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Autore: ornellagiau    17/09/2017    1 recensioni
***ATTENZIONE! La storia è stata ripubblicata come capitolo della raccolta "Sola Andata"****
La prima guerra magica é finita. Una ex Slytherin lavora a St. Mungo come ricercatrice e riceve una visita da Hogwarts. Seguito di Specchio. Gli eventi e i personaggi sono volutamente quanto piú possibile Canon.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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LABORATORIO

Sarebbero arrivati a momenti.
Ogni provetta era al proprio posto, il calderone con la Sedalupo in bella vista sul tavolo, e la copia del Potion Journal aperta sull’articolo scritto da me medesima il mese scorso.

Era stata la McGonagall ad organizzare tutto. Sarebbe stata lei ad accompagnare gli studenti attraverso il camino, alle 11 in punto, ed io, già dalle 9 e 30, vagavo senza meta per il laboratorio. Ero sicura di me stessa, del mio lavoro, di quello che avevo raggiunto, ma nonostante tutto mi ritrovavo così, inquieta e sulle spine, a controllare la Metropolvere ogni 5 minuti. Come mi sarei dovuta comportare con quei ragazzini? Sarei dovuta rimanere in silenzio, a guardarli dall’alto in basso, con quell’aria di sufficienza imparata nel sotterraneo di Slytherin? O avrei dovuto accoglierli nel mio mondo di filtri e pozioni sperando che tra loro ci fosse qualcuno genuinamente interessato all'alchimia?

E poi ci sarebbe stato anche Snape. Non potevo esserne sicura, ma la McGonagall aveva detto che sarebbero stati due gli insegnanti accompagnatori, e chi altro sarebbe stato interessato a visitare lo scantinato buio dove lavorava una ex Slytherin? Si, sarebbe venuto, anche solo per criticare il modo in cui riponevo le mie pozioni.

Dal giorno della maturità non l´avevo più incontrato. Aveva scarabocchiato un’appuntita E sul mio diploma ed io mi ero chiusa la porta del sotterraneo alle spalle, mormorando un innocuo arrivederci, e tanti cari saluti al professor Snape. Poi, in questi tre anni, mi sono imbattuta così spesso nel suo nome che avevo smesso di farci caso: gli articoli del Profeta sulla chiusura dei processi a suo carico, lo scambio di ingredienti tra i laboratori di St. Mungo e quelli di Hogwarts, la raccomandazione forzata di qualche tirocinante mediocre. E i suoi articoli sul Journal, che ogni volta mi lasciavano senza fiato. Diavolo se era geniale. Non era prevedibile, non era logico, ma il risultato era sempre strabiliante. La fama delle sue ricerche sui veleni ematici non mancava mai di fare in giro di tutta St. Mungo in una mattinata. Non l’avevo detto a nessuno, ma in uno stipetto chiuso a chiave sotto la scrivania, conservavo gelosamente alcuni suoi articoli che avevano cambiato il mio modo di fare pozioni. Ero una specie di fan segreta dello Snape ricercatore.
Dal punto di vista personale, invece, io e lui non ci eravamo mai capiti granché. Lo stimavo certo, era un genio in pozioni e mi aveva insegnato più cose in quell’anno e mezzo di quante ne avessi potute imparare da sola fino ad allora. Ma da quella volta che mi aveva giocato il tiro degli embrioni non sapevo mai che pesci pigliare con lui. Per molto tempo pensai di aver sbagliato. Biasimavo me stessa e avevo cominciato a controllare qualsiasi ingrediente con un incantesimo rivelatore. Il che fu un bene intendiamoci, perché diverse volte qui a St Mungo qualche guaritore ignorante ha scambiato le scorte della mia dispensa. Quando capii però che aveva voluto incastrarmi, non riuscii ad evitare di odiarlo. Perché lo aveva fatto? Non sapeva che lo stimavo, che volevo diventare come lui e tutto il resto? Durante il settimo anno ero rimasta a distanza. Lavoravo al mio progetto quando lui non c’era e, anche se continuavo a produrre pozioni per l’infermeria, avevo smesso di sgomitare in prima fila perché mi assegnasse i progetti migliori. Dopo tutto, a 17 anni crediamo che il mondo ci giri attorno, ed io mi sentivo osservata ogni volta che mi passava accanto. Lo vedevo scrutare con aria curiosa tutto ciò che facevo a lezione. A volte soddisfatto, altre volte deluso, ogni tanto divertito, di solito prima che facessi andare in pezzi, esplodere o sublimare un progetto di ricerca mal calibrato. Come quella volta del sangue di drago.

