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Autore: meiousetsuna    24/09/2017    3 recensioni
Londra, gennaio 1969.
Martha frequenta l’ultimo anno dell’Accademia d’Arte Drammatica con la sua amica del cuore, Margaret.
Le due ragazze sono inseparabili, ma quell’atmosfera gioiosa e leggera, quella Londra sogno di tutti i giovani europei, stanno per affrontare un grande cambiamento.
Questa è storia più “strana” che ho scritto sul fandom e spero almeno che non ce ne siano già di simili…
baci al Martini Dry,
la vostra Setsuna
[Personaggi: Martha Luise Sissons/Margaret; implied!Frank Hudson]
[Womance, slice of life — uso di droghe leggere]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Sig.ra Hudson
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ambientazione: Londra, 30 gennaio 1969
Personaggi: Martha Luise Sissons/Margaret; implied!Frank Hudson
Missing moment, sentimentale, triste
Womance, slice of life — uso di droghe leggere
Note: abbondanti, in fondo

 

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“Non ancora riesco a crederci, sai? Con tutti i ragazzi che ti girano intorno stai concedendo un’altra chance a quel tipo viscido che sembra vestito per andare a un funerale”.
La bionda posò finalmente la spazzola circolare con la quale aveva dato cento colpi ai capelli lisci e già assolutamente districati dopo il primo minuto di quel trattamento. Impartiva lezioni di femminismo e modernità, però seguiva ancora i consigli della nonna, si trovò a riflettere. Chissà se avrebbe dovuto porsi qualche domanda.
“Oh, Margaret, non riesci proprio a fartelo piacere un pochino? Non è bello giudicare gli altri in modo così superficiale, tra qualche anno ti troverai con i bigodini in testa a spiare i vicini spostando le tendine della cucina!”
“Davvero?”
“E con il bicchiere di un cocktail in mano, di mattina. Anzi quello lo fai già… auch!”
Un cuscino era piombato senza troppa forza sulla capigliatura bruna della compagna di stanza di Margaret nella prestigiosa Royal Central School of Speech & Drama, dando il via a una battaglia senza quartiere che si concluse solo quando le ragazze si ritrovarono con le rispettive acconciature completamente rovinate.
La risata contagiosa di Martha riecheggiava in tutta la camera mentre, dopo essersi barricata dietro la scrivania, rincarava la dose.
“Anzi, berrai sciroppo per la tosse con la codeina direttamente dalla bottiglia!”
A quelle parole Margaret si bloccò, accennando un sorriso stiracchiato, lasciando cadere il cuscino per cominciare a mettersi a posto i capelli passandoci le dita con fare nervoso.
“Così pensi questo, eh? Senza scherzi”.
“Maggie cara, che dici? Ti prendevo in giro, lo sai. E anche se lo facessi, bè, il mio motto è ‘vivi e lascia vivere’. È che sei così spietata col povero Frank. Mi piace tantissimo, credo che sia il mio cavaliere con l’armatura scintillante”.
“Ti accontenti di poco… ho capito che è molto ricco e potrebbe offrirti una vita privilegiata, ma quel tipo ha qualcosa che non va. Non mi fido, e tu dovresti essere più prudente; perché non può spiegarti nei dettagli cosa fa in Sud America?”
“Me lo racconta, è che gli affari sono così noiosi; credo importi diamanti”.
La bruna era uscita dal suo fortino improvvisato, sedendosi sul letto con le lenzuola a margherite gialle sistemandosi la lunga frangia che spuntava dal cerchietto, accavallando le gambe sottili solo per un attimo.
Un secondo dopo Margaret si sdraiò posando la testa sulle sue cosce, arrotolando una sigaretta dalla bustina di tabacco Chesterfield azzurro, accendendola con la soddisfazione del consumatore incallito.
“Perché non stai attenta tu? Un giorno darai fuoco al letto, già vedo questa camera carbonizzata come se ci avessero tirato una bomba”.
