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Autore: Jules_Kennedy    10/09/2017    5 recensioni
"A Kid non dispiaceva davvero dividere l’appartamento con il suo.. fidanzato? Scopa-qualcosa? Nemico? Quest’ultima senza dubbio.
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Law rompeva la minchia spesso e volentieri, ma lo ripagava con una moneta decisamente troppo invitante per mandarlo seriamente a quel paese e fare le valigie. Per cui alla fine, la situazione che si era creata in quegli anni si era stabilita in un equilibrio piuttosto favorevole da tutti i fronti.
.
Ma non in quel momento.
Non in quelle condizioni.
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Perché se Killer ammalato era uno spasso di deliri e schifezze, Law era un fottuto neonato. Un marmocchio capriccioso a cui eri COSTRETTO a far ingurgitare le pillole a forza.
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Ed era in momenti del genere che Kid si pentiva di non avere un minimo di conoscenza in ambito medico, utile sicuramente a sedare quel deficiente quando decideva che era ora di provare ad andare al cesso senza aiuto e poi finiva con il ributtare anche l’anima nella tazza perché anche fare cinque metri lo rivoltava come un calzino.
E poi chi era che doveva ripulire tutto dal vomito?
.
Ma lui ovviamente!"
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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More than you know
 


"Tu nemmeno sai cosa mi hai fatto
m'hai fatto perdere la sete
ore consumate sul marciapiede
a parlare..
ma da mesi mi sveglio senza niente da dire..
credevo d'avere il futuro tra le mani, 
ma l'ho perso di vista..
più lo inseguo più mi trovo fuori pista.."

("Luna", Fabri Fibra, Mahmood)
 
 

Eustass Kid amava definirsi una persona semplice.

A dire la verità era tutto tranne che quello, considerando l’immane mole di argomentazioni che avevano la capacità di farlo scattare come una molla e scatenare in lui una rabbia cieca, oltre al consueto aspetto che si premurava di regalare al mondo a base di fondotinta coprente utilizzato principalmente per stuccare i muri delle cattedrali, eyeliner talmente marcato che l’asfalto proprio, levati, e per finire uno smalto scuro, lucido, corposo, applicato con la perizia dei maestri amanuensi e con un amore che Kid non riservava nemmeno al proprio migliore amico.

Ma a dirla tutta, Kid era davvero una persona semplice.

C’erano tre cose che amava oltre ogni limite: le serate trascorse con Killer, principalmente a base di birra, pizza, rutti e boxe, tutto ciò che aveva a che fare con motori e apparecchi elettronici rotti, e beh.. Trafalgar “fanculo pezzo di merda” Lawrence.
Sull’ultima capitava spesso di convocare un summit straordinario tra le aree più intelligenti del cervello di Kid, per valutare se mantenerlo in lista o falciarlo via dal mondo terreno e rimandarlo all’astronave madre da cui, OVVIAMENTE Trafalgar proveniva.

Perché quel tipo non era umano, Kid ci avrebbe scommesso le palle.
Oddio, forse le palle no, ma quel briciolo di polvere che gli era rimasta incastrata sotto l’unghia del mignolo sinistro si.

Beh, sia come sia, Kid accettava le proprie passioni (incluso Trafalgar), senza scavare oltre o cercare di apprendere qualcosa che usciva dalla sua sfera di interesse già malconcia di suo.
Non si era mai interessato, ad esempio, al pane quotidiano del suo succitato coinquilino: la medicina.
A Kid non gliene fregava un cazzo della medicina, e non ne faceva mistero ne a Law ne a nessun altro. Spesso a suon di rutti ed insulti. Era consapevole di non capirci una sega di tutti quei termini astrusi, e a dirla tutta, gli andava bene così.
Perché in fondo non sentiva l’intrinseco bisogno di gettarsi in qualcosa che sapeva già avrebbe trovato mortalmente noioso.
No, gli bastava la sua assurda competitività nei campi che lo vedevano protagonista ogni giorno.

