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Autore: lirin chan    19/09/2017    5 recensioni
I mostri esistono e vivono fra noi.
Quello che Sasuke non sapeva era che fossero pure bravi a cucinare il ramen.
(Questa ff partecipa alla "Calippo Challenge" indetta dal gruppo Facebook SASUNARU FanFiction Italia)
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Il Mostro Seduto Accanto a Me
 
 
I mostri esistono e vivono fra noi.
O almeno era questo che Sasuke Uchiha, alla veneranda età di 24 anni, aveva appena scoperto su uno sporco autobus urbano in un infernale giorno di giugno. Non solo quella mattina era stato costretto a prendere quel trascina poveri che puzzava di sudore, gas di scarico e malaria, ma nel giro di dieci minuti era anche stato sottoposto a più contatto fisico indesiderato di quanto gli fosse mai capitato nella sua soddisfacente esistenza di essere superiore alla massa.
Oltretutto, come punizione divina per il suo madornale errore di credere di essere al sicuro sedendosi in fondo all’autobus e schiacciandosi il più possibile al finestrino, si era ritrovato lui.
Il mostro era salito alla fermata di uno dei quartieri commerciali, facendo un cenno di saluto all’autista mentre parlava al telefono e passava la tessera dell’abbonamento sul lettore elettronico. Quello che fece subito capire al nostro eroe che il suo viaggio all’inferno era appena peggiorato fu che il nuovo arrivato sbraitava come una scimmia urlatrice.
″Ohi ho capito, mamma! Ho capito, ma non ho ancora la magica capacità di saltare di tetto in tetto! Non sono un ninja!″
Lo osservò addentrarsi tra le persone in piedi, sorreggendosi ai sedili mentre l’autobus ripartiva con uno scatto troppo busco. Gli occhi azzurri vagarono in cerca di qualcosa e poi, con suo immenso orrore, si fermarono su di lui. O per meglio dire sul sedile libero vicino a lui.
Merda.
Lo vide camminare dritto verso la sua meta, sempre sbraitando al telefono.
″Che vuol dire che i ninja non usavano la magia? Hai capito solo questo di quello che ti ho detto?!″ Urlò per poi fargli un cenno, come per chiedere se il posto fosse libero.
Sasuke lo squadrò da capo a piedi. Portava una canottiera arancione bucata e sporca in più punti, dei jeans strappati con una chiara macchia di qualcosa di scuro su entrambe le gambe dal ginocchio fino alle scarpe un tempo bianche. Anche il viso era macchiato di schizzi di terra e i capelli biondi erano chiaramente incrostati di una qualche sostanza umidiccia e densa.
Era l’incrocio fra il peggior incubo di qualsiasi ipocondriaco e una scimmia urlatrice.
Prima che potesse aprire bocca per dirgli chiaramente che il suo livello di igiene personale lo rendeva la cavia perfetta per il primo lancio spaziale d’immondizia al centro del Sole, il mostro scambiò il suo silenzio prolungato per un assenso muto e si lasciò malamente cadere vicino a lui, sbattendo una spalla contro la sua e invadendo il suo spazio personale con la stazza massiccia e le gambe allargate.
Fu in quel momento che sentì l’odore più ripugnante che gli fosse mai capitato di sentire. Un misto fra fogna lercia, cane bagnato e spogliatoio della nazionale maschile di sumo.
″Senti, ti ho detto che ci sarò, ma devo passare a casa! Il bagno dell’Ichiraku è esploso e ho perso la morra cinese per chi doveva pulirlo! Tu non hai idea di che cosa ho visto…″
Ok, quelle sui pantaloni non erano macchie di terra. Sasuke poté confermare il primo pensiero che aveva avuto nel vederselo avvicinare.
Merda.
″Mamma, non ti sento più! Galleria! Attacco alieno! Arrivo quando arrivo! Ciao!″ Lo sentì sbuffare e mettere il telefono nella tasca dei jeans mentre borbottava. ″Che cavolo, sempre a darmi ordini…″
Intanto Sasuke stava lentamente morendo di soffocamento. Non c’erano possibilità per lui di respirare dal naso, ma anche dalla bocca era impossibile dato che vedeva chiaramente i batteri del male volteggiare davanti alla sua faccia in attesa solo di entrargli nei polmoni e fargli venire chissà quale malattia venerea – sì, sapeva che non si contraevano così, ma quella puzza era talmente intensa che sembrava quasi entrargli dentro in modi che la medicina non poteva nemmeno contemplare.
