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Autore: paige95    15/09/2017    1 recensioni
Un amore grande può essere veramente finito?
/Almeno vent’anni di matrimonio alle spalle e due figli adolescenti. Ron e Hermione però - nonostante i presupposti potrebbero far pensare il contrario - non avevano esitato a firmare il loro divorzio, la fine della loro vita insieme e il fallimento del loro amore. /
Dedicata con grande affetto a HarryPotter394
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Hugo Weasley, Ron Weasley, Rose Weasley, Un po' tutti | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Legami di sangue
 
Rose provò con quel flebile tentativo a recuperare due anni di lontananza, ma ovviamente fallì. E allo stesso modo anche il fratello cercò di incentivare Ron a muovere i primi passi per un possibile riavvicinamento.
 
I due ragazzi però non avevano alcuna intenzione di arrendersi, erano arcistufi di quella situazione, rivolevano indietro la loro famiglia e tutti quei piccoli momenti di vita quotidiana vissuti insieme ai genitori. Dopotutto erano Grifodoro e dovevano rendere onore a quella Casa, quindi campo libero ad ogni sorta di strategia, di idea, anche se avessero dovuto spingerli fisicamente l’uno tra le braccia dell’altro, lo avrebbero fatto. Davvero un peccato che non fosse concesso loro di usare la magia fuori dalla Scuola, perché sicuramente un paio di incantesimi avrebbero fatto davvero comodo. Ma pazienza, avrebbero riposto tutto sulle sole forze mentali e fisiche.
 
E poi cosa c’era di più solido dei sentimenti? Non potevano credere che i loro genitori così innamorati, così dannatamente rispettosi e attenti l’uno dell’altro, avessero davvero gettato la spugna, credendo che la soluzione migliore per tutti fosse il divorzio.
 
Ma, poi, quale soluzione migliore per tutti?! Erano diventati talmente tanto egoisti, così dannatamente concentrati su di sé, che non avevano nemmeno per l’anticamera del cervello la sofferenza che stavano provocando in quei due giovani. Loro avrebbero dato la vita per Rose e Hugo, ma non comprendevano che non servisse arrivare a tanto per riempire il cuore dei figli di una grande gioia.
 
Hermione aveva rifiutato quel sottile invito, ma avevano perso solo una battaglia e non la guerra. Mal che andasse, avrebbero rispolverato l’idea originaria della fuga, ma prima di arrivare a quello si sarebbero impegnati per ritornare ad essere la famiglia che erano sempre stati.
 
Era impressa nella memoria dei due giovani Weasley il giorno in cui i genitori comunicarono a loro quella triste notizia. Non poterono mostrare angoscia, non desideravano alimentare una sofferenza, che immaginarono essere già presente nei due sposi, si limitarono invece ad annuire, credendo che fosse il giusto comportamento per non rendere ulteriormente penosa quella situazione.
 
Rose e Hugo però non notarono alcuna lacrima sui visi delle persone difronte a loro, i loro occhi non erano nemmeno lontanamente lucidi, ma paurosamente sereni. Vi era uno accordo su tutto, persino sulla vendita della loro adorata casa. In un primo momento pensarono che fossero stati Confusi, magari da qualche donna o uomo che si fosse invaghita o invaghito di loro. Ma forse quella era solo una scusa che si raccontavano per non accettare la triste realtà. La loro famiglia stava andando letteralmente in pezzi e quegli incoscienti dei loro genitori la vivevano con una leggerezza tale da far venire i brividi. Compresero presto che non vi era alcun incantesimo in mezzo a tutta quella storia, ma solo la volontà di due adulti di terminare consensualmente una relazione durata quasi metà della loro vita.
 
Avevano rivolto promesse ai loro figli, non avrebbero sentito la mancanza di nulla, dopotutto ‘mamma e papà si separavano, ma loro sarebbero rimasti sempre i loro bambini’ e, in onore di questo, non avrebbero smesso di amarli e di accudirli.
 
