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Autore: Il corsaro nero    01/10/2017    2 recensioni
In ogni fiaba si sa già il destino dei personaggi.
I buoni vivono per sempre felici e contenti mentre i cattivi muoiono.
Non ci si può fare niente.
Non si può sperare di cambiarlo... o forse no...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Tarble, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 5: FRAMMENTI DI VITA


Gure se ne stava davanti alla porta della classe.

Come tutti i suoi compagni di classe, aspettava con ansia l'arrivo del nuovo insegnante d'italiano.

Da quello che aveva detto la professoressa d'inglese, l'uomo aveva ottenuto il posto di ruolo e quindi era molto probabile che l'avrebbero avuto anche l'anno prossimo.

La ragazza guardò di nuovo a destra e a sinistra.

Nonostante avesse quindici anni, era alta come una bambina piccola e, perciò, era, spesso, e volentieri, presa in giro dai compagni.

Gure amava stare fuori dalla classe perché nella classe si sentiva soffocare: urla, insulti... e poi era meglio stare lontana dai guai...

Ad un tratto, Gure vide un uomo alto come un ragazzino che non aveva mai visto prima che guardava sopra le porte come per cercare qualcosa.

Mi scusi...” lo chiamò timidamente Gure e l'uomo si girò verso di lei.

Gure notò che era molto carino: aveva un bel viso gentile e i capelli neri a spazzola con un ciuffo nero.

La ragazza disse, indicandogli la sua classe: “Se sta cercando la 2A, sappia che è questa.”

L'uomo le sorrise e la seguì.

Quindi era lui il nuovo insegnante d'italiano...

Gure si sedette al suo posto davanti alla cattedra mentre il prof si avvicinava alla cattedra.

Buongiorno, sono Tarble Prince, il vostro nuovo insegnante d'italiano. Per cominciare, vorrei conoscervi un po' tutti, in modo da ricordarmi i vostri nomi. Cominciamo da te, signorina.” si presentò l'uomo, indicando Gure.

La ragazza arrossì e rispose: “Mi chiamo Gure Tech, professor Prince, ho quindici anni...”


Signor Lupo Cattivo!”

Bra si diresse e si arrampicò sulla solita panchina del parco.

Per tutta risposta, l'uomo borbottò qualcosa da dietro al giornale.

Non mi dice niente? Di solito quando arrivo, mi dice sempre qualcosa...” gli fece notare, incredula, Bra e il Lupo Cattivo le rispose: “Vedi, Cappuccetto Rosso, nella settimana in cui mi scocciato, ho imparato un'arte molto importante...” “E quale?” “Quella della rassegnazione.”

Bra fece una piccola risatina e poi gli chiese: “Viene sempre al parco?” “Sì.” “Legge sempre il giornale?” “Sì.” “Che notizie ci sono?” “Notizie che non sono per bambine.” “E' sposato?”

Quest'ultima domanda fece trasalire il Lupo Cattivo ma si ricompose in fretta: “Sì...” “E ha dei figli?” “Ne ho uno... ma con lui non parlo più da molti anni...” “Avete litigato?” “Qualcosa del genere...” “Vedrà che un giorno farete la pace. Anch'io litigo con la mia mamma, però poi facciamo pace!” “Io e mio figlio non faremo mai pace... ho fatto una cosa troppo spregevole per sperare di essere perdonato... e, poi, siamo entrambi troppi orgogliosi...” “Anche le persone più orgogliose mettono da parte l'orgoglio quando capiscono di aver sbagliato.”

L'uomo si mise a fissarla, in completo silenzio.


L'hai sul serio fatto con Mai?!”

Nel liceo linguistico era suonata da qualche minuto la campanella per l'intervallo.

Trunks e Goten si trovavano nel cortile dell'edificio per chiacchierare, come al solito.

Trunks, rosso per l'imbarazzo, tentava di far abbassare il volume della voce di Goten, in modo che nessuno potesse sentirli.

Abbassa la voce! Vuoi che qualcuno senta?!” lo rimproverò l'amico e Goten ridacchiò, divertito: “Scusa, ma è stata troppo divertente la tua faccia!” “Spiritoso... com'è andato il tuo appuntamento invece?” “Mi ha mollato. Mi ha detto che io e lei siamo troppo diversi.” “Accipicchia. Se continui così dovrai iscriverti al club dei single a vita.” e scoppiarono entrambi a ridere.


