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Autore: stardust94    27/09/2017    2 recensioni
Quando il crociato di sangue, arriva a Londra. La vita degli Shadowhunters e, stregoni della famiglia Rosestal, viene stravolta.
La famiglia dovrà affrontare un lungo viaggio verso Oriente, in Giappone.
Un terribile presagio di morte, un nemico invincibile che vuole assoggettare Nascosti e Cacciatori.
Un mistero vecchio di 800 anni, attende i Rosestal.
Riusciranno a risolverlo con l'aiuto, di vecchi e nuovi amici? ma sopratutto...
Riusciranno a rispondere al'eterna domanda: spetta davvero al Conclave, comandare Nascosti e Shadowhunters?
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: James Herondale, Jonathan, Matthew Fairchild, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'The story of Rosestal'
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Capitolo quindici
the lady of the roses and the thorns of the pain


Reika e Zebra, raggiunsero il tempio, solo dopo due giorni di cammino.
La ragazza si sedette su una roccia e ammirò l'imponenza delle antiche rovine, mentre il ragazzo si guardava intorno, bevendo un po' di acqua.

- Queste sono le antiche rovine...in teoria - disse la fata.

- È quel "in teoria" che non mi convince tanto -

Zebra le si era avvicinato, osservandola, posando poi lo sguardo verso il sistema delle rovine.

- Un solo edificio e anche la grandezza è innaturale -
Disse Reika, mentre alzandosi, raggiungeva il portone, tastandolo con le mani e attivando una leva nascosta, facendo così aprire il portone in metallo fatato.
- Aperto. Dai andiamo - aggiunse sorridendo.

Zebra annuì e, raggiunta la compagna, varcò insieme a lei l'ingresso.
Si ritrovarono in una stanza rettangolare, tuttavia completamente vuota, tranne che per una enorme stele, posta al centro della sala.

Zebra camminava per la stanza, esaminando quel poco che gli sembrava sospetto, mentre Reika tentava di decifrare l'stele.

Dopo quasi due ore, il ragazzo-tritone si era stufato di aspettare e si era sdraiato a terra, guardando il soffitto semi distrutto dell'antico tempio.

- Trovato! - 

Aveva esclamato la fata-farfalla, sbattendo le ali allegra, facendo così alzare il giovane, che si era avvicinato a lei e alla stele.

- Che hai trovato? - domandò sbadigliando il ragazzo.
- Ho decifrato la stele. Il messaggio dice " guarda sotto la superficie per trovare il sentiero nascosto" - disse Reika.

Di fronte al sorriso radioso della fata, Zebra non potè fare a meno di sospirare. Alzò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto e la guardo serio.

- Tu mi stai dicendo... che ti ci sono volute due ore, solo per un mesaggio così corto e incomprensibile? - 

Domandò sbalordito, e forse anche un po' seccato, ridacchiando, quando Reika mise su il migliore dei suoi bronci.

- Uffa! Guarda che tradurre dall'elfico alle lingue demoniache è un casino! - sbottò la fata.

Zebra rise e la attirò in un abbraccio, acarezzandole i capelli, sentendo lei aggrapparsi con le mani alla sua maglia. Sorrise e le baciò la testa

- Lo so. Scusa fatina - 
Lo disse, accarezzandole il viso, accorgendosi di averla fatta arrossire, forse proprio per quell'improvviso contatto che l'aveva spiazzata.

Reika era così. 
Forte, coraggiosa e allegra all'esterno, dolce e innocente all'interno. 

Lui lo sapeva bene. Il rapporto che avevano era qualcosa di sincero e di profondo, qualcosa che, per quanto negassero entrambi, poteva essere amore.

Non importava quanti uomini dormissero con Reika o quante donne lui si facesse per dimenticare e colmare la loro distanza.

Reika sarebbe tornata da lui, sempre e comunque.
Esattamente come Zebra avrebbe visto Reika ovunque, in ogni ragazza che si portava a letto.
Lei era lì. Come se una parte della fata-farfalla fosse sempre presente nella vita del tritone.

- Quindi che vogliono dire quelle parole? - 
Domandò, cercando di dimenticarsi, delle cose che stava pensando e concentrarsi solo sulla missione.
- Dobbiamo...immergerci -rispose, di colpo tremante, la fata. 

Zebra sapeva quanto Reika odiasse l'acqua. E come biasimarla. Quello non era il suo elemento.
Quindi, le sorrise, accarezzandole una guancia.

