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Autore: pink_pig    09/09/2017    0 recensioni
In un tempo lontano, in un mondo a noi sconosciuto, una donna nata bastarda, divenne Regina del proprio Regno, ma non si aspettò mai che suo marito, il Re, si innamorasse di suo sorella maggiore, ripudiando lei e uccidendo il loro figlio!
Prima di morire giurò che, se potesse rinascere, non sarebbe mai più stata una donna buona e generosa, non si sarebbe mai più sposata con un Principe e che non non sarebbe mai più diventata Regina.
Nella Casa del Primo Ministro, Weya rinaque nel proprio giovane corpo, con gli occhi pieno di odio e la bocca sete di vendetta.
La moglie di suo padre la voleva morta? Weya la spedì all’inferno.
La sorella maggiore fingeva di essere un angelo? Weya le strappò la bellissima pelle dal viso.
La sorella bastarda le creava dei danni? Weya la porterà alla pazzia.
Chi aveva cercato o che cercherà di renderle la vita difficile lei lo ripagherà dieci volte peggio, e dalla morte non riusciranno a scappare.
E così la strada verso la vendetta ebbe inizio.
Ps. Storia tradotto dalla lingua cinese. All'interno allegherò il link originale dell'autore.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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*004 come sistemare la vecchia contadina
 
 

Il signor Chiaro non era un uomo ottuso come la moglie, lui guardava in avanti, gli era ben chiaro che ad ogni azione c’era la sua ripercussione, quindi non era prepotente nei confronti di Weya, e i giorni in cui era a casa la ragazza veniva lasciata in pace dalla vecchia.
 
Il fuoco nella stufa si era pian piano spento, nella buia stanza Weya stava era immersa nei propri pensieri, decise di alzarsi dal letto ma si bloccò quando sentì il formicolio sul braccio su cui era sdraiata. All’improvviso dalla porta una voce acuta urlò: “Stupida ragazzina! Stai di nuovo sdraiata a non far niente! Vai subito a pulire in cucina, dopo verrò a controllarti.”
 
Weya posò pigramente lo sguardo sulla persona ferma allo stipite con le mani sui fianchi e lo sguardo torvo: nonostante questa ragazza avesse solo un anno più di lei, era più alta di Weya di una testa, e poteva esser considerata anche carina se non avesse sempre quella smorfia da arrogante sul viso e quei modi scorbutici.
 
Xylan fisso con gelosia il viso grazioso di Weya e, mentre si girava per andarsene, a tono alto, continuò a dire: “Pulisci bene tutte le pentole, la stufa, il pavimento e ricordati di non lasciarla bagnata!”
 
Dopo mezz’ora Weya aveva finito di lavare le pentole e si era piegata a 90° per pulire il pavimento con il panno.
 
Proprio ora da fuori la finestra si affacciò Xylan, che cominciò a criticarla: “Ma sai lavare? Devi metterti in ginocchio! Non capisci proprio niente. Ah, l’acqua nella botte è finita, dopo vai a raccoglierne dal fiume. Mi hai sentita?”
 
Weya asciugò il sudore che stava colando dal mento e continuò a lavorare. Era sempre stato così: Xylan lasciava tutti i lavori più faticosi a lei e ne prendeva poi i meriti, dicendo in giro di quant’era faticoso dover badare a una signorina aristocratica nullafacente. E non solo. Tutte le volte, a tavola, le lasciava solo due piccoli pezzi di pane e il filino di brodo che rimaneva nel fondo della pentola. Un tempo Weya piangeva sempre per questo, mentre ora non le importava più: aveva ormai imparato a sopportare tutti i mali del mondo.
 
Quella sera il signor Chiaro non cenò con loro, era stato invitato a cena dal capo villaggio, e Weya sapeva anche che sarebbe tornato tardi, ubriaco. Questo era una situazione perfetta. Weya gli avrebbe fatto una sorpresa.
 
La ragazzina calcolò tutto: verso mezza notte, quando tutti si erano coricati a letto, si alzò dal proprio letto e prese la seta rossa rubato nella mattina durante il lavaggio dei panni al fiume, poi aprì piano la porta, andò verso la recinzione intorno al cortile della casa e appese la stoffa sulla porta.
 
Fissò a lungo la seta rossa mossa dal vento, e gli angoli della bocca le si alzarono lentamente, quindi tornò nella propria camera.
 
Un’oretta dopo sentì la porta di una delle stanze vicine chiudersi di colpo, quindi Weya aprì bene le orecchie e attese. Dopo un paio di minuti sentì dei versi molesti e dei colpi ritmici contro il muro, quindi fece finta di niente e si giròsull’altro verso.
 
