Libri > Forgotten Realms
Segui la storia  |       
Autore: NPC_Stories    10/09/2017    1 recensioni
Sono un ranger elfo dei boschi della foresta di Sarenestar, o foresta di Mir come la chiamano gli umani. Il mio nome è Johlariel, per gli amici Johel.
Sì, ho degli amici.
Sì, per davvero, anche se sono un elfo, quelle voci che girano sul nostro conto sono solo calunnie. In realtà sono un tipo simpatico e alla mano.
Questa storia è una raccolta di racconti, alcuni brevi altri lunghi e divisi in più parti, che narrano dei periodi in cui ho viaggiato per il mondo insieme a un mio amico un po' particolare. Per proteggere la sua privacy lo chiamerò Spirito Agrifoglio (in lingua comune Holly Ghost, per comodità solo Holly). Abbiamo vissuto molte splendide avventure che ci hanno portato a crescere nel carattere e nelle abilità, e che a volte hanno perfino messo alla prova il nostro legame.
...
Ehi, siamo solo amici. Sul serio. Già mi immagino stuoli di ammiratrici che immaginano cose, ma siamo solo amici. In realtà io punto a sua sorella, ma che resti fra noi.
.
.
Nota: OC. A volte compariranno personaggi esistenti nei libri o nella wiki, ma non famosi.
Luglio 2018 *edit* di stile nel primo capitolo, ho notato che era troppo impersonale.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1315 DR: La Caccia, ovvero Uno dei periodi più oscuri di Holly



Tarda primavera, 1314

“Sono di nuovo in partenza” mi aveva annunciato Holly. “Sono diretto in un luogo dove vorrei che non mi seguissi.”
“Missione segreta o luogo pericoloso?”
In realtà conoscevo la risposta. Holly ha ben pochi segreti con me.
“Missione abbastanza oscura, visto che nemmeno io so cosa sto andando a cercare... e luogo pericoloso.”
“Quanto pensi che starai via?”
Si strinse nelle spalle come a dire che non lo sapeva, e nei suoi occhi grigi vidi solo sincerità.
“Il viaggio da solo mi porterà via un po’ di tempo. La mia destinazione dovrebbe essere nel Cormyr.”
Nel Cormyr?” sottolineai in tono sarcastico.
“In senso lato.”
Sospirai sconsolato, trovando conferma dei miei sospetti; non aveva mentito, non potevo seguirlo.
“Aspetterò il tuo ritorno qui, nella foresta di Sarenestar.”
Annuì, accettando la mia decisione. Sapeva che anch’io ogni tanto dovevo far fronte agli obblighi che avevo verso il mio clan.


Estate, 1315

Non sapevo per quando aspettare il suo ritorno, ma quattordici mesi di assenza cominciavano a sembrarmi un po’ troppi. Il Cormyr è lontano ma non così lontano. Che avesse avuto problemi nello svolgere la sua missione? Non sapevo nemmeno quanto sarebbe dovuta durare.
Avevo quasi deciso di rivolgermi a un veggente, quando una notte Holly ricomparve dal nulla.
“Johel” alzò una mano a mo’ di saluto. E basta. Dopo più di un anno.
“Uh, che splendida ed emozionante avventura. Ti prego, non raccontare tutto subito, lasciami il tempo di metabolizzare.”
La battuta non gli suscitò nemmeno un sorriso. Nemmeno una contrazione all’angolo della bocca. Notai che stava anche evitando il mio sguardo.
“Parto di nuovo.” Buttò lì. “All’equinozio d’autunno mia sorella riprenderà con i suoi viaggi pericolosi, e già l’anno scorso l’ho lasciata andare da sola.”
Fissai lo sguardo su di lui, cercando di capire il motivo del suo strano comportamento. Più di un anno di assenza, nemmeno un saluto né un sorriso, nessuna spiegazione sulla sua lunga missione e poi...? Riparte subito?
“Holly, perché ti stai comportando come se la mia compagnia fosse l’ultima cosa che vuoi?”
Finalmente alzò il viso e riuscii a vedere la sua espressione, i suoi occhi. Sembrava l’immagine della disperazione.
Non era triste. Era di più. Era soverchiato dalla tristezza come qualcuno che per quasi tutta la sua vita si è sforzato di non avere emozioni, e da quando ha iniziato a provarne non riesce a darsi un limite.

Non lo vedevo così da quando... dalla prima volta che l’avevo incontrato. C’era qualcosa nei suoi occhi, oltre al dolore; qualcosa che era sempre lì come uno spettro latente e solo a volte si rivelava in tutta la sua forza. Senso di colpa.
“Ti chiedo scusa, Johel. Non è affatto così. La tua amicizia significa moltissimo per me.” Ecco, adesso ero preoccupato da morire. Non è da lui dire una cosa del genere. “Ma ora devo proprio andare.”