Senti Vegeta, cos'hai deciso di comprare per il compleanno di tua madre?”

Quel sabato pomeriggio, lei e Vegeta erano andati a fare spese al supermercato, come al solito.

Mentre riempivano il carrello, Bulma non aveva potuto fare a meno di domandare quella cosa a Vegeta.

Vegeta la guardò, inarcando un sopracciglio e le domandò: “Guarda che ho già in mente cosa fare...” “Andiamo, Vegeta! Non puoi sempre telefonare a tua madre il giorno del suo compleanno per farle gli auguri! Dovresti farle almeno un piccolo regalo...” “E' Tarble quello che fa i regali a ogni festa del creato! Fa' i regali per tutti e due! E, poi, a mia madre non piacciono queste cose! Lei è come me. Se non esistessimo, si sarebbe dimenticata che giorno è il suo compleanno già da un pezzo!”

Bulma sospirò.

Era vero, Vegeta aveva ereditato tutto il suo adorabile carattere dalla madre.

Non poteva certo dimenticarsi lo sguardo indagatore di Echalotte quando Vegeta l'aveva presentata come la sua fidanzata.

Era come se esistesse una controparte femminile di Vegeta: stesso carattere, stesso comportamento... persino stesso modo di camminare!

Eppure, aveva notato negli occhi della suocera, un profondo velo di tristezza.

Bulma sapeva che era perché il marito l'aveva abbandonata, lasciandola, per di più, incinta di Tarble.

Allevare completamente da sola due bambini piccoli, per giunta uno appena nato, non era certo stato facile per lei, ma Bulma era certo che non avrebbe mai ammesso le sue fatiche, per orgoglio.

Eppure, Bulma era certa che nel cuore di Echalotte c'era più tristezza verso il marito che rabbia.

Questo perché lei amava ancora il marito.

Echalotte non aveva mai ammesso una cosa simile, ma Bulma sapeva che era così.

Da quando aveva imparato a decifrare il complesso mondo interiore di Vegeta, Bulma era stata in grado di decifrare anche quello di Echalotte.

Divertita da quella somiglianza pazzesca, Bulma commentò: “Hai ereditato molte cose da tua madre...” “Già... peccato che c'è una cosa che non ho ereditato da lei... qualcosa che, invece, ho ereditato da lui... e che non posso ignorare...” le rispose, guardando con profondo disgusto il suo riflesso sul vetro della porta automatica del supermercato.


DRIIIN

Era, finalmente, suonata la campanella di fine lezione.

Immediatamente, tutti i ragazzi cominciarono a chiacchierare tra loro, tutti tranne una...

Gure si avvicinò alla cattedra del professore.

Ogni volta che suonava la campanella, Gure amava scambiare due parole con gli insegnanti.

Le sembravano più seri e maturi dei suoi compagni.

E, poi, il prof Prince era sempre molto gentile e beneducato, sapeva un sacco di cose ed era un piacere parlare con lui.

Buongiorno, professore.” lo salutò allegramente, come al solito, e il prof le rispose, sorridendo: “Ciao.” “Mi è piaciuta molto la poesia che abbiamo analizzato oggi. Sa, mentre la leggevo, mi sembrava di trovarmi lì, in mezzo alla natura e di sentirmi parte di essa.” “Sono contento che tu abbia trovato la pura essenza della poesia, Gure. Hai grandi doti come poetessa. Dopotutto, hai preso il voto più alto nell'ultima verifica.” “A me è sempre piaciuta molto la poesia. A volte, scrivo ciò che provo in un quaderno.” “Magari un giorno, se ti fa piacere, ne leggerò qualcuna.” “O-ok...”

Mentre il prof usciva dall'aula, Gure si sentiva rossa come un peperone.

Perché la prospettiva di far vedere le sue poesie al professore la imbarazzava così tanto?!

Forse, perché temeva che lui leggesse nel suo cuore...


DRIIIINNN

La sveglia.

Mai si alzò a sedere su letto.

Mentre si stiracchiava, avvertì un profondo senso di stanchezza.

L'ennesima conseguenza per essere rimasta in piedi fino alle undici per vedersi un film in tv ma almeno lei, a differenza di molte sue coetanee, non passava le serate in discoteca a bere alcolici e a prendere innumerevoli schifezze.

Non osava pensare a com'erano ridotte quelle al mattino...

Sbadigliando, si alzò dal letto e si diresse verso la cucina.

