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Autore: Stregatta_Khan88    12/09/2017    0 recensioni
Dopo un mese, Diana e Chef Russel si incontrano nella splendida Roma: lei decisa a portare avanti il suo progetto letterario; lui convinto di volerla aiutare... Ma quando due poli opposti si attraggono e due arti diverse trovano tante similitudini tra loro, è difficile fermare un fuoco che divampa
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Pizza con patatine!» Squittì Valeria da dietro il menu «Era da tanto che avevo voglia di mangiarla. E doppia mozzarella».
«Che cavolo, sono indecisa su quella o gli asparagi...Anzi, farò calzone al prosciutto» mormorò Jayne.
«Hai preso tutta un'altra via» la derise Valeria, prima di rivolgersi a Diana. «Come la prendi?».
«Non ho molto appetito, prenderò una farcita. Uhm, da bere facciamo Coca cola?».
«E un'acqua per il dopo caffè» puntualizzò Jayne reclamando il cameriere. 
Diana si era augurata di trovare distrazione, ma stare in una semplice pizzeria, tra il profumo di pasta, patatine fritte e vedere boccali di birra, firmati “Peroni”, non l'aiutavano granchè. Parlò, rise, si dedicò alla pizza, il caffè e le sue amiche furono davvero carine a non far parola sulla sua situazione, limitandosi a discutere di lavoro o commentare alcuni strambi clienti.
«Facciamo un bel giro sul Lungolago, dopo cena, eh?» Domandò Valeria. «Smaltiamo la pizza, camminare fa bene».
«Due passi ci faranno bene» puntualizzò Diana sbirciando Jayne, già scocciata all'idea di dover camminare.
«Sappiate che ho i tacchi».
«Ma su, non facciamo la maratona» specificò Valeria. «Guarda che bella serata, potremo fermarci a bere un drink anche in riva al lago».
Diana avrebbe preferito tornare a casa presto, ma non sarebbe stato corretto prendere ed andarsene senza giustificazioni fondate. In fondo non stava nemmeno facendo grandi sforzi a distrarsi, grazie a loro. Nel frattempo mandò un messaggio a Romina, che vide online sulla chat mobile. Scrisse: “Scusa se ti ho risposto male”.
Passarono pochi istanti prima che arrivasse la risposta:
“Tranquilla, sis, ho esagerato io”.
“Sono in giro con le amiche” giustificò Diana l'assenza dal computer.
“Brava, cerca di divertirti ”.
Ci stava riuscendo a divertirsi, anche se un peso doloroso, di tanto in tanto, tornava a bussarle al cuore.

La serata era calda, l'aria primaverile muoveva leggermente le foglie delle piante. Nella zona del residenze in riva al lago, si sentiva profumo di gelsomini, anche se c'erano solo cespugli di edera e tassodi sulla riva. 
L'erba appena tagliata odorava di fresco.
Valeria era quella che camminava davanti, saltellante ed allegra, in tutta la comodità delle sue scarpe da tennis bianche, leggere e pratiche. 
Diana, fortunatamente armata di anfibi, sosteneva Jayne che iniziava a risentirne dei tacchi, probabilmente le erano anche cresciute delle vesciche. Pregò Valeria di fermarsi, mentre si sedeva su una panca di pietra. La stessa, si accorse Diana, dove si era fermata con Russel.
Possibile che tutto glielo ricordasse?
Si sedette con Jayne, ignorando il ricordo dello Chef che era riuscita a tenere distante per tutta sera. Il groppo alla gola stava tornando ma non voleva rovinarsi la serata. Bastava già la povera Jayne che si malediva di non aver indossato qualcosa di più comodo, rovinandosi la serata per uno sfizio femminile.
«D'ora in poi li tengo solo per matrimoni» dichiarò abbandonandosi contro lo schienale della panchina. Valeria, che restava in piedi davanti a lei e Diana, chiese scusa per aver insistito a voler camminare tanto.
«Per fortuna non abiti lontano da qui, anche se dovrai patire parecchio per arrivare a casa».
«Tolgo le scarpe e vado scalza».
«Con il rischio di tagliarti i piedi, farti male, beccarti qualche siringa infetta».
«Senti Vale, dacci un taglio» la stoppò Jayne.
Diana a quel punto, si alzò in piedi e studiò le sue amiche: era fisicamente la più robusta del trio e Jayne la più magra.
«Ti porto in spalle» affermò.
«Non puoi farcela, ti verrà un infarto» contestò Jayne. Diana rispose con un gesto di scongiuro, rivolgendosi a Valeria.