Ma comunque, seghe mentali a parte, Kid alla fine non era completamente incapace di prendersi cura di qualcuno che stava effettivamente male.
Certo, ci volevano parole semplici e dirette per dare modo al suo cervello di attivare la modalità “malato nelle vicinanze”, dato che aveva avuto anche il fegato di proporre a Killer un uno contro uno a basket con il biondo in piena crisi pustolare per il fuoco di Sant’Antonio che si era beccato, il cui ultimo pensiero in quel momento, e forse nemmeno, era il basket.
Anche se a dirla tutta si era quasi divertito a prendersi un minimo cura di quello che era abituato a definire un fratello, considerando anche che Killer non era per niente un malato pretenzioso: gli bastava un po’ di compagnia, qualche schifezza ben poco salutare dal cinese all’angolo e Bonney che lo guarisse a modo suo.
E nemmeno quando il biondo si era lanciato in efferati epiteti di conquista nei confronti della propria fidanzata in presenza del rosso, Kid si era scandalizzato. Semplicemente, si era goduto il pallido imbarazzo di Bonney nell’essere definita una “mammina amorevole decisamente troppo sexy per la sua età” da parte di un febbricitante e delirante Killer scoppiando in una risata incredibilmente divertita.

Ma questo accadeva con Killer.
Con Law.. era tutta un’altra storia.

A Kid non dispiaceva davvero dividere l’appartamento con il suo.. fidanzato? Scopa-qualcosa? Nemico? Quest’ultima senza dubbio.
Law rompeva la minchia spesso e volentieri, ma lo ripagava con una moneta decisamente troppo invitante per mandarlo seriamente a quel paese e fare le valigie. Per cui alla fine, la situazione che si era creata in quegli anni si era stabilita in un equilibrio piuttosto favorevole da tutti i fronti.

Ma non in quel momento.
Non in quelle condizioni.

Perché se Killer ammalato era uno spasso di deliri e schifezze, Law era un fottuto neonato. Un marmocchio capriccioso a cui eri COSTRETTO a far ingurgitare le pillole a forza.

Ed era in momenti del genere che Kid si pentiva di non avere un minimo di conoscenza in ambito medico, utile sicuramente a sedare quel deficiente quando decideva che era ora di provare ad andare al cesso senza aiuto e poi finiva con il ributtare anche l’anima nella tazza perché anche fare cinque metri lo rivoltava come un calzino.

E poi chi era che doveva ripulire tutto dal vomito? Chi era che doveva tenergli quella testaccia del cazzo in alto per evitare che affogasse nelle sue stesse budella? Chi doveva fare la GUERRA per fargli mangiare il minimo indispensabile per non farlo morire di fame?

Ma che domande, ovviamente lui.

Con estrema difficoltà per giunta.

Maledetto stronzo che decideva di ammalarsi e poi pretendere che fossero tutti (Kid) al suo servizio.

Certo, in questa raffinata analisi statistica Kid aveva chiaramente dimenticato di menzionare al suo inconscio non solo il fatto che, dati alla mano, Law non si era mai ammalato così seriamente da quando si conoscevano, ma anche le mille e una volte in cui era stato lui che si era presentato sull’uscio di casa con un sorriso da spaccargli la faccia e con arti, nasi e appendici  varie rotti o sbriciolati, senza mostrare il minimo rimorso nel poter constatare con mano l’infastidita preoccupazione del coinquilino. Che poi, in fin dei conti, non si era mai davvero lamentato di doversi prendere cura di lui nelle occasioni più disparate.

Ma questo non era il caso, no, assolutamente no. Non c’entrava un cazzo.

Law si era preso una stupidissima febbre intestinale che non accennava a migliorare, e non era per niente come avere una gamba rotta!
Certo, entrambi avevano bisogno di un evidente aiuto per andare in posti come il bagno o alzarsi per impedire alla stoffa del letto di inglobare la propria pelle, ma il fatto che Law oltre che non smuoversi dal letto fosse anche costantemente debilitato per colpa della febbre e per il fatto che non mangiava un cazzo, quello complicava le cose.

Notevolmente.

Per questa ed altre cento motivazioni simili, Kid decise quindi in quel freddo venerdì di novembre di prendersi la serata “libera”. Dopo quattro giorni e notti passate ad impedire a Law di morire soffocato nei suoi conati ed assicurarsi che sopravvivesse nonostante le proteste, quella serata era tutta sua.

Interamente, e completamente sua.