“Come sei melodrammatica, Martha ― una nuvola di fumo soffiata dispettosamente accarezzò il viso dai tratti delicati dell’amica ― conserva la tua arte per la prova di lunedì. ‘Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Ripudia tuo padre e rinnega il tuo nome… e per quel nome che non è che una parte di te, prendi me, intera’. In ogni caso che significa forse importa diamanti? Lo fa o non lo fa! Non hai mai visto il suo ufficio e poi… Martha? Perché sei così seria?”
La bruna era visibilmente nervosa, e stringeva le labbra come se potesse trattenere una verità che premeva per scappare allo scoperto. Era ancora più carina così, con quel contrasto di occhi verde lago accesi di una strana luce, capelli scuri e la pelle chiarissima.
“C’è qualcosa che dovrei sapere? Cosa gli hai lasciato fare? Ti ha messo le mani sotto la gonna, vero?”
“Margaret! Non ti sembra di esagerare? Non mettermi in imbarazzo, sai che non mi piacciono troppe domande personali. Piuttosto lasciami alzare, ti preparo il tè”.
“Umf…” la bionda la fissò con fare decisamente seccato, ruotando la testa senza dare il minimo cenno di volersi spostare “non sei la mia governante, o la mia prozia che mi fa servire come a  un ricevimento reale, non mi prendi in giro. Ti faccio alzare se mi chiedi scusa”.
“Per cosa?” Martha cercava di ostentare indifferenza, ma stava arrossendo sempre di più, e le mani le tremavano leggermente.
“Per non avermi aspettata! Tutte le nostre promesse? ‘Perderemo la verginità nella stessa notte, perché siamo migliori amiche, più che sorelle’… bla, bla, bla. Fin quando spunta un Frank qualunque, un uomo con un nome ordinario e a te vanno a fuoco le mutandine come a una collegiale la prima volta che vede un ragazzo in vita sua! È inutile che metti la mano davanti alla bocca e trattieni fremiti e palpiti, ti ho detto che sembri mia zia Barbara”.
“Insomma, Maggie… io… ecco sì, è vero. Ho fatto l’amore con Frank e avrei voluto dirtelo, giuro, non giudicarmi ti prego. È stato qualcosa di magico, credo che la nostra attrazione sia quasi un segno del destino, sai? Non essere arrabbiata, anche tu l’avresti fatto. Quella promessa l’abbiamo scambiata a quindici anni”.
“Per me aveva senso”. Margaret era diventata pallida, e il tono di voce che era alterato fino a pochi secondi prima si era affievolito come se le mancasse l’aria. Sarebbe andata volentieri in bagno, si stava sentendo poco bene, ma era difficile spostarsi, col macigno che sentiva gravarle sul petto.
“Dammi un bacio, di’ che ti dispiace di avermi imbrogliata e ti perdonerò, sono molto magnanima. Ma lui lo odio lo stesso”.
Martha si sentì sollevata e felice; non nutriva alcun rimpianto, ma sapeva di aver tradito in qualche modo una promessa, per quanto tutte le amiche dai tempi di scuola lo fanno, vero? I patti di sangue, la confraternita universitaria… poi arrivava una persona speciale e questo cambiava le cose, non c’erano dubbi. Si faceva un bel dire “rimarrà tutto come prima”. Non era reale.
“Ti chiedo scusa per averti tenuta all’oscuro, cara, dimentichiamo questa lite, va bene? E comunque la signora Barbara mi piace, è l’ultima romantica; anche quella tua cuginetta è davvero graziosa, ha certi occhi tristi per essere tanto piccola.* Pace?”
“Manca il bacio”. Mentre la bruna si piegava sorridendo verso la sua fonte, Margaret le afferrò il viso, premendo le labbra con forza sulle sue, lasciandola andare con un sogghigno divertito quando l’amica cominciò a divincolarsi con decisione.
