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Autore: MrEvilside    19/06/2009    2 recensioni
Se solo avesse potuto sfuggire a quell’incubo, sollevare le palpebre e risvegliarsi a Oto, nel quieto silenzio della sua camera, con il respiro pesante e soltanto un vago ricordo di quello che, dopotutto, non sarebbe stato che un sogno.
Invece è la realtà, Kabuto. lo disilluse Orochimaru, bevendosi con gusto ogni goccia della sua paura. Tu non puoi sfuggirmi; non potrai mai farlo. Se davvero vuoi svegliarti, rendimi il tuo corpo.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kabuto Yakushi, Orochimaru
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nightmare

[I can’t Escape this Hell
So many times I’ve Tried
But I'm still Caged inside
Somebody get me through this Nightmare
I can’t control Myself]
[Non posso Fuggire da questo Inferno
Ho Provato così tante volte
Ma sono ancora Rinchiuso dentro
Qualcuno mi tiri fuori da quest’Incubo
Non posso Controllarmi]

Urlava, le mani portate a comprimere il capo dolorante.
Un rivolo di saliva mischiata a sangue colava dalle labbra dischiuse per liberare quel grido disumano che scaturiva dalla gola; le dita sinistre affondavano senza pietà nella tempia ricoperta di squame d’alabastro; e l’occhio nero, stillante lacrime disperate, era rovesciato all’indietro mostrando solo la cornea, mentre quello dorato vagava da un capo all’altro della stanza vuota, quasi stesse cercando aiuto – ma non era così, perché quell’occhio desiderava soltanto la sua distruzione.
Non era la prima volta che si ritrovava in quell’orribile situazione.
E non sarà nemmeno l’ultima, se continuerai ad opporti al mio volere con tanta noiosa ostinazione. gli fece notare la voce carezzevole che rimbombò con violenza nella sua mente.
Kabuto scosse la testa con maggior vigore, nel vano tentativo di scacciare quel sibilo canzonatorio nonostante fosse ben consapevole che non ne sarebbe mai stato abbandonato.
Perché soffrire così tanto? proseguì Orochimaru, suadente, dopo l’ennesima scarica di dolore. Basterebbe che tu mi concedessi il tuo corpo per far finire tutto questo. Arrenditi: sei già mio.
Respirando affannosamente, il ragazzo portò il palmo destro – quello sano – ad asciugare la fronte imperlata di sudore e mosse lentamente le labbra affinché modulassero il suono per creare un unico, semplice monosillabo: -No-.
L’occhio d’oro si ridusse ad una tetra fessura e la mano sinistra – quella malata – si conficcò più in profondità ancora nella tempia del giovane, come animata da una propria volontà – e, in un certo senso, era davvero così.
Kabuto gridò ancora, percependo con orrore il suo stesso sangue colare lungo il braccio squamato.
Se solo avesse potuto sfuggire a quell’incubo, sollevare le palpebre e risvegliarsi a Oto, nel quieto silenzio della sua camera, con il respiro pesante e soltanto un vago ricordo di quello che, dopotutto, non sarebbe stato che un sogno.
Invece è la realtà, Kabuto. lo disilluse Orochimaru, bevendosi con gusto ogni goccia della sua paura. Tu non puoi sfuggirmi; non potrai mai farlo. Se davvero vuoi svegliarti, rendimi il tuo corpo.
Ma il ragazzo non si sarebbe arreso, non ancora.
Non quando quell’incubo rappresentava la sua vita e svegliarsi avrebbe significato morire.
Anche se era stanco, tremendamente stanco, e ormai piuttosto spesso quell’offerta diveniva fin troppo allettante per poter essere declinata più a lungo. Di questo, il suo signore era – purtroppo – ben consapevole, ne era la prova il fatto che i suoi attacchi fossero divenuti sempre più frequenti e prolungati.
No, Orochimaru-sama.
Un nuovo spasmo lo scosse violentemente quando sentì la mano sinistra scivolare dalla tempia al mento lasciandosi alle spalle una scia di sangue e carne brutalmente dilaniata.
Poi, misericordiosamente, le dita abbandonarono la profonda ferita per posarsi sulla pelle e carezzarla con una dolcezza che non si addiceva al loro padrone – tanto falsa e stucchevole da fargli venire voglia di vomitare.
Guardati. lo invitò gentilmente Orochimaru, portando la mano sinistra a sollevare il mento perché il suo sguardo potesse ricambiare quello del giovane nello specchio che, inginocchiato sul letto totalmente in disordine, stringeva i denti nel tentativo di resistere alla sofferenza provocata dal mostruoso taglio che gli deturpava la parte sinistra del volto. È questo che sei diventato.
Kabuto scrutò il riflesso, riconoscendo in esso soltanto l’ombra di ciò che era stato un tempo.
In quegli occhi – quell’occhio – non vi era più professionale indifferenza, ma atroce disperazione; quel corpo, prima agile e scattante, ora era debole ed emaciato, e il controllo su di esso era destinato ad affievolirsi ogni momento di più.
Non è piacevole, vero? commentò il suo maestro, sollevando il braccio per raccogliere tra le dita diafane una lacrima che solcava la guancia destra del sottoposto. Sei stanco, sofferente… Non ti meriti una vita simile. Lascia che sia io a farmi carico di tutti i tuoi dispiaceri. Non morirai mai: parte della tua anima rimarrà sempre con me, se solo vorrai fare come dico…
Avvicinò l’indice bagnato di pianto alle labbra e lo leccò con la ruvida lingua – il ragazzo non aveva energie sufficienti per opporsi neanche a quello, ormai.
Forte del poco controllo del proprio corpo che ancora possedeva, il sottoposto scosse nuovamente il capo.
Nonostante tutto, le dita della sua anima, come tentacoli, si aggrappavano ancora strenuamente alla vita grazie soltanto all’istinto di sopravvivenza.
Non si sarebbe fatto rubare l’esistenza da Orochimaru, non avrebbe accettato di venire sottomesso dalla potenza che aveva la possibilità di ottenere.
Non mi disobbedirai ancora a lungo, ragazzo. sbuffò cupamente il Sannin, seccato.
Il gioco non lo divertiva più.
Era giunto il momento di fare sul serio.
Con un movimento serpentino, la mano bianca si chiuse sulla gola di Kabuto, mozzandogli il fiato.
Il giovane afferrò il braccio che lo stava soffocando, ma non aveva abbastanza forza per poterlo contrastare. Ricadde con la schiena contro la parete fredda, riuscendo ad emettere solo un rantolo strozzato, incapace di fare altro che restare immobile e agonizzante nella stretta che si faceva ogni istante più serrata.
Non potete uccidermi… obiettò, scosso da tremiti convulsi. Morireste con me, se doveste farlo.
Sei davvero sicuro che voglia ammazzarti? Orochimaru scoppiò in una gelida risatina divertita. Ho semplicemente intenzione di prendermi quanto mi appartiene. Nessuno dei due morirà, stanotte.
Mentre scivolava nell’oblio oscuro, Kabuto sentì indistintamente la mano del maestro allontanarsi dal suo collo per accarezzargli ancora una volta la guancia sfigurata.
Hai svolto un lavoro eccellente, come al solito. Ora dormi, mio caro ragazzo.
Sarebbe stato inutile continuare a combattere, lottare per tenere gli occhi aperti e rimanere cosciente.
Il giovane sottoposto di Oto desiderava soltanto abbandonarsi al sonno, obbedire al suo signore, e dimenticare tutto il resto.
Ormai aveva perso.
In fondo, era sempre stato consapevole che sarebbe finita in quel modo – prima o poi.
Aveva solo voluto essere lui a decidere quando.

