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Autore: elementare watson    08/09/2017    1 recensioni
Quando si è innamorati si diventa ciechi, emotivamente, completamente schiavi della persona che occupa tutto lo spazio nella tua mente, le regole, il mondo, nulla ha più senso.
Si prova, lottando contro la ragione, a tenere quella persona legata a se.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: Incest
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I
Quella mattina, come tutte le mattine, Jiwon si era svegliata presto per preparare la colazione, non che il ragazzo non sapesse cucinare, ma aveva così tanto da studiare e si occupava di così tante altre cose per la casa, per non palare del suo lavoro part-time, quello era come un piccolo ringraziamento per il fatto che si prendesse così tanta cura di lei e si impegnasse affondo. Mise il cibo nei piatti e questi sul tavolo che aveva apparecchiato poco prima per poi togliersi il grembiule verde chiaro e appenderlo al lato del frigo, si diede una rapida pulita alle mani e, in fine, si diresse verso la stanza del suo coinquilino, bussò con tocco leggero, Wonsik, se stava dormendo, non lo avrebbe ma sentito e, si, stava dormendo. Con passo felpato si introdusse nella sua stanza, si sedette sul bordo del suo letto e sorrise, era così sereno mentre dormiva, gli passò una mano tra i capelli accarezzandoli più volte mentre lo chiamava per svegliarlo, non aveva alcuna fretta quel giorno quindi non serviva svegliarlo bruscamente.

Wonsik adorava essere svegliato a quel modo, molto meglio di quando la ragazza gli tirava via le coperte o lo calciava giù dal letto perché stava facendo tardi, anche se erano più le volte che finiva con il sedere per terra che quelle in cui poteva godere di un dolce risveglio. Si rigirò nel letto e avvolse con le braccia la vita di lei stringendoglisi contro

-Buongiorno-

Mormorò con la voce ancora impastata dal sonno, Jiwon trattenne una piccola risata e gli rispose, continuando ad accarezzargli i capelli e il viso lo informò che era ora di alzarsi, ma lui non voleva, stava davvero bene in quel momento, tra il calore delle coperte e quello della mano della ragazza

-Vuol dire che mangerai la colazione fredda allora, ma io non ho intenzione di farlo-

Disse in risposta quando lui le chiese altri cinque minuti per dormire, sorrise divertita al più grande mentre si alzava dal letto, le braccia del ragazzo le scivolarono addosso sciogliendo l’abbraccio di poco prima e la sua mano si allontanò dal suo viso, non prima di avergli pizzicato la guancia. Lasciò la porta aperta tornando in cucina così che la luce potesse entrare nella stanza di Wonsik e lui non tornasse a dormire come un sasso.

Il ragazzo si passò le mani sul viso e calciò via le coperte nello stesso tempo, spostò i capelli dalla fronte, certo il risultato non era un look perfetto, ma almeno non gli davano fastidio, tanto sapeva che, in ogni caso, sarebbero stati un disastro, lo erano sempre al risveglio. A passi lenti, calpestando gli orli della tuta grigia troppo grande per rimanergli in modo decente, che usava come pigiama e con gli occhi ancora socchiusi per la luce troppo abbagliante alla quale non si erano ancora abituati, raggiunse il bagno, senza lavarsi la faccia non sarebbe mai riuscito a svegliarsi per bene. Quando raggiunse la cucina trovò Jiwon seduta al tavolo con il telefono in mano, era abbastanza presto per messaggiare, lui il telefono non lo accendeva mai fino a che non aveva finito di mangiare.

