un reale pericolo.”
“Nel momento in cui si accorgeranno che il pericolo non è reale, tutto questo diventerà inutile. Il mago mandato al villaggio sta già sospettando. Dovresti considerare di farti sconfiggere, così potremo andarcene di qui.”

Forse avrebbe riflettuto sulla mia proposta, ma la nostra conversazione venne interrotta. Dall’esterno proveniva un leggero scampanellio.
Ci accostammo alla finestra: una ragazzina si stava avvicinando alla casa. Indossava un lungo vestito bianco, corto sulle gambe (le copriva appena le ginocchia) ma lungo di maniche, e chiaramente non indossava scarpe. Si stava avvicinando nella neve, camminando rigidamente per il freddo. Particolare non indifferente, aveva i polsi legati, con una campanella agganciata alla corda.
Holly uscì subito per andare incontro a quell’assurda apparizione. Se non avessimo avuto a che fare con un villaggio di popolani, avrei pensato a una trappola.
Il mio amico le andò incontro ma io rimasi ad osservare dall’ombra della casa.
Mentre Holly si avvicinava alla ragazza, mi sembrò di notare un cambiamento in lui, nella sua andatura... poi realizzai che cos’era: era diventato corporeo! Aveva smesso di levitare ed era costretto ad avanzare camminando nella neve!
Se per caso era preoccupato dalla cosa, non lo diede a vedere, e non fermò il suo incedere verso la fanciulla. Quando furono uno di fronte all’altra vidi che lei gli arrivava all’altezza del mento, non poteva avere più di tredici anni.
Holly mi dava le spalle in quel momento, per cui posso solo indovinare la sua espressione quando la bambina annunciò con coraggio di essere il sacrificio inviato da Galardoun. Sacrificio?! Non immaginavo che avessero usanze così barbare da queste parti.

“E questo sacrificio implica che io diventi corporeo?” indagò Holly, mangiando la foglia. “Ha tutta l’aria di essere invece una trappola, ragazzina.”
La fanciulla impallidì, e non per il freddo. Poi si lanciò in avanti, con la furia della disperazione. Vidi un lampo metallico, poi Holly fece un passo indietro e scoppiò a ridere. Nella sua mano sinistra comparve un pugnale (da dove lo aveva preso?) ma lo lanciò a terra con sdegno.
“Sciocca ragazzina, anche se ora ho un corpo fisico, non è che le armi comuni funzionino meglio su di me. Resto sempre un non-morto.” Holly la prese per un braccio, infilò un dito sotto alla collana che portava al collo e la sfilò, rivelando una semplice catenina con un ciondolo che non riuscii a vedere bene. La ragazzina era pietrificata dalla paura e non cercò di opporsi quando lui la trascinò verso gli alberi che nascondevano la strada.
“Allora, chi ha avuto la geniale idea di mandare una bambina a cercare di distruggermi?” indagò, parlando a voce molto alta.

Due chierici e il mago sbucarono cautamente da dietro gli alberi.
“Come immaginavo.” Annunciò il mago, arrogante. “È un’illusione.”
“Ma è diventato corporeo!” protestò uno dei chierici. “Avete esposto la povera Lydia a un vero e grande pericolo!”
L’altro sembrava d’accordo e cominciò a mormorare una preghiera, per combattere il malvagio non-morto.
“Volete dire che l’illusione si è adeguata a quello che sapevamo che avremmo visto!” ragionò il mago, alzando la voce e rompendo la concentrazione del chierico. “Questo può significare solo una cosa: è uno di voi due, che controlla l’illusione!” accusò, puntando il dito verso i due. “Volevate venire qui, sconfiggere il fantasma e fare la parte degli eroi, non è vero?”

Non potevo vedere l’espressione di Holly, ma lo conoscevo abbastanza per capire che aveva esaurito la pazienza.
Si avvicinò al mago e gli rivolse un rigido inchino.
“Messer incantatore, suppongo che voi possiate vantare una mente fine e arguta, capace di resistere all’inganno delle illusioni più coriacee.”
Il mago lo guardò con sufficienza.
“Esattamente, o ombra evocata da qualche simpatico imbroglione, io non credo alla tua esistenza e non sentirò il tuo tocco come questa popolana influenzabile.” Per provare le sue parole, il mago sporse una mano verso Holly, con l’intento di farla passare attraverso l’illusione, ma la mano incontrò il torace perfettamente reale del mio amico.
Il mago non ebbe nemmeno il tempo di preoccuparsene.
Holly lo prese per il bavero e lo sbatté contro un albero, cominciando a prenderlo a pugni in piena faccia. Il mio amico è smilzo e asciutto, ma più forte di quanto non si immagini a prima vista.
“E questo... tocco... lo senti... maledetto... imbecille?” ogni parola era accompagnata da un pugno. Chissà quanto gli era mancato, poter fare questo.
I chierici si limitarono a guardarlo con incredulità mentre riduceva quel saccente parassita all’incoscienza.
“Guai a voi se lo guarite!” minacciò, agitando un dito verso i due chierici. “Potrei incazzarmi sul serio! E per tutti gli dei, date delle scarpe a questa bambina adesso!”

Fu una scena stranissima a cui assistere, ma in effetti i chierici obbedirono senza fiatare. Uno dei due prese in braccio la ragazza e la mise al riparo sul carro con cui erano arrivati. L’altro studiò Holly per un lungo momento, alla fine chiese:
“Ma voi che cosa volete da questo villaggio?”
Holly rispose, ma ahimè ero troppo lontano e parlò a voce troppo bassa perché potessi udire le sue parole. Anche il chierico rispose nello stesso modo, e dopo poco li vidi allontanarsi in direzioni opposte.

“Ce ne andiamo.” Annunciò in tono secco. “Il chierico racconterà che hanno esorcizzato questo posto. Ma potrei tornare, ogni tanto, magari fra alcuni anni.”
“Che cosa hai detto al chierico,” domandai, curioso come un gatto “quando ti ha chiesto che cosa volessi?”
Sorrise sornione, giocherellando con il ciondolo che aveva preso alla ragazzina. Ora vedevo che era un oggettino in metallo, forse in ferro, che rappresentava un cerchio con dentro una croce a bracci uguali.
“Gli ho detto solo che speravo di trovare un mago o un sacerdote che avesse l’idea di affrontarmi munito di un oggetto incantato con Trappola Fantasma.”
Non conoscevo quell’incantesimo, ma potevo immaginarne lo scopo.
“Mi farà restare corporeo.” Annunciò infatti, in tono allegro. “Non mi renderà di nuovo capace di sentire gli effetti dell’alcol, ma per quello ci vorrebbe un Miracolo.”
Sorrisi alla sua battuta.
“Ma tu sapevi che sarebbe successo?”
“Ovviamente no! Ma i chierici si bevono qualsiasi cosa.”

           

   
 
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