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Autore: Susannah_Dean    13/09/2017    4 recensioni
Un'esplosione in un quartiere di periferia, un mistero da risolvere e un pericolo da combattere. Una giornata come le altre su Mobius, se non fosse per un passato che non vuole essere dimenticato e dei legami impossibili da spezzare. Riusciranno i nostri eroi a salvare la situazione ancora una volta, o sarà il destino a lasciarli senza scampo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Knuckles the Echidna, Rouge the Bat, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Se Vector aveva pensato che con la luce del giorno la situazione sarebbe sembrata più rosea, si era sbagliato di grosso.
Infatti, se era vero che adesso poteva vedere in che razza di posto si trovassero, era anche vero che nessuno di loro aveva assolutamente idea di dove esso fosse. Inoltre, il coccodrillo avrebbe volentieri speso altre dodici ore al buio pur di non vedere gli occhi disperati di tutta quella gente esausta.
E ce n’era ovunque, di gente. Hecale sosteneva che fossero tutti suoi vicini, abitanti della stessa strada…tranne Vector stesso, a quanto sembrava, e magari Charmy ed Espio, se fosse riuscito a trovarli.
Hecale era la donna che aveva visto al risveglio, la notte prima. Era un lupo di una certa età, col pelo dorato scolorito dagli anni e penetranti occhi verdi, ancora bella nonostante la stanchezza data dalla notte insonne. Vector era stato pronto a travolgerla per cercare di scappare da quel posto, ma lei gli aveva spiegato che erano tutti sulla stessa barca, e che in ogni caso nessuno aveva ancora trovato una via di fuga. Apparentemente erano bloccati in una piccola valle, circondata da montagne, e non si vedeva nessuna strada ad un’altezza abbordabile.
- Quindi vi siete trovati qui senza sapere come né perché? Sembra impossibile – mugugnò il coccodrillo, osservando le persone a cui passavano accanto. Molti vagavano apparentemente senza meta, guardandosi intorno con occhi appannati. Anche quelli che sembravano avere qualcosa da fare (una giovane donna che allattava un neonato, bambini che giocavano con la sabbia delle strade) fissavano il vuoto come se potessero trovarci una risposta. Era davvero inquietante.
- Eppure è così. – Hecale sembrava una dei pochi che non sembravano del tutto scioccati da ciò che era avvenuto. Camminava con seria determinazione, come se stessero andando in un posto preciso e non girando a vuoto alla ricerca degli amici di Vector. – Nessuno sa cosa sia accaduto. Un momento eravamo in casa, o sulla strada, e il momento dopo eravamo qui. Presumo sia accaduto lo stesso anche a te.
- Già. Ma c’erano anche altri due con me. Vorrei sapere dove diavolo sono finiti.
- Saranno qui anche loro. Nessuno si è trovato vicino alle persone con cui era a casa. Io non ho ancora visto i miei vicini di pianerottolo, ma Zenit era a pochi metri da me, e lui abita dall’altra parte della strada. – La donna si voltò verso il ragazzo, che camminava dietro di loro, e allungò una mano. – A te credo sia andata bene, vero, tesoro?
Zenit non rispose, ma lasciò che Hecale gli carezzasse la testa senza protestare.
Il giovane leone era un altro mistero. Nella manciata di ore da quando Vector aveva ripreso conoscenza, Zenit era passato da momenti di silenzio assoluto ad altri di intensa loquacità. Sembrava affascinato dal coccodrillo, comunque, e continuava a seguirlo dovunque andasse…Ma senza mai guardarlo negli occhi. Il suo animo da detective lo avrebbe trovato sospetto, se dal comportamento protettivo di Hecale non fosse risultato palese che c’era un problema.
Avrebbe indagato più tardi, in ogni caso. Prima di tutto gli sarebbe piaciuto capire in che razza di città fossero stati trasportati.
Vector non era mai stato un esperto di geografia, ma era abbastanza sicuro di non aver mai visto un posto simile. Le strade erano di terra battuta, e sembrava che lo stesso valesse anche per le case. La sua prima impressione, di immensi castelli di sabbia, non era stata del tutto errata. Alla luce del sole somigliavano davvero al lavoro di un bambino gigante, con le loro forme irregolari, il loro colore giallo-rossastro e le finestre senza vetri. Più che a una città della loro epoca, ricordava l’illustrazione di un libro di storia, più o meno del periodo dell’invenzione della ruota…se uomini di quei secoli si fossero messi a costruire torri alte come condomini.