Proprio ora il signor Chiaro tornò barcollante dalla cena e vide dalla finestra della propria camera l’ombra di un uomo alto che stava uscendo dalla porta sul retro.

Capì subito cosa stesse succedendo e, di colpo, non si sentiva più ubriaco. Andò in cucina, prese il coltello da carne, e butto giù la porta della propria stanza con un calcio.
 
A questo rumore, tutti si svegliarono, ma Weya non si mosse e tenne le orecchie ben aperte. Sentì il suono simile ad un fortissimo schiaffo, poi le parole del vecchio: “Puttana! Tu, donna, che ti approfitti della mia assenza per portare nella mia casa uomini! Sei una svergognata! Cosa? Non sai niente? Ho appena visto un uomo sgattaiolare fuori dalla camera e mi dici che non ne sai niente? Non ti vergogni?” disse e sentì il suono di altri colpi secchi, forse sempre schiaffi rivolti alla zia contadina.
 
Senza aspettare la replica della donna, il signor Chiaro continuò: “Inginocchiati! Dimmi chi era quell’uomo! Se non me lo dici, morirai questa stessa sera.”
 
La contadina continuò a piangere e urlò: “Sono innocente! Non farei mai una cosa da svergognata come questa! Mi hanno incastrata!”
 
A queste parole l’uomo le sputò in faccia: “Innocente? Incastrata? Chi ti odia  tanto da volerti incastrare?” Disse e, con la frusta presa poco prima, cominciò a imprecare e frustrarla con tutte le forze. “Svergognata! Umiliarmi così? Come ti permetti! Troia!”
 
La signora Cavallo aveva in effetti un amante, e veniva invitato in camera con il segnale della seta rossa solo quando suo marito e suo figlio non erano in casa, però oggi, senza il suo invito, se lo trovò in casa. Proprio quando l’aveva fatto uscire dalla porta sul retro, suo marito rientrò. Ora, inginocchiata, con il pigiama strappato dalle frustate, cercò di scappare verso la porta.
 
“Sgualdrina! Dove credi di scappare! Torna subito dentro!” urlò subitol’uomo, e la tirò per i capelli, facendole strappare un altro grido di dolore. Quando alzò la mano per darle un altro colpo, suo figlio entrò nella camera e lo fermò.
“Padre! Non fare scenate! Mia madre non farebbe mai una cosa del genere! Parliamone con calma.”
 
La donna si mise a piangere più forte e urlò: “Sei ubriaco! Hai visto male e ti sei immaginato tutto! Mi stai incolpando di qualcosa che non ho fatto!”
 
Il vecchio scoppiò a ridere: “Ti sto incolpando? Ahahaha, mezzo litro di vino non è sufficiente per ubriacarmi, da immaginare poi di vederti avvinghiata ad un altro uomo! Però non mi sarei mai immaginato di vederti fare una cosa del genere alla tua età! Io, che ho lavorato per tutti questi anni fuori casa! Non oso immaginare quante volte mi avrai già tradito! Ora, non fare la santarellina!”
 
“Bene, se non mi credi, allora dimostrerò la mia innocenza con la morte!” disse la donna, si alzò di scatto e corse contro il muro con il capo chino con l'intento di fracassare il cranio, ma suo marito la bloccò prima.
 
“Pensi di impietosirmi facendo questa scenata?” chiese l’uomo spingendola per terra e le posò un piede sul petto per bloccarla. Si guardò in giro, prese un’asta di legno e le diede una decina di colpi feroci.  
La vecchia contadina urlò come una bestia in procinto di esser macellato e Weya, nella sua camera, si girò sull’altro fianco, con l’angolo della bocca che si alzò lievemente. Chi la fa l’aspetti.
 
Tutti i vicini, sentendo le urla, uscirono per vedere cosa stesse succedendo. Anche la nuora e la figlia della vecchia contadina uscirono dalla propria camera ma, vedendo l’ira del padre, nessuna delle due si intromise per aiutare la madre.
 
Il figlio, vedendo dalla finestre tutte le persone incuriosite fuori dal recinto, disse al vecchio: “Padre, avrai bevuto sicuramente troppo! Ora è notte fonda e stai disturbando tutti i vicini!” gli prese
il bastone dalla mano. A bassa voce, aggiusnse: “Padre, risolvi il problema a parole, non alzare le mani che ci rendi ridicoli davanti ai vicini.”
 
Ancora infuriato, il vecchio guardò prima la vecchia e poi il figlio, e diede un forte calcio a quest’ultimo: “Ti ho detto di badare alla famiglia quando non sono a casa, e guarda come sei stato bravo! Buonanulla! Chiudi tua madre in camera!”
 
Il figlio si trattenne nel replicare e aiutò la madre a sedersi sul bordo del letto, dove lei continuò a farfugliare di esser innocente, senza mai smetter di piangere.
 
