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Autore: salvatores    04/10/2017    0 recensioni
"Nessuno dei due sapeva ancora che quello scontro gli avrebbe messo a soqquadro la vita e tutti i ripostigli delle loro anime."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La sala d'aspetto era simile alle altre in cui era già stato, non c'era quasi nessun arredamento, a parte le scomode poltroncine blu. Le pareti bianche davano all'ambiente la sensazione che la piccola stanza fosse più grande di come in realtà apparisse, entrava molta luce dall'unica finestra che affacciava sul porto della città.

Sulle pareti erano incorniciate foto di ricorrenze annuali dell'azienda. La prima, in bianco e nero, immortalava un giovane sorridente dietro a un bancone riempito di dolci e torte di tutte le forme e di tutti i tipi, risalente all'epoca in cui la grandissima catena di pasticcerie era solo una piccola impresa a conduzione familiare. Mentre nell'ultima il viso del giovane era coperto di rughe, e si accingeva a spegneva la bellezza di novanta candeline circondato da familiari e amici. Su un'altra parete c'era disegnato un grandissimo emisfero, in cui venivano localizzate tutte le altre pasticcerie Carducci's sparse per il mondo, attraverso puntine rosse. Malcom ne contò un centinaio disseminate in tutti i continenti, dall'Europa fino ad arrivare in Australia e sulle coste orientali dell'America.

Aveva già avuto esperienze con i colloqui di lavoro e aveva con sé anche un buon curriculum con ottime referenze e tanti attestati conseguiti durante il corso della sua carriera universitaria. Ma provava lo stesso una sensazione di nervosismo e un ansia tremenda che gli faceva tremare le mani. Un conto era aver lavorato in un'azienda che produceva lacci per le scarpe, andata poi in bancarotta, e un altro era aspirare ad essere un manager di un'azienda internazionale.

Mentre aspettava che la segretaria lo chiamasse per entrare, si chiedeva dove avesse racimolato tutto il coraggio e quel pizzico di arroganza, che gli erano serviti per mandare il curriculum al dipartimento delle risorse umane. Era assorto nei suoi pensieri e stava quasi per decidere di girare i tacchi e tornare a casa nel suo letto quando la porta dell'ufficio si aprì. Uscirono due persone. La prima era un ragazzo che aveva terminato il suo colloquio con l'aria sconfitta, l'altra era la classica segretaria con un tailleur nero e tacchi, con un paio di occhiali dalla montatura squadrata e i capelli biondo cenere raccolti in una coda bassa. 《Signor Anderson! È arrivato il suo turno, si accomodi la stanno aspettando.》 con un cenno verso la porta lo invitò ad entrare. Prima di alzarsi fece un lungo respiro per allentare un po' la tensione e chiedere al coraggio che l'aveva spinto a buttarsi in quella impresa, al momento dileguatosi, di ritornare. Prese la sua ventiquattrore e allentò la cravatta, deglutendo fece un sorriso quasi forzato alla segretaria ed entrò in quell'ufficio dall'aspetto infernale.

Una volta dentro la stanza il peso degli occhi degli esaminatori raddoppiò l'ansia. Erano tutti lì, di fronte seduti dall'altra parte della scrivania, tutti vestiti allo stesso modo. Il grigio dei loro abiti si confondeva con quello delle pareti. Malcom si sentiva fuori luogo con il suo completo blu in una stanza dove tutto era uguale. I volti degli esaminatori erano impassibili e scrutavano dall'alto verso il basso e poi dal basso verso l'alto i suoi movimenti. Dopo aver stretto la mano a tutti si accomodò, come meglio poteva, sulla sedia blu appoggiando la borsa sulla sedia affianco.

《Se Lei è pronto potremmo iniziare con il colloquio, signor Anderson.》

《Sì, per me va bene.》 L'esaminatore centrale faceva girare a destra e a sinistra le copie del suo curriculum e Malcom si concentrava al meglio per non muovere nessun muscolo delle gambe affinché non sembrasse un tipo impaziente e strinse tra sé le mani per infondersi coraggio.