In quel momento capii con chiarezza cristallina che se l’avessi lasciato andare, non sarebbe tornato mai più.
A livello razionale non era una cosa possibile, sapevo dove viveva la sua famiglia, in qualche modo lo avrei ritrovato... ma non reagii in modo razionale. Sulla spinta di quel sospetto gli afferrai un polso prima che potesse allontanarsi.
Sotto la manica di cotone, la sua carne era fredda e immobile.
Lo lasciai andare di scatto.
“Holly, ma sei... morto?”

Si rifiutava ancora di guardarmi, ma lo vidi annuire lentamente.
“Ma... eri appena tornato in vita! Pochi anni fa!”
“Scusami tanto Johel, non sapevo che ci fosse un contratto secondo cui dovevo vivere un numero minimo di anni dopo la resurrezione.” Rispose in tono amaro, grondando sarcasmo.
Be', almeno era una reazione.
“Vuoi dirmi come è successo?” domandai a bassa voce.
Scosse la testa.
“Scusami. No. È troppo doloroso.”
“Sono il tuo migliore amico, sai che a me puoi dire tutto.”
“Non saresti più il mio migliore amico se sapessi cosa ho fatto.”
Ecco, questo mi colpì. Avrei dovuto aspettarmelo, se avevo correttamente interpretato la sua espressione come senso di colpa. Forse anche vergogna.
“Ti accompagno da tua sorella.” Decisi, improvvisamente. Provò ad opporsi, ma ero irremovibile. Non sarei riuscito a farlo parlare ora, ma in qualche settimana di viaggio forse sì.

Quando arrivammo in vista di Secomber, in tempo per l’equinozio d’autunno, ero riuscito a scucirgli solo una cosa: era morto a Shilmista.
Perché fosse andato a Shilmista, non me lo aveva voluto dire. Capisco che per recarsi da Sarenestar al Cormyr la strada più veloce sia puntare verso nord, e quella strada ideale passa proprio in mezzo a Shilmista, ma tutti sanno che i suoi abitanti non apprezzano i visitatori a meno che non siano elfi.
“Non sono andato a Shilmista, va bene?” Sbottò alla fine, dopo che glie l’ebbi chiesto per l’ennesima volta. “Ed è proprio questo il punto!” La vergogna nella sua voce toccò vette mai raggiunte finora.
“Ma se non ci sei andato, come hai fatto a morire lì?”
Mi rivolse uno sguardo di pura irritazione.
“Fatti gli affari tuoi.”
“Sono affari miei!” avevo alzato la voce ma non ero riuscito a contenermi. Per fortuna solo la vuota campagna notturna ci stava ascoltando. “Affermi che non vorrei più essere tuo amico se sapessi che cosa hai fatto. Benissimo allora! Dimmelo, perché non hai il diritto di conservare la mia amicizia con l’inganno. Oppure prenderò per buone le tue parole e non ti parlerò mai più. È questo che vuoi?”

Se fosse stato di un altro umore probabilmente avrebbe detto qualcosa come se non mi parlassi più sarebbe una benedizione, ma da quando era morto (questa volta) sembrava aver perso la capacità di scherzare.
Avevo chiaro in mente quello che mi aveva detto alcuni anni prima: i fantasmi fanno fatica a cambiare, sono come cristallizzati nel punto di vista che avevano al momento della morte.
La prima volta, Holly era morto compiendo un gesto eroico, e come fantasma era abbastanza in pace con se stesso anche se continuamente alla ricerca di nuove pericolose avventure. Questa volta era morto pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato, e questo maledetto idiota è già fin troppo portato al senso di colpa quando è vivo, quindi ora sarebbe stato l’incarnazione della depressione per tutto il tempo in cui fosse rimasto in questa forma.
Ero deciso a convincerlo a tornare in vita il prima possibile, perché disperavo di fargli cambiare idea sulla sua colpa fintanto che era un fantasma. Non sapevo ancora quale fosse questa colpa, ma ero pronto a scommettere che avesse esagerato le cose nella sua mente.

“Non merito la tua amicizia, e nemmeno quella del tuo popolo.” Dichiarò con quella voce triste che avevo imparato a odiare. “Sono un egoista e un debole perché vorrei poter mantenere la tua amicizia comunque. Ma hai ragione, meriti la verità.”

