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Autore: Kameyo    26/09/2017    5 recensioni
Sasuke vuole diventare il miglior scrittore della sua generazione.
Naruto ha talento ed è in grado di creare melodie meravigliose.
Si incontrano per caso in stazione, non si conoscono, non si parlano e non si guardano negli occhi, ma le loro passioni si intrecciano e mescolano.
Vivranno i mesi più intensi della loro vita relegati sottoterra, mentre la gente sale sui rispettivi vagoni e prende parte alla corsa del mondo, si innamoreranno e non riusciranno più a fare meno di stare insieme.
"Il giorno in cui ho sentito la tua voce,
il mondo che avevo immaginato ha preso vita."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Sasuke voleva fare lo scrittore, era il suo sogno, il destino che si era scelto. Aveva avuto sempre voti alti a scuola, aveva frequentato corsi di scrittura, aveva fatto parte del team di giornalismo alle superiori, e alla fine aveva – quasi – fatto carte false per potersi aggiudicare la borsa di studio per la Columbia University, tutto per il solo scopo di imparare il più possibile e diventare uno scrittore degno di nota.
Suo padre, com’era ovvio che fosse in una famiglia come la sua, si era opposto, aveva premuto affinché diventasse un avvocato e facesse domanda per la St. John, un’università cattolica dal giusto prestigio e la buona morale, non come i circoli intellettuali che il suo sciagurato figlio non vedeva l’ora di frequentare, ma alla fine Sasuke l’aveva avuto vinta, la Columbia l’aveva accettato e gli aveva dato pure modo di potersi mantenere da solo con lavori all’interno dello stesso edificio – in certi casi non era il massimo, ma era il meglio a cui potesse aspirare.
Le lezioni lo stimolavano, gli insegnanti erano borse cariche di cultura e idee, tutto in quell’università lo incentivava a fare di più, a migliorarsi, e l’ambiente in generale gli aveva dato modo di iniziare ad abbozzare il suo primo romanzo. Di base tutti sapevano che Sasuke non era esattamente propenso per le storie d’amore troppo romantiche – e grazie al Cielo, dicevano alcuni -, la sua immaginazione era più incentrata sul fantasy, su intrecci travagliati e angst a non finire, così nessuno si era stupito quando aveva iniziato a vagare per la città in cerca di ispirazione e persone da trasformare in personaggi perfetti per la sua storia.
I primi posti in cui si era soffermato erano ovviamente i più affollati, i parchi, le piazze, le stesse strade piene di gente a tutte le ore, Sasuke si era fermato in ogni angolo alla ricerca del suo protagonista, il  valoroso eroe che avrebbe salvato il suo intero mondo, una piccola isola dispersa, dalla dinastia che li stava portando alla distruzione. Aveva guardato centinaia di visi diversi, quasi un migliaio, ma il ragazzo che immaginava sembrava non volersi fare avanti, probabilmente era nascosto da qualche parte, rintanato in qualche buco di fogna in attesa che lui lo trovasse.
Sasuke ci aveva messo impegno per cercarlo, sei mesi di sola osservazione, scrivendo bozze su bozze, ricreando luoghi e persone, ma il suo valoroso eroe era pressoché disperso, introvabile. Alla fine, avvilito, aveva deciso di inventarselo e fare in modo che fosse il più realistico possibile, anche se le sue pretese era un po’ troppo alte. Il suo protagonista sarebbe stato buono, ma segnato dalla vita, intelligente, ma allo stesso tempo leggermente idiota, avrebbe avuto un passato da cancellare, ma troppa paura per il futuro da creare, avrebbe avuto nel cuore una sola persona per tutta la sua esistenza e niente e nessuno lo avrebbe mai distolto dalle sue missioni, in poche parole sarebbe stato il giusto compromesso fra un umano pieno di errori e un eroe senza paura. Gli diede un nome il giorno stesso in cui lo ebbe immaginato, ma non riuscì mai a scrivere niente su di lui, non era il ragazzo adatto, non era chi stava cercando, per cui lo accantonò e riprese la sua disperata ricerca.
Alla fine fu in un giorno assolutamente normale e comune che a Sasuke arrivò il suo miracolo personale, un’ispirazione violenta e inarrestabile, capace di fargli dolere la mano per ore a causa del troppo scrivere, il tutto in un luogo che odiava e con una persona che in altre occasioni non avrebbe mai avvicinato, ma fu memorabile, fu meraviglioso, e lui se lo sarebbe ricordato per tutta la vita. Quello sarebbe stato il giorno della svolta, in tutti i sensi. E qualcosa lo avrebbe travolto.
 
 
 
 
 
 
Metropolitan Love
 



Il giorno in cui ho sentito la tua voce,
il mondo che avevo immaginato ha preso vita.
 