«Prendile le scarpe tu» ordinò, accorgendosi che l'amica non la stava ascoltando e fissava in tutt'altra direzione. «Valeria, mi hai sentita?».
Senza guardarla disse: «Ma quello è lo Chef».
Jayne spalancò gli occhi stupita, quando rivolse l'attenzione al punto che guardava Valeria. 
Quando anche Diana guardò da quella parte, vedendo Russel avvicinarsi con fare adirato, il suo primo istinto fu di darsela a gambe levate, sicura che ne avrebbe prese di santa ragione, ma fu più forte l'istinto che seguì dopo: rimanere imbambolata sul posto.
«Diana!» Ruggì lo Chef.
Afferrò Valeria e la trascinò davanti a sé, usandola come uno scudo, ignorando che l'amica fosse più bassa di lei e, di fronte a Russel, si sentì un microbo.
«Io sono piccola» mormorò.
«Che cosa ci fai qui?» Chiese Diana nel panico.
«M'hai messo la deviazione de chiamata!».
«Io... be', non sapevo che altro fare».
Si chinò più vicino a Diana. 
La malcapitata Valeria tra di loro, tacque ad occhi spalancati, occhieggiando Jayne che era impallidita, tirandosi le gambe al petto.
«Me dovevi ascolta'! Che sei andata a pensa'? A dare retta a Tamara invece che a me?».
«È la tua ex, ti conosce meglio di me» azzardò lei, scatenando la furia dello Chef che si avvicinò ancora di più, schiacciando Valeria tra lui e Diana.
«Non lo tocco, non lo tocco, tengo le mani a posto, mi vedi Diana?» Starnazzò Valeria, ignorata sia da Russel che da Diana.
«Pensavo che fossi a conoscenza degli svariati conflitti che ho in giro, anche con Tamara» la contrariò Russel.
«Be'... io...» Diana lo sapeva e l'istinto aveva sempre graffiato la sua mente ricordandoglielo, ma fino in fondo non lo aveva mai ascoltato.
«E pe' la cronaca, Benedetta è sposata».
«Sposata?» Balbettò Diana non sapendo più che cosa dire, neppure che cosa pensare. Una sola idea le sfiorò il cervello, ma non si espresse. 
Jayne tradusse a parole lo sguardo scioccato dell'amica:
«Figura di merda, eh?».
«Scusate! Io sono qui in mezzo» intervenne di nuovo Valeria pressata a sandwich, con la faccia contro il petto dello Chef e la schiena trattenuta da Diana. Russel indietreggiò un passò schiarendo le voce:
«Ehm, scusa Vale'».
Cadde il silenzio, mentre lo Chef fissava a braccia conserte Diana, che abbassò la testa mortificata: aveva fatto davvero una figuraccia, lasciandosi guidare erroneamente dalla sua ragione contorta dalla poca stima per sé stessa, senza aver analizzato le situazioni modo giusto. 
Se avesse potuto, in quel momento, si sarebbe messa in ginocchio davanti a Benedetta a chiedere scusa ed avrebbe preso a pugni Tamara. La cosa migliore sarebbe stata scavare una buca di dieci metri in cui saltar dentro e sparire.
«Gabrio...» mormorò senza riuscire a proseguire. Lui alzò un sopracciglio, scuotendo il capo. Si rivolse alle due amiche, notando Jayne che massaggiava i piedi e le vesciche.
«Nun riesci a cammina'?».
«Non proprio».
«Abiti lontano?».
«Dietro il residence».
Russel la prese in braccio, facendole sgranare gli occhi, aggrappandosi alle sue spalle. Disse:
«Te porto io».
Valeria sorrise e scrutò Diana che si era fatta scura in volto. Le posò una mano sul braccio e la scosse, facendole cenno di seguire lo Chef che reggeva Jayne tra le braccia. 
Diana annuì con un sospiro.
Lungo il breve tragitto, dal lungolago alla casa di Jayne, nessuno dei quattro parlò. Le due ragazze osservavano semplicemente Diana che camminava dietro Russel, senza fare commenti.
«Vivo qui» ruppe il silenzio Jayne.
«T'è piaciuto il giretto?» Ironizzò lui posandola a terra. 
«Molto» ridacchiò imbarazzata. Guardò Diana e Valeria salutandole, facendo cenno di sentirsi il giorno seguente. 
«Vado anch'io, buona serata ad entrambi» salutò Valeria balzando in auto e lanciando una strizzata con l'occhio a Diana, mentre passava davanti con la macchina.