“Cosa fai, sei matta?” Martha non era davvero arrabbiata, non era di strette vedute, però quel tipo di intimità la metteva a disagio. Durante i party con i compagni dell’accademia c’erano spesso scene del genere, coppie di ragazze che flirtavano durante una canzone in voga per attirare l’attenzione con i loro modi provocanti. Sorrideva e passava oltre, in fondo gli sciocchi erano quelli che credevano di essere al cospetto di chissà quali ancelle del sesso.
“Ti è piaciuto? Vuoi farlo ancora?”
“Margaret!”
“Non ti vedo poi così disgustata, mia futura devota mogliettina! Vorrà dire che quando sarai ai fornelli a sfornare pudding per l’adorabile mr. Hudson, penserai a me ubriaca di sciroppo, e rimpiangerai questo momento”.
“Adesso ti riconosco, se dici sciocchezze sei in te! Forza, è l’ora di uscire, è sabato e una giusta giornata di shopping ci aspetta. Hai un bel dire di Frank, come se non sapessi che stasera ti farai bella per Albert, il fotografo delle dive… non farmi quelle occhiatacce, cos’è, tu puoi fare commenti e io no? Non vede l’ora di chiederti di posare per delle eleganti foto d’arte”.
“Martha Luise Sissons! I ritratti che Albert mi ha proposto non sono dei nudi, anzi, indosserò delle creazioni di Courrèges, sono uno sballo; c’è un abitino, Martha… ci ho lasciato il cuore, spero di farmelo regalare alla fine del servizio. È bianco, cortissimo, con dei nodi piatti color bronzo, delle Mary Jane abbinate e lo indosserò con una parrucca azzurra, un sogno”.
“Credi davvero che le proporrà a Vanity Fair? Ne sarei così felice per te, sei bellissima, lo meriti”.
“Diventerò famosa e tu sarai la mia assistente, vero? Se l’orribile Frank non ti murerà in casa. Vivremmo come delle principesse, non mi piace sapere che verrai alla festa con quel vecchio Mary Quant. Ho indovinato, lo so”.
“Lo adoro, e poi è il vestito più corto che ho, in fondo ho belle gambe ― Martha si esibì in una smorfietta buffa, sollevando l’orlo della vestaglia per scoprire le cosce snelle e levigate ― e il blu è il mio colore preferito. Certo, se mi prestassi le perle…”
“Prendi quello che vuoi, sorella fedifraga”.
“Quando vuoi sei adorabile! Grazie, ci starò attenta”. Un altro bacio, questa volta sulla guancia, segnò quella che doveva essere una riconciliazione a tutti gli effetti.

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Le feste dell’ultimo sabato del mese erano attese da tutti gli studenti dell’accademia d’arte con una sorta di frenesia quasi inspiegabile, considerando la concorrenza del numero di locali alla moda presenti nella capitale.
Non c’era nulla di familiare o improvvisato: malgrado l’atmosfera in piena Swinging London, l’eccentricità dell’arredo di velluto a coste giallo arancio e i giovani artisti emergenti ai quali veniva esteso l’invito, i ragazzi provenivano da famiglie borghesi e quelle che erano meno abbienti erano ancora più volenterose di pagare per offrire questa opportunità unica ai loro figli.
Tutto era sfarzoso, elegante, ben lontano dalla comune semplicità degli eventi delle università pubbliche.
Soho era così: un ex quartiere malfamato e povero, celebrato in tanti romanzi del XIX° secolo, assorto a nuovo lustro con la riqualificazione di tutte le zone centrali di una Londra in espansione, brulicante di vita e creatività. Carnaby Street ne era il cuore pulsante e nessun altro indirizzo avrebbe dato più notorietà ai party organizzati in quel loft, che di norma veniva affittato per esposizioni di fotografia e pittura.
Era quello il motivo per cui Albert e Margaret si erano incontrati. Lui stava supervisionando gli addetti del trasporto che staccavano e imballavano nella plastica con le bollicine la raccolta di fotografie che aveva scattato durante un viaggio in Giappone, e lei era rimasta incantata.