La lezione di letteratura comparata sarebbe iniziata alle 9:00 in punto, quella mattina avrebbero discusso della letteratura del Commonwealth e Sasuke aveva già preparato una serie di interventi e commenti a riguardo, per un giapponese trapianto in America come lui l’argomento di quella mattina sarebbe stato solo un modo per dimostrare quanto valesse far parte di due culture totalmente differenti. Il suo insegnate ne sarebbe stato certamente entusiasta, se solo la metropolitana si fosse data una mossa, altrimenti gli sarebbe toccato arrivare a metà lezione e tutti i suoi buoni propositi sarebbero evaporati come una nuvola di fumo.
La notte prima aveva avuto la felice idee di dormire fuori dal campus, nell’appartamento del suo amico Suigetsu, che non solo l’aveva quasi fatto ubriacare, ma non l’aveva neppure svegliato all’orario richiesto. Era riuscito a prendere la metropolitana per un soffio, un secondo più tardi e avrebbe dovuto aspettare due ore per quella successiva e a quel punto sarebbe stato arrestato per omicidio, perché Suigetsu sapeva quanto fosse importante la lezione di quella mattina.
Le porte automatiche si aprirono alle 8:31, Sasuke calcolò che camminando a una buona velocità – quasi correndo – sarebbe arrivato nell’esatto attimo in cui l’insegnate avrebbe iniziato a parlare, doveva solo percorrere la strada in linea retta ed evitare di finire addosso a qualcuno.
Suigetsu morirà molto lentamente.
La calca di gente uscì dal vagone con una lentezza disarmante, se tutti erano di fretta, perché andavano così lenti? Sasuke si ritrovò in stazione circondato da uomini in giacca e cravatta per niente felici di trovarsi lì e vecchietti carichi di voglia di passeggiare; quella non era di certo la sua giornata.
Evase da quella prigione di corpi con non poca difficoltà, elargendo ‹‹Permesso›› e ‹‹Mi scusi›› a non finire, mentre il suo intero corpo gli consigliava d’investire chiunque con una spallata e fuggire da lì il più velocemente possibile. Odiava i posti affollati, odiava fare la fila, odiava che la gente non avesse rispetto per gli altri, e si era sorbito tutto quel trantran già per sei mesi filati a causa della sua ricerca, non poteva ricominciare per colpa di uno stupido che per fargli un dispetto non l’aveva svegliato.
Vide le scale per il piano di sopra in lontananza e gli parvero un miraggio, non sarebbe mai arrivato in tempo per l’inizio della lezione, ma almeno non avrebbe fatto troppo tardi. Sorpassò a sinistra due ragazzini mano nella mano, colpì la spalla di un uomo ben piazzato pregando che non lo ammazzasse con un pugno e quando fu a pochi passi dal primo gradino si bloccò immobile come una statua, un ginocchio già piegato per il movimento di salita.
Una melodia incalzate si espandeva per tutta la stazione, non l’aveva sentita prima per colpa del vociare continuo della gente intorno, ma ora che era a pochi passi da lui poteva ascoltarla bene, poteva accorgersi di come si insinuava nella testa senza che potesse fare qualcosa per impedirglielo. Il ragazzo che stava cantando e suonando – Una chitarra arancione, sul serio? – era seduto per terra con la schiena appoggiata alla parete, aveva una felpa verde mela, Orribile, con stampata sopra la faccia di Sheldon Cooper, e dei jeans talmente consunti che si sarebbero potuti strappare da un momento all’altro, ma quello che risaltava maggiormente tra tutti quei vestiti improbabili era il viso, era bellissimo. L’espressione di quell’artista di strada era concentrata, ma c’erano certi momenti in cui le sopracciglia si rilassavano, le labbra carnose si stiravano e sembrava quasi che sorridesse, in più i capelli scompigliati e biondissimi gli davano un’aria da “monello” che Sasuke non era sicuro di poter dimenticare.
Gli si avvicinò con cautela, stando ben attento a non calciare la custodia di quella povera chitarra deturpata, studiò il volto del ragazzo con scrupolosità, soffermandosi sulle ciglia biondissime, il lieve accenno di barba e la contrazione, in alcuni momenti, delle palpebre; non aveva ancora avuto modo di vedere gli occhi, ma dovevano essere chiari, quasi sicuramente azzurri con delle pagliuzze dorate all’interno. Nel complesso lo trovò davvero bello, peccato per la felpa, Sheldon poteva pure andare bene, ma il verde mela? Quello no, nemmeno fra un milione di anni.
La melodia che stava suonando apparteneva a una canzone che conosceva, ma in quel momento non gli venne in mente quale, seppe solo che nella sua testa iniziarono a vorticare immagini su immagini, gesti, luoghi e parole, capì in un istante che Lei era arrivata, la maledetta ispirazione che non faceva altro che farlo dannare, e che non poteva dirle di no, altrimenti chissà quando l’avrebbe rivista. Sospirò pesantemente e sperò che quel ragazzo non smettesse di cantare proprio in un momento tanto importante, prese la sua agenda blu, la penna nera ricaricabile che si portava dietro in ogni occasione e si mise a terra con le ginocchia incrociate.
Che sto facendo?
Guardò il ragazzo biondo e si chiese con che coraggio si mettesse a suonare per strada - lui si stava vergognando a morte -, poteva essere un barbone? Visto i colori improponibili che usava poteva anche esserlo, ma suonava in maniera troppo perfetta per essere un semplice autodidatta, aveva tecnica, per quanto lui ne capisse. Inoltre la sua voce doveva aver ripetuto quella canzone almeno un migliaio di volte, sua madre era brava a cantare, ma non faceva nessun tipo di esercizio e spesso le sue note stonavano, mentre quel tipo sembrava davvero  bravo.
La melodia cambiò, il ragazzo iniziò a cantare “I’m a Mess” di Ed Sheeran, e l’ispirazione, maledetta stronza che era sempre per i fatti suoni, iniziò a galoppare con maggior velocità. Sasuke fece un respirò profondo, cancellò le voci dei passanti, il rumore della metropolitana e dei passi, ignorò le occhiate e si concentrò solo su quella canzone, sul suono della chitarra, sulla voce di quel ragazzo, tutto il suo mondo si chiuse in una bolla, c’erano solo lui e il biondo di fronte. La mano iniziò a muoversi da sola e il suo agognato eroe si mostrò, era esattamente come lo aveva immaginato, con tutte le caratteristiche al posto giusto, dalla stupidità al coraggio, ma cosa più importante aveva finalmente un volto, un viso bellissimo baciato dal sole e dei capelli degni di un principe delle favole; il suo musicista di strada era appena diventato il suo guerriero senza paura.
La ricerca disperata che aveva intrapreso in quei mesi era servita tutta per quel momento, per quell’incontro, quel viso e quella voce dovevano averlo aspettato per chissà quanto tempo. Si sentì al suo posto dentro quella piccola palla di aria che li aveva inglobati, solo lui e il suo eroe. Il musicista inoltre sembrava essersi accorto della sua presenza, perché si era leggermente staccato dalla parete e si era piegato un po’ in avanti, come per farsi ascoltare meglio.
Sasuke, che non aveva mai provato un vero interesse per qualcuno, si incantò a guardarlo, mentre la mano continuava imperterrita la sua corsa, quel ragazzo era qualcosa di strabiliante e sentiva, nel profondo, che uno strano legame si era già fatto strada dentro di sé.
 
Sasuke non capì esattamente quanto tempo passò seduto sul pavimento freddo, se non quando ebbe finito di scrivere, il ragazzo cantava ancora, ma la sua ispirazione si era sbriciolata poco a poco lasciandogli ventisette pagine piene di parole e soddisfazioni. Nemmeno ricordava più l’ultima volta che aveva scritto tanto senza fare una pausa, la mano gli faceva così male che avrebbe faticato molto per prendere appunti quel giorno. A quel pensiero un lampo di consapevolezza lo scosse, preso dal romanzo, e dal ragazzo, aveva completamente dimenticato la lezione che aspettava da almeno una settimana,
Ormai è tardi!
Prese il cellulare e guardò l’orario, il display segnava le 11:35, quella mattina non avrebbe seguito proprio un bel niente, ma almeno era uscito dal suo blocco e poteva riprendere da dove aveva interrotto, e doveva tutto al ragazzo senza nome – per il momento – che non aveva smesso un attimo di suonare.
Dovrei ringraziarlo.
Prese degli spiccioli dal portafogli e li mise dentro la custodia, si alzò pulendosi i pantaloni senza distogliere lo sguardo dall’altro che non voleva proprio smettere di cantare, - Polmoni d’acciaio? Quel ragazzo gli aveva appena dato le ventisette pagine più produttive di tutto il romanzo e lui se ne andava così, nemmeno una stretta di mano? Conoscendosi si sarebbe sentito in colpa almeno fin all’indomani. Sbuffò spazientito e strappò un pezzo da un foglio, ci scrisse su quattro parole in croce e posò il biglietto dentro la custodia, nessuno avrebbe mai potuto dire che Sasuke Uchiha era un ingrato. Rimise l’agenda e la penna ai loro rispettivi posti, chiuse la tracolla e salì le scale per tornare al campus, quando arrivò in cima si voltò per guardare il ragazzo, questi aveva smesso di suonare e teneva il mano il suo biglietto con un sorriso smagliante sulle labbra, forse non era stato l’unico a sentire quella strana e magnifica attrazione e ne fu felice.
Sasuke quel giorno lasciò la metropolitana con il cuore ricolmo di qualcosa non ben identificato, era soddisfazione? Orgoglio? Gratitudine? Non lo sapeva, l’unica cosa di cui era certo, era che sarebbe tornato a cercare la sua musa dai capelli biondi, c’era molto da scrivere e lui aveva tutta l’intenzione di rimanere ancora piacevolmente stordito da quella bellissima voce.
 
Ti cercherò ancora,
la tua voce mi serve.
 
Ps: Grazie.
S.U.
 
 
 
Se sparisci, non sarò in grado di andare avanti.

