Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Susanna_Scrive    27/09/2017    1 recensioni
Stati Uniti d'America, anno 2000.
Da quando l'ho conosciuto non mi sono mai sentita giudicata, la sua spontaneità, la sua dolcezza e il suo altruismo mi hanno fatto cambiare completamente la visione delle cose. Però ho l'impressione che ci sia un tassello mancante nella sua vita, c'è qualcosa che solo attraverso i suoi occhi si può vedere ma che è difficile da interpretare. Possibile che ha capito il mio bisogno di aiuto?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
 
Sono davanti al "The Beverly Hilton"*, guardando il mio orologio noto che sono le 9:45 e questo vuol dire una sola cosa, sono in tremendo ritardo per la colazione anche se non mi hanno detto a che ora dovevo farmi trovare sul posto di lavoro. Come immaginavo mi sono persa, so solo che sono di fronte all'hotel e al "The Los Angeles Country Club". A quest'ora la città, soprattutto questa zona, è parecchio trafficata quindi non mi sarà difficile trovare qualcuno a cui chiedere informazioni. L'unico problema è anche chiedere informazioni è complicato perché, in questo periodo dell'anno, vengono molti turisti per trascorrere le vacanze di natale e capodanno e sarà complicato trovare qualcuno di Los Angeles. Sono quasi rassegnata al fatto di chiamare il signor Whitfield ma il mio sguardo si posa un taxi parcheggiato proprio di fronte all'hotel che prima non avevo notato. Contenta mi accosto al finestrino al quale busso leggermente attirando l'attenzione dell'uomo leggermente robusto seduto comodamente sul sedile aspettando, probabilmente, qualcuno. L'uomo si volta di scatto e notandomi si avvicina al finestrino abbassandolo usando la manovella.

- Buongiorno? - mi saluta confuso.
- Buongiorno, scusi se l'ho disturbata ma avrei bisogno di un'informazione -
- Mi dica pure -

Io senza esitazione gli dico l'indirizzo dove dovrei recarmi, lo vedo annuire leggermente per poi mostrarmi un sorriso strano.

- Non penso che sia l'orario più adatto per andare in quella zona - mi consiglia.

Inarco un sopracciglio confusa non sapendo di cosa stia parlando. L'uomo, vedendomi accigliata, si affretta a spiegarmi.

- Se vuole incontrare qualche celebrità questo non è l'orario più indicato, loro tendono a fare i loro comodi, non troverai nessuno di loro in giro a quest'ora - finisce di spiegare.

Io ridacchio divertita.

- Non mi sto recando lì per quello -

Decido di non espormi oltre, infondo, è uno sconosciuto dopo tutto. L'uomo sta cercando di capire quale possa essere il possibile motivo ma capendo che non gli accennerò niente a riguardo, con uno sbuffo, esce dalla macchina raggiungendomi.

- Segui la Whittier costeggiando il Country Club, percorrila tutta e ad un certo punto ti troverai sulla Sunset. Lì dovrà svoltare a sinistra e la percorra per un po', sulla destra si troverà la Carolwood, dovrà svoltare lì per poi andare nuovamente a destra - mi spiega facendo anche dei gesti con le mani.

Cerco di memorizzare tutti i passaggi per poi sorridere ricordandomi bene tutto.

- La ringrazio signore, arrivederci e buona giornata - lo saluto.

Senza aspettare una risposta riaccendo il motorino e parto, seguo la Whittier con alla mia sinistra il Country Club che non posso osservare perché evito in tutti i modi di non distogliere lo sguardo dalla strada. Una volta sulla Sunset mi guardo attorno per vedere se ci fossero macchine, come la strada è libera svolto a sinistra. La strada inizia salire, probabilmente perché mi sto dirigendo quasi a Bel Air. Ogni tanto mi volto verso destra cercando di scorgere la Carolwood, una volta trovata svolto a destra e la prima cosa che noto è una piccola folla di gente ammassata di fronte a un cancello. Mi faccio largo tra la gente che, appena mi nota, non esita a lasciarmi il passaggio libero. Svolto nuovamente a destra e subito sulla destra noto un bellissimo cancello in ferro battuto, decido così di accostare per telefonare il signor Whitfield. Stavo per comporre il numero ma un rumore metallico mi fa sobbalzare di colpo, in realtà è proprio il cancello che si sta aprendo e l'uomo in questione che con un gesto della mano mi invita ad entrare. Stavo per parcheggiare lì accanto al cancello ma l'uomo mi richiama con un bisbiglio.

- Non le conviene lasciare il suo motorino lì incustodito. Entri pure dentro - mi incita.

