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Autore: Chiara32    15/09/2017    0 recensioni
Questa storia parlerà di un uomo che dopo la morte dei suoi genitori di un amore falso ricomincia quasi a vivere da single.
In un'altra parte della città una donna che fa il medico e le piace il suo lavoro un giorno le loro vite si uniscono e si incontrano senza sapere che la loro vita verrà segnata proprio in quei pochi minuti passati insieme.
Passeranno momenti difficili, ci saranno equivoci e inoltre capiranno che il loro amore sta nascendo dal nulla.
Ma proprio quando lui cerca di avere un’altra possibilità scopre che lei ha avuto un incidente, entrata in coma cerca di dirle quello che non ha potuto dire prima e poi…
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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Capitolo 3
 
 
“E’sicuro di quello che mi dice?”
“Certo”
“Non oso chiederle della spalla, perché se non riesco a crederle per le altre ferite figuriamoci se..., si fermo di colpo, e senza proseguire col discorso finì;
mi limiterò a fare solamente il mio lavoro!”
“Non mi era mai capitato un caso come questo!” Disse incredula vedendo quei
graffi profondi in pieno petto e  la spalla  che continuava a sanguinare.
Era inconcepibile pensare a come si poteva essersi  graffiato e lei ebbe per un
attimo paura di saperlo.
Cambiò idea e prese tutto il coraggio a due mani facendogli quella domanda
che lui si stava aspettando.
“C…come si è fatto quei graffi?” Pronunciò tenendo le mani attaccate ai bordi 
della scrivania dietro di sé.
“È difficile dirle…”
“Devo saperlo!” Lo interruppe lei.
“Ok, se è quello che vuole!”
“ Mi risponda…”
Eddy prese fiato e guardandola  dritto negli occhi  le raccontò quello che era accaduto  la sera   precedente cercando di  stare calmo e di non omettere
nessun particolare.
“Mi sono svegliato durante la notte e degli  sentendo degli strani rumori in casa
sono sceso in cucina dove il rumore continuava  di passo in passo.
 Mi sono avvicinato all’armadietto che sbatteva…”
“C’era il vento? Lo interruppe di nuovo con voce fredda”
“No, la finestra era chiusa, era buio e non ho potuto vedere quel…si bloccò per qualche secondo, quel gatto nero enorme e con quegli occhi rosso sangue”
“Per caso lei ha bevuto ieri notte?” Chiese senza nessun riguardo alla sua paura.       
“Come posso bere se… se sono astemio!”
A quella risposta, la dottoressa lo studiò attentamente  e vide la paura aumentare
 sul suo volto e quasi tremava al ricordo di ciò che gli era accaduto.
Era difficile aiutarlo senza aver fiducia in lui, pensare al tremito che aveva le mandava strani brividi lungo la schiena a pensare quale cosa spaventosa avesse incontrato la sera precedente. 
“In questo caso, io sono anche psichiatra” disse senza cambiare opinione.
“Mi ha già dato prova di avere un problema da risolvere”
“Io non sono pazzo!”
“Non ho detto che lei lo sia, ho chiesto di poter capire insieme  il suo stato d’animo
e perché è così  spaventato”
“Lei ha bisogno di farsi curare, ma da uno bravo!”
Voleva usare questa tattica per spingerlo a dirle la verità e non fece che fargli aumentare l’insicurezza per quello che gli dimostrava senza risultati.                        
Edward scosse la testa, guardava  in basso senza riuscire a capire perché lei
non voleva credergli.
 