《Laureato in marketing e management internazionale e del turismo, con un punteggio abbastanza alto. Leggo anche un certo numero di stage e un contratto di apprendistato in una azienda che produce lacci per scarpe. Perché proprio questo tipo di azienda?》gli chiese l'esaminatore leggendo rapidamente il curriculum.

《E' stata la prima a contattarmi dopo il corso di studio ed ero impaziente di lavorare.》 disse, pensando di aver detto una cavolata e sapendo che la situazione stava man mano peggiorando..

《Non l'ha confrontata con nessun altro tipo di offerta di lavoro?》aggrottò la fronte pensieroso un altro dei signori li seduti.

《No... volevo dire, sì certo.》Malcom deglutì nervosamente.

《Perché non ha scelto qualcosa di più interessante?》domandò una esaminatrice. 《Perché al momento non volevo qualcosa di troppo impegnativo.》 Non fece in tempo a collegare il filtro cervello/bocca che le parole gli uscirono come un fiume in piena, non riusciva a bloccarle e mentre parlava sapeva di star dicendo cose non adatte a quel tipo di colloquio. Non poteva farci nulla, lui era così. Era uno dei suoi più grandi problemi dire quello che gli passava per la testa senza nemmeno contare fino a 10.

《Sa vero che qui il lavoro è molto impegnativo? Se cerca qualcosa di più semplice, penso proprio che abbia sbagliato a venire.》

La tensione gli bloccò la respirazione per qualche secondo e la salivazione si azzerò. Non sapeva come uscirne, non aveva una risposta pronta. Ma un terzo esaminatore poi gli disse: 《Perché dovremmo assumere proprio lei? Come possiamo trarre profitto dal suo lavoro?》

《Sono una persona abbastanza intraprendente, sono un ragazzo che vuole sapere fare bene il suo lavoro e penso che in questa azien...》non fece in tempo a finire che un altro esaminatore aggiunse.

《Senta signor Anderson, sa quante volte abbiamo sentito queste frasi già fatte da molte persone che si sono sedute proprio lì? Ne abbiamo le scatole piene. Noi qui cerchiamo persone che sappiano stupirci e stupire i clienti e non penso che lei sia capace!》

Malcom si sentì invadere da un misto di inadeguatezza e sconfitta prima di sbottare arrabbiato dicendo《Non sono capace? Come fa a dire che non sono capace?》 Sì sentiva il sangue ribollire nelle vene. 《Non Le permetto di giudicarmi incapace solo perché sono seduto qui da cinque minuti. Lei non mi conosce. È bello stare lì seduti e demoralizzare i ragazzi che hanno aspettato più di un'ora in quella stanza per farsi assumere.》 Prese la sua borsa si alzò e si avvicinò alla porta. Ma prima di uscire si girò di nuovo verso la commissione: 《Un'ultima cosa: per la cronaca io non penso che la Carducci's abbia bisogno di gente come voi. E di certo se questa azienda vuole migliorare la prima cosa da fare è guardare con occhi diversi i suoi futuri impiegati non storcendo il naso e ostentando arroganza.》 Prima di uscire notò un commissario sorridere sotto i baffi con l'espressione quasi divertita. E poi sbatté la porta dietro di sé sentendosi allo stesso tempo vittorioso e sconfitto. Vittorioso perché era riuscito a cantarne quattro a quei palloni gonfiati e sconfitto perché ancora per una volta il suo essere troppo impulsivo gli aveva fatto perdere, una delle opportunità migliori per la sua carriera.