Si guardò attorno e notò subito che gli altri passeggeri si erano prontamente spostati verso la testa dell’autobus dove l’autista teneva il finestrino aperto. Troppo lontano ed irraggiungibile per lo studente di legge, chi lo avrebbe mai detto che tutto quel tempo a studiare ed il tirocinio lo avrebbero solo portato a morire d’asfissia in un autobus.
Una brutta curva a sinistra portò il mostro a schiacciargli il torace al finestrino costringendolo ad espirare tutta la poca aria che lo teneva in vita. Forse fu per chiedergli scusa che il biondo si voltò e per poco non gli venne un infarto nel vedere il suo compagno di viaggio di uno strano colorito blu tenebra.
″Oh cavolo, amico, stai bene?! Ti senti male?!″ Disse provando a toccargli il braccio.
Per Sasuke fu l’ultima goccia. Si voltò verso di lui con occhi rossi di rabbia e furia, vide l’altro sobbalzare e sgranare gli occhi azzurri.
″Non osare toccarmi, sottospecie di lurido portatore di peste! Stai asfissiando tutto l’autobus! Probabilmente dovranno bruciarlo quando sarai sceso!″ Per poco non vomitò ad ogni respiro per parlare.
Il mostro lo guardò stupito e poi dette una rapida occhiata alla desolazione attorno e alla gente che lo fissava, quasi spaventata e arrampicata sull’autista in cerca di aria pura.
Lo vide arrossire sotto lo strato di sporco e poi voltarsi verso di lui, imbarazzato e arrabbiato.
″Ba-Bastardo! Hai idea di cosa significa un bagno che esplode?! Non avevo vestiti di ricambio a lavoro!″ Sbraitò cercando di giustificarsi e alzando una mano per dargli una spinta.
″Chi se ne frega! Non mi toccare!″ Urlò e per istinto lo spinse via facendolo volare fuori dal sedile e cadere dritto col culo sul pavimento, pentendosi immediatamente di aver toccato quell’essere ripugnante.
Mentre si guardava le mani chiedendosi se dovesse chiamare l’ambulanza o prenotare un letto nel reparto malattie infettive, vide il biondo rialzarsi dolorante e con lo sguardo infuriato.
″Maledetto bastardo… Te la farò pagare″ Ringhiò avvicinandosi a lui e allungando entrambe le mani.
″Ti ho detto di non toccarmi!″ C’era da dire che questa volta la voce gli era venuta fuori un po’ in falsetto dal panico e molto ben poco minacciosa. Il mostro ridacchiò malefico mentre si avvicinava con le mani lerce di roba scura.
″Eh eh non hai idea di cosa ho toccato, teme″ Disse guardandolo con occhi diabolici mentre l’autobus si fermava ed apriva le porte.
Ovviamente Uchiha Sasuke, secondogenito di una delle più importanti famiglie della città, studente modello e con un’intelligenza superiore alla massa, si comportò come un vero uomo: scappò scavalcando il sedile davanti con un’agilità da far invidia ai migliori corridori di corsa ad ostacoli cercando di guadagnarsi l’uscita – cioè non scappò, fu più una virile ritirata strategica.
″Io ti spacco il culo, principessina!″ Lo sentì urlare quando ormai aveva messo piede a terra e le porte dell’autobus si chiudevano. Si voltò a guardare la bestia imprecare alle ante chiuse e berciare verso di lui. Sembrava un babbuino allo zoo.
Gli scoccò un’occhiata altezzosa e disgustata.
″A mai più rivederci, perdente″ Sibilò mentre l’autobus ripartiva e il mostro gli faceva vedere il dito medio.
Quella puzza gli sarebbe rimasta addosso per giorni…
 
 
 
Odiava le cene di beneficenza, fin da quando era stato capace di capire che la forchetta del dolce non era una forchetta-bambino che stava crescendo ed il suo calvario era iniziato. Almeno fino all’anno scorso aveva Itachi che gli impediva di strozzarsi con una tartina al salmone norvegese, ma il grand’uomo era scappato negli Stati Uniti per dirigere la sede americana della compagnia e Sasuke era stato lasciato solo in balìa di vecchi politici, donne di mezza età troppo felici di toccarlo e ipocriti figli di qualche padrone d’azienda che tentavano di avvicinarsi alla sua famiglia tramite lui.