“Perché non mi vuole credere?” Le chiese stanco e dolorante.
“Come faccio a crederle, quello che mi dice è impossibile, sicuro di non aver guardato un brutto film o di voler inventare storielle per farmi perdere tempo?”
“Ha visto le mie ferite!” Le indicò la spalla.
“Si, le ho viste e non mi sembrano affatto normali!” Rispose quasi spaventata
“Appunto, come posso essermi fatto delle ferite così?”
“Me  lo dica lei con cosa mi sono ferito!”
La dottoressa rimase paralizzata, iniziava a credergli e si sentiva confusa,
piena di paure che non aveva  ancora provato.
Lei si sbloccò da quella posizione e  all’improvviso prese la cornetta in mano e mantenendo la   calma  formulò un numero di telefono.
“Che cosa sta facendo?” Chiese in tono preoccupato.
“Sto cercando di mettermi in contatto con  un mio amico, anche lui è medico e magari mi potrà spiegare come si è procurato quei graffi”
“Preferirei che non lo facesse dottoressa”    
“Perché no?” Chiese curiosa mentre lo ascoltava.
Eddy abbassò la testa  e prima  che lei  si voltasse dalla parte opposta a bassa
voce  le rivelò il motivo  per il quale lei non poteva dirlo a nessuno.                            
“Mi creda, anche io ho paura!”                               
“In che senso?” Gli domandò incerta.
Lui alzò  il viso e la guardò negli occhi, cercando di restare tranquillo per non
farla agitare più di quello che era già..
“Se lei lo farà mi useranno  come oggetto da studiare, il mio corpo, la mia mente, non potrò più vivere come prima  perché mi ricorderei  il motivo e lei…”       
“E io invece?”
“Lei invece proverà  sulla sua pelle cosa vuoldire essere vittima di qualcosa   d’oscuro, senza poter capire perché, a che scopo, lei  si sentirà così male  che
più nessuno la potrà aiutare!  Solamente io”
Le parole del ragazzo  bastarono per convincerla del tutto.
Sconcertata e dubbiosa aveva una strana paura che la spinse a riflettere sul
caso strano di cui stavano parlando e anche su di lui.                                                                                                                                                                                     
“Che cosa posso fare per te, Edward?” Finalmente gli sorrise.
Appena si sentì chiamare per nome  il suo cuore inizio a battere più forte, era
una bella sensazione sentirla parlare con un po’ di calore.
Sorridendo a sua volta, si riprese e nel guardarla per un secondo gli sembrava  d’aver visto un’ombra passarle attraverso e poi svanì.
“Vorrei che lei non rimanesse sola…”si sorprese anche lui d’averlo detto.
“Non sono sola, ho la mia casa e i miei pazienti e inoltre…”si fermò a pensare
se dovesse dirgli la verità, ma si rese conto che non doveva nascondere nulla.
C’era già qualcosa che occupava già da tempo la sua vita e quindi  senza
continuare a girarci intorno finì la frase.
“Sto bene da sola!”
Edward rimase incollato alla sedia dove era seduto, quelle parole ebbero su di lui
il potere di farlo sentire di troppo, così preferì cambiare  discorso e lasciar perdere.
Una risposta l’aveva avuta, era da sola per scelta e quel motivo lo mandava in bestia
che un angelo come lei non riempisse la vita di un uomo come lui.
Ma dopo qualche secondo pensò che forse avrebbe potuto provarci senza il
pericolo di un ragazzo geloso.
“Bene, allora  se non  dobbiamo dirci più nulla io torno a casa, ho migliaia di cose da fare e non posso perdere più tempo qui”
“Stia attento per favore” la voce della dottoressa sembrò quasi  preoccuparsi
molto della sua salute e lui prima di chiudere la porta alle sue spalle gli fece
una sola domanda.
“Qual è il suo nome?” si permise lui.
“Eveline Tasker”
“Arrivederci  Eveline”
“Aspetta un momento! Cercò di fermarlo.
Lui si voltò sorpreso che avesse chiamato in quel modo un paziente.
“Prendi  questo biglietto, se ti senti male o hai voglia di sfogarti  chiamami
a questo numero”                                                                                                                       
“E se fossi tu ad avere bisogno di me?”    
“Sono una dottoressa, perché dovrei  star male?”
“Però sei una donna e anche tu potresti avere problemi”
“Ti ho detto poco fa che so badare a me stessa,  la mia vita non rischia nulla”
 Eddy prese un foglietto e con una penna cominciò a scrivere dei numeri.
 “Questo è il mio numero, se hai problemi gravi   di cui non puoi parlare a
nessuno chiamami, e  se ti senti sola, chiamami”
Eddy era uscito, ed Eveline teneva quel numero ancora stretto fra le mani 
finché si era decisa a buttarlo nella sua borsa  e a fare entrare  un altro paziente.
 Al ritorno della sua visita avuta con la dottoressa Eddy si buttò di piombo sul
divano e non sapendo cosa fare, in quel momento prese un libro  dallo scaffale accanto al divano e ne scelse uno che non parlasse d’amore.
La sua ultima storia risaliva a quattro mesi prima; non era stato facile farsi dimenticare quel giorno in cui era rientrato presto dal lavoro.
Erano quattro anni che stava con Susan  ed era felice perché per quell’occasione
le aveva fatto come regalo un ciondolo  d’oro bianco  e un cuore con una scritta piccola incisa sopra.
 
