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Autore: armony_93    19/06/2009    2 recensioni
Era conosciuta da tutti e ammirata da tutti. Melanine era la persona più popolare della sua scuola, ovunque si sapeva di lei e della sua bravura. Quando passava tra la gente, il silenzio era sovrano accompagnato da sguardi sognatori o indagatori, innamorati o deliziati. Tuttavia con il passare degli anni vederla girare con tenerezza tra le persone era diventato abitudine ma restava per tutti la ragazza più bella che avessero mai visto.
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Era sempre silenziosa e sorrideva di rado, con sorrisi che regalava per lo più agli uccellini che si poggiavano ingenui sul cornicione della sua finestra, ma si trattava solo di sorrisi tristi e malinconici. Il suo guardaroba al contrario della sorella era composto solo da lunghe e sottili vestaglie bianche pallide, regalo di una madre che non avrebbe mai potuto vedergliele indosso. Era dolce, e affabile vedeva nella sorella la perfezione e per lei era sempre consiglio.
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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Father

Melanine entrò furiosa in casa scaraventando un soprammobile a terra che con un sonoro scroscio si ruppe in mille pezzi scheggiando il perfetto parquette e facendo risuonare la casa di un acuto sinistro. Subito alcuni visi si sporse dalle porte della villa e una ragazza con indosso un tubino nero dal grembiule bianco le si avvicinò timidamente lanciandole alcuni sguardi sorpresi da quell’improvviso scatto d’ira.

La voce cristallina di Melanine risuonò prepotente tra le mura della casa quando pestando un piede a terra e stringendo i pugni non gridò mentre il suo viso si tendeva e assumeva tonalità teneramente più arrossate sulle gote morbide e lisce.

-SELENE!-

A quel grido che risuonò tra le pareti della moderna villetta una piccola testa ramata comparve dietro ad una colonna. Melanine pestò nuovamente il piede a terra stizzosamente e con gli occhi smeraldo che brillavano come animati da un fuoco digrignando gli splendidi denti bianchi come perle di mare ordinò alla serva di andarsene da quella sala.

Passi ovattati risuonavano rapidi sul corridoio posto di fianco al salotto e in un attimo la figura esile di Selene apparve delicata e leggera sulla soglia del salone, con una mano pallida posata contro lo stipite della porta e l’altra lasciata ciondoloni su un fianco mentre il viso leggermente nervoso e preoccupato fissava la sorella al centro del soggiorno con i cocci del vaso ai suoi piedi.

-Ah eccoti! Bene! Non ci crederai, perché nemmeno io riesco a crederci: cioè ti rendi conto che Leonardo, il mio nuovo ragazzo mi ha detto che la mia gonna, questa bellissima gonna decorata con dei sfavillanti Swarovski non è bella? No, dico ti rendi conto? Ma io non so cosa ha nella zucca quel ragazzo! Sembra indifferente a tutte le mie coccole, ai miei sguardi e alle mie carezze. Alle mie suppliche poi non ne parliamo!-

Disse frettolosamente Melanine mentre il fiato le aumentava e le palpitazioni del cuore aumentavano permettendo che il sangue fluisse per bene in tutto il corpo così che il suo solito amabile pallore divenisse un dolce rosato che rendeva quei lineamenti seppur agitati più graziosi e teneri. L’espressione di Selene si fece preoccupata e malinconica, odiava vedere sua sorella agitata, con un piccolo sorriso raddolcito che andò sempre di più delineandosi su quel viso delicato con la pelle fragile e sottile come pallida carta velina invece avanzò di un passo verso la gemella e tese una mano per sfiorarle la guancia. Tutto si bloccò quando invece i suoi piedi nudi sfiorarono i cocci ferendone il destro.