Quella mattina aveva una fame...

In cucina vi erano già i due sue coinquilini: Pilaf un tipo molto basso con un cappello di lana in testa e vestito con abiti dai colori sgargianti e Shu, un altro individuo basso vestito con un kimono da ninja viola con tanto di Katana.

Buongiorno.” li salutò, sbadigliando, Mai mentre Pilaf la sgridava: “Sei di nuovo andata a letto tardi. Non devi guardare la tv fino a tardi. Ti rovini gli occhi.” “Pilaf, ti ricordo che sono maggiorenne.” “E, comunque, ieri sera non ti sei lavata i denti. Se non ti lavi i denti, ti verranno le carie e sarai costretta a portarti la dentiera, così Trunks ti mollerà.” “Non dire sciocchezze, Pilaf. Trunks mi ama con tutto sé stesso. Starebbe con me anche se fossi una vecchia racchia con tre anni in più di sua madre!” protestò la ragazza, mentre apriva il frigo per prendere una bottiglia di cartone con dentro il latte.

Dopo aver svuotato gran parte del contenuto nel bicchiere, Mai si mise a berlo e a riflettere.

Lei amava con tutta sé stessa Trunks ed era assolutamente certa che anche lui la ricambiasse.

Se lui non ci fosse stato più... sarebbe morta di dolore.


Andiamo, Vegeta, non fare quella faccia, ci stanno guardando tutti...” “Sta' zitto, Tarble! Io odio quando vengo fregato, soprattutto da mia moglie!”

Vegeta e Tarble stavano camminando nei lunghi corridoi con scaffali pieni zeppi di vari oggetti.

Vegeta era di umore più nero del solito e Tarble cercava, inutilmente, di farlo rilassare.

Quando sua cognata Bulma si metteva in testa qualcosa era impossibile farle cambiare idea e pur di ottenerla, ricorreva a mille diavolerie, una più perfida dell'altra.

Stavolta, pur di convincere di marito ad accompagnarlo a comprare un regalo per la madre, aveva organizzato un piano tanto semplice quanto diabolico.

Aveva chiamato Tarble al cellulare, dicendogli che Vegeta voleva aiutarlo e aveva spedito il marito in giardino con la scusa di cercare una bambola che Bra aveva dimenticato.

Quando Vegeta aveva visto il fratello minore raggiungerlo, chiedendogli se era pronto, aveva sentito puzza di pericolo ma, ormai era troppo tardi.

Bulma aveva chiuso la porta di casa, Vegeta, non immaginando il trucco, aveva lasciato le chiavi in casa, e gli aveva intimato di aiutare il fratello altrimenti sarebbe rimasto fuori casa per tutto il resto del giorno e per tutta la notte.

Vedendosi in una situazione senza alcuna via d'uscita, Vegeta si era rassegnato ad aiutare il fratello nella ricerca, sperando di finire il prima possibile.

Pensi che questo le piaccia?” domandò, ad un tratto, Tarble, mostrandogli un foulard viola.

Ma non sei tu quello che fa i regali?” sbottò Vegeta e Tarble spiegò: “Sì, ma visto che tu hai lo stesso carattere della mamma, se trovo qualcosa che piaccia a te, di sicuro piacerà anche a lei.” “Povero me...” “Allora?” “No. Troppo femminile. E lo direi anche se fossi una donna.” “Se tu fossi una donna, allora, cosa vorresti come regalo?” “Un bel paio di guanti da signora del secolo scorso. Elegante e raffinato.” “Credo di aver visto qualcosa in quello scaffale in alto...” esclamò il giovane cercando di alzarsi in tutta la sua altezza.

Purtroppo, perse l'equilibrio e avrebbe sicuramente sbattuto sul pavimento se Vegeta non l'avesse preso per un braccio.

E sta' un po' più attento!” lo sgridò mentre il fratello, imbarazzato, si scusava: “Sì, scusami.”

Era sempre stato così.

Vegeta aveva sempre dovuto proteggerlo dai pericoli.

Quando la madre, una settimana dopo che il padre era fuggito, gli aveva detto che presto avrebbe avuto un fratellino, gli aveva fatto promettere che si sarebbe preso cura di lui, proteggendolo da tutti i pericoli del mondo visto che il padre se n'era andato.

Da quando suo padre era scappato, la sua vita era diventata un inferno.