Io, anche se contrariata, faccio ciò che mi dice passandogli accanto con il motorino per poi chiudere immediatamente il cancello con un telecomando. Lo sguardo si posa sulle meravigliose macchine di fronte a me, una più bella dell'altra, parcheggio il motorino in un angolino il più lontano possibile da quei gioiellini per evitare di fare danni di alcun tipo. Ci troviamo in un parcheggio sotterraneo e l'odore di gasolio persiste facendomi tossire leggermente. La guardia del corpo mi si avvicina mostrandomi un sorriso che ricambio mentre tolgo il casco appoggiandolo sul manubrio per poi recuperare la scatola che ho tenuto nei piedi tutto il tempo.

- Buongiorno signorina Cruz -
- Buongiorno anche lei - ricambio educatamente il saluto.
- Avanti mi segua, le mostro immediatamente la cucina - dice dirigendosi verso una porta.

Mi limito a stargli dietro cercando di non perderlo di vista, attraversiamo un corridoio parecchio tetro che mi fa quasi venire i brividi. Eppure la casa sembrava così bella dall'esterno, penso mentre continuo a camminare. Improvvisamente sbatto contro qualcosa e quando mi accorgo di essere finita addosso al signor Whitfield faccio immediatamente un passo all'indietro mortificata. L' uomo mi regala un sorriso mentre apre la porta di fronte a me, una luce abbaiante mi fa istintivamente socchiudere gli occhi e non riesco a scorgere niente di quello che si trova di fronte a me. Una volta che la mia vista si abitua alla luminosità i miei occhi si riempiono di meraviglia.

- Wow - mi sfugge in un sussurro.

L'androne è luminoso e con uno stile vittoriano semplice dove il colore sovrano è il bianco. Il parquet è perfettamente lucido e la stanza è profumata. Prendo un bel respiro e, come alzo il capo, noto il lampadario di cristallo e una rampa di scale in legno che porta probabilmente alla zona notte.

- Seguimi - si limita a dirmi il signor Whitfield divertito dalla mia espressione stupita.

Non ci impiego molto a ricompormi continuando a seguirlo, pochi istanti dopo mi ritrovo in quella che dovrebbe essere la cucina. La cosa che mi colpisce di più sono i mobili antichi interamente in legno, probabilmente è un classicista penso guardando l'enorme isolotto al centro della cucina. Il piano è interamente in marmo compreso quello dove sono situati i fornelli, il forno è bello capiente e ci sono due frigoriferi. Continuo a rimanere sulla porta, ho quasi timore ad avvicinarmi e toccare qualsiasi cosa, sembra tutto così prezioso e raro.

- Dai entra, non preoccuparti - mi richiama la guardia del corpo vedendomi spaventata.

Io deglutisco per poi fare un passo avanti, noto che oltre alla cucina c'è anche un tavolo da pranzo e la stanza è decisamente più grande di quello che ho immaginato.

- Sei arrivata giusto in tempo per la colazione -continua il signor Whitfield.
- Ecco, a proposito di questo, il capo gradisce qualcosa in particolare?- domando.
- Dovrà preparare anche per i suoi due figli, per loro conviene preparare del latte con dei biscotti. Il capo mangia esattamente quello che mangiano i suoi bambini quindi sta a lei decidere come fare i biscotti - spiega.
- Non si preoccupi, ci penso io - esclamo sorridendo eccitata.

L'uomo nota la scatola che continuavo a tenere tra le mani.

- Puoi appoggiare la scatola in quell'angolo lì, almeno non intralcerà il passaggio -
- Grazie - lo ringrazio.

Da essa tolgo il mio grembiulino a quadratini beige e, dopo essermi legata i capelli, indosso la mia bandana azzurra. Appoggio la scatola nel posto che mi è stato indicato e, dopo essermi lavata le mani, mi rivolgo alla guardia del corpo.

- Lei e il suo collega avete già fatto colazione? Se vuole preparo qualcosa di veloce - chiedo mentre mi asciugo ad un telo appoggiato sul forno.
- Non si preoccupi, noi abbiamo mangiato all'alba - mi risponde ringraziandomi comunque con un sorriso.

Ricambio il gesto allo stesso modo mentre allento il laccio che tiene il grembiule dietro la schiena visto che mi stava schiacciando la pancia.

- Il signore dove gradirebbe mangiare? Apparecchio qui? - domando nuovamente.

Il signor Whitfield fa una faccia perplessa.

- A dire la verità non saprei, ora vado a chiederglielo e poi la avviso - dice tranquillamente.

Io annuisco iniziando a pensare quali biscotti fare mentre rimango sola in quell'enorme stanza.




 
   
 
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