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Autore: paige95    22/09/2017    1 recensioni
Protagonisti di questa storia saranno Bulma e Vegeta.
In realtà protagonisti veri di questa storia saranno i sentimenti: contrastati, mutevoli, sì insomma, una metamorfosi di emozioni e sensazioni. Complice di tutto questo anche un triangolo amoroso, mai veramente superato, ma che farà sicuramente impazzire i nostri personaggi.
La nostra Bulma dà voce ai fatti e a queste travagliate emozioni.
Riscopriranno loro stessi o alla fine capiranno che l'amore può cambiare tutto ciò che credevano di essere?
Vi lascio con questa domanda con la speranza che questi presupposti vi abbiamo incuriosito almeno un po'. Buona lettura :)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha | Coppie: Bulma/Vegeta, Bulma/Yamcha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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E ritorni da me
 
 
Sono qui inerme come una stupida, convinta che qualche mese - e quindi pochi giorni - potesse riportare tutto alla normalità. E invece mi sono illusa per l’ennesima volta. Purtroppo per me, accade un po’ troppo spesso nell’ultimo periodo.
 
Non so come, ma sono ancora in grado di nascondere questa peccaminosa gravidanza. Ne sono tutti all’oscuro, meno che Yamcha e mia madre. Sono le uniche persone che mi stanno accanto, conoscendo il mio stato ed io inizio a provare forti sensi di colpa, specie verso il mio ex. In questo momento quell’uomo mi sta dimostrando una fedeltà ammirevole, sa che non è suo figlio, ma continua ad essermi accanto senza recriminazioni, con l’amara consapevolezza che io non sono innamorata di lui. Mi fa sentire un essere malvagio per il modo in cui l’ho trattato. Mi ama davvero e su questo non ho davvero più alcun dubbio. Se solo fossi rimasta con lui, se solo quello scimmione senza cuore non fosse entrato nella mia vita…ma purtroppo non posso riavvolgere il tempo e forse nemmeno vorrei, visto che quel dannato sayan mi ha regalato emozioni uniche e mio figlio, che amo già più della mia stessa vita.
 
Mi ero ripromessa, anzi imposta, di non piangere più per lui, di provare ad essere forte, ma non ci riesco, ormai la mia vita è stata irreversibilmente sconvolta ed io mi sento una piccola e debole creatura nella morsa del Destino. Io, che al Destino nemmeno credevo, devo tristemente ricredermi. A nulla sono valsi i tentativi di essere forte e non cedere alle sue braccia. E a nulla sono valsi i miei disperati tentativi di dimostrargli quanto l’amore che provavamo in quegli intimi momenti fosse un bene prezioso da conservare come un raro tesoro. Ma forse erano solo i miei occhi e il mio cuore a considerarli tali.
 
Ho chiuso per sempre con lui e da quando è ripartito, non entro più nemmeno nella mia stanza - la nostra camera - ho preferito trasferirmi su un altro piano della casa, più in alto, lasciando affondare negli abissi quel triste ma intenso frangente della mia esistenza. Ma anche questo mio disperato gesto è stato totalmente inutile, perché le sensazioni che provavo lì dentro non sono rimaste sul materasso, ma impresse sulla mia pelle come profonde cicatrici.
 
Prego tutti i giorni che Trunks non gli somigli, spero che mi venga risparmiata almeno questa condanna, perché non credo di poterlo sopportare. Lo amerei comunque, ovvio che amerei comunque mio figlio, ma quel dannato destino non può infliggermi anche questo tiro. Sarà un sayan, anzi un mezzosayan, e il mio compito quale sarebbe? Nascondere a lui le sue origini e risvegliare il suo lato umano o assecondare la sua forza e potenza?
 
Posso nascondermi fin quando non nasce, ma poi dovrò pur dare delle spiegazioni a tutti. Ed io come faccio a dire a Goku che ho avuto una relazione con un suo spietato nemico? Forse mi comprenderà e forse da buon amico mi starà accanto o forse si arrabbierà per avergli nascosto un dettaglio così importante della mia vita, dandomi dell’incosciente. Ma posso biasimarlo, se sono io la prima a definirmi tale?
 
Il mio piccolo Trunks, lo sento già scalciare sotto i miei larghi vestiti e mi sembra di risentire il suo tocco: ruvidezza mista a dolcezza. Ecco, già un lato che ha ereditato da suo padre.
 
Non so come uscire da questa incresciosa situazione. Per la prima volta nella mia vita mi sento davvero in trappola, sono stata imbrogliata nel modo più squallido che si potesse. Vegeta ha approfittato della mia fiducia, del mio sincero amore ed io in questo reato sono stata complice del mio aguzzino. Del mio dolce e amaro assassino.
 
Ora tutte le conseguenze per quella stupida sbandata sono su di me. Il frutto del mio amore e del suo possesso cresce nel mio ventre e i segni indelebili nell’anima e nel cuore rimarranno per sempre.
 
Come si può, dopo aver conosciuto il vero amore, tornare ad amare di nuovo, magari una persona diversa, per quanto buona possa essere - e ci vuol veramente poco ad avere più cuore di Vegeta - non mi regalerà mai le stesse emozioni e sensazioni.
 
Vago per gli immensi corridoi della Capsule Corporation in cerca di un po’ di pace. Evito prudentemente i luoghi che riporterebbero alla memoria la sua immagine - come se essa non fosse già impressa costantemente nella mia mente -. Sopra a tutte la Gravity Room, che mi sono imposta di sigillare e di non aprire probabilmente mai più. Nella mia mente è diventata la stanza degli orrori e se non l’ho distrutta, è stato solo per quell’insensato e grande sentimento che provo per lui. Amore che si mischia facilmente all’odio come polvere da sparo, creando una bomba innescata, che minaccia di esplodermi nel cuore da un momento all’altro.
 