Tante parole erano uscite dalla bocca di Ron e Hermione, tanti fatti erano stati messi in pratica. Ma se tutto era così irrimediabilmente logorato, se l’amore di quelle due persone era finito, perché nessuno dei due era riuscito a crearsi una nuova vita? Vivevano con la madre ed erano più che certi che non ci fosse un altro uomo, né dentro né fuori casa. Vedevano il padre meno spesso, ma quando andavano a casa sua non vi era nemmeno un piccolo indizio che facesse pensare ad un’altra relazione. Da due anni vivevano soli e possibile che non avessero avuto nemmeno la più microscopica occasione di fare nuovi incontri e conoscenze. Sì, era decisamente impossibile quell’eventualità, perché Hermione era il Ministro della Magia e Ron era un affermato Auror. Ma allora il loro cuore era già impegnato e forse lo era sempre stato.
 
Quei due anni di stallo erano profondamente insignificanti. Avevano bisogno di pensare? Potevano riflettere anche in casa, insomma avevano pur sempre la camera degli ospiti. Già, avevano, perché ora quella graziosa dimora, dove Rose e Hugo erano nati e dove avevano mosso i loro primi passi ed emesso i loro primi vagiti, non era più di loro proprietà.
 
Vi era per caso qualcosa che non sopportavano di quella convivenza? Il padre era parecchio disordinato, ma non era certo motivo di separazione, infatti dopo un paio di rimproveri e qualche minaccia - innocua – tutto tornava in ordine. La madre era alquanto precisina, ma lui non era infastidito, anzi benediva ogni mattina il cielo per averle donato una moglie così assennata che colmasse le sue mancanza.
 
Da un giorno all’altro però tutta quella armonia, quel dolce completarsi a vicenda, era finito e, a quanto sembrava, - sempre agli occhi inesperti di quei ragazzi - a Ron non mancava più la razionalità della moglie. La sua nuova casa era un disastro da cima a fondo, ogni volta un uragano passava per quella via e metteva tutto a soqquadro. E come poteva ad Hermione non mancare quella tenera e innocente confusione lasciata dal marito, perché infondo loro sapevano che la loro madre era innamorata di ogni singolo particolare di quell’uomo, lo potevano leggere nei suoi profondi occhi castani.
 
Ed eccoci arrivati al punto, a quel filo, a cui Rose e Hugo si aggrappavano disperatamente: i loro occhi. Erano i loro genitori e chi meglio di loro poteva leggere i sentimenti che provavano dagli occhi? Non vi era indifferenza, ma tanta malinconia al solo pensiero dell’ex-coniuge ed era esattamente per quella ragione, che, tranne che per motivi strettamente necessari, i ragazzi non dovevano nominare il padre o la madre davanti all’altro, perché questo avrebbe causato un’enorme apparente sofferenza. Questo era chiaro ai due giovani ed era proprio da quella consapevolezza che decisero di agire, a costo di farsi odiare, ma loro dovevano provare a ritornare alla normalità.
 
Quella sera Ron, Rose e Hugo raggiunsero l’automobile velocemente, dato che quella pioggia di inizio estate minacciava di fare ritorno.
 
Non fecero nemmeno in tempo ad allacciare le cinture di sicurezza, che la mente della ragazza venne illuminata da un pensiero.

“Papà! Credo di aver lasciato l’ombrello a casa di mamma. Lo andiamo a prendere?”
 
Il padre non riusciva a capire tutta quella urgenza, ma il fratello, che era seduto accanto a lei, comprese perfettamente le sue intenzioni e un sorriso maliziosetto si dipinse sul suo candido viso.
 
Ron guardò nello specchietto retrovisore per rispondere alla figlia.
 
“Tesoro, ho un sacco di ombrelli a casa, per due giorni puoi usare uno dei miei” fece una pausa per dare la possibilità alla ragazza di ribattere “E poi hai sentito tua madre, stasera non è a casa. Ed io non ho le chiavi” un velo di malinconia si mescolò a quelle parole
 
“Dovresti farne una copia, papà. Sai, per le emergenze”
 
L’uomo non comprese quell’ultima considerazione e fece girare la chiave nel cruscotto.
 
“Papà, dove andiamo?”
 
In quell'occasione fu Hugo ad intervenire per recuperare un discorso, che aveva già preso una piega alquanto triste, specie per loro due.
 
“Dove vi piacerebbe andare?”
 
Dopotutto era stato lui a porre quella domanda, dando per scontato che loro potessero dare qualunque risposta.
 