Birrozza estremamente grezza di marca simil-tedesca sconosciuta, due quadrupli cheeseburger che colavano grasso ed infarti da ogni lato ed una maratona di Rocky in TV.

Aveva anche smontato in anticipo dall’officina per fare in modo che prima che iniziasse il film Law avesse tutto quello di cui aveva bisogno per sopravvivere qualche ora senza di lui, chiedendosi più e più volte perché il carismatico e violento Eustass Kid si stesse preoccupando così tanto per la sorte di quella serpe di Trafalgar.

Tra farmacia e supermercato, alla fine, si era dimenticato di darsi una risposta.

Era entrato in casa salutando Ishley in uno dei suoi rari slanci d’affetto, ringraziandola per aver guardato il “moccioso” per il tempo che gli serviva a completare tutto il lavoro residuo in officina anche per il giorno successivo, in modo da poter restare a casa senza dover scomodare altra gente per dare retta a Law.
E l’altra gente solitamente si riduceva a Monet, che Kid apprezzava come un palo in culo, nonostante condividessero gli stessi occhi ma non lo stesso carattere, Pen, che aveva deciso di andare in vacanza a Dressrosa proprio in quella fatidica settimana insieme a Lamy, e beh, Ishley.

Santa quella ragazza.

Non appena la giovane sparì dietro la porta, Kid appoggiò i sacchetti strapieni sul tavolo della cucina, sfilandosi gli stivali e lanciandoli da qualche parte in giro per l’appartamento, osservando con un sospiro soddisfatto il disordine che in quel momento permeava il salone.
Un lato positivo del fatto che Law non poteva alzarsi dal letto era la sua totale assenza di commenti sullo stato della casa.  Dato che in fondo Law non vedeva quasi mai una stanza che non fosse la loro camera da letto o il corridoio, non aveva di che lamentarsi su ordine e pulizia.

Occhio non vede cuore non duole, no?

Spettinandosi i capelli con una mano smaltata Kid si levò anche il chiodo borchiato, sgranchendosi le spalle monolitiche per tutte le ore passate chino sotto ad una macchina nel tentativo di lavorare più in fretta possibile e in maniera ugualmente efficiente. A passo lento si avviò verso la stanza dove si trovava il sudario di Law, aprendo piano la porta socchiusa.
Il cuore gli perse quasi un battito nel vederlo ridotto così, pervadendolo con un fastidio tale da impedirgli quasi di avvicinarsi a lui per paura di sembrare una femminuccia smielata che si scioglie in cuoricini e coccole.

Ma cazzo, ad una vista del genere pure il più bastardo degli uomini avrebbe scoperto il significato della parola empatia, o come minimo, spirito di solidarietà.

Law se ne stava infatti mezzo nudo come era da giorni, appena coperto fino a metà busto da un lenzuolo fradicio, e dire fradicio era un eufemismo. Già l’idea di dover cambiare quella roba umida attraversò la spina dorsale del rosso come un freddo brivido di paura, facendolo sbuffare di nuovo. Due occhi dorati andarono risalendo lungo la linea della schiena tatuata di Law, trovandola madida di sudore e decisamente pallida. Non che fosse una scena nuova, in quel poco tempo da che si era ammalato Law aveva perso in sudore e vomito tre volte il suo peso, lasciando interdetto Kid sul come facesse a restare vivo nonostante tutti i liquidi che perdeva ogni secondo.

Con un sospiro pesante fece il giro del letto, trovandosi davanti al viso sudato e pallido del moro, appena smosso dai respiri spezzati del sonno leggero in cui spesso si ritrovava a cadere ad orari random. Senza una parola Kid aprì di poco la finestra per fare cambiare l’aria, sedendosi accanto al busto appena piegato di Law, poggiandogli una mano sulla fronte madida per verificarne la temperatura per sommi capi.

Ne aveva imparate di cose in quei giorni, questo era da dire. All’inizio Law non aveva perso il suo spirito combattivo, e si premurava di prenderlo per il culo ogni singola volta che il rosso cercava di fare qualcosa che si avvicinava all’ambito del semplice primo soccorso.
Ma con il passare delle ore e di quelle nottate infernali il chirurgo non aveva nemmeno più la forza di parlare, tanto che si era ritrovato costretto a comunicare a sussurri stizziti e gesti della mano.

