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Autore: sissir7    25/09/2017    0 recensioni
Fondamentalmente, John e Sherlock rappresentano tutto quello che un amore non dovrebbe essere, tutto quello che un amore non dovrebbe pretendere. Ma come si sa, alla fine è l'amore a decidere tutto: vita, morte, gioia, dolore. Sherlock non è mai stato così sensibile e John non è mai stato così se stesso.
Questa è la mia visione di due persone fittizie che non sono mai state così reali.
Questa è la visione di un amore che dopo 130 anni non è stato dimenticato.
E mai lo sarà.
P.S. Vorrei tanto che venissero ascoltate le canzoni citate perchè sono quello che le mie parole non riusciranno mai a descrivere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Si svegliò con un lungo sospiro e il profumo di bucato fresco gli bruciò quasi le narici.
Era il tipico odore di Tom, quello.
Di qualcosa di pulito, che ti fa sorridere senza un perché.
“Buongiorno raggio di sole.”
Sherlock sprofondò la faccia nel cuscino a quelle parole.
Il modo in cui si sentiva intimidito dal fascino di Tom per lui era ancora una cosa nuova anche se era passato un mese da quanto il suo rapporto dottore-paziente era stato compromesso dal suo invaghimento per il suo terapeuta.
Dopo aver scostato le lunghe tende bianche, la stanza fu invasa da un sole pallido e Tom poggiò le mani sulla vita, sbuffando.
“Anche oggi giornata uggiosa.”
Sherlock si rigirò nel letto e si alzò un po' poggiando la schiena nuda al muro.
“E’ così chiaro che non sei inglese.” Disse.
La figura alta e longilinea di Tom, che piano si voltò, era stretta in un completo blu notte e le scarpe nere lucide brillavano come fanno i riflessi del sole sul mare.
“Invece lo sono.” rispose, e i suoi grandi occhi azzurri guardarono Sherlock profondamente.
“Sì, lo sei. Sei nato e cresciuto qui, la tua istruzione è ottima proprio come lo è quella inglese ma…io parlo della tua anima.”
“Pretendi di conoscere la mia anima dopo un mese di conoscenza.”
Tom si avvicinò al bordo del lato del letto dove il suo ex paziente era steso e si piegò su di lui, poggiando le mani ai lati di quella stretta vita da ballerino.
Posò un bacio su quelle morbide labbra.
“Ci conosciamo da più di un mese.”
Sussurrò Sherlock sulle labbra umide a pochi centimetri dalle sue.
“Ero il tuo terapista. E quando sono stato il tuo terapista non pensavo a certe cose.”
Sherlock fece spallucce e Tom si allontanò verso il suo guardaroba per prendere una cravatta.
“Ma ti piacevo.”
La voce di Sherlock era forte, sicura.
“Certo. Sei un ragazzo molto più giovane di me, con un fisico mozzafiato…Dio solo sa quanto sei intelligente. Ti sei mostrato disponibile ed io cedo sempre alle tentazioni per cui ne vale la pena.”
Tom gli fece un occhiolino e si infilò un costoso orologio.
“Già”
Il tono con cui lo disse era velato di una pesante tristezza.
Era pieno di consapevolezza.
La consapevolezza del fatto che per Tom lui era solo una piacevolissima distrazione e che mai gli avrebbe dato di più.
Di sicuro non il suo amore.
Non erano fidanzati.
Scopavano, tutto qui.
Ed avevano ben chiarito questo loro dare avere perché Tom non voleva nulla di serio dopo il divorzio dalla sua cara moglie e con due figli non avrebbe mai avuto tempo di badare ad un’altra persona.
Mentre Sherlock bramava essere curato, desiderato, voluto ed ebbe queste cose solo sotto il punto di vista fisico.
Ma almeno metà della sua necessità la soddisfaceva.
 Si ripeteva questo per farsi andare bene la situazione in cui si trovava.