Gli altri bambini lo evitavano, in quanto i loro genitori gli avevano detto che dentro di lui scorreva il sangue di un degenerato, e i bulletti ne approfittavano per canzonarlo e per umiliarlo.

Perciò, aveva cominciato a chiudersi in sé stesso e a crearsi quella barriera che poi si sarebbe stata rotta anni dopo per via di Goku e Bulma.

In più, aveva cominciato a prendere lezioni di arti marziali.

Tarble, invece, nonostante la sua dose giornaliera di umiliazioni, era sempre sereno e sorridente.

Un giorno, però, Tarble, all'epoca frequentava la prima media, era tornata a casa con un sacco di cartone in testa.

Insospettita, Echalotte glielo aveva tolto ed era rimasta sconvolta.

Il volto di suo figlio era pieno di graffi e di lividi viola mentre l'occhio destro era diventato completamente nero.

Il ragazzino, mentre tornava a casa da scuola era stato circondato da una banda di bulli che frequentava la terza media, che l'avevano preso a calci e a pugni.

Sentendo il racconto del figlio, Echalotte lo aveva abbracciato ed era scoppiata a piangere.

Nessuno dei due figli aveva mai visto la donna piangere...

Il giorno seguente, Vegeta era partito alla ricerca dei bulli che avevano picchiato Tarble e, una volta trovati, gliele aveva date di santa ragione.

La madre di uno di quei teppisti, era immediatamente corsa a casa loro e aveva minacciato di portarli in tribunale.

Echalotte si era difesa con calma affermando che in tribunale avrebbe detto a tutti com'era stato conciato suo figlio minore e degli insulti molto pesanti che aveva ricevuto.

Era stato quando la signora aveva affermato che nei suoi figli scorreva il sangue di un padre svergognato, che Echalotte aveva perso la calma.

Si era avventata su di lei come una furia e le aveva sibilato che suo marito non era affatto uno svergognato e se avesse osato dirglielo di nuovo, quello che aveva ricevuto suo figlio non sarebbe stato nulla rispetto a quello che avrebbe ricevuto da lei.

Solo Tarble aveva assistito a quella scena, Vegeta era a lezione di arti marziali, e vedendo la devozione con cui sua madre continuava a difendere suo padre anche se li aveva abbandonati, aveva cominciato a pensare che, forse, suo padre non era l'essere cattivo e senza scrupoli che tutti pensavano.

Ma quando ne aveva parlato con Vegeta, il fratello maggiore aveva dichiarato che il padre era solo una schifosa carogna traditrice e che era da idioti pensare che non era così!

Da allora, Tarble non aveva più nominato il padre in presenza di Vegeta ma continuava a pensare che magari anche lui possedeva un cuore e che aveva avuto un valido motivo per andarsene.

Vegeta e Tarble cercarono per un quarto d'ora tra i guanti ma non trovarono nulla.

Senti, Tarble, lasciamo perdere e torniamocene a casa! Ormai è tardi, ho una fame da lupi e posso entrare in casa mia visto che ti ho dato una mano!” esclamò Vegeta e Tarble annuì.

In effetti, non avevano trovato proprio niente.

Tarble si fermò un attimo per ammirare un filo d'oro con appesa una chiave di ferro e, quando si girò per chiedere al fratello se quella collana andasse bene si accorse che Vegeta si era allontanato.

Preoccupato, si mise a cercarlo in mezzo alla gente e, all'improvviso vide una capigliatura a fiamma simile a quella del fratello avvicinarsi alla zona dei vini.

Tarble stava per seguirlo quando qualcuno lo afferrò per un braccio.

Si voltò e vide Vegeta che si mise subito a dirgli: “Possibile che devo sempre tenerti d'occhio?” “Ma... allora non sei appena entrato nella zona dei vini!” “E che cosa avrei dovuto farci?” “Lascia stare, mi sarò sbagliato con tutta la gente che c'è...” “Su, andiamo alla cassa.”

Mentre si avvicinavano alla cassa, Tarble esclamò: “Guarda, Vegeta, c'è una zona con i fiori!” “E allora?” “Potremmo comprarne uno per la mamma.” “Che idiozia! A me i fiori non piacciono!” “Ma se il tuo giardino ne è pieno...” “Ce li regala mia suocera. Prima li compra e poi non sa dove metterli!” “Dai, diamo un'occhiata!” “Uff... d'accordo, ragazzino!”

I due fratelli cominciarono a guardare i vari tipi di fiori.

