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Autore: Tota22    04/10/2017    2 recensioni
L'estate di Georgiana Darcy si rivela ricca di sorprese: non solo il suo adorato fratello Fitzwilliam e Lizzie passeranno le vacanze nel Derbyshire, ma anche le sorelle nubili Bennet si uniranno alla combriccola. Tuttavia, oltre ai graditi ospiti, un'altra presenza si aggira tra le stanze di Pemberley: un pallido fantasma senza volto suona delicate melodie allo scoccare della mezzanotte. Riusciranno Georgiana, Kitty e Mary a risolvere il mistero?
Genere: Commedia, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Catherine Bennet, Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, Georgiana Darcy, Mary Bennet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giugno - parte III


La mattina seguente, al tavolo della colazione, feci di tutto per dissimulare la mia stanchezza e coprire le tracce della notte insonne. Tuttavia il pallore del mio viso e le ombre nere sotto gli occhi non passarono inosservate ad Elizabeth che subito mi chiese se stessi bene.

Quando lo sguardo preoccupato di mio fratello si incrociò con il mio, fui sul punto di scoppiare in lacrime, schiudere il mio cuore e la mia mente, e condividere le paure e l'inquietudine della notte che avevo passato; ma una forza misteriosa mi costrinse a combattere quel fiume in piena di emozioni. La parte razionale di me cercava ancora di convincermi che era stata tutta una suggestione, uno scherzo dei sensi dovuto alla giornata faticosa e alle storie misteriose e struggenti che avevo ascoltato.

Così mi trattenni, addussi la scusa di aver dormito poco a causa del caldo, e che forse sarebbe stato meglio se quel giorno mi fossi riposata.
Per il momento la scusa sembrò reggere. Il signore e la signora Darcy si adoperarono immediatamente a contattare un medico, nonostante non fosse necessario, mentre Kitty e Mary si offrirono di farmi compagnia nella mia stanza per leggere o parlare se ne avessi avuto voglia.
Mi congedai nella mia camera e adagiatami sul letto mi addormentai pesantemente fino all'ora di pranzo.

Quando mi risvegliai,  molte ore dopo, mi sentii rinata. Il riposo mi aveva permesso di tornare a ragionare lucidamente.
Dopo pranzo mi diressi nella stanza della musica, teatro di quel che ormai mi ero convinta fosse solo un incubo. La camera si presentò ai miei occhi come sempre: sulla grande libreria a parete a destra della porta ogni volume era al proprio posto; il morbido tappeto orientale giaceva intonso ai piedi del grande pianoforte lucido in mezzo alla sala. Mi avvicinai alla finestra, che affacciava sul giardino, sottostante alla mia camera da letto. Gli infissi smaltati erano sigillati dall'interno, dunque nessun visitatore dal giardino avrebbe potuto entrare senza aver lasciato aperta la finestra. Passai la mano sulla copertura in legno di mogano che celava i tasti bianchi e neri del mio strumento preferito. Presi posto sul sedile e sollevai la copertura lasciando che le mie dita toccassero gli stessi tasti che avevano provocato quelle note lugubri... ancora riverberavano nella mia mente. Do, doo, dooo, re, mi, fa...
Un brivido freddo mi attraversò e chiusi gli occhi. Riaprendoli essi si posarono su un vaso di giada, appoggiato su un mobile basso alla sinistra del piano. Era vuoto, nessun fiore spargeva il suo profumo nella stanza.

Decisi di andare in cerca di Mary e Kitty per proporre una passeggiata ne giardini. Mi alzai e stavo per rimettere al suo posto il sedile quando qualcosa catturò la mia attenzione. Era piccolo, rosso e bianco, sotto al pianoforte vicino ad una gamba. Mi accovacciai e protesi la mano per afferrare un rametto fiorito, era sottile e pieno di piccoli boccioli candidi dalla punta cremisi: erano fiori di erica.