Non ero mai stata un asso con veleni e antidoti. Ero molto più affascinata da filtri che controllavano la mente e le emozioni. Snape invece ne era ossessionato e, a metà del mio settimo anno, mi rifilò un progetto di veleni applicati assieme ad una gallinella di Gryffindor: studiare un veleno arroventante, con corrispondente antidoto, a partire dalla ricetta di Gallius il vecchio. Si potevano usare tutti gli ingredienti della dispensa scolastica e, solo se strettamente necessario, uno, massimo due, ingredienti delle scorte private di Snape, previa accurata spiegazione del perché fosse necessario quel ingrediente e come mai non fosse possibile utilizzare un sostituto. Io, da perfetta secchiona, mi buttai subito nel reparto proibito, alla ricerca di variazioni interessanti della pozione del monaco latino, trascinandomi dietro la biondissima Erion Green, appunto mia sventurata compagna di progetto per quel semestre. A mia discolpa c'è da dire che fu lei a mettere mano al saggio di Dumbledore sul sangue di drago, ma alla fine fui io a darle credito e ad elaborare la pozione.
L’idea era vincente: una pozione a base di sangue di drago non da bere, ma una polvere finissima, che si attaccasse alla pelle della vittima, bruciandola. Tipica idea da Slytherin, vero? Ne era convinta anch'io, e fu a testa alta e con i capelli sciolti che bussai alla porta del direttore della mia casa un mercoledì mattina prima della lezione, per chiedere del sangue di drago distillato. Lui mi squadrò con sufficienza, ascoltò la mia dotta spiegazione, e annuendo mi indicó delle fiale verdi sulla mensola più alta.
Per un pò andò tutto bene. La polvere irritante riuscì alla perfezione. Fui addirittura impressionata dalle capacità di armonizzanti di Erion che riuscì a liofilizzare il sangue di drago perfettamente. Quando arrivò il nostro turno, alla lezione del lunedì successivo, salimmo in cattedra sicure di noi stesse, i tacchi neri sotto l’uniforme. Poi, il disastro. La cavia da laboratorio aveva già cominciato a squittire di dolore mentre la polvere iniziava a pizzicarle la pelliccia, quando vidi il calderone con l’antidoto cominciare a sciogliersi e gocciolare liquido scuro per terra. Non era possibile, non avevo sbagliato niente, l’antidoto seguiva alla lettera la ricetta del manuale. Poi mi si illuminò la lampadina: il sangue di drago non deve mai essere scaldato a fuoco vivo, fonde. Dumbledore, capitolo 5, pagina 134. Maledizione.
Mentre il resto della classe ridacchiava e si faceva beffe di noi, Snape scosse la testa e mormorò qualcosa riguardo una bella punizione doppia nel week-end. Poi, mentre la Gryffindor in lacrime raccattava i suoi attrezzi, successe una cosa strana. Mi passò a fianco e, senza che nessun altro sentisse, bisbigliò:

“Dieci punti a Slytherin Miss Donovan. L’idea della polvere non era affatto male.”

L’orologio in fondo alla stanza cinguettò le 10:55 e una strega rotonda scivolò giù dal camino.

“Professoressa Sprout!… Ma che piacere!” in fondo allo stomaco dell’acido caldo bruciava.