I volti bianchi delle maiko, la bocca come un petalo carminio; i loro ritratti di spalle, con l’invitante nastro rosso che spuntava dall’elaborata pettinatura. Lui si era avvicinato, spiegandole che si trattava di un richiamo sessuale messo in evidenza dal piccolo scollo sul retro del kimono. Aveva passato una mano con malcelata allusività sulla nuca di Margaret, raccontandole come fosse quella la parte del corpo più seducente in quella cultura raffinata quanto lontana.
“Da quando John ha sposato Yoko Ono non mi chiedono altro. Certo lei non ha nulla dell’atteggiamento sottomesso di quelle ragazze, sembrano quasi bambole. Tu invece hai una bellezza diversa, inglese cento per cento. Sei bionda naturale?”
“Sì, sono miei. Ma sarai stanco di capelli chiari e occhi azzurri”. La voce di Margaret era civettuola in quel momento, ma in modo studiato. Qualcosa che gridava ‘so come parlare con gli uomini per piacergli’.
“Non ne ho mai abbastanza” Albert si sporse verso la ragazza, un avambraccio appoggiato mollemente contro la parete “l’obiettivo ama il biondo, non lo sai?”
“Credevo fosse una regola dello schermo cinematografico”.
“È lo stesso, è una questione di catturare la luce. Tu sembri un ottimo conduttore”.
Margaret aveva riso divertita di quella definizione, ed erano andati avanti a parlare per un paio d’ore; la conversazione si era conclusa con l’invito alla festa di gennaio, e la promessa di Albert di inserire delle sue foto nel book per il numero di marzo di Vanity Fair.

Martha era visibilmente a suo agio con il bicchiere di Martini Dry in una mano e la copertina di un frastornante LP nell’altra, mentre — faticando a far emergere la sua voce sottile sopra i bassi — stava chiaramente illustrando agli amici le meraviglie della band che stavano ascoltando.
“Martha, ma cos’è questa musica? Per farsela piacere ce ne vogliono molti, di Martini!”
“Sono i Led Zeppelin, Maggie, il secondo album, non è bellissimo? Basta con quel pop lezioso che piace a te, ascolta il testo. E questo è un Viper, per la precisione. Sempre al servizio segreto di sua Maestà!”**
“Quanto patriottismo” alle spalle della bionda, un Albert vestito di tutto punto con una giacca damascata viola e  pantaloni a zampa d’elefante, stava lanciando delle occhiate di apprezzamento alla bruna “anche se ‘Whole lotta love’ soffre della contaminazione con la scena americana, non credi? Io sono…”
“So benissimo chi sei” Martha ignorò i lampi che cercavano di incenerirla e la mimica facciale della sua amica che tentava di comunicarle un messaggio del tipo ‘non farmi fare brutta figura’ “spero che la cara Margaret possa avere davvero una possibilità. È incredibilmente adatta a diventare una fotomodella”.
“Tu non ci hai mai pensato? Hai un bel fisico”. Prima ancora di poter ricevere una risposta, Albert aveva allungato una sigaretta dall’evidente aroma di marjuana a Martha.
Lei fece un sorrisino e la prese senza esitazioni. “Tra poco questa vita sarà finita, godiamocela finché si può”.
“Già, non ci crederai, la mia amica è fidanzata con un certo Frank, che sembra un impresario di pompe funebri. Secondo me se la scoprirà a fumare dell’erba chiederà il divorzio, ho un grande intuito per queste cose”. La bionda aveva sfilato delicatamente la canna dalle dita di Martha per fare un paio di tiri, passandola all’artista, ma lui rifiutò scuotendo la testa.