- Non avere paura. Fai un bel respiro e stringimi - ghignò lui, prendendola tra le braccia, carezzandole delicatamente le spalle e la schiena, così da poterla calmare.

La strategia del tritone squalo ebbe successo. 
Reika si strinse a lui, chiudendo gli occhi, mentre, immergendosi vedeva l'acqua salire fin sopra il petto.
Sentendo mancare il sostegno del terreno sotto i piedi, la ragazza cominciò ad innervosirsi e strinse forte il ragazzo.

- Stai tranquilla, non ti lascerò affoggare. - 
Sussurrò il giovane, mentre, afferrandole piano il viso, la baciava.

Era un modo per distrarla mentre, tornando nella sua forma di tritone, le stringeva la vita e si immergevano del tutto, mentre il loro bacio terminava e Zebra sorrideva.

- Posso respirare sott'acqua! - esclamò Reika stupefatta. 
Annuendo, Zebra la prese per mano e cominciarono a nuotare.
Avanzarono nell'acqua finché non videro un passaggio.

Percorsero un corridoio sottomarino ed emersero in una sorta di sacca d'aria davanti a quello che pareva un antico edificio a cupola, che emergeva solo per metà dalle acque torbide.

La facciata era antica e molto bene decorata, con iserti di pietra e marmo molto elaborati, ma ormai fatiscenti e coperti di alghe e muschio. 

- Un tempio sottomarino. Guarda quelle iscrizioni, credo siano di duecento, forse seicento anni fa - disse la fata.
I due rimmersero, dirigendosi verso il santuario.

 
***

L'interno ricordava leggermente una chiesa rinascimentale, pieno di colonne, affreschi e arcate, ma tutto era fatiscente e ridotto in rovina. 
Era completamente pulito e ospitava nel centro una grande stele ricoperta di rune antiche e dimenticate, mentre nell'angolo più in alto della stanza, un altare vuoto dominava tutto.

Reika si strizzò i capelli bagnati, poi si diresse ad esaminare la nuova stele, piena di simboli strani e apparentemente incomprensibili.

- Queste non sono rune delle fate, non riesco a leggerle- 
Disse la fata, sfiorando alcune rune incise con le dita come se tentasse di capire a cosa si riferissero.
Ma in quel momento, una forte luce la colpì.
Questa proveniva direttamente dalla stele e la travolse in pieno.

Zebra si precipitò dalla fata, ma questa si rialzò e lo guardò qualche istante, prima di parlare.
- Figlio delle acque, ti aspettavamo da secoli -

La voce della fata, era molto diversa. 
gli occhi erano azzurri e spenti, come se qualcosa, o qualcuno, l'avesse improvvisamente posseduta.
- Chi sei e cosa hai fatto alla mia compagna? - 
Domandò il tritone ringhiando appena, cercando di stare calmo. L'essere dentro Reika si esibì in un lieve sorriso, molto delicato e femminile.
- Noi siamo le Merrow - disse
Zebra, che sapeva qualcosa di mitologia, sgranò gli occhi a quella frase.

le Merrow, infatti, erano le sirene della mitologia Irlandese. 
Ma loro non si trovavano in Irlanda, cosa stava succedendo?
Si rivolse all'entità con uno sguardo calmo.

Se essa avesse voluto mettere in pericolo la loro missione, avrebbero già agito fermandoli, addirittura con la forza.
Invece la Merrow aveva detto di averlo aspettato addirittura per secoli.
- Cosa volete da noi? Intendete fermarci o aiutarci? -
Gli sembrava strano rivolgersi alla Merrow come se fossero più persone, ma di certo quella entità poteva essere una cosa sola: uno spirito.
Probabilmente l'anima di una sirena, che era rimasta bloccata nella stele e che ora stava parlando dal corpo di Reika.
- Figlio del mare, ciò che cerchi si trova nella parte più profonda - 
Disse la merrow, mentre una parete scompariva, rivelando una porta di cristallo.

Zebra guardò la porta, per poi riportare lo sguardo proprio su Reika

- Quello che cerchi ha un grande potere, usalo con sagezza -
La ragazza sorrise mentre, perdendo i sensi, scivolava in avanti, venendo presa al volo dal tritone.
Zebra si caricò Reika in spalla e, arrivato alla porta, che scomparve per magia, cominciò a camminare.