 
Sasuke era tornato a cercare quel ragazzo esattamente il giorno dopo, ci aveva pensato per tutta la notte, considerando la lezione di letteratura inglese delle 8:00 e quella di filosofia delle 10:30, ma alla fine si era detto che avrebbe potuto recuperare gli appunti da qualche compagno di corso, mentre l’ispirazione avrebbe riso di lui per decenni se non avesse fatto qualcosa, in più doveva ancora capire cosa l’avesse attratto tanto.
Indossò la sua felpa peggiore, quella con la stampa di un ananas che gli aveva regalato suo fratello durante un Natale molto ubriaco, un paio di jeans neri e un cappello blu dell’Adidas, non doveva, in nessun modo, farsi riconoscere dagli altri studenti, altrimenti qualcuno avrebbe potuto provare interesse per quel ragazzo. Inoltre, indossando i vestiti che mal sopportava avrebbe apotuto avere una scusa per gettarli via, perché se al tizio biondo non interessavano l’abbigliamento e le norme igieniche non era affar suo, lui si sarebbe cautelato sotto ogni punto di vista e avrebbe bruciato ogni germe alla fine di quella storia.
Però è bello. E ha una bella voce.
Si spruzzò pure una buona dose di profumo, andando contro tutti i pensieri di non-buona impressione che si era messo in testa quella mattina; non poteva mai sapere cosa sarebbe accaduto, magari il senzanome in realtà era ricco e quello era solo un hobby, potevano pure prendersi un caffè in quel caso. Sarebbe stato carino. Magari.
Che diavolo sto pensando?!
Prese la tracolla da terra e si precipitò fuori dalla stanza, erano le 8:05, camminando a una buona andatura – no, non avrebbe corso – sarebbe arrivato per le 8:45, e sicuramente l’altro sarebbe già stato lì. Chissà se avrebbe avuto ancora quell’orribile felpa verde mela, forse alla fine di tutta quella storia avrebbe potuto regalargli qualche indumento decente, sì, tanto per ringraziarlo. Probabilmente quello neanche se ne rendeva conto, ma il suo viso e la sua voce avevano salvato il suo progetto, il suo sogno e lui odiava avere debiti. Lavorava a quel romanzo da quasi una anno, ma solo la mattina in cui l’aveva incontrato era riuscito a scrivere qualcosa senza doverla cancellare o modificare almeno venti volte, ed era stato bello, gratificante. Il suo insegnante non doveva essere stato molto contento per la sua assenza, ma quella mattinata passata in compagnia del ragazzo senzanome gli aveva messo addosso una carica che non si sentiva da tempo. Era stato giusto restare in quella metropolitana, ed era giusto in quel momento andare a cercarlo per ascoltarlo ancora e lasciarsi guidare dalle sue note. Desiderava incontrarlo molto più di quanto volesse ammettere.
Di questo passo riuscirò a finire di scriverlo.
Arrivò in stazione con il cuore in gola, non vedeva l’ora di vederlo, di creare insieme a lui, e soprattutto era curioso di vedere i suoi occhi. Erano davvero azzurri? O forse erano verdi? Sarebbe rimasto deluso nel vederli? E l’altro? Era rimasto talmente concentrato su quelle pagine, da non essersi nemmeno reso conto se l’altro l’avesse guardato o meno, e se non gli fosse piaciuto?
Probabilmente è pure etero.
Scendendo le scale gli prese uno strano sconforto e sentì una stretta allo stomaco dalle dubbie motivazioni, non aveva senso fantasticare su una persona di cui non sapeva niente, poteva tranquillamente essere davvero un barbone e se gli avesse dato dei soldi avrebbe solo contribuito a incentivare un ipotetico vizio, magari si drogava pure. Quel legame che aveva sentito poteva semplicemente essere frutto della sua immaginazione.
No, non può essere, lui non è così.
Il viso del ragazzo biondo era pulito, a parte gli abiti sembrava un tipo qualunque, uno di quelli che prende le caramelle dagli sconosciuti, uno di quelli che avrebbe accettato tranquillamente “un’uscita fra nuovi amici”, ma lui non poteva pensare a cose del genere, aveva il suo obbiettivo da portare a termine. Doveva finire il suo romanzo e dimostrare a suo padre di poter essere sia all’altezza del suo cognome che allo stesso livello di suo fratello, non importava che quello fosse un medico di tutto rispetto, lui poteva diventare uno dei migliori scrittori della sua generazione, e a quel punto non avrebbe più potuto trattarlo come un insetto da buttare fuori di casa.
Gliela farò vedere!
Scese gli scalini di corsa, quel giorno avrebbe scritto ancora di più, si sentiva pieno di energie! Ma in fondo alla rampa si rese conto che il ragazzo biondo non c’era. Si addentrò nella calca e si mise a cercarlo, quel volto sarebbe stato impossibile da non riconoscere, quei capelli poi, erano talmente biondi da sembrare un sole in mezzo a un campo grigio. Guardò vicino ai muri, tra i pilastri, sulle panchine, si mise in un angolo e chiuse gli occhi per ascoltare meglio i suoni sperando di sentire la chitarra o la sua voce, ma niente.
Non c’è.
Dopo tutte le aspettative e i film mentali che si era fatto, il musicista quella mattina non si era presentato. Rimase a guardare tra folla ancora un po’, deluso, e poi decise di mettersi allo stesso posto del giorno prima, era possibile che fosse in ritardo o forse non aveva orari prestabiliti, in ogni caso non gli costava niente aspettare. Prese la sua agenda blu, si sedette per terra a gambe incrociate e si mise a leggere, avrebbe usato il tempo dell’attesa per rileggere e correggere la bozza del giorno prima. Gli aveva scritto un biglietto, gli aveva fatto intendere di aver bisogno di lui, era impossibile che lo lasciasse in quel modo.
 
Tempo dopo Sasuke non poté credere ai suoi occhi, non solo il ragazzo biondo non si era presentato, ma lui aveva sprecato due ore del suo prezioso tempo - il display gli dava le 11:05 e ancora stentava a crederci -, in una vecchia e puzzolente metropolitana di New York, seduto su un pavimento lercio, appoggiato a una parete ancor più lercia a prendersi germi e batteri da chissà chi. Aveva corretto tutto il testo del giorno precedente rendendolo ancora più avvincente, questo era vero, ma avrebbe potuto farlo nel pomeriggio, mentre quella mattina avrebbe potuto seguire le lezioni come in realtà avrebbe dovuto fare dal principio.
Si sentì davvero uno stupido ad aver aspettato tutto quel tempo, quel ragazzo probabilmente nemmeno si ricordava di lui, doveva averlo visto come uno dei tanti che si fermavano a dare un’occhiata e il secondo dopo si era già scordato del suo biglietto. Era stato stupido. Mise l’agenda al suo posto, si alzò e corse fuori da quel buco il più velocemente possibile, non avrebbe più cercato quell’idiota, non ci avrebbe più nemmeno pensato, altro che ringraziamenti e caffè! Avrebbe ritrovato altrove la sua ispirazione, e dannata lei che lo aveva illuso un’altra volta!
 