Selene bloccò la mano a mezz’aria mentre la sorella gemella non curante del suo stupore e della piccola smorfia di dolore che le disegnava il viso andando sempre di più ad incrinare quel sorriso continuava a parlare della sua sciagura e delle sue riflessioni avventate ed esagerate. Selene la ignorò completamente avvolta dallo stupore, con un piccolo cedimento del ginocchio sinistro si ritrovò in ginocchio a terra mentre un sottile liquido rosso iniziava a trapelare scivolando sul legno scuro e tetro del parquette da sotto al suo tallone tagliato. Le fitte erano deboli e i bordi del taglio bruciavano come per ricordarle che era stata suo l’errore. Melanine non badò la figura accasciata al suolo della sorella e anzi continuò con il suo ormai divenuto monologo lasciando che l’aria si riempisse della sua soave voce che risuonava come un’acuta ma scampanellante canzone con mille dolci parole.

-…oggi poi è stata una giornata stressante che tu non puoi immaginare! Ma io devo uscire, vivere, affrontare la vita per quella che è e sopportare tutto silenziosamente. Non sai quanto sei fortunata Selene a non dover vivere, a non dover affrontare i problemi che ho io…-

Selene sentì come uno schiaffo sulla guancia al suono di quelle parole mentre con la mano si carezzava il piede ferito. Chiuse gli occhi più volte asciugando quegli occhi divenuti lucidi. Alzò il capo fissando la sorella e si alzò in piedi sollevando successivamente una gamba per poter constatare cosa aveva provocato quella ferita seppur con attenzione accurata ascoltava il discorso della sorella. Vide a terra il coccio affilato che le aveva provocato il taglio sporcato in modo abbondante del suo sangue. Posò a terra il piede e questo le strappò un gemito di dolore.

Si riprese quando si accorse che il chiacchiericcio della sorella si era bruscamente interrotto. Si voltò a guardarla e vide lo sguardo della gemella farsi dolce e supplice, vittima sacrificale di chissà quale immensa dolora scelta. Voltò lo sguardo nella stessa direzione e un colpo le mozzò il respiro facendole dimenticare anche del dolore al piede: suo padre era in piedi nella sua bellezza virile e di uomo adulto. Gli occhi di uno smeraldo più intenso di quello delle due gemelle erano freddi e distaccati, il portamento elegante e fiero ma anche annoiato e stanco. Le spalle grandi e larghe, muscolose e la statura esagerata con le gambe lunghe e muscolose ma anche fini nel gessato blu notte che l’uomo indossava. Una sigaretta tenuta a metà bocca dall’uomo con perfetti capelli biondo come l’oro ricadevano corti ma ordinati.

Selene tremò alla vista del genitore ma lo sguardo di questo la trapassò come se non esistesse e forse era proprio questo l’uomo che voleva. Entrò con passo lento e Selene fu costretta senza nemmeno toccarlo a spostarsi per farlo passare altrimenti l’avrebbe travolta. L’uomo con uno scrocchiò non curante delle belle scarpe nere italiane che indossava pestò i cocci e arrivato davanti a Melanine posò una mano sulla guancia rosata dall’agitazione della ragazza mormorandole con un viso preoccupato.

-Cosa è successo Melanine?-

-Papà! Papà per fortuna che ci sei tu! Non sai cosa mi è successo oggi! Non puoi nemmeno immaginare quello che ho dovuto subire da…-

Selene sentì quelle lacrime che le avevano punto gli occhi prima ma che aveva prontamente celato al mondo intero strappando loro la possibilità di solcarle il viso, pizzicarle sul contorno degli occhi smeraldini senza riuscire a ricacciarle indietro. Si voltò e le spalle cedettero mentre la sua esile figura si piegava in avanti con debolezza e si poggiava contro una colonna per sorreggersi mentre attenta a non posare il tallone al suolo si allontanava dal salotto senza sentire quella voce profonda e bella, dolce e affettuosa, dell’uomo che l’aveva concepita richiamarla a se.

