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Autore: Janey    29/09/2017    9 recensioni
INTERATTIVA
Mi sono candidato sindaco perché credevo di poter cambiare le cose e di fare qualcosa per aiutare la mia gente e il mio distretto, avevo ancora fiducia nell’umanità, pensavo in una risoluzione, ma ero solamente un giovane inesperto che non sapeva niente del mondo e della sua corruzione. Ero pieno di ideali che non sono riuscito a realizzare. Sono solamente un povero fallito, uno strumento di Capitol City che si è cacciato in qualcosa di più grande di lui.
Vivo in un mondo orrendo dove regna il male e io non posso fare niente per fare la differenza.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caesar Flickerman, Presidente Snow, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Giorno maledetto

 

Giorno della Mietitura

 
Shine Lewis, Distretto 1

Non posso non notare lo sguardo di disappunto di mia madre quando mi presento in salotto pronta per la Mietitura. So che odia il mio modo di vestirmi, anzi odia tutto di me. Non mi sopporta semplicemente perché non sono la figlia dei suoi sogni, graziosa e femminile.

“Non sarebbe meglio indossare qualcosa di più appropriato, tesoro?”, domanda lei, toccandosi il collier di diamanti, ultimo regalo di papà.Viscida e studiata fino all’inverosimile.
Per tutta risposta sistemo al meglio la mia t-shirt preferita, nera con un gran pipistrello, con il solo scopo di irritarla ancora di più.
                         
“Io mi trovo benissimo così, mamma”, replico, con un sorriso falso almeno quanto il suo.                                                
“Ma se venissi scelta, quell’orribile maglietta sarà sotto gli occhi di tutti”,  cerca di farmi ragionare. Sgrano gli occhi. Non credevo che la superficialità di mia madre potesse arrivare fino a questo punto. Insomma, la cosa più importante dell’estrazione è l’abito che indossi?
“Tanto non andrò ai Giochi”, taglio corto. A differenza di molti adolescenti qui all’1, non ho nessun desiderio di partecipare “all’evento dell’anno”.  Non è che mi sia mai preoccupata molto, però. C’è sempre qualche megalomane desideroso di mettersi in mostra.


Arrivano anche mio padre e Sun, tirati a lucido per l’occasione. Come è vestita mia sorella è a dir poco sconvolgente: indossa un abito color crema abbinato a dei guanti e i capelli sono intrecciati con fiocchi e perline. Sembra pronta per il matrimonio, eppure a solo tredici anni. È una bambola nelle mani di quei due, pronti a manovrarla a loro piacimento. Come vorrei che imponesse la sua volontà.
  “Andiamo?”, ci esorta nostro padre, sempre pronto a mettere in mostra la sua ricchezza. 
Sento i loro occhi puntati su di me per tutto il tragitto. Vorrei mandarli a quel paese apertamente, ma mi rendo conto che ci sono dei limiti, soprattutto oggi. Questo non è un giorno come gli altri.
    Le strade sono addobbate a festa, con striscioni rosso fuoco sui quali è stampata la grande aquila dorata; tutti sono vestiti elegantemente e chiacchierano allegri, sicuri della futura vittoria del distretto; eppure c’è qualcosa di anomalo e fatiscente, non so cosa, ma sento che stride con la spensieratezza generale. Fa sembrare il tutto come una falsa montatura.

“Io vado”, dico sbrigativa ai miei. Meno sto con loro meglio è, anche con mia sorella.                               
Mi faccio strada tra la calca di persone, sperando di incrociare i miei amici. Dopo poco arrivo al centro del Distretto 1, dove è stato montato il palco e qualcuno è già nella rispettiva colonna. Mi dirigo verso quella maschile e fortunatamente li trovo.
“Ehi, Shine!”, mi chiama Rigel, facendo segno con il braccio di avvicinarmi. Sorrido, felice di aver finalmente trovato le uniche persone che mi fanno sentire bene. Preferisco di gran lunga la compagnia maschile, li sento più vicini a me e al mio modo di essere.
Per i minuti successivi parliamo del più e del meno, però prima o poi l’argomento ricade inevitabilmente sugli Hunger Games. Anche se fortunatamente neanche i miei amici sono dei pazzi con manie suicida.
“Chi si offrirà quest’anno?”, chiede Nike.
“Per i ragazzi sicuramente Galen Willblast, ho sentito che all’Accademia è il migliore”, risponde Rigel. È un classico: ogni anno spingono il loro studente migliore a farsi volontario per avere più possibilità di vittoria.
“Rosebriar Remington è la prima tra le ragazze, ma non credo voglia andare agli Hunger Games”, dice Zeus, guardandomi.
Faccio spallucce, ci sarà sicuramente qualche altra esibizionista.