Tuttavia, non sembrava che fosse rimasta abbandonata così a lungo. La tenda della stanza in cui si era svegliato era vecchia e consumata, ma se non si era sbriciolata voleva dire che non poteva avere più un tot di decenni. Gli edifici stessi sarebbero dovuti cadere a pezzi, se si fosse trattato di un tempo più lungo, ma erano ancora ben in forma. Hecale gli aveva detto che qualcuno aveva trovato piatti ed utensili nascosti all’interno, ma non cibo.
- Ancora non ho capito come nessuno sia entrato nel panico, senza cibo – borbottò Vector, lasciandosi trascinare in giro dalla donna. Non avevano una meta precisa: a quanto pareva c’era una piazza centrale in quella città misteriosa, ma le persone erano troppe e troppo confuse per usarla come punto di ritrovo. Preferivano continuare a vagare, esplorando le strade e cercando amici e familiari, e il coccodrillo era costretto a fare lo stesso, nella speranza di intravedere un’ape o un camaleonte viola. Intanto, almeno, poteva continuare ad esporre i propri dubbi ad Hecale…e farsi inseguire da Zenit, che non si perdeva un loro passo. – Questo posto è già abbastanza spettrale così com’è, ma l’idea di morirci di fame…dovrebbero essere tutti molto più spaventati. – Stava iniziando lui stesso a sentire un po’ di paura ma non l’avrebbe certo dato a vedere. Era un vero duro, lui.
- Ma ci sono cose da mangiare. – Hecale lo guardò con un sorriso di scusa, affascinante nonostante la tensione. – Mi dispiace, non sono stata abbastanza chiara. Abbiamo trovato delle cibarie, non nelle case ma nella piazza. Non so quanto ne sia rimasto: ne hanno arraffato tutti in massa, pensando che sarebbe scomparso subito, e quando hanno pensato di nasconderlo e razionarlo era già tardi. Però ce n’è, è solo…è una cosa strana.
- Non vedo cosa potrebbe esserci di più strano di quello che sto vedendo.
La donna fece una breve risata senza traccia di divertimento. – Resteresti sorpreso. Hai detto di essere un detective: risolvi questo caso, allora. Siamo in un posto quasi preistorico, e anche se non sembra essere rimasto disabitato così a lungo, gli unici resti di cibo che uno dovrebbe trovare dovrebbero essere altrettanto primitivi, carne salata o grano. E allora perché nella piazza abbiamo trovato solo provviste moderne?
- Cosa? – Chiese Vector, colto alla sprovvista.
- Lo giuro. La piazza non sembra avere meno secoli di tutti gli altri posti, ma nel mezzo c’erano scatolette e pacchetti, tutti ancora lontani dalla scadenza. Quindi ti chiedo, ragazzo: riesci a spiegarmi come ci sono finiti, qui? E se sono arrivati allo stesso modo in cui siamo arrivati noi, com’è successo? E chi avrebbe mai potuto farlo?
 
 

Rouge dovette ringraziare ancora una volta la GUN per tutte le possibilità che le dava.
Nessun visitatore sarebbe potuto entrare nella prigione al di fuori degli orari prestabiliti, ma per lei furono sufficienti il proprio tesserino e un paio di telefonate tattiche per vedersi aprire davanti tutte le porte necessarie, anche se era palese quanto gli agenti che le mostravano la strada fossero perplessi. Le agenzie di alto livello come la sua entravano raramente in contatto con semplici detenuti.
In ogni caso, ora aveva a disposizione tutto il tempo che le serviva. Fu accompagnata in una saletta con un tavolo e un paio di sedie e le fu detto di aspettare, cosa che Rouge era ben felice di fare. Aveva bisogno di tempo per riprendere la calma. Non poteva lasciarsi trascinare dai ricordi, non ora che aveva bisogno di informazioni.
Quando però la porta si riaprì e Lucan entrò accompagnato da una guardia, si rese conto in fretta che non sarebbe mai riuscita a mantenere del tutto il controllo.
Dire che Lucan non era cambiato sarebbe stata una bugia; gli anni erano passati per lui come sicuramente erano passati per Rouge. Il ragazzo atletico di Stormtop Lane era svanito, e al suo posto c’era una lince adulta e drasticamente dimagrita. La sua pelliccia dorata era arruffata e non più lustra come in passato, e quando si sedette di fronte a lui la pipistrellina notò una cicatrice sul collo che non aveva mai visto prima.