Il che chiaramente, nemmeno a dirlo, faceva incazzare Kid come non mai.

Eppure, nonostante tutto, anche il quel momento in cui Law era silenzioso e preda nuovamente di un innalzamento della febbre, Kid non poteva fare a meno di lasciare fuori dalla porta la giustificata richiesta del suo ego di mantenere un certo tono e fottersene in maniera sana come aveva sempre fatto, dimostrando a se stesso chi era il vero uomo.
Lo avrebbe fatto, ma una volta che ci sarebbe stato Law a rendere le cose più divertenti. In quel momento, il vero uomo avrebbe potuto aspettare.

Fece per alzarsi e andare a recuperare una pezza fredda da passargli sulla schiena e in faccia, ritrovandosi il polso sinistro agganciato dalle dita sottili dello zombie, che con occhi gonfi ed iniettati di sangue, ma comunque aperti, lo fissava truce.
Non si lasciò smuovere dalla dichiarata protesta di Law per qualsiasi fosse la cazzata che pensava lui stesse per fare, alzando un sopracciglio inesistente ed alzandosi comunque. -Piantala.- borbottò, incapace tuttavia di suonare irritato come effettivamente sperava di sentirsi.
-Dove stai andando?- sussurrò a fatica e con una voce talmente flebile da chiedersi se Kid lo avesse sentito davvero parlare. -A prendere una pezza per asciugarti. Fai schifo al momento.- lo informò il rosso, aspettando che quegli artigli ossuti lo lasciassero andare per permettergli di andare davvero a prendere una pezza, e solo per sicurezza, un antipiretico.

Passò molto lentamente davanti alla Tv, lasciata accesa da Ishley, osservando con occhi esasperati le scene iniziali di Rocky I che si succedevano una dopo l’altra, consapevole di non avere la minima chance si godersi quella serata di relax che sperava di potersi concedere.

Cazzo.

Sospirando forse più forte del dovuto, rischiando quasi di schiodarsi la cassa toracica, si avviò in bagno, afferrando la prima pezza pulita che gli capitò sotto mano ed immergendola in una bacinella di acqua fredda, strizzandola leggermente. Afferrò la pezza e la bacinella con una mano, lasciando l’altra libera per poter aprire la porta della stanza senza versare metà del contenuto della bacinella a terra e regalarsi oltre a tutti gli impegni che aveva in quel momento, anche un meraviglioso momento intimo con il mocio e le sue bestemmie.

Spinse di poco la maniglia dorata, stranendosi non poco quando trovò Law non più a morire in un fondo di letto, ma piuttosto in piedi, appoggiato al cornicione della finestra, e decisamente poco in equilibrio sulle gambe già magre in partenza. Appoggiò tutto quello che aveva per le mani sul pavimento, avvicinandosi a passi veloci verso la figura filiforme del moro, con il chiaro intento di lanciarlo sul letto come un sacco di patate se si fosse rifiutato di levarsi dalla finestra e farsi quindi investire dall’aria ghiacciata che altro non avrebbe fatto che peggiorare la situazione.

-Perché cazzo ti sei alzato?-
-L’ultima volta che sono stato così avevo otto anni. Cora San non aveva idea di cosa fare per aiutarmi. Era una situazione piuttosto comica, credimi. Te lo immagini mentre cerca di capire quale pillola usare e nel frattempo prende fuoco senza motivo?- mormorò roco Law, lasciandolo interdetto e bloccato sui suoi passi.

Kid incrinò un angolo della bocca, chiedendosi se erano arrivati anche loro alla fase delirio ed allucinazioni come con Killer quella volta. Decise perciò di assecondarlo di poco, nel tentativo di farlo spostare da li senza dovergli per forza spezzare un femore come deterrente.

-Posso solo immaginare la scena. Ora ti levi di li?- chiese con voce quanto più tranquilla possibile, osservandolo voltarsi verso di lui con uno sguardo di lucida follia che senza mentire a se stesso, gli gelò il sangue nelle vene.

Law.. stava piangendo.
Piangeva.
E nel frattempo aveva un sorriso talmente strano da riuscire a mettere paura perfino a lui, che la paura l’aveva sempre presa a calci in culo.