La mattina dopo, esattamente come aveva programmato per tutta la notte, Sasuke si alzò presto, fece colazione, preparò i libri e gli appunti per i corsi che avrebbe seguito e uscì dalla sua camera con tutta l’intenzione di comportarsi da studente diligente. Non gliene fregava assolutamente nulla di quel tipo, poteva scrivere tutte le scene che gli mancavano in un altro modo, e soprattutto non avrebbe mai dato retta a suo cugino Shisui, ‹‹Continua a cercarlo, la musa si fa desiderare sempre!››, poi il perché gli avesse raccontato di quello strano incontro non lo capiva nemmeno lui.
Shisui era un pittore, l’unico degli Uchiha che aveva avuto il fegato di mandare tutti al diavolo e trasferirsi a Parigi con poco denaro e tanta aspirazione, lo ammirava per questo, ma il cugino era pure un po’ suonato e aveva l’impressione che avesse una strana cotta per suo fratello. L’ammirazione che provava nei suoi confronti doveva averlo distratto, non c’era altra spiegazione. E doveva essere anche colpa sua se le sue gambe l’aveva portato totalmente fuori strada.
Perché sono qui?
L’entrata della metropolitana sembrava la porta per l’Inferno, vedeva pure tutte le fiamme intorno e un’immagine sfocata del ragazzo biondo con un paio di corna e una coda rossa che gli sussurrava lascivo ‹‹Vieni da me››, ma era solo la sua immaginazione, o il suo inconscio che gli mandava indicazioni contrastanti con il suo volere. Lui non poteva davvero essere lì per vederlo. Non poteva restare altre due ore confinato lì sotto solo per aspettarlo. ‹‹Mi sa che non sei solo interessato alla sua voce››, sentiva pure le risatine di Shisui in sottofondo.
Avrò dormito poco.
Eppure ci era sceso di nuovo e lo stava cercando, stava scrutando ogni volto, ascoltando ogni voce, ma non c’era, di nuovo. Il posto che avevano condiviso era terribilmente vuoto e questo lo stava portando a starci male, sentiva una strana sorta di tradimento in quel pezzo di pavimento non occupato, come se il patto che avevano silenziosamente stretto di creare qualcosa insieme fosse stato infranto, ma loro non si erano detti niente, non si erano stretti la mano, non si erano nemmeno guardati, era avvenuto tutto solo nella sua testa.
Dio, non so nemmeno di che colore sono i suoi occhi. Non conosco il suo nome.
Si mise una mano fra i capelli e se ne strinse una ciocca, si sentiva patetico a stare in quella maniera per qualcuno che nemmeno conosceva. Non aveva senso continuare ad andare lì, aspettarlo, cercarlo fra la gente, niente di quello che faceva aveva senso, eppure sentiva che se avesse rinunciato se ne sarebbe pentito amaramente. Se solo avesse smesso di cercarlo, anche se era stato con lui per una sola mattina, tutto quel meraviglioso mondo che aveva creato, quel protagonista perfetto che era nato solo vedendolo, tutto, sarebbe svanito e non avrebbe più avuto ragioni per esistere.
Sasuke si recò alla stazione per cinque giorni di fila, l’agenda blu sostituita da una di un arancione sgargiante, il cappellino perso fra i vestiti, la speranza di vederlo e di farsi riconoscere, la speranza di poter incrociare il suo sguardo almeno una volta. Per cinque giorni Sasuke provò l’irrefrenabile desiderio di vederlo e parlargli, ma quello non si presentò nemmeno una volta. Pensò davvero di rinunciare, ma farlo significava mettere fine a qualcosa di assolutamente strano e disturbante che gli aveva fatto perdere la testa come mai gli era successo prima, e tutto per una voce e un viso senza occhi. Quel ragazzo gli era entrato dentro con qualche canzone e un viso da baciare.
Il quinto giorno, prima di lasciare la metropolitana sconfitto ancora una volta, prese un pennarello nero dalla tracolla e scrisse sul muro. Si sentiva un folle a fare una cosa del genere, ma doveva vederlo almeno un’ultima volta per darci un taglio, poi si sarebbe disintossicato da quella pazzia e tutto sarebbe tornato alla normalità.
 
Sei sotto la pelle,
la tua voce non mi lascia,
ma tu? Tu in che universo sei?
 
 
 
Il desiderio di vedere i tuoi occhi mi dilania.
 
 
Stesso universo, stesso posto,
verrò ancora,
tu aspettami.
 
Sasuke non si avvicinò a quella stazione della metropolitana per dieci giorni, si impose con tutto se stesso di lasciar perdere quella storia e dimenticarsi di quel musicista di strada che non aveva fatto altro che dargli problemi. Aveva scritto ventisette pagine grazie alla sua musica, ma la cosa era finita lì, non conosceva il suo nome, non sapeva chi fosse, non conosceva nemmeno il colore dei suoi occhi; quei maledettissimi occhi che sognava ogni notte e non lo lasciavano in pace. A volte erano verdi, altre azzurri, ma la sua mente non faceva altro che suggergli che si stava sbagliando e questo lo mandava in bestia.
In quei giorni aveva seguito le lezioni, aveva studiato per potersi portare avanti con gli esami e si era dedicato totalmente al suo romanzo, ma con quest’ultimo i risultati non erano stati per nulla soddisfacenti anzi, non avevano fatto altro che deprimerlo sempre di più. Molte scene erano rimaste bloccate a metà, altre non erano neppure iniziate perché gli parevano troppo futili, e quelle che aveva scritto col musicista lo facevano infuriare con la loro perfezione. In conclusione quei dieci giorni lontano dalla stazione erano stati un disastro.
Non aveva ancora capito cosa rendesse tanto interessante quel musicista di strada, sapeva solo che non era stato capace di cancellarlo dalla sua mente, e che alla fine gli era toccato cercarlo ancora, con la speranza di rivederlo, farsene una ragione e cancellare sia quella mattina che il suo viso dalla memoria.
Si recò in metropolitana alle 9:00 in punto, la tracolla sulla spalla e l’agenda già fra le mani, se fosse stato lì, non avrebbe perso tempo e si sarebbe messo subito a scrivere, dato che a quanto pareva la sua ispirazione se n’era andata insieme a lui, ma dopo, quando avrebbe finito, non se lo sarebbe fatto sfuggire e gli avrebbe parlato.
Scese le scale della stazione con una strana ansia ad attanagliargli lo stomaco, una parte di sé sperava tanto di trovarlo lì, desiderava davvero vederlo e scoprire quanto potesse essere bello il suo viso esposto alla luce del sole, i suoi occhi assomigliavano al cielo o al mare? Ma l’altra parte di sé sapeva anche che se non l’avesse visto nemmeno quella mattina, avrebbe dovuto rinunciare definitivamente, perché sarebbe stato davvero da folle continuare ad averlo in testa in quella maniera. Non ci aveva mai nemmeno parlato, quindi come faceva a non riuscire a dimenticarsene?
Quando i gradini terminarono il vociare della gente in attesa lo investì in pieno, era fastidioso e irritante, sentiva tutte quelle voci ammassate fra loro e alcune si confondevano con altre, ma il sottofondo, quello l’avrebbe sentito anche se il mondo fosse esploso. Una melodia triste e struggente riempiva ogni angolo di quel luogo caotico, possibile che fosse l’unico a sentirla? I brividi gli pervasero la schiena quando si voltò verso il posto della volta precedente, il musicista biondo era lì, jeans scuri strappati sulle ginocchia, felpa arancione di una taglia più grande e un violino nero fra le mani. L’avrebbe riconosciuto fra mille volti se glielo avesse chiesto, perché il suo intero corpo tremava all’idea di potergli stare accanto. Capì che poteva evitarlo per giorni, poteva cercare di mischiare i tratti del suo viso con quelli di qualcun altro, ma mai avrebbe potuto dimenticarlo, mai il suo animo avrebbe smesso di tendersi verso la sua musica.
Era amore? Si era innamorato solo per le sue note e la sua voce? Questo non riusciva davvero a spiegarselo, sapeva solo di volersi avvicinare per toccarlo, per baciarlo, per fargli alzare le palpebre e perdersi in quelli che sarebbero stati gli occhi più belli che avrebbe mai visto in vita sua; e lo fece, gli si avvicinò col cuore che pompava talmente forte da avere il dubbio che la sua cassa toracica potesse reggere, e lo guardò suonare e muoversi al ritmo di quella melodia malinconica, totalmente incantato dalla sua intera persona.
Il ragazzo sembrò accorgersi della sua presenza, perché lo vide schiudere leggermente le palpebre per guardare in basso, per poi sorridere sereno e richiudere gli occhi, forse anche lui non vedeva l’ora di rivederlo. Forse anche lui l’aveva guardato per un attimo e aveva sentito quel legame nascere e avvolgersi attorno al suo cuore.
Sasuke decise di mettersi dietro di lui, sedendosi a terra e appoggiandosi alla parete, avrebbe scritto messo lì, protetto dalla sua ombra, con le orecchie piene della sua melodia e gli occhi puntati di tanto in tanto sulle sue spalle ampie, la curva perfetta della schiena e i glutei sodi nascosti dai jeans troppo stretti. Alla fine il desiderio di possederlo lo avrebbe fatto impazzire. Lui che non aveva mai provato interesse per nessuno, che aveva disdegnato le ragazze che gli si erano dichiarate, adesso era completamente perso per un musicista sconosciuto di cui non conosceva né il nome né niente.
Impazzirò così.
Sasuke si mise a scrivere per evitare di soffermarsi troppo su quel corpo perfetto, e si perse nei meandri della sua mente, vivendo nell’isola che aveva creato con tanta cura e passione, parlando col suo fantastico eroe, diventandone l’amante e il tesoro più prezioso, ma anche il suo punto debole e la ragione di tutte le sue paure. Combatté al suo fianco e visse anche lui come un guerriero, ma quando il viso del suo protagonista fu troppo simile a quello del musicista, la sua immaginazione si bloccò e si perse per altre vie. Pensò a se stesso seduto per terra, in quel luogo sporco, con l’altro davanti a lui che suonava per farlo scrivere, e all’improvviso si vide in piedi, al suo fianco e poi di fronte, vedeva il violino cadere a terra, la gente intorno sparire, mentre tutto si tingeva di bianco. E si vide sporgersi per baciarlo, mentre quello continuava a tenere gli occhi chiusi in attesa. Voleva vedere di che colore fossero, voleva che li aprisse e gliel’ordinò più volte, gli chiese di mostrarglieli, di farlo immergere nelle profondità del suo animo, ma quello pareva sordo alle sue richieste e, invece di rispondergli, cantava e cantava e gli chiedeva di non smettere di credere nel suo sogno.
 