Cominciò a raccontarmi la sua storia.
“Non volevo passare da Shilmista.” Chiarì, tanto per cominciare. “Anche se la mia religione in un certo senso me lo avrebbe imposto, so bene che non c’è spazio per la diplomazia a Shilmista. Potrei dirti che l’ho fatto per rispettare il desiderio di quegli elfi di non avere visitatori molesti a turbare la sacralità della loro casa. La verità è che l’ho fatto solo in minima parte per questo motivo, ma soprattutto perché non avevo voglia di rallentare il mio viaggio dovendo spiegare ogni tre passi che non sono un nemico.”
“Non avresti spiegato nulla.” Lo interruppi. “Ti avrebbero bersagliato di frecce e saresti stato ucciso o scacciato molto prima di poter aprire bocca.”
Annuì, accettando in silenzio la mia obiezione, poi continuò a raccontare.
“Volevo aggirare la foresta; le due scelte che avevo erano tenermi a ovest nelle pianure oppure a est sulle montagne Fiocco di Neve. Decisi di passare dalle montagne: in teoria gli elfi le battono raramente, inoltre ho più familiarità con i terreni montuosi che con le pianure, dove chiunque ti può individuare a miglia di distanza.”
“Fammi indovinare: era una di quelle rare volte in cui gli elfi battevano le montagne?”
Sospirò, e c’era tutta la tristezza del mondo in quel sospiro.
“Vorrei che fosse così semplice.”
Attesi con pazienza che ricominciasse il suo racconto. Sembrava che gli costasse molta più fatica di quando aveva cominciato.
“Ero sulle montagne da diversi giorni. Mi tenevo sulle pendici, a volte scendevo fino alle colline, perché in alta montagna viaggiare diventa un lavoro lento e difficile. Sostanzialmente mi stavo facendo gli affari miei e ammetto di essere stato troppo poco all’erta... o forse loro erano davvero bravi a muoversi silenziosamente... ma ad un certo punto mi sono trovato circondato da elfi dei boschi. Non erano felici di vedermi. O meglio...” si corresse “probabilmente erano soddisfatti di avermi trovato, ma di sicuro non erano felici.”
“Ti è sembrato che ti cercassero?” Indagai, perché mi era parso di cogliere un riferimento quando aveva detto erano soddisfatti di avermi trovato.
Se lo avessero ucciso in quel momento senza spiegazioni, Holly non avrebbe avuto motivo di sentirsi in colpa, quindi doveva esserci dell’altro.

Ci volle un po’ prima che il mio amico ritrovasse la forza di parlare.
“Avevano subito un attacco. La notte prima. Stavano cercando i colpevoli.”