Senza lasciar trasparire il minimo turbamento, Kid fece una rapida panoramica mentale delle volte in cui aveva assistito ad una scena del genere, per elaborare un piano di azione in fretta.

Quando cazzo mai l’aveva visto piangere, in effetti?

Era un evento talmente memorabile che non sarebbe facile scordarlo, per cui Kid si arrese a non trovare risposta nel suo database “Trafalgar e le emozioni”.
Eppure, nonostante tutto, non si capacitava di che cazzo fosse successo in quei cinque minuti in cui si era allontanato. Dovevano essere allucinazioni, non c’era altra spiegazione.

-Quanto mi piacerebbe rivederlo, Eustass-ya. E’ l’unica cosa a cui penso a volte.- continuò a parlare, sporgendosi oltre il bordo della finestra in maniera pericolosamente allarmante, tanto che Kid smise di temporeggiare per portarsi velocemente alle sue spalle, e con quanta più delicatezza la sua mole gli concedeva, tirarselo addosso per evitare che si sbilanciasse e cadesse di sotto.

Quel maledetto cretino suicida, maledetto e bastardo!

Guarda tu cosa gli toccava fare!

-Avevi intenzione di buttarti di sotto o cosa?- sbottò dopo essere riuscito a rimetterlo a letto e senza nemmeno troppe proteste.
Semplicemente Law si era lasciato trasportare senza dire una parola, ma con in faccia quell’inquietante sorriso e quelle lacrime che sembravano infinite. -Che ti prende?- mormorò con voce bassa il rosso, passandogli una mano tra i capelli scuri. Il moro chiuse gli occhi, ricominciando a respirare affannosamente ed in preda ad un nuovo attacco di nausea. -Mi sembrava di averlo visto, Kid. Era alla finestra. C’era.- rispose sconnesso, probabilmente ignaro di averlo chiamato Kid, e non Eustass-ya come faceva di solito con il suo tono irritante. Il rosso non aveva davvero idea di che pesci prendere a quel punto.

Un conto era avere a che fare con le allucinazioni da sbellicarsi di Killer, che perlomeno rendeva il tutto più divertente coinvolgendo Bonney e mettendoci in mezzo mille sconcerie che calzavano a pennello con il suo delirio.

Ma questa era tutta un’altra storia. Perché quel cristo di ragazzo non poteva essere normale almeno in una cosa?!

-E ti sei avvicinato alla finestra perché pensavi di fare cosa? Parlarci? Non era reale, Law. Lo sai anche tu.- cercò di spiegare senza risultare un mostro, consapevole che quell’argomento per la persona che aveva di fronte era il tabù più pericoloso di cui parlare, e nonostante tutto, lui l’aveva sempre rispettato.
Era affezionato anche lui a Cora-San, e la sua morte non era stata facile da affrontare, sia per lui che, ovviamente, per Law.
Eppure nonostante avesse avuto a che fare con il chirurgo anche in quei giorni di vero inferno, in cui tirarlo fuori dal suo mutismo e la sua ossessionata voglia di buttarsi dal tetto del palazzo si era rivelata un’impresa titanica, quel Law indifeso e fragile come un ramoscello che basterebbe un dito a spezzarlo, gli era nuovo.

E lo metteva a disagio, terribilmente a disagio.

-Avrei voluto che fosse vero. Almeno stavolta.- sussurrò Law in un roco singhiozzo stanco, interrompendo il filo dei suoi pensieri, senza nemmeno rendersi conto di quello che diceva. Ormai era più di la che di qua. Kid prese un profondo respiro, e con molta calma appoggiò le labbra sulla sua fronte, lasciandogli un bacio a fior di pelle. -Lo so.- disse semplicemente, alzandosi poi di fretta per uscire da quella stanza.

Aveva bisogno di aria, subito. O ancora meglio una sigaretta sarebbe stata l’ideale.

Aveva bisogno di ricordarsi che quell’essere che giaceva nel suo letto non era Trafalgar Law, l’unico uomo che aveva il coraggio di mettersi sulla sua strada vincendo e stravincendo ogni maledetta discussione che finiva con lo strapparsi la faccia a morsi mentre si sbattevano su ogni superficie della casa.