Solo dopo che Wonsik si fu seduto davanti a lei e si fu schiarito la gola per attirare la sua attenzione, la ragazza, si accorse della sua presenza. Bloccò quindi subito lo schermo poggiando poi il telefono con lo schermo rivolto verso il basso appena fuori dalla tovaglia, il sorriso che fino a poco prima illuminava il suo viso era momentaneamente sparito quando si era resa conto che il più grande la aveva raggiunta e aveva quindi dovuto interrompere la sua chat, ma ci aveva messo altrettanto poco a tornare. Prese il cucchiaio in mano e, sollevandolo invitò l’altro a cominciare a mangiare

-Con chi chattavi?-

Non prese il cucchiaio, alzò invece le sopracciglia, in modo istintivo, si intende, nel vedere la ragazza agire in quel modo. La fame gli era quasi passata, non gli piaceva che Jiwon gli nascondesse le cose e, dalle sue azioni, era chiaro che non voleva fargli sapere che stava parlando con qualcuno

-Solo un’amica-

Rispose alzando le spalle, con il proprio cucchiaio gli indicò il suo invitandolo nuovamente a cominciare a mangiare, Wonsik si morse l’interno di una guancia spostando altrove lo sguardo, come se lo aiutasse a non pensare alla situazione che aveva appena vissuto, quella risposta significava che non avrebbe detto altro, lui sapeva che era una bugia, che al novanta per cento non era un’amica ma un amico con la o e non solo quella. Non voleva essere soffocante, il fatto che avesse degli amici, anche maschi, era una cosa normale, ma perché doveva nasconderglielo? Non lo capiva, era vero che in passato gli era capitato di fare scenate di gelosia che potevano essere paragonate a tragedie greche, ma non gli sembrava comunque giusto che ora si comportasse a quel modo. Scuotendo la testa prese il cucchiaio e, senza dire altro, cominciò a mangiare, non riuscendo però ad evitare di lanciare occhiate a quella cover rosa che vibrava ad ogni messaggio in arrivo, facendo tintinnare il campanellino dello strap che c’era attaccato. Quella giornata, cominciata tanto bene, non sembrava voler procedere per il verso giusto.

Dopo colazione Jiwon si era subito chiusa in bagno, quella era una cosa abbastanza usuale, e ovviamente si era portata il telefono. Wonsik però aveva deciso di non badarci troppo, non ci doveva pensare, doveva fidarsi di lei. Andò a sedersi sul divano, nel centro, non era tanto grande e così occupava tutto lo spazio, ma era un’abitudine che aveva fin da piccolo e si sa che le abitudini sono dure a morire. Non aveva ancora trovato nulla di interessante da guardare, stava facendo un po’ di zapping tra i canali sportivi e quelli che davano, generalmente, documentari quando la ragazza gli passò accanto; i capelli erano acconciati, il viso mascherato con un trucco più pesante di quello che usava solitamente quando usciva con lui, aveva la borsetta alla palla e, cosa più importante, stava indossando una gonnellina davvero troppo corti, la sua mascella cedette leggermente e si ritrovò a guardarla a bocca aperta, era stupenda, non poteva di certo negarlo, lei lo notò e rise divertita da quella reazione

-Da questo deduco che sto bene-

Fu allora che il ragazzo riacquistò il dono della parola e quello della ragione, inarcò un sopracciglio confuso, lei era già pronta ma non sarebbero dovuti uscire prima delle cinque del pomeriggio, protese una mano verso di lei e quando la prese la attirò a se

-Sei stupenda Wonnie, ma non è un po’ presto-

La ragazza annuì a quell’osservazione e gli spiegò che, prima di uscire con lui quel pomeriggio, sarebbe andata a fare compere con un’amica, la stessa che gli aveva scritto quella mattina

-Un’amica Quale? Le conosco le tue amiche-

Non se la beveva, sapeva che stava mentendo è smascherarla sarebbe stato davvero molto semplice, ma non gli andava di litigare nel suo primo giorno completamente libero dopo mesi, anche se avrebbe preferito passarlo tutto con Jiwon, questa vola, però, la lasciò andare. “Una nuova, non la conosci” nemmeno un bambino di cinque anni avrebbe creduto ad una scusa tanto banale, non che lui lo avesse fatto, fosse capitata di nuovo una situazione del genere non la avrebbe di certo lasciata andare così facilmente.