“Bene. Ci vediamo domani a cena. Ti passo a prendere io.”
Prese la valigetta in pelle, si chinò a baciare Sherlock sulla fronte e sparì velocemente.
L’eco della porta che si chiuse avvolse tutto l’attico.
Quel silenzio gli faceva male.
Si alzò e rifece con cura il letto.
Già nudo, gli bastò infilarsi sotto la doccia e aprire l’acqua.
Quella casa era di un lusso che neanche lui poteva permettersi.
Aveva del marmo bianco e grigio in ogni camera, soffitti alti e lampadari grandi e preziosi.
Era arredata in modo molto asettico e freddo, estremamente moderno, proprio come Tom: un uomo in carriera che concedeva interviste e convegni sulla psicoterapia in tutta Europa.
Si preparò velocemente le uova e dei toast e bevve succo di ananas in quella cucina mai toccata da una mano, mai neanche guardata da Tom che aveva uno stile di vita che non gli concedeva il lusso di stare molto a casa.
“Sherlock?”
Passi veloci raggiunsero la cucina.
Sherlock stava ancora finendo di mangiare.
“Tom…”
Il volto di Tom era inspiegabilmente dispiaciuto.
Una ruga profonda solcava la sua fronte.
Scostò una sedia dal grande tavolo di vetro che padroneggiava nell’open-space e si sedette incrociando le mani davanti a sé.
“E’ successo qualcosa?” chiese Sherlock, solo coperto da una t-shirt di Tom che gli andava un po' grande.
“Posso chiederti cosa hai fatto ieri sera quando sei balzato via dal letto?”
Sherlock rimase immobile.
“E sei tornato...solo per chiedermi questo?”
“Posso far aspettare la mia prima paziente. Tu sei di gran lunga più importante.”
Sherlock alzò istintivamente le sopracciglia.
“Senti Sherlock, so che non abbiamo una relazione romantica ma questo non vuol dire che io non tenga a te come persona e come ex paziente. Quindi non sorprenderti nel sapere che mi preoccupo per te.”
Si sentì quasi colpevole per aver dubitato di Tom.
Spesso gli era capitato di non sapere cosa rispondergli perché Tom era più grande, e quei tredici anni di differenza li sentiva. Tom lo zittiva e si sentiva inferiore certe volte. Ma la saggezza e la semplicità con cui lo zittiva gli faceva capire, per la prima volta in vita sua, che doveva ancora pienamente capire le persone e che per farlo, doveva stare in silenzio.
 “Ho scritto a John.”
Le labbra di Tom si separano e trattenne il respiro.
Annuì piano.
Sherlock lo guardava un po' nervoso.
“E’ una cosa positiva, Sherlock. Davvero.”
“Mh.”
Il suo sguardo si abbassò sul toast morso poco prima.
“Gli hai detto tutto quello che volevi dirgli?”
“Vuoi sapere cosa gli ho detto?”
“Solo se tu vuoi dirmelo. Solo se hai bisogno di dirlo.”
“E’ il mio terapista che parla? O l’uomo che mi scopa? O un amico?”
“La tua arroganza non ti porterà lontano nelle relazioni personali, quante volte devi sentirlo per convincertene…”
Sherlock incrociò le braccia, scosse la testa e sparì in camera sedendosi sul letto e prendendosi la testa tra le mani.
Tom lo raggiunse poggiandosi alla porta, mise le mani in tasca.
“E tu quante volte hai bisogno di scoparmi per innamorarti di me?”
“Oddio Sherlock, smettila di fare il bambino. Non ti si addice.”
Il volto e il tono di Tom era dolci, così apprensivi che a Sherlock diede un  fastidio pazzesco. Ma diamine se aveva ragione.
Tom non perdeva mai la pazienza, non si lamentava mai per nulla, era la calma fatta a persona.
Era l’opposto di John.
“Non parliamo di me. Io sono qui per te e lo sai.”
Si sedette sul letto di fianco a lui.
“Scusami. Non so perché ti tratto così.”
“Sì che lo sai Sherlock. Sei solo incapace di gestire ciò che John ti suscita. Ed io sono l’opposto di John; ti arrabbi con me perché sai che sono quello che ti farebbe bene ma non sono quello che vuoi.”
Entrambi sorrisero, complici.
“Dannazione. Non mi metterò mai con uno psicoterapeuta.”
“Se non vuoi essere capito più di quanto capisci te stesso…no, non ti conviene.”
Poggiò una mano su quelle spalle curve e le massaggiò piano.
“Sherlock, abbiamo parlato di John durante ogni singola seduta. Tu ami lui e lo amerai per sempre, credimi. Non…non c’è modo che uno come te provi di nuovo qualcosa del genere e ti ripeto quello che ti ho detto la prima volta che abbiamo capito che stavamo superando il rapporto dottore-paziente: non sarò io fartelo dimenticare. Hai accettato di concederti a me per distrazione e ti avrà fatto bene ma è una cosa inconcludente.”
“Non è molto da aiuto credo.”
“Non devono esserti di aiuto le mie parole. Devono essere la verità e la verità è questa. Accettarla non ti risolverà tutti i problemi, ma ti farà sorridere di più, ti farà vivere le giornate con più leggerezza ed è questo di cui hai bisogno. Almeno fin quando tu e John non vi ritroverete. L’unica responsabilità che vorrei ti prendessi ora è quella di fare quello che seriamente vuoi perché tu meriti la tua felicità. Non la mia, né quella che nessun’altro può darti. Ma la tua. Capisci?”
Gli passò una mano tra i ricci scuri e Sherlock tremava un po'.
“Hey…” gli sussurrò ma il ragazzo che stava consolando non riusciva ad alzare lo sguardo.
“Leggi.”
Tom prese il pc e lesse la mail.
Si ritrovò una lacrima a bagnargli il viso e rimase senza molte parole.
“Sono convinto che John non resisterà molto senza te.”