Quel silenzio imbarazzante tra loro non era dei migliori per la salute psichica della ragazza, che temeva all'idea di alzare la testa per rivolgersi allo Chef. Di una cosa era più che certa: l'aveva combinata grossa!
«Dia'...» la chiamò Russel. 
«Possiamo fare due passi, per favore?» Mormorò in un filo di voce. Gabrio accettò con un'alzata di spalle, seguendola. 
Mentre camminavano lungo la strada che risaliva davanti alla villa in stile Liberty e proseguiva sempre più avanti, nella zona meno vivace del paese, Diana non alzò mai lo sguardo dai suoi passi. 
Lo Chef non diceva nulla, limitandosi a camminarle a fianco con le mani infilate nelle tasche pantaloni, iniziando poi a fischiettare.
«Ti chiedo scusa» riuscì a dire Diana che si mise a contemplare il lago all'ombra di un maestoso albero semi-sempreverde, quando arrivarono ad uno dei lidi in riva al lago. «Ricordi quando hai detto che non mi capisci? Be', se c'è qualcuno qui che non ha capito nulla, quella sono io».
Russel che le aveva dato le spalle fino ad allora, si voltò. Diana lo guardò con gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime. Si morse il labbro inferiore e continuò:
«Già mi hai detto che la mia fama non ti importa e forse non l'ho capita questa cosa. Sapere che sei un uomo di spettacolo ed io “un niente”, mi ha convinta che volessi usarmi per dare, scandalo e far parlare di te».
Russel le si avvicinò, stando sempre zitto.
«Ma ho letto ed ho sempre saputo che persona sei, so che sei umile nonostante la fama, e non sei il coatto che vuoi far credere, scrivi anche tu. Il problema non sei tu, ma io. Troppo spesso tendo a giudicare me stessa non abbastanza e questo influisce su tutta la mia vita. Sbaglio io ed allora giudico gli altri come carnefici».
Lo Chef la baciò senza preavviso, interrompendo il suo soliloquio. Quella volta Diana non riuscì a reagire.
«Vieni via con me» le sussurrò lasciandola di stucco a guardarlo con le labbra socchiuse. «Il mio vero sogno non era la tv, ma viaggiare, vede'l Mondo, libero da vincoli de ogni genere, chiacchiere, pettegolezzi. Sognavo de fa'l giro del Mondo. Lo volevo solo, ma ora esisti tu».
«Sbaglio o sei venuto a scusarti con me, anche se chi ha fatto danno sono stata io?».
«So' venuto pe' farte capire che la fama, la notorietà, la televisione possono anna' al diavolo. Ci sei tu nella mia vita, ora, la mia scrittrice».
«Gabrio...» singhiozzò Diana. Lui l'abbracciò.
«Annamo via insieme, giriamo il Mondo come due perfetti sconosciuti alla gente».
Diana annuì e Russel le porse il suo block notes che aveva tenuto in tasca da Roma fino a quel momento. La lasciò a bocca aperta:
«Il mio quaderno».
«L'ho letto» confidò Russel. «È bello, nun merita de resta' incompleto».
Diana sorrise guardando i suoi appunti, affermando: «È un diario... potrebbe diventare un diario di viaggio» pensò assumendo un tono solenne. «Titolo: “In viaggio con lo Chef”».
Russel annuì tra sé e sé, commentando: «C'hai la testa che nun smette mai de creare, te».
«Ops, non hai torto» riflettè. «Anche tu avrai qualcosa che non smetti mai di fare».
«Eh, certo, de magna'» esclamò sfiorando una gamba a Diana. La sua pelle si accapponò a quel leggero contatto e lui, occhieggiandola audacemente, sussurrò: «Gambe nude» la prese per le spalle con un braccio ed insieme si riavviarono verso il centro del paese, dove lo Chef aveva lasciato l'auto.

In centro a Sarnico c'erano due strutture ricettive: una era un albergo a tre stelle, abbastanza economico. L'altro era un bed&breakfast ancor più alla mano, usato soprattutto da giovani o turisti di passaggio. 
Diana sospettò, da quando Russel parlò della struttura ricettiva in centro, che si trattasse proprio di quello. Il motivo era semplice: si era lasciata ingannare ma aveva sempre saputo dell'umiltà che aveva sottovalutato. 
Scosse il capo tra sé e sé, ferma davanti alla porta della camera dov'era appena entrata con lo Chef. Aveva una strana sensazione che la attanagliava dentro, nel profondo, e forse avrebbe fatto meglio ad andarsene, non fosse che lo sguardo di Russel la inchiodasse alla porta pietrificandola.