Le ore passavano vuote, lente e noiose, aveva fatto di tutto ormai, dal guardare la tv, a giocare con i video giochi, da leggere a studiare, arrivando anche a giocare a carte da solo, non ne aveva vinto nemmeno uno di solitario, sbuffando per la noia si gettò all’indietro sulla sedia, da quella posizione l’orologio entrò nel suo campo visivo, anche se al contrario, si accorse così che quelle lunghissime ore di attesa erano finite, non mancava molto al rientro della ragazza e lui ancora era in pigiama. Si scapicollò, quasi cadendo dalla sedia, per raggiungere prima la stanza e poi il bagno, voleva essere perfetto per quella serata, aveva poche occasioni di uscire da solo con Jiwon e ogni volta si sentiva come se quella fosse la loro prima uscita, certo era passato molto tempo da allora, eppure quello che lui provava era rimasto immutato.

Dieci minuti di ritardo erano una cosa normale, soprattutto dal momento che la ragazza viaggiava con i mezzi, la preoccupazione cominciò a farsi viva in Wonsik quando da dieci, i minuti di ritardo, diventarono venti, trenta, quaranta, aveva paura che le fosse successo qualcosa, la conosceva bene e sapeva che non era una persona prudente quindi quell’idea non era affatto inverosimile, si era ripromesso di non chiamarla per dimostrarle che non voleva tenerla sempre sotto controllo, che si fidava, e che anche lei poteva fidarsi di lui, ma al limite delle due ore non resisteva più; il sudore freddo gli imperlava la fronte, passava le mani nervose tra i capelli fin troppo spesso per evitare di allungarle a prendere il telefono immobile sul tavolino di fronte a se, non poteva più resistere. Imprecando sotto voce prese il cellulare e compose il numero della ragazza, non solo lo sapeva a memoria, ma era anche il primo delle sue chiamate rapide, nemmeno il tempo di cominciare a squillare che “Messaggio gratuito, siamo spiacenti ma-“ riagganciò la chiamata e gettò il telefono sul divano con noncuranza.

Spento, non voleva che la chiamasse, pensieri infimi cominciarono a formarsi nella sua mente immaginando cosa potesse stare facendo Jiwon in quel momento con quella sua nuova amica che con tutta probabilità era un ragazzo, un altro ragazzo, di certo qualcuno che la avrebbe annoiata molto velocemente come capitava  la maggior parte delle volte, o uno di quegli sconsiderati che la avrebbero ferita. Stava per impazzire all’immagine delle mani di un altro sul corpo delicato della ragazza che si era insinuata nel suo cervello, non poteva accettarlo, non lo avrebbe mai potuto fare.

Recuperò il telefono e, composto il numero, senza nemmeno aver premuto il tasto di chiamata, un rumore familiare giunse alle sue orecchie, un suono secco, metallico, la serratura della porta. Wonsik si alzò di scatto lasciando nuovamente cadere il telefono su quella morbida superfice, il suo volto non tradiva alcuna emozione, era arrabbiato ma non voleva darlo a vedere, era preoccupato ma ci teneva anco meno a mostrarlo. Sollevò il braccio nel gesto di controllare l’orologio digitale che teneva al polso, sapeva benissimo che ore erano e anche Jiwon lo sapeva, congiunse le mani e chinò la testa per chiedere perdono, come un cagnolino con la coda tra le gambe non ha il coraggio di avvicinarsi al proprio padrone lei si guardò bene dall’andare vicina al ragazzo mentre gli porgeva le proprie scuse miste a giustificazioni

-Scusa, scusa, scusa, non mi ero proprio accorta che fosse così tardi e che ormai non facciamo in tempo ad andare in giro, ma al ristorante! Per andare lì siamo ancora in tempo!-

I sui occhi si illuminarono, fiera di essere riuscita a venire a capo di quella situazione con quella sorta di compromesso, l’unico problema era che Wonsik non era esattamente dello stesso avviso

-In frigo c’è qualcosa rimasto da pranzo, mangia quello, non ho più voglia di uscire.-