La McGonagall e la Sprout ci misero più di mezz’ora a sistemare e far sedere l’orda di studentelli urlanti che mi aveva appena invaso il laboratorio. Tra uno schiamazzo e l’altro la piccola professoressa di Erbologia continuava a darmi pacche affettuose sulle spalle ripetendo quanto fosse rimasta colpita dal mio lavoro e che non si sarebbe persa questa opportunità di incontrarmi per niente al mondo. Anche la McGonagall mi aveva salutato cordialmente, ma era rimasta più sulle sue, come c’era da aspettarsi.
Io dal mio canto, appena i ragazzi avevano cominciato a sgusciare fuori dal camino a coppie di due, avevo scelto l’opzione Slytherin e me ne stavo ferma in un angolo a guardarli dall’alto. Alcuni visi li riconoscevo vagamente dai tempi di Hogwarts, ma il loro sguardo e il loro modo di parlare mi erano estranei. Dove era finita la disciplina? Dove era il rispetto delle regole? Non avevano neanche tre anni in meno di me, eppure si comportavano come bambini in un asilo babbano. Era chiaro che nessuno fosse veramente interessato alla mia ricerca ne tantomeno sapevano chi fossi.
Quando finalmente tutti e trenta i bimbi ebbero preso posto attorno ai tavoli, la professoressa McGonagall prese la parola richiamando il silenzio.

“Dunque… come già spiegato durante la lezione, oggi siamo ospiti nel laboratorio di Arline Donovan a St.Mungo. Voi laggiù, Mr. Marvin, Miss. Bluebird, voi sicuramente vi ricorderete di Miss Donovan quando frequentava Hogwarts tre anni fa, nella casa di Slytherin…” la coppia interpellata sembrava molto più interessata a scarabocchiare dediche magiche sui diari.

“Miss Donovan è stata una delle migliori studentesse di Hogwarts.” continuò la McGonagall “Ha vinto proprio al suo sesto anno la borsa di studio per St.Mungo eh… Ah Severus! Mr. Whiteby si è ripreso?”

C’era stato un brusio su per il camino, come una fiamma che si accende, e con un folata d’aria calda un mago vestito di nero era uscito a grandi passi dal focolare.

“Più o meno. Con Madam Pomfrey gli abbiamo somministrato un antidoto alla polvere volante ingerita. Dovrebbe star meglio nel pomeriggio.”

“A bene, ottimo. Grazie di essertene occupato Severus, come stavo dicendo…”

Era venuto.
Anzi, doveva venire già dall’inizio, ma qualcosa l’aveva trattenuto. Riuscivo ad immaginarmelo, mentre portava Marcus Whiteby in infermeria per un’intossicazione da polvere volante. Di sicuro aveva pronunciato il numero minimo di parole necessario per far capire a Madam Pomfrey la situazione, aveva aperto qualcuna delle sue fiale tascabili e aveva compiuto meticolosamente tutte le operazioni necessarie per evitare che allo stupido Ravenclaw si dissolvesse lo stomaco. Il tutto con calma, senza far trasparire né preoccupazione, né irritazione, esattamente come faceva ora, attraversando il mio laboratorio, andando ad appoggiarsi ad una delle colonne in fondo, all’ombra delle candele.
Non sapevo perché, ma mi ritrovai a cercare ostinatamente il suo sguardo. Come una bambina scossi la mano appena lo incrociai e le mie labbra sorrisero aperte. Lui blocco i suoi occhi neri nei miei, e mi rividi nel sotterraneo di Slytherin a preparare pozioni la domenica, giovane e spaventata, testarda e curiosa.

“Arline, puoi raccontare ai ragazzi come hai iniziato a lavorare per St. Mungo?”

Fece un cenno col capo, le labbra leggermente inarcate.

“Certo professoressa. Dunque intanto grazie di essere venuti, e spero che tra voi ci siano molti appassionati di pozioni come lo era io alla vostra età…” mi ero preparata il discorso, la tensione scivolava via mentre parlavo.

Fu una bella lezione dopo tutto. Non mi aspettavo di poter reggere un’ora intera parlando ad un muro di ragazzini annoiati, ma la Sprout mi era più volte venuta in aiuto zittendo chi chiacchierava, ricordandomi a che punto ero rimasta quando perdevo il filo, e semplicemente sorridendomi con approvazione. Snape era rimasto per tutto il tempo in silenzio. Pensavo, se dicessi qualcosa di stupido, o di sbagliato, lo sentirei certamente sbuffare nel suo angolo buio, quindi il fatto che stia zitto è certamente un bene. Alla fine, quando chiamai tutti i ragazzini attorno al fuoco, descrivendo gli ingredienti e i passaggi della pozione, anche lui si avvicinò un poco, mollando uno scapellotto ad un Gryffindor parlottante.

