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Autore: rocchi68    12/09/2017    4 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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I professori, durante il viaggio in pullman, erano stati molto chiari: tutti dovevano ripresentarsi all’albergo alle 19 puntuali.
Poco gl’importava come passassero la giornata e se pranzassero o meno.
Contavano sulla maturità dei ragazzi, sul loro grado di giudizio e sulla conoscenza dei pericoli che avrebbero corso tenendo un certo tipo di comportamento.
Non erano più dei bambini dell’asilo che dovevano essere tenuti per mano: erano grandi e non avevano più bisogno di qualcuno sempre addosso.
Scott era abituato a quella considerazione.
Lui  che era sempre stato solo, sapeva di non poter abusare della sua scarsa fortuna.
Che si trattasse di un progetto scolastico o qualcosa di simile non aveva mai trovato una squadra che lo sostenesse.
E anche quella gita non era poi così diversa.
Tutti facevano a gara per vedere chi arrivava primo ad un traguardo inventato sul momento, mentre lui cercava soltanto di non uccidersi.
Ogni volta si ritrovava a sciare vicino alle transenne, nonostante cercasse di evitare quella sottile rete di plastica arancione che poteva essere sfondata con facilità.
Bastava appoggiarsi per ruzzolare nel bosco sottostante e per scivolare su una lastra di ghiaccio che a contatto con i raggi del sole sembrava luccicare come uno specchio colpito da una luce intensa.
Più volte aveva cercato di allontanarsi e di provare alcune accortezze atte ad evitare un incidente che l’avrebbe messo al centro dell’attenzione. Pure i richiami dei vari istruttori che giungevano alle sue orecchie non riuscivano ad allontanarlo da quella recinzione che lo attraeva manco fosse dotata di una qualche forza misteriosa.
Erano circa le 11 quando decise di smettere.
Non voleva spomparsi del tutto prima di sera e infatti si ritrovò al bar dell’albergo, dove poteva leggere i quotidiani.
Senza volerlo sfogliò distrattamente le varie pagine per poi ritrovarsi ad origliare un discorso interessante che si stava tenendo tra il gestore e alcune sue conoscenze.
“Ogni anno puntuale peggiora.” Borbottò un vecchietto, fumando la sua immancabile pipa e stringendo un bastone da passaggio.
“Tutta colpa delle correnti fredde.”
“E anche quest’anno avremo una tempesta in piena regola.” Sbuffò, sorseggiando il suo caffè.
“Dura pochi giorni, ma t’impedisce d’uscire.”
“E spesso le nostre attività ci rimettono.” Sibilò nuovamente, notando lo sguardo del ragazzo seduto vicino a lui.
Scott appena notò i suoi occhi, distolse l’attenzione, seppur fosse ormai tardi.
“Lo trovi interessante, ragazzo?” Chiese il gestore, fissando il cliente.
“Cosa?”
“Parlo della tempesta che imperversa in queste zone.”
“Non ne sapevo nulla.”
“Devi sapere che c’è una leggenda a riguardo. Ti va di sentirla?” Domandò l’uomo con un sorriso appena accennato.
“Non mi dispiacerebbe.”
“Ieri sera hai per caso sentito un urlo?”
“Un urlo?” Mormorò Scott, cercando di riflettere.
“Devi sapere che quando di notte si sente dalla montagna un fischio che sembra un urlo, il gelo non è lontano.”
“Forse la televisione mi ha distratto.” Ammise il rosso, facendo annuire il proprietario.
“Devi sapere che la tempesta è il manto che proteggeva queste valli e alcuni giurano ancora oggi di vedere una donna dai bianchi veli, camminare sopra la neve.”
“Ma questo è impossibile.” Commentò il giovane.
“Lei  si aggira tra queste montagne in cerca del suo tesoro perduto e pare che almeno una volta all’anno si fermi nel nostro bosco.”
“Un tesoro?”
“Non si tratta di oro o denaro e il fischio di cui ti parlavo è il suo avvertimento.”
“Per cosa?”
“Ci sta avvertendo che non vuole essere disturbata, mentre sta visitando le nostre montagne.”
“Interessante.” Borbottò, deglutendo nervosamente e intingendo un biscotto nella sua cioccolata calda con panna.
“La donna del gelo è come una divinità.”
“Non lo sapevo.”
“So che è difficile da credere, ma io l’ho vista.” Sogghignò l’uomo, facendo sobbalzare il ragazzo.
Scott era pronto ad ammettere che il vecchio aveva bevuto un po’ troppo e che era davvero bravo a raccontare quelle storie.