Si slacciò i primi bottoni della camicia tornando a mettersi comodo sul divano dal quale non si era mai allontanato troppo, prese il telecomando e accese ad un canale a caso, non era comunque interessato a guardare la TV in quel momento. Jiwon si dondolò sulle punte dei piedi con il viso abbassato, rivolto verso il pavimento, sapeva di essere nel torto e che era colpa sua se l’altro era nervoso, ma non lo aveva fatto apposta ad arrivare tardi, andò cautamente a sederglisi accanto e punzecchiò appena la sua spalla con il dito per attirare la sua attenzione

-Wonsikie, non voglio mangiare da sola, voglio passare un po’ di tempo con te, non riusciamo mai a stare insieme-

Il ragazzo ceca di resisterle, resistere anche solo al voltarsi verso di lei perché sapeva che vedendo il suo viso avrebbe subito ceduto. Sospirò, una sorta di incoraggiamento per se stesso, gli serviva più che mai dal momento che la più piccola gli si era aggrappata al braccio e continuava a pregarlo, alla fine si arrese, infondo non era successo poi nulla di grave, almeno ora era lì, con lui.

-Dai, va a cambiarti, hai vinto, usciamo-

La invitò con un sorriso spingendola ad alzarsi dal divano. Non ci mise molto la ragazza a cambiare la maglia attillata che indossava con una più larga, coperta da un cardigan enorme e la gonnellina con dei pantaloncini, un look molto più alla mano, molto più semplice, ma al ragazzo piaceva così, era bella anche in quel modo, lui riusciva a vederlo, non aveva bisogno che si sforzasse troppo nel vestire. Le prese la mano appena prima di uscire di casa e così, uno accanto all’altra, si incamminarono per la strada ormai buia che portava verso il centro della città, lì le luci di locali e ristoranti rendevano l’atmosfera molto più vitale e allegra, le strade ancora brulicavano di gente, principalmente gruppi di amici o coppiette, non che a Wonsik importasse chi altro popolava quelle strade, l’unica cosa che per lui contava era stare al fianco di Jiwon.

Si fermarono in diversi negozietti senza comprare nulla, presero degli snack caldi in dei chioschi lungo la strada scherzando e parlando di argomenti non troppo pesanti. D’un tratto la ragazza sembrò come stregata da una visione improvvisa, lasciò il braccio del più grande che aveva tenuto stretto fino a pochi momenti prima per correre verso una macchinetta illuminata di tanti led colorati che mettevano in risalto i pupazzi colorati dietro i vetri non particolarmente puliti. Wonsik la raggiunse non capendo subito cosa fosse successo, solo una volta avvicinatosi, finalmente, capì, sapeva che, nonostante la ragazza fosse bell’e cresciuta, quel genere di cose la facevano ancora impazzire

-Ne vuoi uno?-

Chiese picchiettando con le nocche sul vetro, che in realtà vetro non era, bensì semplice plastica spessa, lei annuì con un magnifico sorriso stampato in volto, la stessa espressione felice che si potrebbe trovare sul volto di una bambina, non si era nemmeno voltata per rispondergli, il suo sguardo era fisso sull’oggetto dei suoi desideri, non era nulla di particolarmente grande o appariscente rispetto agli altri peluche rinchiusi in quella trappola, ma quel piccolo maialino grigio dal musetto adorabile la aveva colpita particolarmente. Wonsik tirò fuori il portafoglio e inserì delle monete per cominciare a giocare, la sua abilità in quei giochini era opinabile, ci spese, infatti, molto più del valore reale di quel pupazzo per riuscire ad ottenerlo, ma l’abbraccio e il bacio che ricevette da Jiwon erano di un valore per lui decisamente superiore ai soldi

-Hai preso proprio quello che volevo! Come facevi a saperlo?-

Chiese pizzicandogli una guancia e premendo, allo stesso tempo, il pupazzo contro l’altra. Come faceva a sapere che voleva quello? Non ne aveva la minima idea, era facile leggere i suoi comportamenti, le sue espressioni, soprattutto quando era felice, forse, a pensarci bene, lo era solo per lui.

Era stata una bella serata, rigenerante in un certo senso, che aveva portato quella giornata deragliata nuovamente sui binari giusti.




​||Grazie per aver letto fin qui, le recensioni sono sempre ben actte, anche se non indispensabili <3 ||
  
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