Si sarebbe vendicato di suo fratello in qualche modo. Tipo mettendo su internet le foto scandalose della sua adolescenza ribelle con tanto di smalto nero alle unghie.
″Uchiha san, che piacere rivederla″ Disse una donna dai capelli rosso fuoco sorridendo al padre al suo fianco.
″Kushina san″ Salutò il genitore con un leggero inchino.
″Non so se le ho mai presentato mio figlio Naruto″ Disse lei indicando il ragazzo dai capelli biondo acceso e gli occhi azzurri. Sasuke fece scivolare gli occhi sull’abito su misura che metteva in risalto il corpo massiccio e perfetto e per un attimo pensò di aver appena trovato la distrazione perfetta a quella serata eterna.
Poi lo guardò meglio in faccia.
″Non posso crederci″
Gli occhi del mostro lo fissarono dapprima stupiti, poi pieni di rabbia.
″Il bastardo dell’autobus!″ Sbraitò l’animale indicandolo come un bambino di cinque anni e facendo voltare quasi tutta la sala verso di loro. Sapeva che quella cena di beneficenza si sarebbe rivelata una totale perdita di tempo, ma non credeva che ci avrebbe pure rimesso la sanità mentale.
″Sasuke, va tutto bene?″ Chiese con voce profonda il padre. Merda.
″Abbiamo avuto un… diverbio oggi pomeriggio″ Cercò di rimanere il più vago possibile e sperò vivamente che il demente facesse lo stesso. Gli scoccò uno sguardo rabbioso cercando di farglielo intendere, ma non era sicuro che il cervello di fogna avrebbe recepito il messaggio.
″Naruto?″ Chiese spiegazioni silenziosamente Kushina con il chiaro tono di rimprovero di chi aveva già dovuto avere a che fare con certe situazioni – povera donna.
Lo spreco di aria umano lo guardò male e gli ringhiò un’ultima volta prima di voltarsi verso la madre.
″Già, solo una piccola discussione″ Disse a denti stretti con lo sguardo dubbioso della donna addosso. ″È un piacere conoscerla, Uchiha san. So che lavora spesso con mio padre″ Il mostro sapeva pure parlare senza urlare, Sasuke era impressionato. Forse sapeva pure fare i bisogni in giardino.
Suo padre annuì e gli lanciò un’occhiata che conosceva fin troppo bene: ‘Persone importanti, non mandare tutto a puttane’. Trattenne l’istinto di alzare gli occhi al cielo.
″Questo è mio figlio minore, Sasuke.″ Si voltò leggermente verso di lui. ″Sasuke, loro sono Uzumaki Kushina e Uzumaki Naruto, moglie e figlio di Namikaze Minato″
Gli occhi scuri si sgranarono leggermente fissando con orrore la progenie del fondatore di una delle più grandi aziende emergenti di software. Gli venne quasi da fare le condoglianze ai genitori.
″È un piacere″ Disse freddamente con un leggero inchino educato.
Kushina sorrise dolcemente mentre il cretino fece la stessa espressione di uno a cui avevano schiacciato un piede.
″Sasuke kun, ho sentito dire che hai appena cominciato il tirocinio da Hatake Kakashi, è uno dei migliori amici di mio marito″ La donna era una moglie perfetta per una persona importante, come erano riusciti a creare una bestia del genere? Doveva essere caduto dal seggiolone da piccolo, non c’erano altre spiegazioni.
Annuì.
″Sto imparando molto da lui″ Stronzate, Kakashi era un lavativo e toccava a lui fare tutto il lavoro burocratico.
Stranamente vide la donna ridacchiare guardandolo come se sapesse la verità.
″Magari mio figlio avesse avuto la tua voglia di studiare″ Disse, guardando male il ragazzo. ″Lui pensa solo al ramen…″
Naruto arrossì di rabbia, ma lo vide cercare di trattenersi.
″Il ristorante va benissimo e tu lo sai″ Digrignò tra i denti mentre la madre alzava gli occhi al cielo.