“Smettila di piangere! Non sei mica ad un funerale!”  urlò il vecchio e uscì dalla stanza.

Poi non si sentì più nulla, solo silenzio.
 
A queste parole, Weya non riuscì più a trattenersi e scoppiò quindi a ridere.
 

---------------------------------- fine capitolo --------------------------
 
 
 
*005 la fuga dei maiali
 


La vecchia contadina rimase a letto per sette interi giorni, e in questo periodo Xylan non fece altro che sgridare Weya, ma almeno nessuno la picchiava più quindi, tutto sommato, se la stava passando bene e grazie all’aiuto della giovane contadina per ben due volte Weya poté mangiare fino a sazietà.
 
Quando Xylan vide che Weya aveva finito di lavare i panni, la mandò a dar da mangiare ai maiali.
 
In campagna, dar da mangiare ai maiali era un compito molto importante e solitamente la vecchia contadina affidava questo compito solo a sua figlia.   
 
Però, ora che la vecchia non poteva alzarsi dal letto, Xylan affidò volentieri questo sgradevole compito a lei, e Weya obbedì sorridendo. “Sì, sorella Xylan.”
 
Sempre sorridendo, Weya si diresse nel porcile sul retro della casa con la botte di legno pieno di cibo per maiali.  
 
Nel porcile c’erano in tutto otto maiali, e Li Weya li fissò uno ad uno, poi gettò una manciata di mangime vicino alla rete e tutti i maiali si buttarono per mangiare. Guardandoli, a Weya venne in mente subito una fantastica idea: si guardò intorno, poi appoggiò la botte per terra, aprì il cancello del porcile e i maiali scapparono subito fuori, felici di essere finalmente liberi.
 
Weya aspettò che tutti i maiali fossero scappati lontani, quindi riprese la botte e, sorridente, uscì dal cancello sul retro della casa e si diresse nel bordo fiume più affollato del villaggio, dove ci gettò la botte con il mangime.
 
Alcune persone le passarono accanto e la guardarono incuriositi, ma lei non rivolse la parola a nessuno. Si sedette a terra e incrociò le gambe, fissando l’entrata della strada principale del villaggio.
 
Dopo una mezz’oretta circa, lo sguardo della ragazza si illuminò e sorrise: vide il professor Wang uscire da un'abitazione insieme al capo villaggio e si stavano incamminando verso la sua direzione.  
 
Dov'era seduta lei era il punto di incrocio delle strade principale del villaggio, quindi sapeva che al ritorno il capo villaggio sarebbe passato per forza di lì, ma non si aspettava di vedere anche il professor Wang. Quest’uomo era l’unico studioso del villaggio, l’unico che sapesse leggere e scrivere, di conseguenza amava farsi gli affari altri, amava aver ragione nelle discussioni e si sentiva in dovere di dar giustizia ai più deboli.   
 
Weya si alzò subito in piedi, si strofinò gli occhi fino a farli diventar rossi, e fisso il fiume con aria pensierosa.
 
Quando gli uomini gli uomini la notarono, si fermarono e il capo villaggio le chiese con tono curioso e rispettoso: “Signorina Weya, cosa stia facendo qui?”
 
In realtà l’aveva chiesto solo per chiedere, sapendo che era timida e che quindi non gli avrebbe risposto, ma la ragazza spostò lo sguardo dal fiume e li guardò con il gli occhi colmi d’ansia e terrore, quindi rispose: “La sorella Xylan mi ha affidato il compito di dar da mangiare ai maiali, ma ho fatto cadere la botte in acqua! Come faccio ora? Mi uccideranno!”
 
Il capo villaggio ne fu sorpreso e chiese: “Cosa? Ma come hai fatto?”
 
Weya fece finta di esser confusa e spaventata, con gli occhi luccicanti, come se fosse in procinto ad una crisi di pianto, e impietosì subito questi adulti. “Cosa faccio ora? Mi picchieranno a morte! Mi uccideranno sicuramente! Non posso tornare a casa! È meglio se muoio annegata qui!”
 
Disse e fece per scendere in acqua, ma il capo villaggio intervenne subito: non poteva permettersi che l’acqua potabile del fiume venisse sporcato da un cadavere. “Non fare sciocchezze!”
 
Il professor Wang, con aria confusa, si grattò la barba ruvida di qualche giorno e chiese: “Che situazione è mai questa? Non stai alloggiando da loro a pagamento? Ho sentito dire che ogni mese ricevono diverse monete d’argento, quindi perché lasciano a te il compito di dar da mangiare ai maiali?”

