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Autore: stellachan    28/09/2017    4 recensioni
Dal testo.
Il vento era aumentato e grosse gocce di pioggia ora rigavano i vetri.
A Kagome parve di sentire un grido umano, ma lo scoppio improvvisi di un tuono la confuse.
Vagamente incuriosita, tornò alla finestra. Un lampo saettò e alla sua luce improvvisa, vide una scena che l'agghiacciò. Dietro la finestra di una casa semidiroccata, un uomo alto e magro impugnava un coltello, la cui lama brillava nel buio.
IN REVISIONE GRAMMATICALE
Genere: Generale, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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~~Cap. 1     TEMPESTA E RICORDI.

Il rumore delle gocce di pioggia, che si infrangevano sui vetri della finestra in camera da letto, la svegliarono infastidita nel cuore della notte.
Kagome si girò nel letto, cercando invano di riprendere sonno.
Distesa sotto le coperte e su un materasso di lana un po’ gibboso, gli scricchiolii del legno, l’odore di cera di cui erano impregnati i mobili e lo stormire dei platani le ricordavano gli anni sereni trascorsi in quella casa, che la colmavano di nostalgia, rimorso ed enorme tristezza.

Dopo cinque lunghi anni, aveva ripreso possesso di quel villino alla periferia di Inagi, da quasi un mese, ma non vi si era ancora abituata e spesso, di notte, si sorprendeva a tendere le orecchie per captare  il pulsare ossessivo del traffico di Tokyo.
Inagi era la sua città, vi era nata e vissuta per vent’anni, ma adesso, dopo quella lunga lontananza, non riusciva ad adattarsi a quei ritmi calmi e sonnolenti, era troppo tranquilla per i suoi gusti.

Vi era tornata spinta da una grande e immensa disperazione, dopo che Koga Yoro, il grande giornalista, un demone brillante che qualche anno prima l’aveva abbagliata con la sua personalità e le sue promesse, l’aveva trasformata in una specie di automa senza volontà di reazione. Koga l’aveva tradita, aveva ucciso le sue speranze e infine aveva soffocato con risate di scherno le sue stupide illusioni.

Ricordando il periodo trascorso con lui, Kagome si sentì prendere dalla desolazione. Era stata sul punto di lasciarsi andare, di soccombere alla crudeltà della vita, aveva pensato anche al suicidio, non riusciva ad andare avanti. Ma un giorno, alla fine, aveva trovato la forza di reagire ed era fuggita verso l’unico rifugio che conoscesse: la sua casa natale.


Con uno scatto di nervi, tirò via la coperta e buttò le gambe fuori dal letto e andò in cucina a piedi nudi, rabbrividendo nel sentire il contatto freddo delle piastrelle di ceramica.
Il vecchio frigo borbottava sommesso e quando lo aprì riversò nella stanza un rettangolo di luce gialla.
La ragazza prese una bottiglia d’acqua, tolse il tappo, e ne versò un po’ in un bollitore, mettendolo sul fuoco. Quando l’acqua fu ben calda la versò in una tazza, immergendovi una bustina di tè verde.

Andò alla finestra. Oltre il giardino, correva una strada alberata che in quel momento era deserta. Via dei Gigli si chiamava, ma avrebbero fatto meglio a battezzarla “Via del Nulla” o “Via della Desolazione”.
Cento metri più avanti, il nastro stradale finiva all’improvviso. L’asfalto si perdeva nell’erba di un campo, senza che vi fosse un cartello di avvertimento.
Kagome ricordava che suo padre amava scherzarci sopra, quando lei era piccola.
-Volevano arrivare fino a Osaka, ma ci hanno ripensato.- diceva.