″Solo perché Shikamaru ti tiene d’occhio e, se vogliamo dirla tutta, stamattina il bagno è esploso″ Puntualizzò lei.
″Perché un gruppo di teppisti ci ha buttato dei petardi!″
″Beh sei tu che hai voluto affittare quello scantinato nella zona più schifosa della città″
″Era quello che potevo permettermi!″
″Ti avevamo offerto il nostro aiuto! Ma tu no, sei un testone!″
″Voglio cavarmela da solo!″
″Col rischio di saltare in aria?!″
Va bene, forse aveva capito come fosse uscito fuori quell’ibrido tra un gibbone e un essere umano.
Finalmente la donna si rese conto di star dando spettacolo e arrossì un poco per poi ridacchiare.
″Scusateci, ci siamo lasciati trasportare″ Toccò il braccio al figlio che continuò a guardarla male. ″Naruto io raggiungo tuo padre al tavolo, ci vediamo dopo″ Disse sistemando distrattamente la cravatta arancione al ragazzo che sospirò e annuì.
″Sasuke″ Quello fu il saluto di suo padre prima di allontanarsi insieme alla donna.
I due rimasero da soli in mezzo alla folla.
Si scrutarono per pochi attimi, Sasuke ebbe giusto il tempo di dover ammettere che se Uzumaki non fosse stato un completo demente sarebbe stato il suo tipo.
″Dovevo aspettarmelo che una principessina come te fosse un Uchiha″ Borbottò con disgusto Uzumaki.
Sasuke gli lanciò un’occhiata di fuoco.
″Non è un’abilità innata degli Uchiha avere un apparato respiratorio, usuratonkachi. Si chiama essere umani, cosa che tu non puoi sapere vista la tua condizione di cassonetto dell’immondizia″ Ribatté con tono altezzoso.
A quelle parole Naruto divenne rosso di rabbia. Quel cretino non riusciva proprio a nascondere i cambiamenti emotivi.
″Ma io ti spacco il cu-″ Prima che potesse finire la sua minaccia il moro si era già allontanato, stanco di quella inutile conversazione.
Raggiunse il suo tavolo con passo marziale e salutò con un cenno le altre sei persone sedute. Qualche attimo dopo la sedia vuota vicino a lui strisciò malamente e un corpo ci si lasciò cadere malamente sopra, esattamente come quel pomeriggio sull’autobus. Si voltò con occhi furiosi ed esasperati per guardare il suo incubo personale.
Naruto gli scoccò un’occhiata scocciata.
″Senti, non rompere, non li ho scelti io i posti″ Borbottò.
In quel momento Sasuke capì che sarebbe stata una serata eterna.
″Oh un litigio di coppia?″ Chiese una voce maliziosa dall’altra parte del tavolo rotondo, quasi nascosta dal fastidioso centrotavola florale. La conosceva, Ino Yamanaka, figlia di uno dei più grandi distributori di fiori del paese e sua grandissima piaga negli anni di scuola superiore.
″Cosa?!″ Esclamò Uzumaki tra l’imbarazzo e il disgusto. ″Non ho così pessimo gusto!″
″Detto da uno che porta una cravatta arancione avrei da ridire″ Non riuscì a trattenersi dal mormorare, ma evidentemente il mostro aveva delle orecchie da pipistrello. Una scimmia-pipistrello.
″Che hai detto, teme?!″ A quanto pare Uzumaki aveva solo due volumi di voce: ‘ti rompo i timpani’ e ‘voglio che mi sentano anche su Urano’. Quella maledetta voce stridula l’avrebbe risentita nei suoi peggiori incubi.
La ragazza bionda di prima si mise a ridacchiare mentre gli altri ospiti al loro tavolo li guardavano straniti.
″Sarà una serata interessante″ Disse Ino con quel suo sguardo malizioso che passava da lui al portatore sano di demenza.
No, non fu una serata interessante. Fu un’agonia continua con Uzumaki che continuava a lamentarsi anche se respirava un po’ più forte e le frecciatine di Ino su quanto sembrassero una coppietta sposata.
Era finito all’inferno e non aveva idea se mai ne sarebbe uscito.