“Ringrazio il signore  per avermi fatto nascere uomo e per aver fatto te  donna, perché il sole e la luna  non possono amarsi come noi”
 
 
 
 
 
 
Era nel salotto e non aveva udito altro che versi, pensò subito  che stesse dormendo
e piano senza far rumore aprì la porta avvicinata e alzò gli occhi.
“Amore sono tornato, buon anniversario!”
 Lei non stava dormendo affatto, era a letto con un altro, di botto la sua faccia s’incupì mentre quella di lei  somigliava ad  una statua terrorizzata  e imbarazzata.
 Non ci volle molto perché lui si arrabbiasse, senza più alcun  rispetto di lei
la cacciò così com’era insieme al suo amante.
 Sbatté la porta e in preda alla furia lanciò in aria il suo regalo.
 Edward si precipitò a cercare nel cassetto  del comodino uno scrigno, quando lo aprì il ciondolo luccicava  in un modo speciale, quasi come se dicesse;
 
 
“Vorrei non essere dimenticato”
 
 
Chiuse lo scrigno con dentro il ciondolo e si sdraiò sul divano a leggere un libro
 di fantascienza.
Troppi pensieri aveva nella testa, non poteva leggere senza pensare a lei, Eveline
era una ragazza davvero carina e i suoi occhi gli trasmettevano  pace e speranza, facendolo sogni  faceva un tempo.
 Non si accorse d’essere stanco e che il  libro era cambiato, al posto di una pietra
scientificamente detta aliena sulla copertina, c’era  disegnata l’immagine di una donna, era magra, capelli rossi  e occhi verdi che parevano essere veri.
 Ad un tratto si mosse, gli fece l’occhiolino e uscì  dal libro materializzandosi
davanti a lui, aveva un abito bianco e i suoi capelli erano sciolti.
 Emanava una luce meravigliosa, tanto da attirarlo con i suoi occhi smeraldo e lui
si sentì prigioniero di quella strana magia.
La donna gli venne vicino e lui poteva sentire il suo corpo, però non voleva sognare la desiderava  veramente così le venne vicino e quando i loro corpi furono attaccati la sensazione di  benessere cambiò e si trasformò in qualcosa d’orrendo.
 Aprì gli occhi, non vi era più quella luce chiara che  vedeva, solo un gran corpo peloso e nero, decise di scansarsi perché lo stringeva troppo, ritrovandosi occhi negli occhi.
Grandi occhi rossi e cattivi lo guardavano a pochi centimetri dalla sua faccia;
Eddy si fece scappare un urlo di terrore, la bestia lo acchiappò  per la spalla e cominciò a spremergliela senza nessuna pietà.
Inutile dire che stava soffrendo, i suoi occhi erano quasi chiusi dal pianto, la sua bocca era aperta  per lasciare che almeno la sua voce si liberasse nell’aria
da quel mostro.
Non aveva mai provato tanto dolore fisico in vita sua, almeno non così.
Davanti agli occhi vedeva tutta la sua vita, le sue esperienze dolorose e nessuna
 si poteva confrontare con quello che provava in quegli istanti.      
 
 
 
   
 
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