Gli stessi fiori che il pomeriggio precedente avevo visto adornare la collina sulla quale sorgeva Heatherfield, il palazzo abbandonato dei Parsley.
Il cuore prese a battermi all'impazzata e il terrore rischiò di annebbiarmi la mente ancora una volta. Cercai qualche altra traccia e trovai dei petali nivei incastrati tra le corde del pianoforte e altri due o tre boccioli sotto la finestra, tra le tende.
Allora era vero, qualcuno era entrato la sera prima in quella stanza. Qualcuno aveva realmente suonato il mio pianoforte. Il rumore che avevo sentito non era fantasia, in effetti un estraneo era passato dalla finestra.

Trascorsi qualche minuto nello sconforto più nero fino a che non mi riscossi. Decisi di andare fino in fondo a quella storia. La mia mente era in cerca disperatamente di una spiegazione logica dell'accaduto, rifiutando l'idea che uno spirito avesse violato la pace di Pemberley.
Fu così che partì la mia indagine.

Avrei iniziato la mia investigazione in solitaria, per essere sicura che tutto quello a cui avevo assistito non era frutto della mia immaginazione. Una volta ottenute le prove avrei svelato il mistero e chiesto aiuto alla mia famiglia.  Avevo l'impressione che se avessi detto una cosa del genere a mio fratello Fitzwilliam, nonostante la stima e l'affetto che mi portava, mi avrebbe preso per folle. Oppure mi avrebbe rimproverata per essermi fatta suggestionare dal racconto della disgrazia dei Parsley.

Quel pomeriggio iniziai con l'interrogare la domestica, la signora Smith, che si occupava della pulizia e dell'ordine della casa. Le chiesi se avesse visto qualcosa di strano nella stanza della musica quella mattina e se avesse trovato una delle finestre aperte, fingendo di averla dimenticata accostata la sera prima. La signora Smith mi assicurò che tutto si era svolto come d'ordinario: era entrata nella stanza della musica presto quella mattina per arieggiarla, trovando le imposte chiuse come al solito, e per spolverare lo strumento.

Poi mi chiese se qualcosa non avesse incontrato il mio gusto o se avessi trovato mancanze nel suo lavoro. Le assicurai che tutto era perfetto, l'unica cosa che avrei voluto erano dei fiori nel vaso di giada e da quanto tempo questo non veniva usato? Appreso che da diversi mesi il vaso non veniva usato, dunque i rametti di erica non provenivano da lì,  salutai la signora Smith e mi misi in cerca di Kitty e Mary.
Trovai Kitty nelle cucine, intenta ad osservare con interesse la preparazione di alcuni dolci per il tè e ad ascoltare le chiacchiere delle cuoche.
 
- Georgie! Come stai, ti senti meglio? Vuoi assaggiare un muffin all'uvetta?-
 
- Ti ringrazio Kitty, mi sento ancora un po' scombussolata, ma sto meglio. Volevo chiederti una cosa riguardo a ieri... -
 
- Non mi dire che stai pensando ancora alla storia di Jhon, vero? -  mi chiese Kitty bisbigliando e allungando la mano verso un dolcetto caldo, sperando di passare inosservata alle cuoche.

- Se solo ci ripenso mi vengono i brividi, stanotte mi sono svegliata di soprassalto e per riprendere sonno sono andata da Mary  e abbiamo dormito abbracciate. Persino lei, che è sempre così seria e non crede ai fantasmi, era un po' strana. -

- Ecco Kitty, a proposito di stanotte... hai sentito per caso qualche rumore insolito? Come di una finestra che si apriva o un pianoforte... -

- No, no, no! Nessun rumore, avevo soltanto la tremarella. Mi ricordo solo di aver sognato che qualcuno stesse suonando il pianoforte, ma poi mi sono svegliata ed era tutto silenzioso. Perché me lo chiedi, tu hai sentito qualcosa? Hai visto il fantasma della donna senza volto? -

Gli occhi di Kitty erano sgranati dalla paura, ma io l'assicurai immediatamente che non avevo sentito nulla e di non preoccuparsi. Non volevo allarmare nessuno prima di essere sicura. Lasciai Kitty in cucina e mi diressi in biblioteca dove sapevo che avrei trovato Mary.
Infatti era proprio lì, seduta al grande tavolo tondo di legno scuro in mezzo alla sala zeppa di scaffali e librerie, intenta a leggere un manuale sulle piante del sud dell'Inghilterra.