“Ne ho altra, questa è per voi signore”. Quando arrivarono al filtrino Margaret ebbe il dubbio di aver respirato qualcosa di più forte, il retrogusto sul palato era troppo amaro, ma non disse nulla. Sì girò, soffiando l’ultimo sbuffo sulle labbra di Martha, poi le accarezzò il collo, scendendo a sottolineare con un dito il contorno della scollatura.
L’amica rideva, chiaramente un po’ stordita dal mix di alcolici e fumo, e non protestò né quando sentì una mano cercare la forma del suo seno, né quando si accorse che Albert le stava fotografando.
“Siete splendide, continuate, questo è molto meglio dei servizi di moda… potremmo proseguire con la festa a casa mia”.
In quel momento la porta si spalancò, lasciando passare una folata di vento gelido, visto che nessuno si curava di richiuderla.
“Tutti fuori, presto! Qui vicino, a Savile Row, alla Apple! Non ci crederete mai!” Dei ragazzi erano in preda ad una vera e propria frenesia “sul tetto ci sono i Beatles, stanno accordando gli strumenti! Suonano il loro ultimo concerto, da domani si separano!”
Un minuto dopo il loft si era svuotato, e decine di giovani correvano verso la sede dell’etichetta musicale, chi col cappotto di qualcun altro, chi tentando di sbracciarsi per fermare un taxi.
Martha non riusciva ad andare molto veloce, la testa le girava ancora, così si fermò per prendere fiato, accorgendosi solo in quel momento che la bionda la teneva per mano.
“Io…”
“Non preoccuparti, non è successo niente, è solo una sciocchezza. Maggie, non volevo dirtelo così, ma ora devo farlo. Io e Frank ci sposeremo a Luglio, e tu devi essere la mia damigella d’onore. Quando lo conoscerai bene ti piacerà, promesso, se non ti avrò vicina il giorno più bello della mia vita sarà rovinato, lo sai, vero?”
Lei non rispose niente, le parole che volevano liberarsi morirono in gola prima di essere pronunciate; alla fine annuì, cercando di sorridere.
“Oh, brava, cara! Adesso andiamo, non vorrai perdere questo concerto, sono i tuoi preferiti, voglio vederti felice!”
“Martha… i Beatles non si possono separare davvero, è solo una fase, una lite per quella bastarda che si è messa di mezzo. Dimmi che è così”.
“Non lo so, ma non è una tragedia, i gruppi prima o poi si sciolgono, non durano mai tutta la vita. Tesoro, stai piangendo? So che li ami, ma hai i dischi, i ricordi… ci sarà altra musica ancora più bella”.
“Ma non sarà mai la stessa cosa. È la fine di un’era”.



N.d.A.= La deliziosa Una Stubbs è del 1937, ma in questa ff Martha è del 1944. Nella implicitamente citata 3x2, del 2014, avrebbe così 70 anni.
La Royal Central School of Speech & Drama è il conservatorio di arte drammatica dell'Università di Londra. Fino al 2005 era una scuola privata.
*Barbara Cartland — la più famosa autrice inglese di romanzi rosa ― e la nipote di secondo grado, lady Diana. Qui aveva otto anni… R.I.P.
** La versione detta “Viper” del Martini Dry (gin, vodka, kina lillet) è quella preferita di James Bond.
Il titolo: Yellow Submarine è il film dei Beatles del 1968: andava bene per l’anno precedente la storia, oltre ad essere un manifesto di pop colture inglese.
Significato: ci sono due letture del testo. La prima riguarda il mondo delle droghe sintetiche — il “viaggio nel mare verde” (l’LSD)”le onde” (i problemi da cui ci si tiene lontano)”il sottomarino giallo”( le capsule gialle di Nembutal). L’altra, più interessante, vede la consapevolezza (la luce del sole) di dover uscire da una vita agiata e protetta (il sottomarino) vincendo i problemi individuali (le onde) cercando una musica nuova (fino a trovare un mare verde). Il 1969 - l’anno del concerto di Woodstock – vedrà davvero iniziare un’era diversa.

  
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