Dopotutto era solo una leggenda che per alcuni poteva diventare allucinazione.
Dal punto di vista della ragione era pronto a credere che non esistesse nessuno in grado di camminare tra la neve solo con un velo leggero e senza nulla ai piedi.
Quella era come una delle tante leggende giapponesi: raccontate da qualche vecchietto giusto per spaventare i bambini e per costringerli ad andare a letto con il tramontare del sole per non invitare qualche spirito a punirli.
Se schiattava di freddo con maglietta, maglione e giubbotto pesante, non osava chiedersi come potesse resistere uno spirito, ammesso che esistesse ovviamente.
“Fantastico.” Esultò con una lieve nota di sarcasmo.
“Non credere che lo sia.”
“Perché?”
“Storie così non sono mai piacevoli da raccontare.”
“Non mi può lasciare a metà.” Sbuffò il giovane, mentre vedeva che l’uomo si preparava qualcosa da bere.
“T’incuriosisce?”
“Molto.”
“Sei giovane, ma storie come queste sono difficili da ascoltare.” Sospirò l’uomo, bevendo il cappuccino che si era preparato.
“Ho ascoltato storie di ogni tipo, ma se lei non vuole…” Lo provocò il giovane, mentre il gestore cascava nel suo trucco.
Nel guardarsi intorno notò che la sala era quasi deserta, tranne per una giovane coppia che era vicina al camino, e che la consorte era troppo lontana per sentire quella storia.
Nel vederla impegnata con le cameriere, si era convinto di raccontare il suo passato più triste al giovane.
“Mi stavo aggirando per un bosco situato nel versante opposto a questa montagna. Stavo aiutando un amico a segnalare gli alberi malati della zona in modo che i boscaioli potessero abbatterli senza creare danni. Ero impegnato a raccogliere degli strumenti che mi erano scivolati quando, rialzando lo sguardo, vidi una donna camminare tranquilla.”
“Cavolo.” Borbottò Scott a bassa voce.
“Senza fare rumore mi sono avvicinato e lei era sospesa dal suolo. Ad un certo punto si girò nella mia direzione e mi squadrò. Ricorderò quegli occhi per sempre.”
“Perché?”
“Erano rossi come il sangue, il volto piegato in un ghigno malvagio e privo di rimorsi. Provai ad aprire bocca, ma lei svanì in un lampo. Paralizzato da quella visione, tornai a casa e consultai tutti i libri che avevo nel mio studio.”
“E cosa ha trovato?”
“Si narra che la regina del gelo sia uno spirito in cerca di vendetta. Molti dicono che, prima di morire, stesse aspettando il ragazzo di cui era innamorata, ma che quest’ultimo non si sia mai presentato durante quella lunga notte.”
“Morì?”
“Da quella notte lei continua a cercarlo per vendicarsi e poco le importa se qualcuno ci rimette la vita.”
“È come un fantasma che non può riposare in pace perché ha ancora qualcosa da fare.”
“Probabilmente è così, anche se la seconda parte della storia non ti piacerà. Il cuore della regina è freddo e disinteressato e quando qualcuno disturba il suo passaggio o incrocia il suo sguardo, lei esige qualcosa in cambio.”
Nel dirlo gli occhi dell’uomo si erano inumiditi e la sua voce si era fatta roca e rotta dai singhiozzi: era evidente che faticasse a continuare.
Scott avrebbe voluto sapere il resto per poi chiedere a Chris se conosceva quella strana leggenda che lo stava tenendo occupato.
Se a quell’uomo era capitato qualcosa, non poteva essere una bugia. Il rosso non capiva cosa avrebbe guadagnato nel mentire spudoratamente, raccontando magari qualche dettaglio macabro ed infelice.
“Non dovrebbe sforzarsi così tanto.” Tentò Scott, alleggerendo parte della sua sofferenza.
“Era una mattina d’inverno quando andai a sciare con uno dei miei figli, ma quella sera tornai solo a casa: la regina del gelo lo portò via con sé.”
Quelle poche parole riuscirono a farlo rabbrividire, confermando che la sua scelta di starsene a casa non era poi così insensata.
Non era mai stato un vigliacco, ma esisteva sempre una prima volta.
Scott non voleva ignorare il rischio che qualcosa andasse storto e che segnasse il resto della sua esistenza.
“Se posso darti un consiglio, resterei nella mia stanza per i prossimi 2 giorni.”
“Come?”
“I nuvoloni grigi che rendono invisibile la vetta sono un avvertimento della regina per la tempesta che si scatenerà in serata.”
“Lo farò.” Promise, uscendo e studiando la montagna innevata in lontananza.
 