Purtroppo viene il momento di separarci e io mi sistemo tra le fila delle sedicenni.
L’accompagnatrice, Xayde, arriva sul palco spumeggiante e concitata come al solito. Seguono il noiosissimo discorso sull’ “origine di questa gloriosa nazione e di quello che è adesso” e il video di propaganda. Sbadiglio per la maggior parte del tempo, guadagnandomi parecchie occhiatacce da parte delle mie vicine. Non che me ne freghi più di tanto.
“E ora estraiamo il nome della fortunata!”,  esclama Xayde mentre si avvicina alla boccia e pesca il nome. Ci mette un’eternità di tempo ad aprire il biglietto, e sento la folla agitarsi.
“Shine Lewis”. Queste due parole mi colpiscono come un pugno allo stomaco e il mondo mi vacilla attorno per qualche secondo. Mi devo calmare, tanto a breve qualcuno prenderà il mio posto.
Mi avvicino lentamente al palco, ma nessuno si offre volontario. Il Distretto 1 è per la prima volta senza una volontaria? Di solito fanno a gara per salire quassù, come mai oggi non c’è nessuno? Vi auguro di bruciare tutti all’inferno, stronzi.
Ormai sono accanto a Xayde, non posso più tornare indietro.
 “Il giovane fortunato è invece…”, continua lei per creare suspense. 
“Mi offro volontario come tributo!”, esclama un ragazzo dai capelli castani che esce dalla colonna dei diciottenni. Si presenta come Galen Willblast. Sorrido amara, Zeus aveva proprio ragione.

Entrambi veniamo scortati verso il Palazzo di Giustizia, ma prima che le porte si chiudano lancio uno sguardo verso la sezione maschile.


Theo Luge, Distretto 2 


“Sai bene cosa devi fare, vero?”.
“Certo, papà”, rispondo. Negli ultimi anni, da quando ho iniziato l’Accademia, la questione dell’offrirsi volontario è stato il suo unico motivo di vita: non fa altro che parlarmi dei Giochi e della gloria che portano. Queste settimane sono state davvero infernali, poi. Ogni momento era buono per stressarmi sulle tattiche da adottare e allenarmi con la lancia.
“Sono davvero fiero di te”, dice abbracciandomi, ma io ricambio freddamente la sua stretta. “Vincendo gli Hunger Games tutti i tuoi sogni diventeranno realtà”, continua sornione. Certo, tutti i suoi sogni. Lui dice che il suo più grande errore è stato quello di non aver fatto in tempo a offrirsi volontario, ed è per questo che riflette su me e su Atene questo suo rammarico. Vuole vederci entrambi vittoriosi, ma io so che le reali motivazioni sono altre. Può fingere quando vuole, però non inganna me, o mia mamma. Questa è solo una sua macchinazione per arrivare ad altro.

Fortunatamente ci stacchiamo e veniamo raggiunti da mia sorella e da mia mamma. La prima è rilassata, incurante di cosa sta succedendo. Mia mamma invece ha inteso tutto. So che ha discusso con papà per farlo ragionare e fargli capire che il suo piano era folle, ma non c’è stato niente da fare. Però non ce l’ho con lei, è una donna forte e merita un uomo migliore di papà.