″Che cavolo, Uchiha, ma non mangi neanche il dolce?! Cos’è?! Credi di essere migliore di noi?!″
Urlava ininterrottamente da due ore. Si aggrappava con le unghie e con i denti al suo essere superiore, si ripeteva che doveva resistere per l’onore della sua famiglia e che non si sarebbe mai abbassato a lasciarsi trascinare da quel mostro sbraitante, ma il suo istinto primario era quello di ficcargli in gola il centrotavola comprensivo di fiori.
″E mi ignori pure, sei proprio un bastardo!″
Mancava solo il discorso di suo padre e tutto sarebbe finito, non avrebbe mai più rivisto quello spreco di aria e sarebbe tornato alla sua vita di solitaria calma e silenzio.
″Oh, ma quei capelli ti stanno di normale come un culo di papera oppure te li fai tu così?″
Era sicuro che sarebbe riuscito a passare la serata senza incidenti, era assolutamente certo che niente di quello che avrebbe potuto dire o fare Uzumaki l’avrebbe spinto fino al punto di rottura. Ne fu assolutamente certo finché uno dei tentacoli di quel mostro non gli toccò il retro della testa. In quel momento chiese rapidamente scusa ai suoi antenati e alla sua famiglia per quello che il destino lo costringeva a fare.
Si alzò di scatto, si voltò verso il mostro e con tutta la forza che aveva in corpo lo colpì dritto sulla faccia da ebete facendolo cadere all’indietro con la sedia. Sulla sala cadde un silenzio di tomba, come se tutti all’improvviso stessero trattenendo il fiato. Sasuke non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa avesse fatto prima di venire assalito a sua volta da un incazzato Uzumaki che gli saltò addosso gridando come un vichingo in corsa.
″Teme! Ti spacco il culo!″
L’ultima cosa sensata che ricordò di quei cinque minuti di follia fu Yamanaka con quello stupido telefono che riprendeva tutto.
 
 
″Adesso tu, con calma, mi spieghi come ci sei finito in questa situazione. Parti dall'inizio, non tralasciare nessun dettaglio e alla fine, con estrema calma, vedremo se meriti di essere disconosciuto oppure abbandonato sotto un ponte″ Il tono calmo e la bocca allargata in un leggero sorriso nascondevano malamente quello che gli occhi di sua madre realmente gli stavano comunicando: morte. Magari non adesso, non sotto l'occhio di un intero ospedale pieno di testimoni, ma in un futuro prossimo. Probabilmente nel primo vicolo buio senza telecamere e con un comodo cassonetto dell'immondizia dove liberarsi del suo cadavere.
″Ma non è colpa mia! Quel bastar-″ Provò a difendersi indicando l'origine di ogni male seduto sul lettino accanto al suo.
″Naruto″ Lo interruppe la madre con voce ferma e profonda. ″Vuoi che un occhio nero e una spalla lussata improvvisamente diventino la parte più bella di questa giornata?″ Alcuni infermieri si voltarono verso di loro, ma la donna li tranquillizzò con un altro dei suoi falsi sorrisi allegri.
″Figliolo ti conviene parlare prima che sia troppo tardi″ Gli bisbigliò il padre cercando di evitare che Kushina mandasse loro figlio in terapia intensiva.
Il ragazzo guardò di sbieco la sagoma del principe dei bastardi seduto qualche sedia più in là, da solo. Sasuke si sarebbe ritrovato in grossi guai se avesse spiattellato la verità, ovvero che era stato lui a colpirlo per primo. Aveva visto lo sguardo di Fugaku Uchiha quando erano riusciti a fermarli, non prometteva niente di buono e Naruto non era un pozzo di scienza, ma era quasi sicuro che l’università di legge non sarebbe stata entusiasta di sapere che lo stronzo era uno che faceva scazzottate alle cene di beneficenza.
Forse si sentiva leggermente in colpa. Probabilmente. Quasi sicuramente.
″Non è successo niente, lui mi dava sui nervi e l’ho pestato″ Borbottò.
I genitori si scambiarono un’occhiata dubbiosa.
″Naruto, stai dicendo che sei stato tu a dargli il primo pugno?″ Chiese Minato.
Il ragazzo annuì senza guardarlo e fece per scrollare le spalle ricordandosi solo dopo che quella destra era fasciata e dolorante. Fece un urletto di dolore mentre i genitori lo fissavano, esasperati.