O, meglio, Tarble cominciò a guardare i vari tipi di fiori mentre Vegeta lo seguiva con la solita aria imbronciata.

Che peccato che non ci siano dei cactus... potevamo comprare quelli...” commentò Tarble mentre Vegeta sbuffava: “Chi se ne importa, Tarble. Su, diamo un'occhiata veloce al resto...” “Ehi, Vegeta, guarda quei fiori!”

C'era una piccola pianta con dei fiori molto belli di colore rosso.

Però, non sono male...” ammise Vegeta mentre Tarble gli chiese: “Pensi che le piaceranno?” “Piacciono a me quindi direi che la mamma li adorerà.” “Allora la prendiamo!” esclamò il giovane mentre afferrava con delicatezza il vaso.

Tarble notò il cartello in cui c'era scritto il nome e lesse: Anemone.


Ehi, Trunks. Ti stai ammalando?”

Era suonata da qualche minuto la campana dell'intervallo e Goten e Trunks si erano, come al solito, recati in giardino per chiacchierare indisturbati.

Stupito da quella strana e inaspettata richiesta, Trunks smise di bere il suo succo di frutta e gli chiese: “No. Perché me lo chiedi?” “Perché da un po' di tempo mi sembri incredibilmente pallido...” “E' la stagione delle malattie.”

In realtà, anche Trunks era seriamente preoccupato.

Ormai, erano due mesi che si nutriva di continuo di frutta e verdura eppure continuava a essere colto da quello strano dolore al ventre.

Che diamine gli stava succedendo?!

Non ne aveva ancora parlato con nessuno, a causa del suo orgoglio, ma se fossero continuati ne avrebbe parlato al più presto con sua madre.

Ehi, guarda. Laggiù c'è Mai.” esclamò, ad un tratto, Goten, indicando la ragazza.

Appena si accorse dei due, fece una faccia strana e andò in un'altra direzione in fretta e furia.

Avete litigato?” domandò, sorpreso di quello strano comportamento, Goten a Trunks ma l'amico negò: “No... però, in effetti... è da un po' che mi evita...” “Allora hai fatto qualcosa che l'ha fatta arrabbiare.” “Non mi pare proprio...”


Gure, sbrigati, o farai tardi a scuola.” “Ho quasi finito, mamma.”

Gure bevve la sua camomilla e mangiò i biscotti al cioccolato.

Era un lunedì mattina, l'inizio di una nuova, entusiasmante, settimana scolastica.

Almeno, alla prima ora aveva letteratura e avrebbe rivisto il professor Prince.

Quanto gli era mancato in quel week-end...

La ragazza arrossì, imbarazzata.

Ma cosa gli saltava in testa?!

Il professor Prince era più grande di lei e, di sicuro, era anche fidanzato.

Come invidiava la fortunata...

Dandosi dei colpetti in testa, Gure uscì dalla porta e per poco non si scontrò con l'uomo che abitava nell'appartamento davanti al suo.

Mi... mi scusi...!” balbettò, imbarazzata, la ragazza e l'uomo le rispose, scocciato: “Sta più attenta, ragazzina.”

Nessuno, nel palazzo, sapeva niente di lui.

Non sapeva quand'era arrivato, dato che l'uomo abitava in quell'appartamento fin da quando lei e la sua famiglia si erano trasferiti lì, ovvero sette anni prima, ed era sempre molto scontroso, silenzioso e cupo.

Ogni mattina, l'uomo usciva dal suo appartamento e tornava solo di sera.

Per un attimo, Gure le sembrò che i capelli di quell'uomo assomigliassero molto a quelli suo amato prof...

Ma che diamine le stava succedendo?!

Quella stessa mattina, alla giovane era sembrato che il sorriso di suo padre fosse lo stesso di quello del prof e la sera prima aveva creduto che il volto del portiere assomigliava molto a quello del prof Prince!

Prince... Tarble Prince... Tarble...

Aveva scritto mille volte quel nome su tutti i fogli che possedeva e, adesso, tutti gli uomini che vedeva, li paragonava a lui!

E se... si stesse innamorando di lui?!


Signor Lupo Cattivo!” “Cosa c'è?”