Il corridoio gli sembrava infinito e, sopratutto, Zebra era depresso dal poco cambiare dell'ambiente. 
Finchè non vide una luce blu brillare in lontananza.
La seguì e ciò che vide lo lasciò senza parole.

Una stanza piena di gemme brillanti, incastonate nel terreno sul soffitto e perfino nelle pareti.
Il ragazzo si guardò intorno meravigliato, mentre Reika alzava la testa, poggiando le mani sulle spalle del compagno.

- il Cuore delle fate? - domandò la rosa.
Zebra scosse il capo continuando a camminare.

Non parlava nessuno dei due, mentre lo sguardo del tritone vagava alla ricerca di qualcosa in particolare e quel qualcosa lo trovò poco dopo.

Una grande pietra di color blu zaffiro a forma di goccia.
Era protetta da alcune alghe rampicanti ed emanava una luce azzurra molto brillante.

Lo squalo appoggiò all'interno della bolla protettiva Reika poi si diresse a recuperare il cuore.
Posò le mani sulla gemma che, scintillando, si staccò dal piedistallo dorato, mentre l'acqua del tempio si prosciugava quasi completamente.

Il tritone prese la gemma in mano e la fata in spalla.
Doveva uscire da lì e contattare Faith e avvertirlo del successo della missione, ma lì dentro non c'era minimamente segnale.
E, vista la scomparsa dell'acqua, avrebbe dovuto arrampicarsi lungo le pareti, rese scivolose da alghe e infiorescenze. 
Per fortuna con i denti e gli artigli da tritone era in grado di arrampicarsi.

Per fortuna non gli era nuovamente spuntata la coda. Sarebbe stato un bel pasticcio provare ad arrampicarsi senza l'aiuto delle gambe.

Scalò la parete il più rapidamente possibile, con la gemma stretta tra gli affilati denti e con le unghie ben strette alla parete.
Reika non si era ancora svegliata, e sinceramente sperava che si riprendesse presto.

Le merrow erano creature pacifiche, ma avevano l'abilità di intrappolare le anime degli altri nelle loro reti per l'eternità e ipnotizzare irreversibilmente i govani di cui si infatuavano, portandoli a vivere con loro in mare. 
Non credeva che le avrebbero fatto del male, ma aveva comunque paura di quegli incantesimi.

Sperava che Reika, in quanto fata, fosse immune da questo potere, ma era sempre meglio non scherzare con la magia delle sirene, di qualunque tipo esse fossero.
Per fortuna, però, non sembrava che quello spirito volesse nuocergli.

Appena giunse fuori dalla grotta prese il cellulare.
- Pronto? Si. La gemma è in mano nostra -
***

In un locale alquanto singolare, dipinto di nero e viola shoking chiamato Neko caffè, Evelyn e Revent erano alle prese con una missione decisamente... fuori dall'ordinario.

Stavano lavorando in incognito in quel posto, il che non era poi così strano, se non fosse stato per il proprietario che gestiva il locale.
Uno stregone eccentrico fino a sfociare nel ridocolo, sempre vestito di pizzo nero e truccato con ombretto viola e matita che mettevano in risalto i suoi occhi neri e a mandorla, come quelli dei gatti, animali che lui adorava più di chiunque altro, e che scorrazzavano per tutto il locale. 

E proprio suddetto stregone aveva appena consegnato ai due le loro divise.
Evelyn indossava un abito da principessa lungo alle caviglie in stile gotich lolita, con la ampia gonna a balze dai riflessi viola e il corsetto di pizzo nero. 
La scollatura a V metteva in mostra le spalle, mentre lunghe maniche di pizzo ricoprivano le sue braccia. La vita sottile era sottolineata dalla cintura viola. I piedi calzavano degli stivaletti coi lacci viola e aveva un trucco nero attorno agli occhi che li faceva sembrare più grandi.
Tra i capelli c'erano due pelose orecchie da gatto finte.

Invece Revent era stato costretto, suo malgrado, ad indossare un abito simile a quello di un maggiordomo. 
L'attillata giacca con le code lasciava scoperta la camicia bianca, rigorosamente abbottonata sul collo e i pettorali, mentre dei lunghi pantaloni neri gli fasciavano le gambe, e mettevano in risalto quanto fossero lunghe. Alle mani aveva dei guanti candidi e dei gemelli dorati scintillavano sui polsi della giacca. 
Anche lui portava quelle ridicole orecchie e delle eleganti scarpe nere.