I suoi avevano acquistato quella casa dopo anni di sacrifici e vi erano vissuti fino alla morte.
Il padre era un sacerdote shintoista, passava molto tempo nel piccolo tempio della città, pregando i sacri Kami e aiutando il prossimo; la madre era una casalinga passava il suo tempo pulendo e cucinando piatti prelibati che inondavano la casa con profumi deliziosi.
Entrambi erano morti di infarto, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altra, come se non avessero saputo sopportare una separazione più lunga.
Sentì gli occhi colmarsi di lacrime. Con loro, era scomparsa la sua infanzia e si erano perse le sue radici.
Lasciò le lacrime cadere dai suoi occhi.
Sentiva terribilmente la loro mancanza, il dolore dopo tre lunghi, maledettissimi anni non era diminuito. Era lì, costante, l’unico a tenerle compagnia. Si sentiva sola al mondo.
Era rimasta sola.
Non aveva nessuno.
Nessuno su cui fare affidamento.
Nessuno che si prendesse cura di lei.
Tuttavia, l’unico pensiero che riusciva a consolarla era il ricordo che la gente di Inagi aveva dei suoi genitori. Gli abitanti della cittadina li ricordavano con affetto ed era stato grazie al ricordo lasciato da loro che Akitoki Hojo, il direttore della banca locale, l’aveva assunta come contabile.
-Non voglio vedere le tue referenze, Kagome cara, - le aveva detto.- mi basta sapere che sei l’amata figliola di Hitoshi e Sakura Higurashi.-   
Senza accorgersene smise di piangere.


Kagome sospirò e guardò l’orologio: erano le due del mattino.
Un campanile lontano batté due rintocchi.
Oltre la finestra e il piccolo giardino, la strada riluceva sotto le gocce della pioggia battente.
La ragazza rabbrividì nella leggera camicia da notte in seta nera e schiacciò il naso contro il vetro, guardò i cespugli arruffati che nascondevano la fine della strada.

E si perse nuovamente nei ricordi…


Laggiù, sei anni prima, lei e InuYasha No Taisho erano stati sorpresi da un acquazzone.
Inu l’aveva protetta con la sua giacca e poi l’aveva trascinata sotto un albero.
Il sapore dei suoi baci si era mescolato alle gocce di pioggia.

InuYasha era un mezzo-demone. Nato dalla relazione di un’umana, sua madre Izayoi, e di un demone maggiore, Inu No Taisho. Il loro era un grande amore ed erano una famiglia felice, fino al giorno  della morte dei genitori. L’aereo in cui stavano viaggiando precipitò misteriosamente e il caso venne chiuso dopo qualche anno, senza avere alcuna risposta.
Ormai, da decenni, demoni e umani avevano imparato a vivere in maniera pacifica, ma i pregiudizi e le malelingue erano comunque presenti da entrambe le parti.
 A Kagome non importava che lui fosse un mezzo sangue, non faceva distinzione tra due le razze.
La prima volta che lo vide rimase incantata dalla sua bellezza, alto, fisico non troppo muscoloso, lunghi, lisci e setosi capelli color della luna e sopra la testa, tra i capelli, sbucavano due orecchiette canine candide e sofficissime. Tutto di lui era meraviglioso, ma ciò che la colpi di più furono i suoi occhi. Occhi color miele che la incatenavano al suo sguardo e ipnotizzavano. Con un solo sguardo era capace di mandarla in estasi, amava il modo in cui la guardava…
Già, guardava…

Adesso InuYasha era diventato il capo della polizia e vegliava sulla cittadina come un padre protettivo e geloso. Privo di grandi ambizioni, ma esigente con se stesso, aveva raggiunto l’obbiettivo che si era prefisso e ne andava orgoglioso.
Lui non aveva mai sentito il bisogno di evadere, di cambiare aria, di vivere in una grande città.
-Inagi mi calza come un guanto, amo vivere qui.- diceva sempre così.

Kagome, smaniava di novità e di avventura, non era mai riuscita a capirlo e adesso era troppo tardi.
Come era previsto, e in un certo qual modo paventato, appena tornata a Inagi, lo aveva incontrato per strada ma lui si era limitato a salutarla con un rigido cenno del capo e aveva proseguito il suo cammino. Non le aveva chiesto perché era lì, di nuovo, che cosa fosse successo. Non aveva manifestato la minima curiosità, semmai un vago senso di fastidio e il suo volto, reso ancora più interessante dalle rughe di espressione che lo solcavano, aveva mostrato delle sfumature di disprezzo.
La fuggitiva era tornata sconfitta e non meritava alcuna pietà.
Ricordando quel momento, la ragazza arrossì dal dispetto e dalla rabbia.

Guardando ancora fuori dalla finestra, si accorse che la leggera pioggia, si era trasformata in un vera e propria tempesta con tuoni e lampi.

 

 

 

   
 
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