- Guarda chi si è fatta vedere – disse, con chiaro divertimento nella voce. – L’ultima volta che ti ho visto eri alta così.
Rouge fece cenno alla guardia di andarsene. Mentre quest’ultima usciva, rivolse a Lucan uno sguardo che sperava contenesse abbastanza serietà. – L’ultima volta che mi hai visto avevo sedici anni e tu mi stavi regalando una pistola. Dubito che potessi essere così piccola.
Questa volta l’altro scoppiò a ridere apertamente. Mentre aspettava che si calmasse, Rouge (che stava combattendo l’istinto di sorridere a sua volta) notò che così dimostrava davvero la sua età. Aveva solo quattro anni in più di lei, in fondo, ma solo con l’espressione così rilassata gli avrebbe dato meno di trent’anni. Che cosa gli hanno fatto?
Quando finalmente si ricompose, Lucan le rivolse un sorriso smagliante. – Mi eri mancata, dolcezza. Questo posto è così triste, non c’è abbastanza bellezza in giro.
- Come sei finito qui? Quale reato hai commesso?
La lince agitò la mano con nonchalance. – Sinceramente non ricordo. L’unico che sono riusciti a provare, in ogni caso. Comunque, a parte la noia, non si sta così male. Posso rilassarmi e non fare niente, almeno finché non esco.
Rouge scosse la testa. Caratterialmente non era cambiato affatto. – Immagino che laggiù non vedano l’ora di riaverti nei loro ranghi.
Il sorriso si spense sul volto di Lucan. – Già. Che vuoi farci, la vita è una piaga. – Cambiò posizione, tornando sulla difensiva. – Non credo che tu sia venuta qui per chiacchierare, però.
- No, infatti. – Le era mancato, però, potergli parlare così. Dannato dovere che chiamava. – Hai sentito di cosa è successo a Stormtop Lane?
Lui annuì. -  Non hanno detto molto alla tv. Sono scomparsi quasi tutti, hanno detto, tranne una lista di persone che hanno elencato. Mi pare di aver sentito il nome di mio fratello, ma nessuno taceva in sala comune e non ne sono sicuro. Ne sai qualcosa?
- L’ho visto con i miei occhi. Sta bene, ma è un po’ scosso.
- E ci credo. Non puoi portarlo a trovarmi?
- Vedrò cosa posso fare. – Avrebbe preferito non essere così burocratica, ma difficilmente le avrebbero lasciato mano libera con il bambino.
L’espressione di Lucan cambiò così in fretta che Rouge riuscì a malapena a decifrarla prima che iniziasse a parlare di nuovo. Rabbia, tristezza, disgusto: c’era tutto. - Lo sai che mi mancano solo un paio di lavoretti e poi potrò permettermi di mandarlo da un medico vero? Quello che sto facendo, lo sto facendo per lui. Perché possa sentire. E intanto tu sei uscita dal giro e stai lì a decidere se posso vederlo o no, come una cazzo di dea scesa in terra.
- Avresti potuto uscirne anche tu. L’opportunità c’era, Lucan. Dovevi solo coglierla.
Non ci fu risposta. Lucan non distolse lo sguardo, tuttavia, e rimase a fissarla con aria da accusatore. Rouge sospirò; era andato tutto storto, quel briciolo di atmosfera familiare che avevano creato era svanito. Non le restava altro da fare che tirare fuori la fotografia e sperare di cavarne qualcosa di utile.
Quando la appoggiò sul tavolo, il suo antico amico interruppe il contatto visivo giusto il tempo di lanciare un’occhiata all’immagine riprodotta prima di tornare a fissarla. – Cosa significa questo?
- Quell’estate. Te la ricordi?
- E come faccio a dimenticarla? – Lucan raccolse l’istantanea e la osservò, come tentando di assorbire ogni dettaglio. – E’ per quella che te ne sei dovuta andare. Hecale ti ha fatto resistere per quanto, quattro anni? Ma alla fine te ne sei andata lo stesso.
Avrebbe potuto dirgli che era tornata, qualche volta. Avrebbe potuto raccontargli di quelle sere in cui era uscita dalla finestra di sua madre e aveva sorvolato l’intera strada, prima di andarsene. Ma non poteva, perché avrebbe dovuto spiegargli che non era mai venuta a cercarlo, per paura di trovarlo morto o già in prigione.
Continuò invece a fare pressione, perché quello era il suo lavoro. – Ricordi quale compito mi avevano dato? La mia…iniziazione, diciamo?