Bra, con un po' di fatica, si arrampicò sulla panchina ed esclamò, tutta contenta: “Oggi la maestra ha detto che sono stata la studentessa migliore di questa settimana!” “Congratulazioni.” “Lo sa che è il primo a cui lo dico?” “Immagino.” “Non vedo l'ora di dirlo alla mia mamma, al mio papà e al mio fratellone!” “Saranno orgogliosi di te.” “Sa che fra una settimana è il compleanno di mia nonna?”

Il Lupo Cattivo fece una faccia sconvolta e nervosa ma, poi, recuperò la sua solita calma e disse: “Ah...” “Andremo a mangiare da lei, assieme allo zio, che è il fratello di mio padre, e papà le darà il regalo che hanno comprato insieme cinque giorni fa.” “Guarda che so che cos'è uno zio.” “Vuole sapere che cosa le regalano?” “No.” “Beh, glielo dico lo stesso: un vaso di fiori di anemoni.” “Ah.” “Lei sa cos'è un anemone?” “Certo. Non sono mica nato ieri.” “E cosa sono?” “Dei fiori. Il loro nome deriva dal greco anemos, che significa vento. Per questo è chiamato il fiore del vento. Sono dei fiori molto fragili e di breve durata. E, infatti, il loro significato è quello dell'abbandono.” “I fiori possiedono un significato?” “Certo. Nei tempi antichi, quando non esisteva il cellulare, si usavano proprio i fiori per comunicare un sentimento a una persona.” “Però è molto triste se un fiore significa abbandono...” “Però questo fiore, per via della sua singolare bellezza, significa anche attesa e speranza.” “Davvero?!” “Sì. Si può usarlo per dire a una persona a cui vuoi bene: -Mi manchi da morire, torna da me-” “Che forza! Lei sa proprio tutto!” commentò la bambina mentre appoggiava la testa sul braccio dell'uomo.

Subito, l'uomo si scostò come se avesse avuto una scottatura, dicendole: “Ma che fai?!” “Faccio le fusa come i gatti.” “Tu non sei un gatto ma una ragazzina.” “Però mi piace strofinarmi sulle persone a cui voglio bene...”

L'uomo la fissò un attimo, poi sussurrò: “Faresti meglio a non affezionarti troppo a me, Cappuccetto Rosso... perché io ti farò soffrire.”


Echalotte diede l'ultima innaffiata del giorno alla pianta di anemone e poi si mise a fissarla, in completo silenzio.

Per la prima volta da anni, Vegeta e Tarble le avevano fatto un regalo di compleanno insieme, anche se la donna sospettava che il figlio maggiore si era messo d'accordo col fratello sotto insistenza di Bulma.

Era felice di averli come figli... ormai anche il suo piccolo Tarble stava spiccando il volo...

Le sembrava soltanto ieri che lo prendeva in braccio e gli cantava una ninna nanna, per farlo addormentare, sotto un luminoso cielo notturno d'estate.

Era molto piccolo ma era lo stesso un bel bambino...

Da quando suo marito se n'era andato, aveva dovuto sudare sette camicie per mantenerli ma era orgogliosa di quei due.

Con delicatezza, accarezzò il petalo rosso di un fiore della pianta...

L'anemone... il fiore dell'abbandono...

Echalotte sospirò, ricordando il periodo successivo all'abbandono del marito.

I primi tempi, l'aveva odiato con tutta sé stessa, per averla lasciata così su due piedi senza neanche parlarle, ma, col tempo, la rabbia si era un po' attenuata.

La stessa cosa non si poteva certo dire di Vegeta.

Lui odiava ancora profondamente il padre.

Dopotutto, aveva solo tre anni quando aveva assistito alla fuga del padre.

Da allora, non voleva più sentirlo nominare e aveva fatto sparire tutte le sue foto per non vedere l'essere che gli faceva tanto schifo eppure, per pura ironia della sorte, suo figlio non poteva non vedere l'immagine di suo padre ogni volta che si specchiava.

Vegeta, infatti, era identico a suo padre.

Avevano gli stessi capelli a fiamma, anche se quelli del marito erano castani e quelli del figlio neri, e la stessa espressione.

Anche Tarble aveva ereditato varie cose da suo padre ma non al livello di Vegeta.

Suo figlio maggiore sembrava la fotocopia giovanile del padre!

Echalotte fece un sospiro.

Non l'avrebbe mai ammesso, però... in fondo al cuore... suo marito le mancava.

Mi manchi da morire, torna da me.” sussurrò la donna e sperò con tutta sé stessa che quell'idiota traditore di suo marito, dovunque fosse, la sentisse.

   
 
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