Sasuke si svegliò all’improvviso all’ora di pranzo, del musicista nemmeno l’ombra, ma la sua agenda era piena di pagine fitte, dovevano essere almeno quaranta e le aveva scritte di nuovo grazie a quel tipo biondo senza nome. Ora, oltre a ringraziarlo per l’aiuto avrebbe anche dovuto farlo per avergli permesso di dormire così bene dopo tanto tempo.
Non posso continuare così.
Mise l’agenda nella tracolla e si alzò in piedi, la schiena gli doleva e anche il collo, ma mentre dormiva non aveva sentito assolutamente nulla, solo la melodia del violino e il musicista che gli cantava qualcosa all’orecchio. Era possibile che gli avesse suonato una ninna nanna?
Sbuffò pensando che anche quella volta non era riuscito parlargli, gli sarebbe toccato cercarlo ancora come un matto, almeno adesso aveva la certezza che anche l’altro lo pensasse. Con la coda dell’occhio vide la scritta che aveva lasciato qualche giorno prima sul muro, - era stato infantile a farlo – e si accorse di un’altra scritta in rosso che prima non aveva notato, la lesse e sorrise. Quel musicista aveva decisamente perso la testa quanto lui.
 
I mesi successivi i due artisti li passarono molto a contatto, non avevano appuntamenti fissi, ma sembravano aver trovato il giusto equilibrio fra i propri impegni, tanto che le volte in cui si presentavano in metropolitana senza vedersi erano diventate più che rare. Sasuke non aveva ancora avuto modo di parlare col musicista, tutte le volte che arrivava in stazione quello stava già suonando e per un motivo o per un altro quando doveva tornare al campus, l’altro ragazzo non smetteva mai di suonare. Dopo mesi non sapeva ancora quale fosse il dannato colore dei suoi occhi, ma aveva tutta l’intenzione di scoprirlo non appena avesse pubblicato il suo romanzo, si era fatto la promessa di bloccarlo, anche nel bel mezzo dell’esibizione, per fargli aprire gli occhi e scoprire il suo nome.
Un giorno però, fu proprio il ragazzo biondo a fargli una sorpresa, durante uno dei suoi riposini tra una capitolo e l’altro mise fra le pagine dell’agenda arancione un piccolo cartoncino bianco e nero, che Sasuke vide solo una volta tornato al campus, era l’invito al suo saggio di fine anno. Sul bigliettino aveva annotato l’orario in cui si sarebbe esibito e il suo nome, finalmente, con tanto di smile a penna rossa e una richiesta,
 
Non mancare!
 
 
 
Adesso che ci sei, la mia vita sarà piena di te.