“Ci sbrighiamo?”, mi domanda raggiante Atene. L’unica cosa positiva è che per ora le manovre di mio padre hanno avuto a che fare solo con me. Se faccio questo è solo per evitare a lei di provare lo stesso incubo che ho passato io in questi anni. Poco dopo raggiungiamo la piazza principale e io e mia sorella ci posizioniamo nelle rispettive colonne.
Io mi colloco tra i più grandi e incomincio a chiacchierare con qualche mio compagno di scuola. Non che mi interessi molto la conversazione, ma devo trovare un modo di occupare i minuti che mancano all’inizio della Mietitura. Sento un’ansia terribile corrodermi dentro, voglio soltanto che tutto questo finisca. Finalmente l’accompagnatrice arriva sul palco: indossa un vaporoso abito verde mela con delle stravaganti scarpe rosse. Twilight non è di certo la migliore accompagnatrice del mondo, ma ormai il Distretto 2 è affezionato a lei. Inizia il discorso della sindachessa sul significato di questa giornata e sulla sua sacralità per il distretto e per tutta Panem. Certo, oggi è un giorno speciale: ventiquattro vite stanno per essere sconvolte, tra cui la mia.
“Bene, ora è arrivato il momento di scegliere i due fortunati che rappresenteranno il Distretto 2 alla Quarantesima Edizione degli Hunger Games!”, riprende garrula l’accompagnatrice. Pesca un piccolo biglietto dalla sommità e ritorna al microfono. Spero tanto che non sia Atene, altrimenti sarebbe davvero un gran casino.
“Nyx Baxter”. Non ho idea di ci sia questa ragazza, ma fortunatamente non è mia sorella. Evidentemente qualcuno non la pensa come me.
“Mi offro volontaria!”, urla un’altra. Non riesco ad associare questa voce a nessun volto, ma sento levarsi un certo brusio dalla folla così decido di guardare anch’io. La ragazza è una mia coetanea piuttosto carina dagli occhi celesti con addosso una vistosa parrucca gialla limone che le arriva alle spalle ed è truccata come una capitolina. Quando arriva sul palco Twilight le chiede perché si è offerta volontaria e lei risponde da copione: “Per il successo”.
“E perché sei vestita così, cara?”, continua l’accompagnatrice squadrando Phyllis Levit dalla testa ai piedi.
"Perché volevo ricordare mia mamma”, è la sua enigmatica risposta. Che strano soggetto, sarà meglio tenerla d'occhio.
"E ora i ragazzi!", esclama estasiata l'accompagnatrice.
È il mio momento. “Mi offro volontario anch’io!”, grido a pieni polmoni alzando il braccio. Salgo veloce sul palco, accanto all’altro tributo.
“Fantastico, altri due volontari! Come ti chiami, tesoro?”, mi domanda curiosa l’accompagnatrice.
“Theo Luge”, mi presento. Da quassù riesco a vedere mio padre che fischia e applaude, mentre mia madre è scura in volto.
                              
Io e Phyllis ci stringiamo la mano, mentre l’inno suona in sottofondo.
Vorrei che questo giorno non fosse mai arrivato.


Aaron Joshua Sanders, Distretto 3


 Sento qualcuno scuotermi con insistenza la spalla. All’inizio cerco di ignorarlo, ma poi sono costretto ad aprire gli occhi. Trovo davanti a me mio fratello Howard, vestito con la camicia riservata a questo giorno speciale. Già, la Mietitura… Questi due anni sono passati davvero in fretta, mi sembra ieri che tutto abbia incominciato a crollarmi addosso, sempre questo stesso giorno.
               
Mi alzo dal letto e mi vesto velocemente con un paio di pantaloni neri e una camicia bianca. Insieme a Howard ci dirigiamo verso la cucina, dove c’è la nostra famiglia al completo ad aspettarci: per l’occasione si è unito alla colazione anche John, nonostante abiti da solo e sia libero dall’estrazione. La sera della sua ultima Mietitura avevamo preparato tutto per festeggiare con una semplice cenetta di famiglia, era invitata anche Amy e invece… Quella notte ero distrutto, non riuscivo a dire niente. Non ho mai pianto così tanto in tutta la mia vita.

L’atmosfera generale è davvero molto tesa, nessuno apre bocca, troppo nervosi per quello che ci attende.
L’unico che non si rende conto del giorno che è oggi è Gregory, che biascica allegro e sorride a tutti noi. Quando è nato ero davvero felice, malgrado tutto il casino che la sua nascita aveva comportato: lo scandalo, le scenate dei genitori di Amy per la sua gravidanza, l’iniziale distacco di tutta la mia famiglia. Fortunatamente c’era il mio amore e insieme siamo riusciti a superare tutto e a ristabilire dei rapporti civili con le nostre famiglie.