Kabuto desidera continuare a vivere controllando la forza di Orochimaru-sama e con la sua presenza sempre al fianco.
Il suo signore, però, desidera semplicemente rinascere, scacciare l'anima del ragazzo.
E, un giorno, il sottoposto si stancherà di questa continua lotta per la sopravvivenza... Perché, lo sappiamo bene, Orochimaru-sama è molto più potene di lui. So che anche Kabuto ne è consapevole, e ho provato a immaginare cosa sarebbe successo se davvero questa mia previsione si fosse avverata.
Non avevo mai trattato di Kabuchimaru-sama [Orochimaru-sama + Kabuto-senpai]; spero che non sia poi questo grande schifo.
Prima d'andare, c'è forse bisogno di dire che la strofa a inizio fanfiction non è mia, ma appartiene alla canzone Animal I have Become dei Three Days Grace? Forse sì, perciò lo faccio. Ho scelto quelle parole perché secondo me sono azzeccate, e penso che il 'qualcuno' citato nella canzone, che doveva aiutare a tirar fuori Kabuto dall'inferno, sia stata la sua scelta di lasciare a Orochimaru-sama il controllo del proprio corpo.
Oh, già: voglio solo ricordare che l'intento non era quello di scrivere una yaoi / shounen ai. E con questo ho detto veramente tutto.
Alla prossima.
Yay.

Saeko no Danna, scrittrice a tempo pieno... purtroppo
  
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