Mi avvio verso il giardino, mi manca il fiato a tutti questi pensieri, che imperlano la mia fronte con sudore freddo.
 
Oggi c’è il sole, ma io non lo noto. Al suo posto vedo una palla di fuoco, le stesse fiamme che lui ha contribuito ad accendere e poi a spegnere, accecandomi.
 
Il mio sguardo vaga per il cielo, si sposta dalla Stella Madre, lasciando la mia vista momentaneamente oscurata. Non è una sensazione nuova, è esattamente quello che è successo nel breve periodo in cui Vegeta era al mio fianco.
 
Quel puntino nero davanti i miei occhi si sta diradando, ma ora davanti alle mie azzurre pupille - in tinta con l’immensità della volta celeste - un’altra figura sta comparendo. Si avvicina velocemente a me e si fa sempre più chiara, fino ad atterrare sulla mia traiettoria, prima ancora che io riesca ad identificare l’identità del soggetto in questione.
 
Mi fissa con il fiato corto, fa scivolare lo sguardo sul mio ventre ed io involontariamente cerco di proteggere mio figlio con le mie esili braccia dal suo indiscreto e traditore sguardo.
 
Lo osservo con diffidenza e compassione. Compassione?? Perché, lui l’ha avuta nei miei confronti? Sì, lo compatisco per aver preferito l’odio ad un sincero e puro amore.
 
Dopo interminabili secondi, o minuti, o addirittura ore - non saprei definire da quanto tempo siamo immobili l’uno davanti all’altra - trovo il coraggio di voltargli le spalle - come mi ero fermamente ripromessa di fare nel caso questo momento fosse un giorno arrivato - e rientrare in casa.
 
Passi incerti muovono la mia persona. Mi appoggio a tutto quello che trovo lungo il cammino.
 
Dannato cuore che mi suggerisce di gioire! E dannata testa che mi suggerisce di prenderlo a calci!
 
Aumento leggermente il passo, con uno sforzo immane, quando sento che qualcuno mi sta seguendo.
 
Maledetto Destino che conduce la mia mano sulla maniglia della nostra stanza. Giuro, volevo solo reggermi per non stramazzare al suolo, non è stata la forza dirompente dell’amore a condurmi sin qui. Stavolta sono io l'artefice del mio stesso inganno?
 
Entro dopo qualche istante di esitazione e mi chiudo dentro a chiave. Questa volta lo faccio di mia spontanea volontà. Ma tanto a che serve? La può buttare giù con il pensiero se solo lo desidera. Qui l’unica umana fragile solo io. Ed accidenti a me! Piuttosto, se lo facesse sarebbe spinto dall’intenzione di farmi del bene o del male? Ma quale bene poi? Il suo amore: graffi sanguinanti che non sono ancora guariti. Semplicemente una condanna eterna.
 
Il nostro letto. Non lo vedo da quando mi ha lasciata. Ricordo l’ultimo momento felice che abbiamo vissuto insieme tra quelle lenzuola e poi il buio che ne è seguito.
 
Forti rumori contro la porta mi riportano alla realtà. Martelli pneumatici nella mia testa.
 
Mi avvicino, forse incoscientemente, all’uscio. La stessa incoscienza che mi ha spinta tra le sue braccia. Ma allora è un dannato vizio! Ma non posso proprio farci niente, ho perso inesorabilmente il controllo del mio corpo.
 
Appoggio le mie mani contro la porta tremante sotto i suoi violenti colpi.
 
“Bulma”
 
Mi chiama con un sussurro affannato. Mi mordo il labbro inferiore per resistere dal rispondergli ‘Sì, amore mio’. La sua voce, quel suono a me così dolce. Chiudo gli occhi per gustarlo. I timpani soffrono come se dal momento della sua partenza avessero udito solo silenzio, mentre adesso il sangue ricomincia a scorrere in essi, riprendendo così la loro abituale attività.
 
“Bulma, aprimi”
 
Non c’è rabbia in lui, non lo fa nemmeno suonare come un ordine, solo un forte affanno che aumenta sempre più. Perché non sfonda la porta, invece di chiedermi un confronto?
 
Tira un pugno un po’ più forte e il metallo cede, piegandosi sopra la mia testa. Quel gesto così violento spezza la magia che si era creata nel mio cuore, facendo emergere un forte odio nei suoi confronti, che parte dallo stomaco e arriva fino alle corde vocali.
 
“Vattene, Vegeta! Sei un disgraziato ed io non voglio più vederti”
 
Maledetto! È riuscito a farmi piangere di nuovo per colpa del suo dannato ego.
 
Incassa le mie pungenti parole. Silenzio. Poi una flebile voce torna ad insinuarsi attraverso l'anta della porta.
 
“Bulma, ti prego”
 
Tu mi preghi? Ora sono io a non muovere un solo grammo di clemenza nei tuoi confronti.
 
Percepisco che con un tonfo assordante fa aderire la mano al metallo, come se avesse bisogno di reggersi e gli mancassero le forze. Dubito che siano sensi di colpa.
 
“A-aiutami”
 
Aiuto?! Ho sentito bene?
 
Mi prendo qualche istante per assimilare e involontariamente mi precipito sulla chiave, facendola girare velocemente nella serratura.
 
Apro la porta all’improvviso, mettendo in una condizione di precarietà il suo equilibrio. Ritira la mano e mi fissa con occhi vitrei. Chiude quei pozzi di petrolio lentamente e precipita delicatamente sulla mia spalla.
 
Sono paralizzata e questo mio stato mi consente di reggere il suo peso. Le lacrime sono congelate sulle mie paffute guance.
 
Solo un sussurro esce dalla mia gola.
 
“Vegeta”
 
 
Continua…
   
 
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