“Aaron, Howard, è meglio che vi sbrighiate”, ci suggerisce nostro padre, prendendo dal centro della tavola un pezzo secco di pane.
Mio fratello è il primo ad alzarsi e io lo seguo a ruota. La mamma si avvicina a noi due e ci abbraccia entrambi. “Noi vi raggiungiamo dopo, ok?”, ci assicura. Passa dolcemente una mano fra i miei capelli neri e sorride, malinconica. “Questo è il tuo ultimo anno”, mi sussurra per infondermi il coraggio di andare avanti. Ormai non so più che senso abbia la mia vita senza Amy, mi resta solo Gregory, suo unico ricordo.  
Prima di uscire do un piccolo bacio sulla fronte al mio bambino, promettendogli di tornare da lui dopo.
Fuori le strade sono piene di adolescenti che si dirigono verso il centro del distretto, dove è stato allestito il palco. Molti procedono in gruppi o a coppie, stingendosi le mani e sorreggendosi l’un l’altro.
Io e Howard andiamo insieme, silenziosi, attraverso le vie polverose e anonime del 3. Sui muri delle case sono stati appesi striscioni rosso fuoco inneggianti a Capitol e alla sua potenza. Vogliono far sembrare tutto come un grande momento di festa, anche se l’effetto è l’esatto contrario: ovunque si possono percepire la rabbia, la paura e la desolazione.
Presto raggiungiamo la piazza e io e mio fratello ci dirigiamo nelle rispettive file, dei diciottenni e dei sedicenni. Prima però ci stringiamo in un abbraccio. “Vedrai che andrà tutto bene”, mi consola lui. Vorrei tanto dargli ragione, ma da quando è morta la mia ragazza non credo più in niente. 
Poco dopo le porte del Palazzo di Giustizia si aprono ed escono il sindaco, sua moglie, i tre mentori e infine l’accompagnatrice. Il pubblico, a cui si sono aggiunti anche i genitori,  fa un forzato applauso diretto a Minta, la nostra capitolina da ormai sette anni. 
Il discorso seguente praticamente non lo seguo, tanto ormai lo so a memoria, ma presto arriva il momento dell’estrazione. La sezione femminile non mi interessa più di tanto, l’unica persona a cui tenevo l’ho persa due anni fa.
“Shirley Anderson”. Una dodicenne magrolina dai capelli neri si avvicina tremante al palco, mentre la folla bisbiglia in sottofondo. 
“Mi offro volontaria!”, urla una mia coetanea dai capelli rossi che prende il posto di Shirley ferma e sicura.
“Conosci quella bambina?”, domanda Minta, emozionata dallo sviluppo che sta prendendo la Mietitura.
"No, ma mi sembrava ingiusto far partecipare una dodicenne. Il mio nome è Arienne Selene Dioneide”, continua lei glaciale. 
“Bene, ora è il turno dei ragazzi!”. Minta si avvicina alla boccia e pesca un biglietto. Chiudo gli occhi. È la mia ultima volta, è la mia ultima volta.
“Howard Sanders”. Riapro gli occhi, non può essere successo davvero. No, no! Non ancora! Prima Amy, ora mio fratello, che vedo andare incerto verso il palco. Per la seconda volta gli Hunger Games mi strapperanno una persona che amo e io non lo potrò impedire… No, non è ancora detto. Per Amy non ho potuto fare niente, ma forse per Howard sono ancora in tempo a fare qualcosa.
Non ripeterò lo stesso errore due volte.
“Mi offro volontario ai Giochi!”.


Gabriel Perseus Morgan, Distretto 4


Il 4 è l’unico distretto in tutta Panem che si affaccia sul mare. Un po’ di tempo fa non ci davo tanta importanza, ma ora credo che senza di esso non potrei vivere: non c’è niente di più bello e poetico di questa grande distesa che si espande a vista d’occhio.  
Dopo la scuola vengo qui spesso, con il mio quaderno e la mia penna. Mi siedo dove capita, su un masso sporgente oppure sulla sabbia, e libero tutte le mie idee su quel foglio. Non hanno un ordine preciso, ma sono alla rinfusa, così come affiorano nella mia mente.
Il mio critico letterario è sicuramente Amber, a cui dedico tutti i miei racconti e le mie poesie. È la mia fonte d’ispirazione, come il mare.  
Lei dice che sono tutti molto belli, anche se folli. Secondo lei io sogno troppo in grande per i canoni di questa nazione e che se continuo con queste idee non combinerò mai nulla. Probabilmente ha ragione, dato che non sono ancora riuscito a realizzare nessuno dei miei progetti, ma sono sicuro che ci riuscirò. L’importante è porsi un obbiettivo.