- Ahhh! Ma perché dobbiamo continuare a conciarci come due pagliacci? - Disse esasperato il crociato, osservando il modo in cui il suo corpo era strizzato in quel costume.

Era talmente stretto, che avrebbe fatto lo stesso se fosse rimasto direttamente in mutande, e la cosa non faceva che imbarazzarlo di più.
Non gli piaceva venir guardato in quel modo.

- Beh, è un lavoro in incognito. - Rispose mesta la mezza strega.
- A me, conciato così, sembra piuttosto di essere una specie di giocattolino per ogni fata o strega sessualmente frustrata, visto come mi guardano. - disse, pensando con raccapriccio e imbarazzo a tutte le volte che lo avevano palpato o occhieggiato in modo tutt'altro che casto.

- Beh.... Secondo me le orecchie ti stanno molto bene. Sei così tenero con quelle -  rispose Evelyn timidamente, raddrizzandogliele e facendolo arrossire.
Revent le prese la mano con la sua e le baciò piano le labbra sorridendole calmo

- Anche tu sei molto bella - disse

Evelyn, a quel complimento, arrossì vistosamente per poi abbracciarlo, mentre tornavano a prendere gli ordini dei clienti.
Questo si ripetè anche nei giorni seguenti, senza alcun cambiamento.

E anche dopo il funerale di Roland niente era cambiato.
Nonostante le lacrime versate e il senso di vuoto, nessuno aveva accennato alcun cambiamento.
Continuavano a lavorare in quel locale, come se nulla fosse accaduto e tutto andasse bene.

E questo rendeva il crociato molto nervoso. Oltre alla tristezza per Roland, Gli sembrava che a nessuno importasse di ritrovare Riven per capire cosa gli fosse successo. Anzi, c'erano molti che lo volevano addirittura arrestare.
Ormai molti lo ritenevano un criminale. 

Evelyn si era accorta di questa frustrazione e provò a parlargli.
- Come stai? - domandò molto preoccupata
- Come potrei stare? Mio cugino è sparito, Roland è morto e Aster sta dando la caccia a Riven insieme agli altri. -
- Lo sai che non può fare altrimenti. Non è qualcosa che fa con piacere. Tutt'altro. - disse lei sospriando.
- Ma è la legge. Riven ha Ucciso Roland. Magari non era in sè, ma lo ha fatto. Dunque deve essere riportato alla città di ossa ed essere sottoposto al processo. - terminò.
- E ovviamente, se Aster riuscisse, sarebbe considerato un eroe, godendosi l'apprezzamento di tutti, e mio cugino sarebbe un criminale da far marcire. -

La mezza strega ci rimase di stucco. 
- Pensi che Aster sarebbe felice se succedesse questo? Riven è un suo amico! -
- Avrebbe potuto rifiutarsi di provare a catturarlo allora. - ribattè Revent velenoso.
- Lo sai che non può. L'ordine veniva dal Conclave! -
- Non mi intetessa. Riven sarà considerato feccia! E per colpa di tuo fratello! -
- Non puoi accusarlo per questo! Aster vuole solo fare ciò che è giusto!-

Il crociato le rivolse uno sguardo furioso.  Uno sguardo che le mise seriamente paura. 
Non era il suo solito sguardo, calmo e gentile anche se in apparenza freddo. Quello era lo sguardo di una belva assettata di vendetta.

- Come pensavo, è inutile provare a chiederti di capire. Ora vado. -  disse con rabbia, uscendo e lasciando la povera Evelyn sconvolta e in lacrime.

Il suo Revent, il suo crociato, che amava più della sua stessa vita, ora era distante da lei. 
E adesso si sentiva come se quelle parole che le aveva dispensato fossero crudeli e gelide lame.

 
***

Revent stava camminando rapidamente, cercando inutilmente di calmarsi. Era furioso. Con Aster, con quella situazione, ma soprattutto con se stesso. 

Che accidenti gli era preso? Non era colpa di Evelyn se Riven era in quella situazione.
Avrebbe voluto chiederle scusa, ma quando l'aveva sentita singhiozzare dietro la porta... Non era riuscito ad entrare di nuovo. 