 
Il saggio di Naruto, questo il suo nome, avrebbe avuto inizio alle 16:00 di un pomeriggio primaverile, il suo turno sarebbe stato solo intorno alle 18:30, quindi Sasuke ebbe tutto il tempo per prepararsi e indossare i suoi abiti migliori. Scelse una camicia nera per risaltare il colore della pelle, dei pantaloni scuri e una giacca dal taglio moderno, ma non troppo elegante, si spruzzò una buona dose di profumo e prese la sua solita tracolla; quella sera non poteva permettersi di lasciare l’agenda in camera, sentiva che qualcosa di importante sarebbe accaduto.
Il luogo dell’incontro era il teatro di un piccolo liceo statale di Brooklyn, Naruto quindi doveva essere in procinto di diplomarsi e iscriversi a qualche corso di musica all’università, a meno che non desiderasse fare l’artista di strada. La scenografia della rappresentazione di Romeo e Giulietta, che si era svolta la mattina, era ancora lì, e la sala, troppo piccola per contenere tutte le persone che volevano assistere ai saggi, era già stracolma di persone. Un omaccione dall’aria arrabbiata faceva scorrere la fila per entrare e, a quanto pareva, controllava che la gente fosse in lista.
E ora?
Arrivato il suo turno, Sasuke guardò l’uomo dritto negli occhi senza esitare, Naruto lo aveva invitato quindi aveva tutto il diritto di trovarsi lì, il problema era che non sapeva sotto quale nominativo fosse stato inserito tra gli invitati.
‹‹Sono Sasuke Uchiha››.
L’uomo controllò velocemente i tre fogli pieni di nomi, ma scosse la testa seccato, ‹‹Non ci sei››.
Sasuke prese il biglietto dalla tracolla e glielo porse, ‹‹Questo ragazzo mi ha invitato››.
Il tizio fissò il cartoncino bianco e nero e alzò un sopracciglio prima di sbuffare avvilito, controllò alla fine dell’ultimo foglio e alzò gli occhi al cielo.
‹‹Sei l’ospite di Naruto?›› gli chiese squadrandolo dalla testa ai piedi.
‹‹Sì›› gli rispose lui con una piccola quantità d’orgoglio nella voce.
L’uomo prese dalla tasca un bigliettino rosa ripiegato più volte su se stesso, lo lesse con un cipiglio seccato sul volto e lo liquidò senza più guardarlo in faccia, ‹‹Quinta fila, posto centrale››; Sasuke ebbe l’impressione di sentirlo borbottare ‹‹Scapperà dopo averlo sentito parlare››.
Entrò in teatro durante la pausa per il cambio degli invitati, i ragazzi di danza avevano appena finito le loro esibizioni  e i parenti venivano invitati a uscire dalla porta d’emergenza. Lui andò verso le prime file per cercare il suo posto e vide che, proprio nel sedile c’entrale, Naruto stava disperatamente tentando di staccare un foglio dallo schienale, era messo di spalle rispetto a dove si trovava per cui non riuscirono a guardarsi in faccia fino a che non gli fu vicino.
‹‹Che stai facendo? Non è il mio posto quello?››
Naruto sembrò immobilizzarsi sul posto, le sue orecchie divennero rosse e fece fatica a voltarsi verso il suo interlocutore, Sasuke si sporse leggermente in avanti per capire cosa stesse combinando e si accorse che attaccato al sedile stava un foglio bianco con su scritto “Per l’innamorato di Naruto”, a quel punto anche il suo viso si accaldò e si tinse di rosa.  Il musicista si voltò lentamente, l’imbarazzo che provava doveva essere davvero forte, perché tutta la sua faccia era in fiamme e i suoi occhi erano fissi sulle punte delle scarpe.
‹‹Mi dispiace, - pigolò – è stata la mia amica a scriverlo›› gli disse alzando lo sguardo.
La mente di Sasuke rimase in blackout per qualche secondo, le iridi del ragazzo biondo, che tanto aveva atteso di vedere, non erano verdi, non erano castane, ma non erano neanche azzurri, erano blu, quello stesso blu intenso che si poteva vedere al tramonto e che faceva perdere il confine tra mare e cielo. Quel blu bellissimo che con la giusta luce poteva diventare della stessa tonalità del mare cristallino o dell’oceano in burrasca. Gli occhi di Naruto erano qualcosa che Sasuke avrebbe sognato per giorni senza stancarsene mai.
‹‹No, - sussurrò – non fa niente››.
Aveva atteso quel momento per mesi interi, aveva immaginato quel giorno talmente tante volte nella sua mente da essere sicuro di non potersi stupire, ma si sbagliava, quello sguardo limpido lo catturava e incantava, ci si sarebbe potuto perdere dentro per ore senza accorgersene. La bellezza di quegli occhi, di quel viso, di quel corpo, di quel ragazzo nel suo complesso era spettacolare.
Allungò una mano per toccarlo, non gli importava se fosse un gesto fuori luogo o troppo avventato, lui doveva farlo, doveva sentirlo almeno una volta, ma non poté avvicinarsi più di tanto che una voce di donna richiamò l’attenzione dell’altro.
‹‹Devo andare, fra un po’ sarà il mio turno›› gli disse nervoso il musicista.
Sasuke gli sorrise leggermente e gli toccò un spalla, il suo corpo non voleva saperne di restare fermo, ‹‹Andrai bene, tranquillo››.
Naruto sembrò rigenerarsi con quel piccolo gesto e gli sorrise raggiante, ‹‹Hai ragione! Spaccherò il mondo, dattebayo!›› disse stringendo un pugno con determinazione.
Si voltò verso la donna che lo aveva chiamato e gli alzò un mano per farle capire che l’aveva sentita, poi guardò Sasuke e i suoi occhi si illuminarono di gioia, ‹‹Durante il secondo pezzo non perdere tempo a guardarmi, ho scritto quella melodia per il tuo romanzo e voglio che la usi per il finale››.
Sasuke riportò la mano sul fianco e annuì, ‹‹Farò del mio meglio››.
Il secondo dopo Naruto era già sul palco seduto allo sgabello del pianoforte, in prima fila i professori della Julliard University lo guardavano in attesa di ammirare il suo tanto discusso talento, ma per lui, quel giorno, la vera presenza importante era quella di Sasuke, che intanto, seduto al suo posto, rimuginava su un dubbio amletico.
Ha davvero detto “dattebayo”. Dio, ti prego, no!
 