Tutto quello che Lily sentiva in quel momento intorno a se non erano i rumori fastidiosi della planetaria o dell'impastatrice e né il calore del forno vicino al quale era accucciata, solo ed esclusivamente il forsennato impaurito battito del suo cuore e il ticchettio dell'orologio alla parete che scandiva il tempo, aveva speso le ultime ore a cercare di preparare il dolce che avrebbe deciso l'andamento del suo futuro. Le mancavano esattamente 30 minuti prima di diventare ufficialmente disoccupata o a tutti gli effetti una pasticcera della Carducci's, il suo sogno da quando aveva 8 anni. Da bambina la prima cosa che aveva pensato, dopo aver assaggiato uno dei dolci esposti nel bancone della pasticceria, era che sicuramente avrebbe voluto far parte della cerchia di persone che creavano quei piccoli angoli di paradiso. Si riscosse dai suoi pensieri sobbalzando quando il timer del forno suonò, prese un respiro per calmarsi e mentalmente incrociò le dita mentre apriva il forno e tirava fuori la sua nuova creazione, soffle al cioccolato e peperoncino con crema alla ciliegia, sospirò sollevata quando notò che erano perfetti. Era questo che cercava nella vita, perfezione, ed era al quanto sollevata di scoprire che almeno nel lavoro riusciva a trovarla. Aveva scelto quel mestiere proprio per quello, in quel lavoro non esistevano casualità. Era tutto già prestabilito, concatenato. Per fare dolci si doveva seguire una ricetta alla lettera, non si potevano mescolare quantità indefinite di ingredienti. Era tutto programmato e a lei questa cosa piaceva, la faceva sentire al sicuro.

Mentre guardava il suo nuovo dolce da tutte le angolazioni possibili, si accorse anche di tutte le altre teglie sporche assieme a mestoli e altri oggetti usati per i vari tentativi fatti quella notte, mai in tutta la sua vita aveva lasciato disordine. Altre delle cosa che esigeva erano l'ordine e la pulizia, se si trattava del suo lavoro era meticolosa .

Non le era concesso commettere errori, non in quel momento. Se avesse passato la prova, quel dolce sarebbe stato inserito nel menù e venduto in tutto il mondo. Quando poi si era convinta del fatto, che sì, in fondo il dolce era a tutti gli effetti perfetto, vide di sfuggita la sua immagine riflessa nello specchio del corridoio. La farina era ovunque, sul naso, sui vestiti e tra i capelli. Guardandosi le scappò un ghigno tra il divertito e l'orridito nel vedere i suoi capelli castano scuro diventati chiari e non poté non immaginarsi a 60 anni con i capelli bianchi seduta in veranda guardando i suoi nipotini giocare affianco a colui che sarebbe stato l'amore di tutta una vita. Quindi andò in bagno per una doccia veloce sperando di arrivare in tempo per la presentazione della sua creazione. Era di fretta, ma doveva apparire impeccabile. Tra il sapone e l'acqua che le scorreva addosso rilassando i muscoli, pensava già a cosa indossare. Una volta in camera davanti all'armadio, prese ciò che la faceva sentire più comoda. Jeans, t-shirt bianca e le sue buon vecchie converse, decisamente le sue scarpe preferite e per questo le piaceva definirle le scarpe fortunate. Quando ritornò in cucina per prendere il dolce che aveva precedentemente messo in una scatola vide suo fratello Jordan appena sveglio cercare un po di spazio tra gli ingredienti e piatti sporchi per poter far colazione. 《Ciao fratellone, scusami vado di fretta! Metti tu a posto?》gli disse mentre si infilava il cappotto e prendeva la borsa dell'appendiabiti. 

Jordan sorrise, quel sorriso che la rassicurava e le scaldava il cuore, il sorriso alla Jordan, ed annuì 《Oggi mi sento buono, però mi aspetto un favore in cambio.》 

Gli sorrise alzando gli occhi al cielo ma dentro di sé gli era grata. 

《Ah, Lily dimenticavo! Buona fortuna!》 le disse mandandole un bacio volante.