Alzò gli occhi al cielo, serrando un pugno davanti alla bocca, mormorando: 
«Forse... dovrei andare».
Russel le si avvicinò in silenzio e passò una mano a coppa sulla sua gola, sfiorandole con un dito le labbra socchiuse, da dove il respiro aveva preso ad uscire affannato.
«Resta... ti prego» sussurrò.
Diana annuì. Russel appoggiò l'altro braccio alla porta, senza mai smettere di fissare gli occhi indaco di Diana. Le toccò la coscia nuda ed accarezzandola risalì lungo la gamba, fino ad afferrarle i cordini laterali degli slip, li fece scivolare lentamente a terra poi le sue carezze si spostarono all'interno coscia e salirono. 
Diana sussultò, coprendosi la bocca con le mani per soffocare il gemito che improvvisamente sorse dalla sua gola, respirando con il naso sempre più convulsamente ad ogni carezza. 
Il fiume tiepido che scivolava tra le sue gambe ed avvolgeva le dita di Gabrio, la faceva sentire in imbarazzo, ma il desiderio che traspariva dai suoi occhi le fece intendere che quella situazione gli piaceva quanto a lei, che si sentiva bramata veramente da qualcuno.
«Ga-abrio...».
Le fece cenno di tacere, spostandola dalla porta.
Si mosse alle sue spalle, sfilandole lentamente le giacca di pelle. Si chinò a baciarle il collo stringendola alla vita con le braccia. 
A Diana la testa iniziò a girare, come presa da uno stato di ebrezza che non faceva male, il desiderio di lui premeva contro le sue natiche.
Si sentiva imprigionata in una cella da cui non avrebbe mai più voluto evadere, una prigione speciale che, fino a poco prima, le aveva offerto la possibilità di scappare via da tutto, vivere un'esistenza diversa dal solito, all'insegna della libertà, senza più regole o restrizioni. 
Vedere il Mondo...
Diana sognava spesso il Mondo ed i luoghi più magici che esistevano sul pianeta. 
Diana avrebbe sempre voluto fuggire e scoprire, vedere cose che mai avrebbe sognato.
Così, come un miracolo o chissà quale magia, quale scelta dell'Universo, Russel era entrato nella sua vita e l'aveva amata. 
La stava amando, e le aveva messo sul piatto d'argento, servita come la portata migliore di alta cucina, la realizzazione del suo sogno. 
Il suo sogno era evadere con chi amava ed il suo sogno era li, vero e concreto che la stava possedendo come non era mai stata posseduta. 
Non era solo un'immaginazione: lo sentiva in lei, dolce e possente insieme, il suo calore che la colmava fin nel profondo, fino a quei confini che non erano mai stati esplorati sul serio.
Russel non aveva mai avuto paura a varcare certi limiti e non aveva avuto paura di rischiare. Era sempre stato convinto che l'amore non facesse per lui e che solo scappare da quel sentimento, ammirando le più sconfinate frontiere della Terra, avrebbe trovato la felicità. 
Dopo il successo in tv, avrebbe voluto andarsene lontano da tutti ma capiva di non essere più solo.
Diana, apparsa come un raggio di luna in una notte di tempesta, aveva dato un nuovo scopo alla sua esistenza. Il suo corpo era come una rara isola deserta ed il privilegio di esplorarla era fortunatamente spettato a lui.
Ricordò che, quando Benedetta gli aveva proposto di partecipare alla Convention all'hotel Rocca, aveva esitato ad accettare. Benedì l'insistenza della sua manager: era partito con il solo scopo di farsi conoscere di più, era tornato con uno scopo che rendesse più vera la sua vita.
Diana voltò la testa quando i movimenti di Russel divennero più selvaggi, soffocando i gemiti tra i lunghi capelli cenere della ragazza. Lei guardò lo zaino da cui spuntava il suo quaderno.
Scrittura e cucina... 
Riuscì a pensare in quell'istante di estasi. Che cosa poteva succedere se ad essi si abbracciavano anche i viaggi, legati tra loro da amore e passione che s'infiammavano, come stava accadendo in quel momento tanto passionale ed erotico da far temere a Diana di prendere fuoco. 
Ma di quelle fiamme non si curava, non temeva di ustionarsi, al contrario: voleva che il fuoco di quella frenesia la consumasse, prosciugandola fino all'ultima goccia di sangue. Era un bel modo di perdere la testa quello. Gli occhi di Russel erano le insidiose tenebre più belle in cui smarrirsi.
   
 
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