Stringo forte la sua mano, grato di condividere questo momento con lei. Sento però che è agitata, e che qualcosa le impedisce di rilassarsi, nonostante la calma del luogo. 
Per quanto cerchiamo di distrarci, il pensiero della Mietitura incombe sempre su di noi. Anch’io cerco di pensarci il meno possibile siccome credo che questo evento non meriti troppo tempo della mia vita. Ho qualcosa di meglio da fare.
“Ci sediamo?”, le domando.
“Gabriel, ormai manca poco. E poi ci sporchiamo tutti”, obbietta lei scuotendo la testa.
Ignoro le sue proteste e mi siedo sulla sabbia. Chi se ne frega se dopo sarò insabbiato. Devo forse rendere conto a una massa di pazzi invasati? Tanto sono già soggetto alle critiche altrui.
“Secondo te c’è qualcosa oltre a Panem?”, le chiedo. Non sapere se esiste qualcosa al di fuori di questa nazione mi ha sempre intrigato e affascinato tantissimo. Magari ci sono altri Stati e altre persone. Chissà se sono a conoscenza degli Hunger Games. Cosa ne penseranno?
“Sarebbe fantastico prendere una nave e partire”, continuo fissando la linea che separa il cielo e il mare.
“Partire? E per dove?”, mi interroga leggermente divertita la mia fidanzata.
“Non lo so. Ciò che conta è partire, non trovi?”, rispondo enigmatico.
Lei sorride deliziata. “Sei senza speranza”, mi prende  in giro Amber.
“Forse”, replico alzandomi.

Mi rendo conto anch’io che è davvero tempo di andare ed entrambi ci dirigiamo verso la piazza principale. Quando arriviamo il discorso dell’accompagnatrice è già iniziamo e ci dirigiamo silenziosi verso le nostre postazioni.
Presto arriva anche il momento dell’estrazione. Spero solo che non sia Amber, sono sicuro che non reggerei a saperla là dentro.
“Mi offro volontaria!”, urla una sedicenne dai lunghi capelli neri. Tiro un egoistico sospiro di sollievo. Sicuramente a questa Prudence Emerson avranno fatto il lavaggio del cervello. È la classica Favorita, non sa nemmeno perché si sta offrendo volontaria. Gli hanno imposto di fare così e lei ha ubbidito. Di certo non sbaglio a sognare un altro posto diverso da Panem. 
Improvvisamente il ragazzo di fianco a me mi tira una gomitata. Mi sembra di averlo già visto nella mia scuola, ma non ci ho mai parlato. Cosa vuole?
“C’è Gabriel Perseus Morgan?”, chiede Lizbeth rivolta al pubblico. Il mio cervello ci mette un secondo a realizzare cosa è successo. Io non voglio andare agli Hunger Games! Ci deve essere un errore, senz'altro!

Vedo dei pacificatori avvicinarsi minacciosi, pronti a portarmi sul palco con la forza se necessario. Mi devo sbrigare o potrei compromettere le cose irrimediabilmente. Mi faccio largo tra la folla, ma finisco per inciampare e sbattere contro un ragazzo. Balbetto delle scuse e mi avvicino al palco, mentre sento il pubblico bisbigliare. Staranno sicuramente parlando male di me, come al solito. Ma come posso dargli torto questa volta dopo la figuraccia che ho fatto in diretta nazionale?  Avrò sicuramente dato l’immagine di un avversario temibile e addio sponsor!
“Ora che il qui presente Gabriel ha avuto la decenza di unirsi a noi, chiedo se ci sono volontari”, commenta maligna Lizbeth.
La mia delusione è immensa quando vedo che nessuno si offre per prendere il mio posto. Sapevo che ero criticato per il mio modo di essere, ma fino a questo punto? Sospiro, ormai sono dentro. L’unica cosa positiva è che Amber è salva e con i suoi insegnamenti forse ce la potrei fare. Non è ancora tutto perduto.

Da qui si vede il mare, e nonostante fosse solo stamattina, mi sembra già passato un secolo. Non voglio che questa sia l’ultima volta che cammino sulla spiaggia con Amber.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    
 
 
Ecco i primi tributi. 
D’ora in poi metterò sempre la collocazione temporale perché mi fa tanto da ansioso conto alla rovescia. ^^
Ciao!
P. S. Prudence dal Distretto 4 l’ho creata io, siccome la scheda purtroppo non mi è arrivata.

   
 
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