Quello era solo il frutto di tanti giorni di malattia, niente di più.

E Kid non aveva intenzione di averci a che fare più dello stretto indispensabile. Non aveva intenzione di modificare l’idea che aveva di quel sadico pazzo del suo coinquilino, non era pronto a farlo.

Perché quando vedi una parte così nascosta ed incomprensibile della persona che ti ostini a chiamare nemico, prima o poi finisci per farla anche un po’ tua. E con essa, anche la consapevolezza che in fondo, tutto quello che hai fatto e che avresti fatto, è frutto di qualcosa che si avvicina pericolosamente.. beh..
 
All’amore.
 
 
Peccato che ad Eustass Kid l’amore faceva schifo, oltre ogni limite del disgusto.
Era un sentimento da relegare alle donne, ai cani e ai bambini. Non ad uno come lui, che schiacciava le teste dei piccioni per strada solo per godersi gli sguardi inorriditi dei bambini che ci giocavano fino a poco prima. Non c’era spazio per l’amore in una relazione in cui le uniche parole dissimili da un’imprecazione che riuscivano a regalarsi lui e Law erano grugniti che pronunciava lui mentre dormiva.

Perché l’amore è una cosa complicata, e ad Eustass Kid non andava di infilarsi in una situazione così potenzialmente pericolosa da cui poteva uscire solo sconfitto, non contando il rischio di perdere quel rapporto incomprensibile che era riuscito a costruire con Law dopo tutto quel fottuto tempo.  

Con questo ed altri mille pensieri in testa, fece il grave l’errore di voltarsi nuovamente dietro di se invece di spalancare la porta e andare in tutt’altro posto, ritrovandosi davanti agli occhi il corpo magro di Law scosso da tremiti talmente violenti da chiedersi se non sarebbe riuscito a spezzarsi le ossa solo con quelli.
Si passò una mano sul viso, restando per qualche secondo seriamente indeciso sul da farsi. Se fosse uscito da li, già lo sapeva, avrebbe fatto ogni cosa con il costante pensiero che quel moccioso (che tra le altre cose era pure più grande di lui, nonostante lui si ostinasse a definirlo tale), riuscisse ad ammazzarsi in qualche modo estremamente stupido o geniale.

E pur con tutta la rabbia che ciò scatenava in lui, l’idea di Law che se la mollava definitivamente dal pianeta Terra lo schiacciava come una pressa meccanica. Gli stritolava il cuore in una morsa indefinibile, lasciandolo senza fiato.

D’altra parte il moro non si stava accorgendo di nulla, preso com’era a cercare di raggiungere il punto di ebollizione e nel frattempo superare i valori della scala Richter umana, e tutte quelle paranoie inutili altro non erano che vaghe e vuote frasi che rimbalzavano ai lati della sua scatola cranica, flebili ed inutili di fronte all’immane mole di quello che in fin dei conti, Kid provava per quel pezzo di merda che ora si ritrovava tra le braccia, dopo essersi portato alla fine nel lato del letto vuoto ed averlo afferrato abbandonando definitivamente l’ultimo briciolo di dignità fuori dalla porta di casa, nel tentativo di rimettere a posto i pezzi che si erano frantumati da qualche parte nel suo cervello, o più probabilmente, supponendo che Law ne avesse davvero uno, nel suo cuore.

-Hai intenzione di continuare a tremare come una femminuccia o ti dai una calmata?- si lamentò guardando oltre la sua spalla, ottenendo di distrarlo inaspettatamente per qualche momento mentre cercava di mettere a fuoco la sua figura da dietro le palpebre gonfie e pesanti. -Perché sei ancora qui? Non dovevi prenderti una serata di pausa?- riuscì a borbottare Law, ora stretto al petto immane di Kid che nel frattempo si era premurato di levarsi la maglia per evitare che lui gliela infradiciasse. -Eustass-ya?- chiamò di nuovo, ignaro del fatto che Kid l’aveva sentito, eccome se l’aveva sentito.

Il punto era che Eustass-ya faticava a dare una risposta a se stesso sul perché stesse sacrificando l’unico momento di pace che era riuscito a ritagliarsi dalla sua occupazione a tempo pieno che era Law, figuriamoci darla a lui.