Così come si era promesso, Scott ritornò sulle piste per qualche ora, salvo far ritorno nella sala verso le 15.
La temperatura era scesa notevolmente e ciò lo aveva spinto ad indossare un maglione in più.
Sperava che anche gli altri ritornassero in albergo e che non facessero qualche bravata che potesse compromettere le loro vacanze.
Per un qualcuno che aveva ascoltato quella preghiera c’era sempre qualcuno che continuava imperterrito e che rischiava di farsi male.
Anche se odiava la sua classe non voleva vedere nessuno farsi male e uscire da quella settimana con stampelle o fasciature.
Di quel gruppo, su una in particolare aveva posato gli occhi: non voleva tornare a casa senza Dawn e la sua proverbiale calma.
Sperava che quei primi deboli fiocchi, piccolo e insperato dono per i tanti visitatori, convincessero gli altri a rientrare, ma il gruppo e l’orgoglio di non mostrarsi deboli e codardi aveva vinto sul buon senso.
Perfino il gestore si era avvicinato alla finestra, pregando la divinità di non fare scherzi e ricevendo un sorriso di conforto dal rosso, salvo poi concentrarsi verso i sciatori che entravano nella hall dell’albergo.
Scott riusciva a riconoscere facilmente le varie sagome che entravano in quel momento, anche se una di loro, seduta a crogiolarsi vicino al fuoco emanato dal camino, riuscì ad attirare la sua attenzione.
“Glielo hai detto alla fine?” Chiese il rosso, fissando il compagno di classe inquieto e assente allo stesso tempo.
“Sì.”
“Non ne sembri felice.”
“Sto riflettendo.”
“Hai fatto la scelta migliore.” Borbottò Scott.
“Come puoi sapere quale scelta ho intrapreso?”
“Non lo so infatti. Vederti così però è un segnale sufficiente.”
“Ero così anche ieri.”
“Ieri non eri distratto.” Lo punzecchiò il rosso con un ghigno.
“Temo di aver fatto una cazzata alla festa.”
“Dovevi pensarci subito e non in questi giorni.”
“Credevo di riuscire a tenerlo per tutta la vita.” Ammise il moro, facendo negare il suo interlocutore.
“Da quanto lo nascondi?”
“Alcune settimane.”
“Non avrai detto a Zoey questa cosa, spero.” Sbuffò il rosso.
“Su questo ho evitato.”
“Raccontare una mezza verità è molto meglio che cullarsi in un’eterna bugia. Magari un giorno, ci riderai su e potrai raccontarle tutta la storia, anche se te lo sconsiglio vivamente.”
“E tu come sai tutte queste cose?”
“Ad essere sinceri non lo so.” Borbottò il rosso.
“Come fai allora?”
“Hai mai avuto la sensazione di conoscere qualcosa senza sapere il come?” Sussurrò Scott, stringendosi nelle spalle.
“Credo di no.”
“A me succede di continuo.”
“So solo che sono riuscito a sistemare le cose con Zoey.” Riprese il moro, tornando a sorridere dopo una giornata difficile.
“Ne sono sollevato.”
“Se posso fare qualcosa per te, basta dirlo.” Ricominciò Mike, mentre il compagno era tornato a fissare il panorama fuori dalla finestra.
Nel vedere quella lieve nevicata e l’orario, ancora lontano dalle 19, gli era tornata la voglia di concedersi una sciata.
Nella sua mente era ancora presente la leggenda che il gestore gli aveva raccontato, ma restare senza fare nulla non era da lui.
Doveva pur trovarsi qualcosa con cui ammazzare il tempo e quella era l’unica attività su cui poteva tuffarsi.
“Non tradire più Zoey.” Rispose con voce demoniaca, facendolo trasalire.
“Sarà fatto.”
“Una volta è semplice correzione, ma alla seconda è perversione.”
“E tu, Scott?” Domandò il moro.
“Io?”
“Sei mai stato innamorato o fidanzato?”
“Perché vuoi saperlo?” Chiese il rosso, sfiorando la finestra che iniziava ad appannarsi e concentrandosi sulla montagna che si stendeva maestosa.
“Vorrei solo conoscerti meglio.”
“Non so nemmeno cosa sia l’amore.” Sbuffò, dandogli le spalle.
“E ti riesce di dare simili consigli?”
“Perché ti ostini tanto a conoscere un qualcosa di cui non capirai mai le motivazioni? Non sarebbe più semplice continuare come se nulla fosse successo, piuttosto d’intestardirsi?”
“Mai che si possa parlare con te senza problemi.” Sbottò Mike, alzandosi in piedi.
“Dovresti sapere come sono fatto.”
“Se ti sforzassi a parlare con noi, sarebbe meglio.” Gli fece notare il moro, facendolo annuire appena.
“Non vedo il problema.”
“Un giorno dovrai mollare questa freddezza.”
“E va bene, rompiscatole. Tempo fa anch’io sono stato innamorato, ma ho dovuto dimenticarla perché era la cosa più giusta da fare.” Sussurrò il rosso, girando la testa nella direzione del compagno.
“Ci sei riuscito?”
“Te l’ha mai detto nessuno che sei un ficcanaso? Normalmente direi che tutto dipende dalla forza d’animo della persona o dal legame che l’unisce alla ragazza, ma non questa volta. Io mi vanto d’esserci riuscito, ma voi non ne sareste in grado.”
“Come?” Domandò Mike.
“Tu dimenticheresti Zoey? Da quel che ho visto credo di no.” Borbottò il rosso, avviandosi verso l’uscita.
Scott sapeva che nessuno avrebbe mai compreso la sua scelta.
Lui era riuscito a buttarsi via pur di non farle sapere la verità.
Forse se avesse tentato non si sarebbe demoralizzato così tanto, anche se ormai era tardi per lamentarsi.
Troppi anni erano scesi e lui non era più quello di un tempo.
Non ricordava nemmeno com’era e non se la sentiva di ripresentarsi e di dichiararle i suoi sentimenti.
Già una volta non era stato corrisposto ed era stato costretto ad allontanarsi, ponendo su quello strappo una pezza che rischiava di scucirsi.
Ricordava quando la osservava da lontano.
Meravigliato dalla sua unicità non aveva mai trovato il coraggio di avvicinarsi.
Si accontentava che lei fosse felice per ritenersi soddisfatto.
Poi aveva iniziato a chiedersi se fosse il caso d’osare oppure di restare in disparte.
Il destino aveva già fatto la sua scelta e lui non era considerato nella trama principale. Scott si era ritrovato confuso, nel mezzo di un’infelice verità e aveva preferito voltare le spalle a lei, al caso, alla sua sicurezza e scappare.
Non era fiero di tutto quello che aveva fatto, ma era sicuro che l’avrebbe rifatto senza sentirsi in colpa.
 