- Smettila di farmi domande stupide. Ero con te la maggior parte del tempo. Dovevi portare quella maledetta pietra da una base all’altra.
Eccolo lì. Il ricordo che aveva scavato fuori guardando le fotografie. Rouge fece un respiro profondo, sperando che la sua agitazione non trasparisse troppo. – Chi era stato a volere quella pietra? A chi l’avevano venduta?
- Non lo so. Vedevo passare un sacco di persone, anche perché volevano che fossi troppo coinvolto per tradirli. – Lucan lasciò cadere la fotografia e incrociò le braccia. – Se non hai un nome o qualche dettaglio, non posso aiutarti.
Era quello in cui non aveva osato sperare. Senza aggiungere altro, la donna tirò fuori il disegno che Logan aveva fatto all’ospedale e glielo passò. Mentre lui lo esaminava, Rouge riprese in mano la fotografia e la osservò di nuovo. Non era caratteristica come le finte foto segnaletiche; il ragazzo e la bambina con abiti troppo grandi per lei avrebbero potuto appartenere a qualunque quartiere, e lo stesso valeva per il muro coperto di graffiti davanti a cui stavano abbracciati. Loro, però, sapevano cosa c’era dietro. Sapevano in quale punto di Stormtop Lane era stata scattata, e in quale momento delle loro vite.
L’immagine di Knuckles le apparve inaspettata nella mente. Rouge era abbastanza convinta che l’echidna avesse iniziato a ricoprire il ruolo di Guardiano molto giovane: chissà se era stato lui ad infilarsi nella loro strada, tanti anni prima, o se era rimasto da solo sulla sua isola, mentre la ragazzina della foto, poco più grande di lui, correva da una parte all’altra per conto di una gang, trasportando uno Smeraldo del Caos senza conoscerne il vero valore.
- Questo lo ha fatto mio fratello, vero? – Lucan la costrinse a riscuotersi dalle proprie fantasie. Aveva un piccolissimo sorriso disegnato sul volto, e teneva il foglio di carta spiegazzato come se fosse oro puro.
- Sì.
- Tipico. Scommetto che lo ha fatto in fretta, certe cose le fa solo di corsa. – La lince appoggiò il ritratto con estrema delicatezza sul tavolo. – Comunque sì, mi ricordo di questo tizio.
Rouge si sporse in avanti, sentendo una scarica di adrenalina nelle vene. - Davvero?
- Già. Però non era in bianco e nero, ovviamente. Aveva la pelliccia rossa. – Aggrottò le sopracciglia. – Non era giovane. Era più vecchio di me adesso, e aveva la barba.
Non Knuckles. Non Knuckles. – Ricordi anche un nome? Anche solo un pezzo?
- Nient’altro. E’ già un miracolo, no? – Il sorriso sardonico era tornato, anche se il suo sguardo era più duro che all’inizio. – Se non hai nient’altro da dire, non posso più aiutarti.
- Grazie. Sei stato più utile di quanto immagini – disse la pipistrellina, alzandosi in piedi.
- Non so neanche cosa c’entri quella roba della gente sparita con questa storia, ma non penso che me lo dirai. Immagino sia top secret. – Lucan indicò il disegno. – Posso tenerlo?
Rouge scosse la testa. – Mi dispiace. E’ una prova.
Non ci fu replica. Lucan le lasciò prendere il foglio senza dire niente, e continuò a tacere mentre lei si avvicinava alla porta. Quel silenzio era opprimente. Avrebbe preferito che lui dicesse qualcosa, qualunque cosa, che la insultasse, le desse la colpa di tutto. Diamine, avrebbe voluto abbracciarlo, toccargli quelle mani dimagrite e dirle che le dispiaceva.
Ma erano passati troppi anni. Tutto quello che le uscì dalla bocca fu: - Prometto che cercherò di portare qui tuo fratello.
Di nuovo, Lucan non rispose. Ma mentre usciva e faceva cenno alla guardia di entrare, le parve di vedergli scuotere la testa.
 

Ma chi è che compare con tutta questa rapidità? Sono io! Magia!
Lo so che non vi mancavo, ma ho aggiornato lo stesso perché spero che almeno Vector e co.vi mancassero. Prendetela come una consolazione per chi fra voi ha ricominciato la scuola.
Come al solito, se vedete degli errori ditemelo perché anche se rileggo i capitoli mi scappano sempre, e spero di vedervi fra le recensioni. Au revoir!
Suze
   
 
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