Come poteva spiegargli senza sembrare un pietoso imbecille che qualsiasi maratona TV, partita di basket, gara automobilistica e più o meno qualsiasi cosa si trovasse su quello schifo di mondo sarebbe sempre passata in secondo piano rispetto al poterlo stringere tra le sue braccia ed poter respirare il suo odore, sentire i suoi capelli tra le dita e perdersi nei suoi occhi?

Ragion per cui, si giocò il tutto per tutto con l’unica arma che pure il signor Wapol dell’appartamento vicino sapeva non era saggio usare contro uno come Law: la menzogna spudorata ed inconcepibile.
-Non c’era Rambo in Tv. Ho sbagliato giorno.- dichiarò con voce cavernosa, consapevole di suonare meno credibile di quando Lamy imbrogliava lui e suo fratello propinandogli la storia che lei e Pen erano “SOLO AMICI”, lasciandoli a chiedersi quando si sarebbe accorta che loro già Pen l’avevano minacciato in abbondanza.
Law alzò di poco la testa ad incrociare a fatica le iridi colpevoli del rosso, alzando con ritrovata verve un sopracciglio. -Tu non sbagli mai il giorno della maratona di Rocky, Eustass-ya.- lo freddò, annusando il penetrante aroma di bugia che emanavano quegli occhi. -O forse non sei così infallibile come credi.- continuò ghignando inaspettatamente, riaccomodandosi al suo posto nell’incavo del collo del rosso.

Nel momento in cui quelle labbra che di solito divorava morsi si piegarono in quel mezzo sorriso, fu come riuscire a respirare dopo aver trattenuto troppo a lungo l’aria nei polmoni. Kid si lasciò andare ad un sospiro eloquente, forse più di quanto la sua bocca sarebbe mai stata in quel proposito. Con un’espressione di fastidio molto poco credibile si strinse di più Law addosso, cercando in qualche modo di accarezzargli la schiena tremante nonostante lui non volesse dare a vedere quanto effettivamente la temperatura si stava alzando.
-Trafalgar, se non ti tappi quella bocca da solo ti giuro che ci infilo dentro qualcosa io, e non ti piacerà la mia scelta, puoi starne certo.- lo minacciò, consapevole di non risultare per niente spaventoso, ma solo mostruosamente eccitato.
-Non ci provare neanche Eustass-ya. Questa è la volta buona che te lo stacco.- si mise al sicuro Law, assestandogli un pugno sul petto che ebbe ben poco effetto. -Chi lo sa, potrei anche provarci mentre dormi. Lo sai che sbavi, mister perfezione? E anche da schifo.- lo perculò il rosso, beccandosi le occhiatacce di fuoco che Law si stava premurando di riservargli nonostante la fatica che ci metteva anche solo nel sollevarsi di poco dalla pelle chiara di Kid, che anche se non l’avrebbe ammesso mai, era dannatamente comoda e buona.

-Se vogliamo parlare di chi fa schifo a letto, tu mi batti alla grande Eustass-ya. Non c’è partita quando ti lasci andare alle tue emissioni gassose notturne con il chiaro intento di soffocarmi.- lo accusò più flebilmente di quanto avrebbe voluto, beccandosi una sonora risata in risposta alla sua giustificata paranoia.
Eppure, forse complice l’intontimento della febbre, non c’era niente che avrebbe voluto sentire oltre a quel suono così penetrante e sguaiato. Forse perché in fondo gli piaceva davvero ascoltare la voce profonda e tremendamente sexy di Kid, o probabilmente si era definitivamente fottuto il cervello.

Law sperava davvero in quest’ultima pallida possibilità, nonostante fosse chiaro come il sole che ciò che provava non era solo una conseguenza della
sua poca lucidità.

Non lo era mai stata.

Senza rendersi conto di ciò che stava accadendo, rabbrividì nel percepire il calore del corpo di Kid che si allontanava di nuovo, tremando impercettibilmente anche per qualcosa che non era il semplice sbalzo di temperatura. -Prima che tu lo chieda, sto andando a spegnere la Tv. Porto la cena qui, così almeno per oggi mi fi la grazia di mangiare qualcosa. E non osare lamentarti o ti giuro che ti ficco quel panino in gola con un imbuto.- latrò con aria vagamente contrariata Kid, fermo sull’uscio della porta e voltato verso di lui con un cipiglio strano negli occhi.