Una nuova sciata gli avrebbe fatto dimenticare anche quella faccenda.
Mancavano pochi minuti alle 19, tempo limite fissato dai professori e il cielo grigio non lasciava presagire nulla di buono.
Molti visitatori si erano rintanati nell’albergo e la neve sempre più fitta impediva di scorgere il paesaggio tutto intorno.
Quella che era iniziata come una semplice nevicata stava peggiorando sempre più.
Conscio che fosse troppo rischioso continuare, Scott decise di concedersi l’ultima discesa di quella giornata.
Fu nel scendere dalla seggiovia e nel compiere qualche passo verso la vetta che respirò l’aria frizzante.
Non era strano che il numero di sciatori fosse diminuito, ma vi era una sensazione che lo attanagliava.
L’aveva riscontrata quando, all’inizio del versante, la rete di separazione tra bosco e piste aveva ceduto.
All’inizio si era quasi convinto che vi fossero dei segni di sci.
Si era, quindi, avviato un’ultima volta verso quello sbarramento, ma la neve che scendeva copiosa unita alla sua stanchezza lo avevano convinto che stesse sbagliando.
Quei segni erano talmente lievi che gli sembrava inverosimile che qualcuno potesse essere uscito di pista, sfondando del tutto la recinzione.
Con fatica si era convinto che quel cedimento fosse presente ormai da giorni e che l’avesse ignorato per tutto il tempo.
Magari gli operatori l’avrebbero sistemata non appena le condizioni fossero migliorate a tal punto da permetterne i lavori.
Oltre a questo c’era un’altra cosa a tranquillizzarlo: se lui non si era fatto male, nessun altro poteva rischiare qualcosa.
Era pronto a metterci la mano sul fuoco.
Senza ritornarci su, si avviò verso l’albergo, varcandone la porta, in attesa che Chris e Chef si palesassero per l’appello.





Angolo autore:

Per alcuni di voi sara elementare capire cosa accadrà e pertanto vi pregherei di non rovinare l'attesa degli altri lettori.

Ryuk: La leggenda della regina del gelo.

So che sembra demenziale, ma le leggende come quelle giapponesi le adoro terribilmente.
Prima di dilungarmi, mi scuso per eventuali errori e vi ringrazio per l'interesse che continuate a dimostrare.

Ryuk: Non è tutto.

Ancora poche recensioni e supererò il mio vecchio record di Naruto e questo mi renderà felice.

Ryuk: E fatelo contento per una volta? Non vi fa tenerezza rocchi e il suo sguardo da cane bastonato?

Ehi!
Non esagerare.
E comunque è un bel traguardo.
Detto questo e ringraziandovi per le recensoni, i consigli e i complimenti vi saluto.
Alla prossima!
   
 
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