“Ci sono domande?” avevo detto abbassando il coperchio sul calderone.

Tre mani si alzarono dal mare di tuniche nere.

“Perché ha scelto proprio questa pozione come progetto di ricerca?”

“Mio padre era guaritore a St. Mungo e mi ricordo le difficoltà che aveva nel trattare i pazienti contagiati dal virus mannaro…”

"Quali sono stati i passaggi più difficili?"

"Be diciamo che lo studio dell’abete cinese e il controllo delle sue proprietà è ancora un aspetto parecchio problematico. E’ un ingrediente molto instabile e non si è mai sicuri del risultato..."

"Ma gli effetti dell’abete cinese possono essere benissimo controllati con l'agata rossa. Di certo conosce il saggio di Tiberius Göller…” Non era stato uno dei ragazzini a parlare.

Snape era uscito dall'ombra. Stava lì, alto due spanne in più rispetto agli studenti ammutoliti, e mi guardava.
Ovviamente l'abete cinese poteva essere modulato con l'agata rossa, lo sapevo. Ma l'agata è rara e preziosa, da riservare unicamente a pozioni salvavita e comunque inadatta alla cura di malattie croniche, poiché l’assunzione prolungata causa allucinazioni e stati febbrili gravissimi... E questo lo sapeva benissimo anche lui. Quindi perché pormi una domanda del genere proprio ora davanti a trenta studenti che tanto avevo faticato ad interessare? I ragazzini guardavano nervosi il pavimento, la McGonagall era lì lì per prendere la parola… Al diavolo, non mi avrebbe più rigirato fra le dita come voleva. Respirai e gli sorrisi negli occhi.

“Questa è un’ottima idea professore!” il sarcasmo doveva essere ben dosato “In effetti se somministrassimo dell’agata rossa a tutti nostri pazienti come terapia costante, per la prossima luna piena il virus potrebbe effettivamente definirsi sconfitto. La metà di loro morirebbe e l’altra metà riporterebbe gravissimi danni al sistema nervoso, ma la trasformazione sarebbe certamente bloccata…”

Silenzio. Non sapevo per quanto sarei riuscita a sopportare quello sguardo rovente senza batter ciglio.

“Deve stare attenta Miss Donovan.” sibilò lui tra il riso e lo scherno “I criteri della ricerca accademica non possono essere gli stessi della prassi ospedaliera… se ci tiene a raggiungere qualche risultato interessante” Potei solo continuare a sorridere.

La McGonagall e la Sprout cominciarono a gestire le operazioni di rientro che erano già le 12.45. Mentre gli studenti affamati sparivano nel fumo, lo vidi avvicinarsi al calderone. Ad un passo dal fuoco si infilò una mano in tasca per afferrare qualcosa. Ora prende la bacchetta e fa sparire la pozione, pensai. Invece tirò fuori una fiala di liquido nero. In un attimo gli fui al fianco.

“La sua è una pozione davvero interessante Miss Donovan. Distillarla è stato alquanto divertente”

“Ha ricreato la mia pozione?"

“Ovvio. Non capita molto spesso che nel Journal compaiano articoli di ricercatori inglesi. Se poi capita di conoscere personalmente l’autore… E´un pó come guardare dentro la loro testa.“ Le sue labbra si arricciarono divertite.

Era più alto di me, ma non poi così tanto. Almeno non tanto quanto mi ricordavo. Potevo guardarlo in faccia senza farmi venire il torcicollo e la sua voce risuonava meno feroce che nel sotterraneo. A pensarci bene non doveva avere che tre o quattro anni in più di me. Si sarebbe potuto forse dire che eravamo coetanei.
Allora perché fino ad allora l’avevo visto come qualcuno di cui aver paura? Perché poco fa mi era venuto così difficile contraddirlo?
“Allo stesso tempo, nella formula ho trovato alcuni errori grossolani che mi hanno infastidito" mi porse la fiala. Che vuole avvelenarmi? “La prenda, penso che troverà gli effetti in luna piena interessanti. E non si preoccupi per l´agata rossa, non l´ho aggiunto altri ingredienti in questa versione.“

Strinsi le dita attorno al vetro e guardai la pozione nera danzare come il miele.