Arrivata in cucina nel silenzio di una decina di uomini e donne intenti a preparare la cena aprì un cassetto e ne estrasse alcune garze, poi si allungò su uno scaffale e ne estrasse dello spirito. Fu urtata da un cuoco e si schiacciò per non cadere contro lo scaffale per poi scostarsi tremante e scossa per aver poggiato il piede. Sospirò e salutò uscendo dalla cucina, ma nemmeno da lì nessuna voce le rispose. Silenziosamente camminò per il corridoio che dava sul giardino e lo sguardo le ricadde sul luogo dove qualche ora prima aveva visto Leonardo e Melanine discutere e baciarsi. Un piccolo sorriso si affacciò sul suo viso scarno e la ragazza si diresse il più in fretta possibile verso la sua camera. Si curò il taglio e se lo fasciò. Poi rapidamente aprì un cassetto nel quale vi erano accuratamente disposte tutte le scarpe che Melanine si rifiutava di mettere o di indossare, perché vecchie o perché frutto di qualche regalo non gradito. Estrasse un paio di infradito e le indossò mentre si avvicinava ad un anta dell’armadio nella quale ripiegava le poche cose che la sorella minacciava di buttare. Si infilò un vestitino azzurro che si stringeva sulla vita e poi ricadeva morbido fino a metà coscia quasi al ginocchio. prese un corpi-spalle azzurro e se lo mise sopra alla camicia da notte bianca panna che le ricadeva morbida sui fianchi e sul seno da diciassettenne. Si avvicinò allo specchio e si guardò leggermente confusa mentre percorreva con lo sguardo il corpo eccessivamente magro, la pelle bianca come latte e gli occhi verdi che brillavano di vita da quel viso dolce e snello mentre i capelli rosso fuoco cadevano in definiti e lucenti boccoli attorno al viso. Le braccia erano fine e sembrava si stessero per spezzare mentre le gambe pallide che sbucavano da sotto le vesti erano incredibilmente fine e sembrava un miracolo che reggessero quel corpo tenero e adorabile. Prese la piccola Akij e senza chiedere nulla nessuno, tanto l’interesse non vi era, si diresse all’esterno prendendo per sicurezza una chiave della porta principale così da non correre il rischio di essere chiusa fuori. Si diresse verso lo spiazzo sotto al ciliegio e con un lieve rossore e una timida risatina si lasciò andare seduta al suolo sull’erba morbida. La micina saltò via dalle sue gambe magre e smunte e si mise a giocare con dei fili d’erba. Selene rise vedendola e le carezzò la schiena al che la piccola gattina si sdraiò sulla schiena e attese che la sua padroncina le facesse altre coccole, fu subito accontentata da Selene che ridendo provvide a solleticarle un fianco così che la gattina con un miagolio divertito non si voltò mosse cercando di prendere giocosamente con le zampe la mano di Selene che ridacchiò e si alzò in piedi allungando una mano verso l’altro e l’altra aperta su un lato. Rise divertita e mentre con le labbra morbide e rosee serrate iniziava ad intonare una canzone che aveva sentito dall’i-pod della sorella con un movimento lento delle gambe fine iniziò a ballare divertita girando su se stessa per poi liberarsi in una graziosa risata che risuonò per il giardino ormai buio della villa. Accarezzò il capo della sua gattina e si avvicinò ai cancelli bui e tetri del recinto  mentre lanciava sguardi strani verso le luci di casa che mano a mano andavano spengendosi. La luna aveva fatto capolino da poco al posto del sole e illuminava il suo visino pallido diffondendo tutt’intorno un’atmosfera magica, misteriosa, segreta. Poggiò una mano sulla sbarra del cancello e fissò la strada buia illuminata da un lampione lontano con strana curiosità.

All’improvviso una mano gelida si strinse da fuori sulla sua e la ragazza sgranando gli occhi urlò dal terrore mentre il cuore iniziava a battere rapido e folle e la presa ferrea di quella mano la stringeva con forza ma anche con delicatezza.

 

“Ricordo ancora i suoi occhi quella sera, erano terrorizzati ma così belli e grandi…erano diversi da quelli di Melanine, erano più semplici, puri e trasparenti. Erano gli occhi che amavo, gli occhi che avevo incontrato solo guardando una vetrata, gli occhi che mi avevano detto più di mille cose…lei era la fata buona nelle mie storie, la principessa da salvare che mia madre raccontava a mia cugina quando veniva a dormire a casa mia, la damigella da salvare e l’eroina dei miei film d’azione preferiti. Lei era Selene…”

 

Continua…

  
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