″Vado a cercare Mikoto, vedo se riesco ad evitare la denuncia″ Disse la madre allontanandosi seguita dal marito.
Nella sala del pronto soccorso rimasero solo loro e un vecchietto addormentato su una barella. Sasuke aveva varie garze sulla fronte e sulle mani per coprire i punti dei tagli causati dai vari bicchieri che si erano rotti mentre se le davano senza riserve, e vari lividi che comparivano qua e là sulle braccia e in faccia. Naruto non riusciva a chiudere l’occhio sinistro, il naso era ancora sporco di sangue e la fasciatura alla spalla gli prudeva da staccarsi il braccio a morsi.
Erano due imbecilli.
Forse avrebbe dovuto chiedergli scusa. Probabilmente. Quasi sicuramente.
″Ohi″ Cominciò a dire, ma venne interrotto dallo squillo di un telefono.
Sasuke gli lanciò un’occhiata gelida prima di guardare chi fosse a chiamarlo e alzando poi gli occhi al cielo, stizzito.
″Itachi″ La sua espressione divenne anche più insofferente di prima quando chiunque fosse al telefono cominciò a parlare. ″Ci ha già pensato nostro padre a farmi la morale, grazie″ Si alzò, visibilmente incazzato e fece per uscire dalla stanza, ma prima si voltò verso di lui e lo fissò mentre Itachi continuava a parlare al telefono. Lentamente alzò una mano fasciata e con un movimento elegante e deciso gli mostro il dito medio. ″Ma no, non ho pestato nessuno di importante. Soltanto un cretino″
E con questa frase uscì lasciando Naruto con il vecchietto dormiente sulla barella.
″Ma io ti spacco il culo, teme!″
 
 
Avrebbe potuto prendere la macchina quel giorno, farsi scendere davanti all’università e sarebbe pure tornato a casa in tempo per evitare le occhiate di malcelata delusione di suo padre. E invece no. Lui era masochista.
L’autobus fece l’ennesima fermata brusca facendo scattare in avanti i pochi passeggeri presenti quel giorno, un sonnacchioso metà pomeriggio.
Le porte si aprirono e il mostro entrò, fece un cenno di saluto all’autista e passò la tessera dell’abbonamento sul lettore elettronico. Quando alzò gli occhi e lo vide sgranò gli occhi – quello sinistro ancora un po’ gonfio e giallognolo – per poi fargli un largo sorriso.
Quel ragazzo era ovviamente bipolare. Un masochista e un bipolare su un autobus, sembrava una barzelletta da quattro soldi.
Lo vide avvicinarsi a lui mentre l’autobus ripartiva a singhiozzo. Portava la solita canottiera arancione e i jeans, ma questa volta era decisamente più pulito. E più apprezzabile agli occhi.
Si costrinse a guardare la strada fuori dal finestrino per evitare pensieri decisamente stupidi.
Ovviamente il mostro non chiese il permesso di sedersi vicino a lui ed occupò tutto lo spazio disponibile cozzando spalle e gambe contro le sue.
Il silenzio tra loro, rotto solo dal rumore del motore e dalle chiacchiere leggere degli altri passeggeri, durò il tempo di due fermate. La pelle di Naruto era calda contro la sua ed emanava un buon odore di cucina, speziato e dolce mischiati insieme.
″Ti sei preso la colpa″ Disse, continuando a fissare la strada. ″Avrei potuto denunciarti″
″Sì, beh non l’hai fatto, grazie tante″ Sentì borbottare Uzumaki.
Si voltò verso di lui, era con gli occhi distrattamente fissati su un punto tra due sedili dove svettava una chiara macchia di sporco indefinito. Quando stava zitto poteva anche sembrare una persona seria con un bel profilo, evitando di soffermarsi troppo sulle labbra arricciate in un broncio contrariato.
″Se l’avessi fatto, tu…″ Non sapeva nemmeno cosa volesse realmente chiedergli. Cosa avrebbe fatto? Cosa gli sarebbe successo? Ci aveva almeno pensato alle conseguenze?
Naruto scrollò le spalle, evidentemente quella lussata era già guarita.