Dopo un minuto di silenzio, capii che non avrebbe detto altro. Mi sentii in dovere di prendere la parola.
“E secondo quale logica della tua mente bacata una cosa del genere sarebbe colpa tua?
“Tu non li hai visti.” Rispose prontamente, senza guardarmi in faccia.
“Che cosa?”
“I corpi.” Sussurrò. “Decine di corpi straziati. Quasi tutti femmine o bambini. Gli aggressori hanno attaccato quando i guerrieri erano lontani per... cacciare, credo.”
Le sue parole erano appena udibili anche per l’udito fine di un elfo, ma sentirle fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Fino a quel momento mi ero concentrato su quello che era accaduto al mio amico, ma sentirmi descrivere questa scena mi fece realizzare l’altro lato della tragedia. Erano morti degli elfi, elfi dei boschi come me. La foresta di Shilmista non è molto lontana da Sarenestar, un tempo queste due foreste e la Wealdath erano un'unica grande distesa boschiva che copriva tutto il Tethir e parte del Calimshan; gli elfi di Shilmista erano nostri lontani parenti.
Immaginare una carneficina di innocenti era già abbastanza doloroso, ma doverla vedere... forse cominciavo a capire quello che Holly aveva provato. Non lo lascia mai intendere ma è sensibile a certi argomenti, e un massacro è decisamente qualcosa che riesce a suscitargli orrore.
“Quando ho visto quelle... persone... le loro vite spezzate, cancellata ogni promessa del loro futuro... mi chiedi qual è il mio crimine?” Incrociò il mio sguardo e negli occhi aveva una luce febbrile, folle. “Quello che avrei potuto fare per evitare quella tragedia. Tutto quello che non ho fatto, per negligenza o per pigrizia o per timore del rifiuto... tutto questo è la mia colpa.”
Le sue parole caddero nel silenzio. Perfino gli insetti notturni sembrarono tacere per un momento, come se la gravità della situazione avesse saturato l'aria.
“Non hai fatto niente” sussurrai, debolmente.
“Non fare NIENTE!” gridò, portandosi le mani alla testa in un gesto di frustrazione. “Non fare niente, andando contro ai miei doveri come Ruathar, e contro i dettami della mia religione. Non entrare nella foresta perché gli elfi di Shilmista sono delle spine in culo. Be', di certo non lo saranno più quegli innocenti che sono morti!” Continuò in tono amaro. “Hanno torto a non fidarsi di nessuno, Johel? Hanno forse torto?!”
“Adesso SMETTILA!” gridai a mia volta. Sapevo che sarebbe stato inutile, che i fantasmi non cambiano, che era impantanato nel senso di colpa che aveva provato nel momento della sua morte; ma dovevo gridargli addosso, non sarei riuscito a fermarmi. “Cosa pensi di aver ottenuto facendoti uccidere? Gli hai restituito i loro cari? O li hai soltanto spinti ad assassinare un innocente?”
Mi rivolse uno sguardo così carico di rabbia che per la prima volta in sessant'anni ebbi paura di lui. I sassi sul terreno iniziarono a vibrare in risposta alla sua ira glaciale.
“Non sono innocente! Non osare chiamarmi innocente! Sai che non lo sono, lo sai dal maledetto giorno in cui mi hai incontrato, e a maggior ragione non lo sono per quanto riguarda quest’ultimo disastro.” Parlò tutto d’un fiato, come chi non ha bisogno di respirare per vivere. Dopo questa sfuriata sembrò calmarsi un pochino. “Mi chiedi a cosa sia servito morire? Per l’inferno, dovevano elaborare il lutto. Le loro famiglie erano state trucidate, avevano cercato inutilmente i colpevoli per tutto il giorno e alla fine hanno trovato me. Mi sarei perfino vergognato a dirgli che non ero un nemico. Di certo non mi ero comportato da amico, e soprattutto in quel momento avevano bisogno di un nemico.”
“Dèi.” Mi passai una mano sul viso, accorgendomi solo allora che la mia fronte era imperlata di sudore freddo. “È stato solo per questo? Per dare loro quello che volevano?”
Esitò un momento, incerto.
“No.” Ammise infine. “Loro avevano bisogno di un nemico a cui dare la caccia, per sfogare il senso di impotenza e fare il primo passo sul sentiero della guarigione. Io avevo bisogno di espiare la mia colpa. E Shilmista aveva bisogno di un protettore aggiuntivo... be', forse non ne aveva bisogno in modo assoluto, non sono così supponente, ma non intendevo ripetere due volte lo stesso errore; di certo non avrò altre occasioni di entrare a Shilmista e di rendermi utile in qualche modo.”
“Che cosa intendi dire?”
Sospirò, raccogliendo il coraggio per parlare. “Avrebbero potuto uccidermi sul posto, ma siccome avevano trovato solo me, volevano fare qualcosa di più... rituale. Siamo giunti a una specie di accordo. Io ho accettato di essere la loro preda di caccia. Avrei potuto rifiutare e farmi uccidere subito, ma loro volevano la loro dannata caccia, e io glie l’ho resa possibile a una condizione: che il mio corpo fosse seppellito.”
Cominciavo a capire quale fosse il suo piano. Era un pensiero deprimente, era terribile che avesse mantenuto un simile sangue freddo in quella situazione, ma era anche un’idea degna di lode.
“E durante la caccia hai fatto in modo di trovare una ghianda.” Dedussi.
“Sono piuttosto dolorose da ingoiare.” Mi confidò, dando conferma alla mia teoria.
“E ora toglimi una curiosità, oh grande protettore.” Chiesi ancora, sempre con sarcasmo. “Cosa pensavi di poter fare da solo contro gli aggressori? Pensi che avresti potuto fermarli tutti, o almeno fare la differenza?”
Una persona normale avrebbe incrociato le braccia o avrebbe cercato qualche altra forma di autocontatto in una situazione così chiaramente disagevole, ma per lui questi gesti non avevano lo stesso significato. Invece le sue braccia rimasero rigide lungo i fianchi, e solo il suo stringere i pugni mi rivelò la sua frustrazione.
“Se avessi fatto la differenza solo per una persona ne sarebbe valsa la pena.”
“E pensi forse che saresti riuscito ad arrivare fino a quel villaggio? Poco fa eri d’accordo nell'ammettere che gli elfi ti avrebbero ucciso o scacciato molto prima.”
“In quel caso la mia presenza li avrebbe messi in allarme e non sarebbero stati colti alla sprovvista.” Ribatté, puntuale.
Sospirai, cercando di trattenere la poca pazienza che avevo riguadagnato.
“Hai una risposta a tutto, vero? Ci hai pensato bene a questa cosa.”
Piegò un angolo della bocca in un accenno di sorriso, ma era un sorriso triste.
“Devi essere pazzo, Johel, se pensi che io possa liberarmi di questi pensieri anche solo per un'ora.”

E tu devi essere pazzo se pensi che ti lascerò in questo stato un'ora più del necessario. Pensai di rimando. Giuro che ti convincerò a tornare in vita.

           

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Forgotten Realms / Vai alla pagina dell'autore: NPC_Stories