Law si godette per qualche secondo l’immagine del suo uomo senza maglietta, perfettamente scolpito nelle sue forme candide, quegli occhi da demone che l’avevano sempre risucchiato come due pozzi neri, quelle ciocche ribelli che gli cadevano sulla fronte e sul collo, ogni vena, muscolo o tendine che si poteva individuare al di sotto della pelle lattea.
Ogni singolo dettaglio di quell’individuo rumoroso, rompicazzo e grezzo era ormai impresso a fuoco nella sua anima, incapace di distaccarsene anche nel pieno delle sue forze.

Perché non gliel’avrebbe mai detto, non l’avrebbe mai pronunciato ad alta voce, ma quel grazie che aleggiava tra i suoi pensieri per tutto quello che Kid si era premurato di fare nonostante lui sapesse essere veramente una spina nel fianco quando ci si metteva, era forse quanto di più vero e sincero avrebbe mai voluto dirgli.

Anche se in realtà, le sue parole in risposta a quella voce così irritata furono ben altre.

-Vai a farti fottere, Eustass-ya. Ti avevo già detto di non darmi ordini.- gracchiò risistemandosi meglio nel lenzuolo, osservando con estremo divertimento l’espressione di Kid cambiare in dieci modi diversi in un secondo, terminando con un ghigno che non prometteva niente di buono.
-Perché non ci vai tu al diavolo, gran cazzone? Poi vedremo chi è che si farà fottere, vedremo!- sbraitò allontanandosi mentre se la rideva tra se e se, lasciando la porta aperta per permettere a Law di ascoltare tutte le porcate che gli venivano in mente di combinargli se si ostinava a non mangiare.

E forse complice il fatto che il quel momento Kid non poteva vederlo, Law si lasciò andare ad un sospiro sereno, percependo finalmente la temperatura scendere ed il sudore ricominciare a colargli dalla schiena.

L’ultima volta che era stato così male, due occhi truccati ed una pelliccia si erano presi cura di lui, e adesso, due occhi altrettanto truccati ed una pelliccia altrettanto ingombrante come quella che Eustass-ya usava come pigiama solo per dargli fastidio, si stavano davvero preoccupando per lui.
 
 
Perché alla fine, nessuno dei due avrebbe mai avuto il reale coraggio di dire apertamente all’altro che si, l’amore era una cosa stupida, ma se si vive insieme, forse non è poi così male, anche se in fondo, non c’era davvero bisogno di dire quelle parole.

Perché anche un insulto, il più stupido della categoria, nel loro bizzarro modo di comunicare valeva più di qualsiasi ti amo.
E di insulti, in quella fredda sera di novembre, tra una carezza e l’altra, una bestemmia e l’altra e sotto ad un lenzuolo fradicio ce n’erano stati davvero molti, molti di più del solito.
 
 

E forse, non totalmente a caso.
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE


Ma buonzzzaaaaaalve a tutti! *^*
 
Allllooora, come va? Come va la vita? Come va la scuola? (So che è domenica ma qui già da domani si ricomincia, anche se io a scuola non ci vado più, CHE BURLONA) u.u
Io me la cavicchio tra studio esami e disperazione, comunque.
Tutto bene ma non benissimo.
In realtà ho poco da dire su questa storia, è venuta su da sola ieri notte e oggi si è scritta praticamente quasi senza il mio permesso.
Ma nonostante tutto, è pur sempre un pezzo del mio cuore.
Perché questi due cicci sono tutto, ricordiamocelo.
 
Insomma, non vi tedio oltre con le mie paturnie, e utilizzo questo spazietto (troppo risicato, lo ammetto), per lanciare bacini e cioccolatini alla mia dolcissima Page, che ancora oggi non potrò mai ringraziare abbastanza per quello che fa per me, ogni singola volta.
Grazie, davvero.
 
Che dire? Vi aspetto nell’angolino recensioni, e nel frattempo vi mando tanti abbracci e tante coccole!
<3
 


Jules
 
   
 
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