Quando tutto fu pronto le luci della sala si spensero e il pianoforte fu l’unica cosa a rimanere illuminata, Naruto si posizionò bene sullo sgabello, si tolse la giacca che la sua insegnante gli aveva costretto a mettere e si arrotolò le maniche della camicia nera che aveva odiato fin dal primo istante in cui l’aveva comprata. Mise le mani sulla tastiera, inspirò a fondo e le sue dita iniziarono a scivolare sui tasti come trasportate dal vento, le note di “Nothing else matters” dei Metallica raggiunsero le orecchie di tutti nella sala.
Sasuke sapeva per sentito dire che i professori della Julliard non amavano ascoltare cover, per cui iniziare proprio in quella maniera doveva essere un vero e proprio azzardo, o un totale momento di stupidità, eppure vide gli esaminatori guardare Naruto con interesse. Quello intanto non la smetteva di stare fermo, teneva gli occhi chiusi e muoveva il corpo al ritmo della musica, sembrava essere un tutt’uno con le corde del piano. Anche se si trattava solo di una cover, chiunque avesse conosciuto la canzone originale, sarebbe rimasto rapito dal mondo in cui Naruto riusciva a rappresentarla, per non parlare di chi stava ascoltando quelle note per la prima volta in vita sua.
È bravissimo, pensò Sasuke con orgoglio, vedendo quanto le persone nella sala fossero rapite da Naruto in generale, e si sentiva in quella maniera perché in un qualche modo contorto, era sicuro di aver contribuito a quella creazione. E poi il musicista era a un passo dall’essere soltanto suo, anche se probabilmente, nelle loro menti, si appartenevano già dal primo giorno.
Alla conclusione della prima melodia uno degli insegnati del liceo si mise sul palco e chiese qualche minuto di attesa per l’esibizione successiva, a quanto pareva, i ragazzi del corso di musica avevano contribuito al pezzo con il quale Naruto voleva presentarsi degnamente ai professori della Julliard. Salirono sul palco diversi studenti con i loro strumenti e quando furono pronti, Naruto prese il microfono per parlare.
‹‹Quella che state per ascoltare è una mia personale creazione, ho scritto gli spartiti di ogni singolo strumento e ho cercato personalmente gli artisti da far esibire qui con me oggi. La melodia si chiama Experience e nasce da uno strano incontro in metropolitana. – rise – La persona che mi ha ispirato è in questa sala e probabilmente si starà imbarazzando a morte, se ho capito almeno un po’ il suo carattere, ma vorrei dirgli che non deve, perché tutto questo mi ha reso orgoglioso del mio lavoro e mi ha fatto… innamorare… seriamente, per la prima volta in vita mia, quindi grazie››.
Per tutto il tempo Naruto aveva tenuto gli occhi fissi in quelli di Sasuke, voleva che il suo messaggio oltrepassasse le orecchie, i timpani, il cervello stesso e arrivasse fin dentro il cuore, quello era il suo modo di dirgli che, nonostante fossero ancora degli sconosciuti da molti punti di vista, lo amava già.
Sasuke da parte sua non riuscì a trattenere il suo cuore impazzito, l’imbarazzo era completamente sparito lasciando spazio a qualcosa di più intenso che gli scaldava l’animo e lo faceva sentire davvero felice. Avrebbe voluto dirgli che anche lui provava lo stesso, anche lui lo amava e non sapeva neanche spiegarsi come fosse possibile, visto che si erano detti solo quattro parole in croce giusto qualche minuto prima, ma capiva che quello non era il momento adatto. C’era tempo per dichiararsi, c’era tempo per amarsi, avrebbero avuto tutta la vita per farlo, adesso dovevano concentrarsi solo sui loro sogni.
Naruto diede direttive a tutti i suoi aiutanti, fece accendere delle luci blu e verdi per d’are atmosfera e poi, dopo aver preso un respiro profondo, iniziò a suonare. Le note del pianoforte iniziarono in maniera dolce e delicata, le dita si muoveva fluide tra il bianco e il nero, Naruto sembrava essersi perso nel suo mondo fatto di suoni, poi le luci iniziarono a muoversi e a poco a poco si inserirono gli altri strumenti. Partì la chitarra per prima e il violoncello la seguì poco dopo, in pochi secondi una melodia energizzante e forte investì la sala e pervase Sasuke di brividi che, senza pensare, prese subito l’agenda e iniziò a scrivere senza sosta, vedendo passare mille immagini davanti agli occhi.
Naruto era il protagonista della sua storia e lui ne era l’amante e il compagno di battaglia, si vide al suo fianco durante i momenti più bui e immaginò come fosse fare l’amore con lui in un bosco, saggiare la sua pelle e il suo sapore, baciare quelle labbra che di fronte a lui non avevano fatto altro che sorridere, sentì il suo corpo ardere al pensiero di possederlo e di farsi possedere e il suo cuore si strinse quando l’idea di trovarselo morente fra le braccia pregne del suo sangue gli apparve nella mente. Le sue lacrime bagnarono le pagine, sfocando l’inchiostro, ma lui non smise di scrivere neanche per un secondo, la sua mano si muoveva  presa dall’eccitazione di quel momento e la sua immaginazione vomitava parole su parole che non faceva in tempo a scrivere che già ce n’erano di altre pronte.
La melodia nelle sue orecchie intanto continuava veloce, e sapeva che Naruto in quel momento era concentrato tanto quanto lui, erano presenti l’uno nella mente nell’altro e, questo il musicista non poteva saperlo, stavano vivendo un’altra vita fra le pagine di quell’assurda agenda arancione, una vita fatta di talmente tante emozione da averne abbastanza per l’eternità, ma Sasuke già non vedeva l’ora di mettere in pratica tutti i baci descritti.
La musica continuò fino a quando entrambi non furono sazi, Naruto sentiva le dita dolere per la tensione e Sasuke provava dolore all’intera mano, ma quando la melodia finì e le luci si spensero, il romanzo era finito e il nome del ragazzo biondo era nella lista degli insegnanti della Julliard.
 
 
 
Con questa mano io dissiperò i tuoi affanni.
Il tuo calice non sarà mai vuoto perché io sarò il tuo vino.
Con questa candela illuminerò il tuo cammino nelle tenebre.
Con quest'anello io ti chiedo di essere mio.
 

 
Alla fine del saggio Sasuke non si era presentato per le congratulazioni, era fuggito dal teatro con il viso ancora bagnato e arrossato ed era corso al campus per scrivere al computer il suo romanzo ormai finito. Naruto non gliene aveva fatto una colpa, aveva capito quello che era successo appena finita la canzone, i loro sguardi si erano incrociati e lo scrittore gli aveva mimato un “Grazie” con le labbra con il viso preso ancora dallo sconcerto, aver portato a termine il suo progetto doveva avergli dato una bella scossa. E non si era nemmeno arrabbiato quando non si era presentato per una settimana intera né in metropolitana né a scuola, ma a distanza di un mese in mezzo la cosa si era fatta davvero deprimente.
‹‹Non gli sono piaciuto›› si lagnò mordendo con foga il suo povero sandwich.
‹‹È arrivato qui che gli piacevi già, quindi non dire scemenze›› gli rispose la sua amica.
‹‹Allora non gli è piaciuta la mia canzone. Forse ha dovuto scrivere tutto da capo e per questo non vuole più vedermi!››
La ragazza lo guardò con un sopracciglio alzato, non era degno nemmeno di una risposta in quel caso.
Naruto gettò una cartaccia nel cestino del cortile con rabbia, ‹‹Te lo dico io cosa l’ha fatto scappare, non gli interessavo fin dal principio! Tutto quello che voleva era servirsi di me per finire il suo stupido romanzo!››
‹‹Naruto, - sospirò – quel ragazzo ti ha fatto diventare il suo protagonista, ti è venuto dietro per ascoltare la tua musica e si è presentato anche al saggio, avrà le sue ragione per non essersi fatto vivo››.
‹‹Hina! Sono passati quasi due mesi! Se gli fosse importato qualcosa, mi avrebbe contattato! Un messaggio sul muro, un biglietto a scuola, nuvole di fumo, un piccione viaggiatore! Ci sono un sacco di modi per far sapere a una persona che non ti sei eclissato dal mondo, ma hai solo da fare!››
‹‹E se fossi stato fin troppo impegnato pure per dormire? Come la metteresti a quel punto?›› una voce assonnata alle spalle dei due ragazzi li fece trasalire.
Naruto si voltò di scatto riconoscendone il proprietario, ma quello che si ritrovò davanti agli occhi non era per niente il ragazzo impeccabile che aveva conosciuto, il tizio in piedi di fronte a lui aveva due occhiaie da far concorrenza a quelle del ragazzo straniero dai capelli rossi, la pelle cadaverica simile a quella di un fantasma e i capelli, anche se tentava di nasconderli con un cappellino, non avevano forma. Sasuke si era trasformato in un barbone.
‹‹Oddio, un barbone›› disse Hina guardando il ragazzo.
‹‹Barbona ci sarai tu con quei capelli blu›› gli rispose lo scrittore stizzito.
Naruto si trattenne dal ridere, ‹‹Ma che ti è successo?›› gli chiese avvicinandosi.
Sasuke gli porse la busta di una libreria, ‹‹Questo è quello che succede quando invii una copia del tuo romanzo a un editore senza cervello. – Naruto la prese ed estrasse il libro – Mi ha fatto impazzire per ogni punto, persino nell’impaginazione mi ha dato problemi. Non dormo decentemente da settimane››.
Naruto guardò il libro e per poco non ebbe un collasso, anche se un disegno, fatto ad arte per di più, quello in copertina era lui. Aveva i capelli molto più lunghi, i vestiti erano quelli di un guerriero e uno dei suoi occhi era rosso, ma era lui. ‹‹Perché sono in copertina?!››
‹‹Perché il protagonista ti somiglia?›› gli rispose l’altro sarcastico.
‹‹Questo non mi somiglia, sono io, dattebayo!››
‹‹Smettila di dire quella parola, non siamo in Giappone›› si massaggiò la radice del naso.
‹‹E quindi?! Io sono per metà giapponese!››
‹‹Io lo sono per intero, e quindi?››
Naruto strabuzzò gli occhi incredulo, ‹‹Davvero?››
Sasuke lo guardò esasperato, ‹‹Ma sei idiota? Mi chiamo Sas’ke, ho gli occhi a mandorla, di dove vuoi che sia?››
‹‹Teme! Non chiamarmi idiota!››
‹‹Preferisci dobe, così è nella tua lingua madre?››
Hina li guardò sconvolta, quella era la prima volta che parlavano per più di un minuto è già si davano addosso, non era male come inizio. ‹‹Sarete una coppia magnifica, ne sono sicura››.
I due litiganti si imbarazzarono a quel commento e Sasuke ne approfittò per prendere un oggetto dalla tasca e darlo all’altro. ‹‹Leggi il libro e dammi una risposta››, gli disse con le gote rosa.
Naruto prese quella sembrava essere una collana e ne ammirò il ciondolo, era un piccolo pentagono in legno dipinto per metà di blu e per l’altra di arancione. ‹‹È bellissima. – sorrise – Ma a cosa dovrei rispondere?››
‹‹Lo capirai una volta letto il libro. Ci vediamo in metropolitana al solito posto, alle 9:00, fra una settimana esatta››.
‹‹Una settimana? Non ti sembra esagerato?››
‹‹Avevo pensato a un paio di giorni, ma parlandoti mi sono reso conto che sei leggermente stupido, quindi una settimana sarà sufficiente››.
‹‹Hey! – s’infervorò – A chi hai dato dello stupido?! Vuoi fare a botte per caso?!››
Sasuke gli sorrise beffardo, ma non replicò, gli voltò le spalle e si allontanò salutandolo con una mano, lasciando Naruto incazzato e con le gambe come gelatina.
 