Come avrebbe potuto anche solo guardarla in faccia dopo quello sfogo? 
Si sarebbe volentieri preso a pugni.
Soprattutto perché il suo girovagare lo aveva condotto nel parco dove erano usciti insieme per il loro primo appuntamento.

Non potè fare a meno di pensare al suo timido sorriso, ai suoi occhi dolci e alla sua gentilezza.
E lui l'aveva trattata così male.
Un mezzo urlo di frustrazione gli uscì dalle labbra, ma poi un movimento alle sue spalle lo fece voltare.

Ormai era notte e vide una decina di ombre nere e veloci muoversi rapidamente attorno a lui.
Colse sibili e uno scintillio di denti affilati.

- Vampiri - disse a mezza voce, prima che uno di loro scattasse verso di lui.

Il crociato estrasse una spada angelica dalla manica del giubbotto e la usò per spedirlo all'indietro.
Sentì uno schiocco dietro di se e rifilò un calcio ad un'altra vampira, ma altri tre lo presero alle spalle e Gli furono addosso. 

Tirò una testata ad uno di loro, ma uno lo morse sul braccio destro, quello con cui teneva la spada. Con una torsione quasi inumana gli ficcò la spada nella carotide, guardandolo contorcersi, per poi liberarsi dall'ultimo.
Ma loro erano più veloci di lui.

Menava fendenti aerei molto ampi, ma lo squarcio nel braccio gli annebbiava la vista e sentiva che quella specie di droga assuefacente che iniettavano col morso lo stava rallentando.
Parò altri due vampiri, ma poi uno gli arrivò contro da dietro.

Lui si girò con una torsione qiasi olimpionica e vide che teneva al collo un crocifisso d'argento.
- Santiago. -
- Hola. - rispose semplicemente lui.
- Che cosa vuoi da me? -
- Volevamo divertirci un pochino. Emani un odore di rabbia talmente delizioso. - rise appena il moro. 
- Ma sento anche che sei profondamente tormentato. Provi un grande rimorso per qualcosa. Sarà forse per la morte di quel cane dei Rosestal? - chiese ghignando. 
- O magari è a causa della fuga del tuo cuginetto? - continuò con un ghigno ancora più crudele.

In quel momento, Revent gli puntò la spada alla gola.
- Non. Osare. Parlare. Di. Loro - scandì, livido di rabbia e con gli occhi accesi di furia.

- Dovresti tenerci di più e proteggere di più ciò che brama e protegge el tuo corazon -

Raphael non fece una piega e, veloce come un cobra, scattò verso di lui.
Il crociato alzò la spada e lo colpì di striscio sulla tempia, ma lui lo gettò comunque per terra.
Revent si alzò rapidissimo e parò l'ennesimo assalto con il piatto della spada, ricacciandolo indietro.

Non ebbe il tempo di attaccare, perchè i vampiri erano scomparsi nel nulla, lasciandolo da solo in quel parco.
- Perchè si sono ritirati? - sussurrò.

Improvvisamente gli tornarono in mente le parole di Raphael. E quelle parole fecero scattare qualcosa nella mente del crociato.
"Dovresti prestare più attenzione a ciò che brama e protegge el tuo corazon ".

Con un groppo in gola e il fiato corto, spalancò la porta del locale. Sgranò gli occhi quando vide una scritta sul muro e petali di rose nere sparpagliati per tutto il locale.
Si avvicinò lentamente alla scritta, ma era come se il suo corpo non sopportasse più il peso dei suoi errori. 
La mente gli si era completamente svuotata, il cuore aveva perso più di un battito e gli occhi erano carichi solo di due cose: rabbia cuocente e disperzione.

Appoggiò una mano sulla scritta, accorgendosi che la parete era stata sporcata con il sangue.
Strinse gli occhi, digrignando furioso i denti e, chiudendo la mano a pugno, cominciò a batterla sulla parete mentre il sangue schizzava da essa sui suoi vestiti, le mani e i capelli.

Urla di dolore e rabbia, come il lamento di una fiera ferita e poi solo urla.
Era stato uno stupido ingenuo. I vampiri erano solo una distrazione, un pretesto per tenerlo lontano.
Guardò un'ultima volta la scritta, ansimando per le urla che gli avevano tolto il fiato, poi battè violentemente i pugni sulla parete e lasciò scendere le lacrime di rabbia.

" Vai all'inferno cacciatore, se vuoi ritrovare la tua "principessa delle rose".
  
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