″Quando andavo alle superiori mi sono fatto espellere da tre scuole perché facevo a botte con chiunque mi capitasse a tiro, i miei genitori ci sono abituati, e ho un’attività mia nel quartiere più malfamato della città, magari ‘sta storia mi avrebbe pure fatto rispettare dai teppisti″ Gli occhi azzurri si fissarono di sbieco su di lui. ″Non è che abbia questo granché da perdere, io″
Sasuke si ritrovò a pensare allo sguardo deluso del padre, al leggero richiamo del preside di facoltà e alle battute idiote di Kakashi. Sarebbe potuta andargli molto peggio.
Chiuse e riaprì la bocca diverse volte, per la prima volta in vita sua del tutto incerto su cosa dire. Ringraziarlo sembrava troppo visto che era stata colpa di Uzumaki se si era ritrovato in quella situazione, ma anche non dire nulla sembrava la cosa sbagliata da fare. Quel mostro non faceva altro che creargli problemi.
″Sai, credo tu abbia appena mancato la tua fermata″
Eccone un altro da aggiungere alla lista, ormai diventata di sconcertante lunghezza chilometrica considerando che lo conosceva complessivamente da mezza giornata – che comunque poteva essere equiparata alla durata della sua intera esistenza per lo stress che gli aveva causato.
Sospirò, poggiando la testa al sedile cercando di non pensare allo sporco che sicuramente gli si stava attaccando ai capelli.
″Scenderò alla prossima″ Borbottò, chiedendosi ancora che cavolo ci facesse su quell’autobus.
″Ti va di venire a casa mia?″ La proposta venne gettata lì come niente, come se loro due fossero amici da sempre e fosse naturale che uno invitasse a casa l’altro, ma non lo erano. Per niente. Uzumaki aveva ancora il livido attorno all’occhio e Sasuke le garze a coprire i punti sulle mani a dimostrare quanto fossero lontani dalla definizione di ‘amici’.
″Vuoi cercare di uccidermi dove nessuno possa vederti?″ Buttò lì, senza sapere esattamente cosa rispondergli. Uzumaki lo lasciava senza parole.
Lo vide alzarsi mentre l’autobus cominciava a frenare per la fermata.
Naruto lo guardò negli occhi, sorrise malizioso e ammiccò con le sopracciglia.
″In realtà speravo di spaccarti il culo in privato″ Si aggrappò a una delle sbarre di metallo in alto per sostenersi quando il mezzo si fermò bruscamente, al movimento la canottiera si alzò mostrando i jeans a vita bassa e la pelle che scompariva sotto l’orlo. ″Od offrirti la cena. Anche entrambi, se ti va. Decidi tu″ Aggiunse facendogli un ultimo largo sorriso e poi scendere dall’autobus quasi saltellando.
Sasuke prima che potesse rendersi davvero conto di quello che stava facendo era già in procinto di rischiare di perdere un piede incastrandolo nelle porte automatiche che si chiudevano.
“Quindi, il culo o la cena?”
I mostri esistono e vivono fra noi.
Quello che Sasuke non sapeva era che fossero pure bravi a cucinare il ramen.
 
 
Note di Lirin (da leggere obbligatoriamente):
Eh?! Cioè, ma che ci faccio qui?! Dopo… cinque anni?! Il mondo sta per finire?! Ah, no quello è successo quando ho letto la fine del manga…
Cooomuque salve! Bentornati! O forse sarebbe meglio dire benvenuti visto che probabilmente i miei vecchi lettori si saranno fatti una vita vera… Per farvi una breve presentazione di me posso dirvi che io sono Lirin Chan e scrivo cazzate con Naruto imbranato e Sasuke cretino, da come avete potuto intuire da questa piccola stronzata. Posso dirvi che sto attraversando un particolare momento di merda della mia vita e che il mio anestetico del periodo è rileggermi da capo Naruto, scrivendoci poi cosette comiche e SasuNaru.
Beh, in realtà non ho molto altro da dire… Ringrazio i bimbi belli della pagina ‘SASUNARU FanFiction Italia’ per la challenge e perché mi hanno fatto tornare la voglia di scrivere!
Dedico questa piccola storiella a tutti quelli che stanno con il morale sotto i piedi e che spero di aver fatto sorridere almeno un poco.
A presto (spero),
Lirin Chan
 
   
 
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