Aveva le guance leggermente arrossate e un piccolo sorriso sulle labbra che non le avevo mai visto prima di allora. Era molto strano essere testimoni di quel lato delicato di Mary che riservava solo alla testimonianza dei suoi amati volumi.
Mi sedetti accanto a lei e parlammo un po' del più e del meno, fino a che non le chiesi della notte precedente. Anche Mary, come Kitty, non aveva sentito nulla di sospetto anche se aveva dormito altrettanto male.

Non potei parlare con mio fratello ed Elizabeth dal momento che erano usciti per alcune commissioni. Inoltre fare a loro le stesse domande rivolte a Kitty e Mary sarebbe stato inutile, dal momento che le loro stanze erano dalla parte opposta del palazzo e probabilmente non si erano accorti di nulla comunque. Una richiesta del genere li avrebbe messi soltanto in allarme. Mi ritirai nella mia stanza, presi un vecchio taccuino in pelle dal cassetto del mio scrittoio, lo stesso sul quale sto scrivendo adesso, e munita di calamaio e penna iniziai a mettere insieme i miei indizi.
Quella notte e per quelle successive mi sforzai di andare a letto molto tardi. Aspettavo la mezzanotte con trepidazione, in attesa di risentire le note lugubri che mi avevano terrorizzata, ma nulla.

Erano passati cinque giorni e ormai avevo iniziato a credere che tutto fosse stato frutto della mia immaginazione.
Nel dormiveglia della notte tra il quinto e il sesto giorno, percepii di nuovo il cigolare della finestra. Immediatamente lucida e con i sensi in allerta mi alzai ed aprii la mia finestra. Mi sedetti su un cuscino e mi misi in ascolto sotto il davanzale. Una melodia fievole si dipanò nell'aria. I tasti del pianoforte erano sfiorati con così tanta leggerezza da far sì che le note fossero quasi impercettibili. Quella canzone mi ammaliò e mi spezzò il cuore. Era di una tristezza assoluta e struggente, raccontava di qualcosa di perso per sempre, di un dolore inconsolabile.
Debole come era iniziata la melodia terminò e mi accorsi che le mie guance erano rigate da calde lacrime che non mi ero accorta di aver pianto. Sentii il bisogno di un abbraccio amico, di una parola di conforto, ma era notte e tutti dormivano tranne me e l'essere che aveva scatenato queste sensazioni.
Mi riscossi quando sentii ancora una volta l'imposta chiudersi. Nascosta tra le tende scrutai fuori dalla finestra.  Era completamente buio e solo la falce calante della luna illuminava i giardini di Pemberley.

Tuttavia la vidi: una figura minuta, coperta da un mantello pesante, stava uscendo dalla finestra della stanza della musica. Per lo spavento mi lasciai scappare un verso strozzato. La creatura volse di scatto la testa verso l'alto, così che il cappuccio le ricadde sulle spalle.
Aveva lunghi capelli neri e ondulati e sotto il mantello indossava una veste bianca che somigliava ad una camicia da notte; era scalza, ma la cosa che mi terrorizzò fu il suo volto: non riuscivo a vederlo. Era sfocato e nero come la pece, impossibile distinguere i lineamenti. Dato che ero nascosta dietro la tenda e con me avevo il favore del buio, il "fantasma" non si accorse della mia presenza; dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla mia finestra, si rimise il cappuccio e prese a correre più veloce del vento in direzione del bosco.

Con i battiti a mille e ancora sconvolta da ciò che avevo visto, ormai non poteva essere una mia fantasia, tornai a letto.

Il fantasma esisteva veramente.




N/A
Ciao a tutti! Grazie ancora una volta per aver letto fino a qui, se vi va lasciate un'impressione! A presto :)
T
  
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