Dopo quella conversazione, Sherlock non rivide più Tom.
Non andò alla cena il giorno dopo né passo altre notti di sfrenata passione con lui.
Notti che, ammise, gli sarebbero mancate molto.
Ma continuò a sentirlo, a chiamarlo, perchè fu comunque il suo angelo custode durante il periodo più difficile della sua vita.
Fu un amore strano, troppo complicato, con un uomo troppo grande e troppo perfetto per lui.
Non era il suo destino ma era stato una parte di esso.
Ora era a telefono con lui.
Erano passati tre anni e lo chiamava per qualcosa di inaspettato, qualcosa che rese Tom molto eccitato e commosso.
Sherlock era appena uscito da un fioraio a Covent Garden per gli ultimi dettagli da decidersi e fu in quel momento che glielo disse, un po' impacciato e quasi timidamente come se stesse confessando un intimo segreto. In fondo lo era ancora per molti.
“Ti avevo chiamato per uno scopo ben preciso, Tom.”
“Oh… Hai qualche problema, Sherlock?” chiese preoccupato.
“L’unico problema ci sarà se non potrai venire al mio matrimonio. Perché vorrei tanto che tu venissi.”
Il sole gli accarezzava le guance.
Londra pulsava introno a lui e si sentiva vivo come mai prima.
La voce felice di Tom, che gridò qualcosa di incomprensibile dall’altro capo del telefono, lo fece sorridere.
Dopo un momento di quasi isteria Tom riuscì a rispondergli che ci sarebbe stato sicuramente.
“E’ ovvio che ci sarò!”
 “Bene.”
“Mio dio, Sherlock. Avevamo parlato del fatto che John si è presentato alla Royal Ballet School e…che avete parlato, vi siete detti di tutto, ma…è passata poco più di una settimana da quel giorno e…”
“Lo so. E’ incredibile come va la vita. Come le cose…ritrovano il suo posto.”
“Non ho mai avuto dubbi su quale fosse il tuo posto. E' John e …”  
Sentì Tom sospirare, forse piangere.
Parlarono ancora per un po' e si lasciarono con la promessa che presto si sarebbero rivisti. Sherlock non aveva ancora realizzato cosa stava succedendo.


Aprì la porta di casa.
“Sono tornato!”
Poggiò delle buste sul divano insieme alla sua giacca.
Prese del tè freddo dal frigo e lo sorseggiò piano dalla sua tazza.
Contemplò per un po' Londra dalla sua vetrata che gli regalava quel quadro irripetibile e piano sentì una mano calda accarezzargli la schiena.
Si voltò e sorrise.
“Hey”
“Ciao.”
Gli occhi blu di John gli fecero venire la pelle d’oca.
Stava pensando che ora li avrebbe avuti al suo fianco tutti i giorni.
Il suo mare personale in un città così grigia.
Guardava i capelli chiari di John e pensò che anche se la mattina si sveglierà e non ci sarà il sole, accarezzerà quei capelli e sentirà lo stesso calore del sole, tiepido, a riscaldargli le dita.
A John bastava pensare che ogni giorno con Sherlock sarebbe stato una battaglia perché il loro amore era pura guerra a volte. Ma vincerla era il suo scopo.
Sanguinare, parare i colpi peggiori, perdere, rialzarsi, combattere era il loro scopo.
Si parò davanti a lui e poggiò le mani  intorno al suo collo, posò le labbra su quelle di Sherlock che avevano il sapore fresco di limone.
“Tra un’ora abbiamo la prova degli abiti.” Gli sussurrò.
“Mh mh.”
John fece scivolare la mani dal collo, alla schiena, fino al sedere che strinse prepotentemente.
Spinse il corpo di Sherlock contro il suo e sorrise malizioso.
Inizò a baciargli il colo, prima con le labbra poi passò alla lingua.
“J-John…”
Sherlock fece cadere del tè a terra.
“Il…tè…”
John prese la tazza e velocemente la posò sul tavolo.
Ritornò a baciargli il collo e appena sentì l’erezione di Sherlock premere contro la sua disse:
 “Che dici, proviamo il letto nuovo?”
“Non rompiamo anche questo però.”
Sherlock strinse l’erezione di John nella sua mano e John fece un gemito osceno.
“Di questo passo, futuro Signor Watson, non ti assicuro nulla.”  
 
   
 
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