Rose e Hugo si lanciarono un’occhiata complice e poi parlarono in coro.
 
“Al Ministero”
 
L’uomo tornò per un istante con lo sguardo su di loro, sorpreso di quella richiesta.
 
“Ragazzi, che ci andiamo a fare al Ministero a quest’ora? Io praticamente vivo in quel posto, devo tornarci anche quando sono in ferie?”
 
“E dai, papà! Tu e mamma non ci portate mai, noi siamo curiosi di visitarlo”
 
Il padre era sempre più interdetto davanti alle suppliche del figlio.
 
“Non è che, per caso, state cercando di farmi intendere che non vi va di stare con me e volete tornare dalla mamma, vero?”
 
“Certo che no!”
 
Non era davvero riuscito a cogliere il reale bisogno dei suoi figli e perciò avrebbero decisamente dovuto faticare maggiormente.
 
“Siamo solo curiosi, papà. Niente di più” la ragazza tentò di dare una spiegazione razionale a quell’insolita richiesta “Se dovessimo - e sottolineo se - incontrare mamma, la saluteremmo, insieme, no?”
 
“Certamente” le rispose distrattamente “Allora, vada per il Ministero”
 
Era rassegnato e stanco al solo pensiero di dover già rimettere piede in quel posto, dopo solo qualche ora di pace. Cambiò strada e si avviò verso la loro nuova destinazione.
 
Aveva nuovamente cessato di piovere, non appena l’auto si trovò difronte all’ingresso del grande palazzo, che ospitava la sede delle più alte cariche del Mondo Magico. Era un segno, le nuvole danzavano seguendo il ritmo del loro avvicinamento o allontanamento, che in quella sera si alternavano.
 
Entrarono e subito Hugo non riuscì proprio a resistere dal porre una domanda.
 
“Dov’è l’ufficio della mamma?”
 
Ron non capiva, già dall’ingresso in quel luogo si veniva travolti da una miriade di stimoli più che interessanti, che avrebbero stimolato la curiosità di qualsiasi bambino o ragazzo che avesse messo piede lì dentro per la prima volta,  invece il figlio era fissato con la madre e il suo ufficio.
 
Quella situazione lo lasciò perplesso e quasi offeso. Si voltò verso entrambi e cercò un chiarimento.
 
“Ok, ragazzi, sentite, voi non me la raccontate giusta. È chiaro che non gradite la mia compagnia. E posso anche sapere il motivo? Insomma, ce l’avete con me?”
 
“Sì” rispose Rose d’istinto
 
“No” ribadì il giovane accanto a lei
 
E a quelle reazioni il padre divenne ancora più confuso.
 
I due fratelli si guardarono e si rimproverarono vicendevolmente con gli occhi per la discordanza.
 
“Sì o no?”
 
La ragazza finse un sorriso.
 
“Ma, papà, dopotutto che importa?! Tu sei il padre migliore del mondo, insomma hai tanti difetti, ma noi ti vogliamo tanto bene”
 
Sperò di confonderlo e di sviare quella domanda. Dall’espressione dubbiosa dell’uomo la conversazione aveva l’aria di essere rimasta in sospeso, ma replicò comunque poco convinto.
 
“Anch’io vi voglio bene, ragazzi”
 
Hugo guardò alle spalle del padre e cercò un appiglio e con esso un nuovo argomento di discussione.
 
“Papà, è la nuova Nimbus?”
 
Ron si riscosse dai suoi pensieri e si voltò, seguendo con gli occhi il punto indicato dal ragazzo.

“Sì, figliolo. Ma mi hai rovinato la sorpresa. Contavo di regalartela per il compleanno”
 
“Davvero??”
 
Un sincero stupore si dipinse sul viso del figlio.
 
“Certo” aveva gradito quella reazione e gli sorrise “Se non sbaglio sei diventato Portiere, o no? E un Grifondoro che entra nella squadra di Quidditch, deve avere una scopa che si rispetti”
 
“Miseriaccia! Rose, aveva ragione, sei il papà migliore del mondo”
 
“Sì, ma piantala di dire quella parola”
 
Lo additò e lo rimproverò serio.
 
Ok, forse la situazione era più grave del previsto. Senza la moglie Ron aveva anche perso il senso dell'umorismo?
   
 
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