Mi ci sono volute tre settimane di notti insonni per trovare il coraggio di testarla su una paziente. Avesse funzionato meglio, sarebbe stata un’umiliazione orrenda. Non avesse funzionato per niente, beh, sarebbe stato anche peggio. Alla fine, la notte scorsa, con la luna piena, mi sono alzata e ho risalito le scale fino alla sala di cure magiche intensive.

La paziente numero 143, la prima su cui avevo testato ogni minima variazione della pozione, stava sdraiata nel suo letto, come al solito, gli occhi fissi nel vuoto. La seguivo da anni ormai, ancor prima di iniziare a lavorare a St. Mungo, venivo a trovarla con mio padre e prendevo appunti sulle sue reazioni alle cure. Il suo corpo aveva sopportato ogni mio piccolo errore di valutazione, ogni leggerezza. Filtri sbagliati, che avrebbero dovuto ucciderla, non l’avevano fatto, eppure, nel rifilarle quel’intruglio creato da qualcun altro, avevo paura. E se muore davvero? Avevo rivoltato la pozione della fiala sotto sopra, avevo usato tutti gli incantesimi possibili per accertarmi del suo contenuto, ma se veramente avesse voluto nascondere una seconda pozione al suo interno, non c'era niente che potessi fare per scoprirlo. Alla fine, la questione si riduceva ad un’unica domanda fondamentale. Mi fidavo di lui? No, ma era lo stesso uomo che aveva scritto “Richiamo ed uso degli spiriti liquidi”, e mi stava offrendo una finestra sul suo modo di lavorare. Dovevo provare.
Accarezzai i capelli radi della mia paziente e le feci scivolare il liquido nero in gola.

Per un pò non successe nulla. La trasformazione procedette come al solito. Probabilmente mi ha rifilato uno scherzo, pensai, uno sciroppo colorato di acqua e zucchero, giusto per rovinarmi la serata. Poi, mentre il suo corpo cominciava a coprirsi di peluria grigia, la paziente emise un gemito. Un gemito umano.

La cosa importante da ricordare sulla trasformazione mannara é che questa annulla qualsiasi componente fisica o psichica di tipo umano negli infetti. I primi a mutare sono occhi e i denti, poi le mani e le unghie. Quando il corpo comincia a ricoprirsi di pelliccia oramai la mente è andata, si è persa la cognizione di se stessi, e l’unico suono che si riesce ad emettere sono gli ululati tipici dei lupi.

Per cui quando sentii la mia paziente gemere con la sua voce che non udivo da anni, saltai giù dalla sedia.

“Aiuto… Brucia…”

Il lupo, o meglio, la ragazza, si dimenava furiosa, braccia e gambe legate strette dalle cinghie magiche. I suoi occhi erano gialli e disumani, i denti grondavano saliva e mordevano l’aria. Il suo corpo era totalmente trasformato, eppure lei era cosciente. Vorrei vedere voi se non vi foste fatti prendere dal terrore sentendo un lupo mannaro completamente trasformato parlare come una donna di trent’anni, in perfetto accento inglese.

“Basta! Basta ti prego!” aveva una voce così melodiosa, anche se rotta dal pianto “Arline, basta…”

Non riuscii a resistere oltre. Scappai via chiudendo la porta e pronunciai l’incantesimo sigillante.

Come aveva fatto? Come era riuscito creare una pozione che scollasse completamente psiche e corpo?

Senza pensare, mi buttai addosso il mantello verde e saltai dentro le fiamme strillando “Hogwarts”. Erano le due del mattino.


**

NdA:
Heila! :) Grazie per aver letto fino a qui. Se la storia ti è piaciuta e vuoi sapere come continua ti consiglio di leggere l'altra mia storia "Fuoco" che parte proprio da qui. Opinioni, consigli e critiche sono super ben accetti e spero di sentirti presto! ^^
   
 
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