Una settimana dopo Sasuke era arrivato in metropolitana in perfetto orario, quella mattina aveva optato per un abbigliamento casual, soprattutto pensando ai vestiti orribili di Naruto - glieli avrebbe bruciati tutti alla prima occasione -, indossò dei semplici jeans e una maglia a maniche corte con una giacca appartenente a una vecchia tuta con il logo del campus, pensandoci bene si sarebbe potuto presentare pure come uno straccione, secondo il suo modo di pensare avrebbe fatto comunque più figura.
Non devo essere acido, altrimenti rischiamo di ammazzarci già da ora.
Si sentiva chiaramente in ansia per l’esito di quella giornata, non si era mai dichiarato in vita sua e puntare a Naruto andando dritto al sodo era molto più che una follia, avrebbe potuto prenderlo per pazzo. Comunque l’idea della collana gli era sembrata una genialata, l’aveva fatta fare apposta da un artigiano, anche se in dimensioni ridotte rispetto a quelle del suo romanzo, ma il concetto era rimasto invariato, se Naruto l’avesse indossata sarebbe stato suo.
Avanti dobe, quanto ci metti ad arrivare?
Aveva controllato l’orologio venti volte nel giro di dieci minuti, erano già le 9:07, ma di Naruto nemmeno l’ombra. Il dubbio che non lo amasse o che, addirittura, lo detestasse per come era andata l’ultima volta lo intristì, mesi e mesi spesi in sua compagnia distrutti a causa del suo caratteraccio.
Non può essere così superficiale.
Ma se lo fosse stato davvero? In fondo lui cosa sapeva davvero di Naruto? Conosceva la sua passione, sapeva quanto talento avesse, aveva capito che il Giappone e il ramen – che schifo! – gli erano rimasti nel sangue, e aveva inteso che avesse un carattere solare, ma poi? C’era molto di più in lui, ma non ne sapeva proprio niente. Poteva anche averlo preso in giro, chissà quante risate si stava facendo con la sua amica, pensando a lui che lo aspettava in quel buco pieno di gente insopportabilmente rumorosa.
Alle 9:20 il suo umore si andò a depositare sotto le scarpe, Naruto non si era presentato. Non lo desiderava, non voleva stare con lui. Non lo amava.
Non verrà.
Si rese conto di tremare. Era stato emozionato per tutto il tempo per quella risposta, e ora gli sarebbe toccato tornare al campus a mani vuote. Lo aveva reso il suo eroe, lo aveva amato per pagine intere, lo aveva baciato sott’acqua ed era andato al suo saggio quando glielo aveva chiesto, e tutto per nulla.
Alle 9: 35 imboccò le scale e le salì velocemente per uscire da quel tugurio, avrebbe bruciato ogni copia di quel dannato romanzo, già pensava alla pira che avrebbe dovuto fare in piena notte; suo padre avrebbe riso di lui per secoli.
Arrivato in strada, la luce del sole lo accecò per qualche istante, si mise una mano davanti agli occhi per farsi scudo ed evitare di finire su qualcuno, e fu a quel punto che una voce gli rimbombò in testa e delle labbra calde si posarono sulle sue.
‹‹Sas’ke!›› Naruto gli piombò addosso come un uragano, aveva le guance rosse e il fiatone da corsa, ma le sue labbra erano comunque la cosa più dolce che avesse mai assaggiato. ‹‹Sono in ritardo, scusami! – gli prese il viso fra le mani – Ho avuto poco tempo per leggere e poi tu scrivi tantissimo e no, non dirmi che sono stupido, è che non sono abituato a leggere libri con così tante pagine! Ma è stato davvero bellissimo e sì, la risposta è assolutamente sì! Non avevi nemmeno bisogno di chiedere, insomma io…››
Sasuke gli mise una mano sulla bocca, era rimasto stordito da quel fiume di parole e anche piuttosto incredulo, ma sentiva la gioia scaldargli il petto in un modo talmente perfetto da non crederci. ‹‹Naruto, sta’ zitto, quanto parli?›› gli sorrise lasciandogli la bocca libera.
Naruto gli mise il broncio ‹‹Parlo troppo, lo so, ma non mi ha fatto dire la cosa più importante››.
‹‹Sarebbe?›› gli mise le mani sui fianchi e se lo strinse contro ancora di più.
‹‹Ti amo›› gli sussurrò sulle labbra prima di baciarlo.
Sasuke ci aveva messo quasi due anni a finire quel romanzo, ma i giorni passati rinchiuso in metropolitana non li avrebbe dimenticati mai.


 








 
Angolo di Kameyo:

Per chi ha avuto la pazienza di arrivare alla fine e beccarsi pure l'aestethic, vorrei dire Grazie!
Con tutti gli impegni che ho avuto c'ho messo tre giorni per scrivere questa minuscola Shot, e non vi dico quanto tempo ho speso per l'immagine, a un certo punto ho creduto d'impazzire.
I nostri due protagonisti hanno iniziato una storia d'amore, sarà andata a buon fine, o si saranno scannati il secondo dopo? Chi lo sa, io spero se la siano cavata come al solito.
In ogni caso c'è una piccola precisazione da fare, nell'intero testo ci sono dei riferimenti al fantomatico romanzo che Sasuke sta scrivendo, chi ha letto la storia in questione avrà già capito tutto, per chi non ne sapesse nulla, la long a cui faccio riferimento è "Shiroi Kokoro. Il mondo nel mondo".
Ora, alcuni diranno "Eh, ma sei fissata", e lo so, avete ragione, ma quella è la mia bambina, quindi la metto ovunque.
Detto questo, finirò presto Heart's rubbles, ma c'è già un'Au particolare in cantiere, qualcuno ha già avuto degli spoiler e sembra sia interessante. Io prego affinché non mi lanciate i pomodori.
Baciuzzi! :*
  
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