Weya si asciugò le lacrime con il polsino della maglia e, come se si sentisse in colpa, disse: “La mia famiglia ha dato per 5 anni dieci monete d’argento tutti i mesi, ma ora non se lo possono più permettere…”
 
“Cosa? Dieci monete tutti i mesi?” ripeté l’uomo con aria sgomenta. Lui,che era il professore del villaggio, una persona importante e rispettata, non riceveva manco due monete all’anno dai propri poveri studenti, mentre loro ne prendevano dieci al mese! Per ben 5 anni! In questi anni hanno preso ben 600 monete d’argento per prendersi cura di una bambina! Con tutti quei soldi potevano mantenerla a vita! Ora invece la stavano trattando come una serva! Era una cosa oltraggiosa! Infuriato fino ai capelli, le disse: “Andiamo! Portami subito da loro!”
 
Anche il capo villaggio pensò che quella famiglia avesse esagerato a comportarsi così, quindi seguì il professor e disse alla ragazzina. “Non piangere più, andiamo.”
 
Weya si asciugò delle lacrime che non c’erano, e li seguì.
 
Proprio in quel momento sentì improvvisamente una strana risata, si fermò e si guardò in giro, ma non vide nessuno. Aveva avuto un’allucinazione? Aggrottò le sopracciglia e raggiunse il capo villaggio, ma si guardò intorno un'altra volta però non vide comunque nessuno.
 
Si era davvero immaginata la risata?
 
Quando arrivarono nel cortile davanti casa, il professor Wang urlò: “Vecchio signor Chiaro, esci immediatamente! Come puoi dar il compito ad una signorina della Capitale di dar da mangiare ai maiali! Non è la vostra serva!”
 
Il signor Chiaro corse subito fuori e rimase confuso nel vederli qui.

Il capo villaggio concordò: “Giusto! Sei stato davvero troppo scorretto! Hanno affidato questa bambina alla vostra famiglia per prenderne cura e vi hanno dato anche parecchi soldi. Non potete intascarvi i soldi per poi trattarla come una serva.”
 
Proprio ora la vecchia contadina e la figlia uscirono di casa, e guardarono con aria sorpresa la piccola Weya.
 
La ragazzina, a bassa voce, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, disse timidamente: “Professore, signor capo villaggio, è tutta colpa mia. Volevo aiutare la sorella Xylan, non è stata colpa sua, non è stata lei a ordinarmi di farlo. È tutta colpa mia! Ho visto che la botte era sporca quindi volevo lavarlo, per evitare che la sporcizia entrasse nel mangime, ma non avrei mai pensato che il cibo finisse nel fiume. È tutta colpa mia! Sono troppo stupida, non so far niente.”
 
A queste parole, il capo villaggio rimproverò il vecchio contadino. “Siete stati davvero troppo oltraggiosi! Come può una ragazza aristocratica esser capace di dar da mangiare ai maiali?! Anche se ora la sua famiglia non vi paga più, vi ha pagato a sufficienza negli anni scorsi! Con tutti quei soldi dovreste esser capaci di mantenerla a vita, come potete trattarla come una serva?”
 
Il signor Chiaro sapeva che sua moglie picchiava e sgridava la ragazzina tutti i giorni, ma lo faceva chiudendo bene la porta per non farsi vedere e sentire dai propri vicini, quindi lui faceva finta di niente. Ora, però, era appena stato umiliato dal capo villaggio e dal professore, i due uomini più importanti del posto, e tutti i vicini si erano fermati intorno al recinto per capire cosa stesse succedendo. Il vecchio si sentì sprofondare dall’imbarazzo, si girò verso la figlia e le diede un forte calcio da farla cadere. “Buonanulla! Come ti sei permessa di dirle di fare un lavoro del genere?!”
 
Weya abbassò il capo, come se si sentisse profondamente in colpa, e l’intero villaggio provò subito pena per lei. I campagnoli erano fatti così: di solito le sparlavano dietro perché erano invidiosi del suo bel visino e della sua nascita, ma sotto sotto erano persone oneste e la pensavano in modo molto semplice: dato che questa famiglia aveva ricevuto così tanti soldi, aveva il dovere di essere cortesi nei confronti di questa signorina, e non di trattarla come una serva.   
 
Tutti i vicini cominciarono a indicare prima uno e poi l'altro, a dire la propria, e il signor Chiaro, sentendosi giudicato male, diede un altro calcio alla figlia: “Guarda cos’hai combinato, svergognata!”
 
Oh, non abbiate fretta! Questo è solo l’inizio! Pensò Weya tra sé e al contempo vide il figlio grande correre agitato verso il vecchio e urlava: “Padre! I maiali! Non ci sono più! Sono scappati!”


 
--------------------------------- fine capitolo --------------------------------



 
*Xylan = Xiulan
  
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