Quando uscì di casa l'unica cosa a cui pensava era mettere in salvo a tutti i costi da tutti i pericoli la scatola che aveva fra le mani e all'arrivare il più in fretta possibile alla Carducci's. Il percorso fu tutt'altro che semplice, visto che almeno una persona su due cercava di andarle addosso, pensava di avere un insegna luminosa sulla testa che recitava "Prego, venitemi addosso, calpestatemi". Tirò un sospiro di sollievo quando si trovò alla porta della pasticceria, finalmente il suo percorso ad ostacoli era finito. Diede un ultimo sguardo alla scatola e si ricompose.

Le uniche cose che riuscì a fare una volta dentro la pasticceria furono rivolgere un veloce saluto Lindsay. Era come una seconda mamma per lei, l'aveva aiutata e supportata in quel breve stage che aveva fatto alla pasticceria. Lindsay in quel momento aveva un'espressione strana, gesticolava con fare di avvertimento, come se volesse avvisarla di un pericolo imminente ed esattamente quattro passi dopo si ritrovò schiantata a terra con qualcuno sopra di lei. Questo qualcuno le restò sopra immobile per un minuto buono, minuto che permise a Lily di squadrare per bene il ragazzo. Aveva una carnagione olivastra, i capelli neri gli ricadevano sulla fronte a causa del ciuffo lungo e privo di gel, tratti ben definiti ed una bocca carnosa. Ma quello che più la colpì furono i suoi occhi, troppo verdi, le ricordavano i prati dell'Irlanda che aveva visto in una vacanza da bambina e che le erano rimasti nel cuore. La cosa che inizialmente la turbò fu quanto il suo sguardo era penetrante, ipnotico, tanto che non riusciva a distogliere i suoi occhi da quelli dello sconosciuto, poi si accorse che sembrava scioccato. Giusto un attimo prima che aprisse bocca, il ragazzo le sussurrò 

《Evette, sei tu?》 Aveva una voce roca, trasmetteva un dolore sordo, inespresso. 

In un primo momento arrossì di imbarazzo a causa della situazione che le fece distogliere lo sguardo dagli occhi verdi che andarono subito a cercare la confezione, la quale si trovava proprio tra loro due, schiacciata e con alcuni pezzi del sufflè che fuoriuscivano dalla scatola. Aveva la consapevolezza che ormai tutto era andato perduto, una notte di lavoro buttata all'aria da un imbecille. E prima un senso di panico la avvolse per qualche secondo e subito dopo una rabbia accecante. 《 Sono quella che ti darà una ginocchiata nelle palle se non ti levi subito di dosso! 》 disse spintonandolo. Si alzò ostentando calma, ma quando vide il suo sufflè, la sua unica occasione di realizzare il suo più grande sogno, spiaccicata proprio lì vicino ai suoi piedi, la rabbia le rimontò dentro e con un tono di voce che raramente usava, perché raramente si lasciava perdere il controllo, sbraitò 《 Lei è un perfetto imbecille, lo sa? Ma perché non guarda dove mette i piedi? 》

 Il ragazzo altrettanto arrabbiato sputò 《 Ma se è lei che non si guarda intorno mentre cammina, Miss "sono di fretta vi butto tutti all'aria" 》 

E visto che ormai sia il lavoro sia l'autocontrollo erano andati a farsi benedire si avvicinò al ragazzo e gli diede uno schiaffo che gli fece girare la testa. 《 Le stanno proprio bene le mie cinque dita stampate in faccia, lo sa? 》 ghignò.

 Lo sconosciuto ormai rosso di rabbia e con lo sguardo che lanciava fulmini, la spintonò e senza dire una parola, né lanciare un ultimo sguardo, uscì dal laboratorio sbattendo la porta. Prese un respiro per calmarsi, una volta sparita la rabbia, la consapevolezza di aver fallito ancora una volta le fece versare una lacrima silenziosa.

Nessuno dei due sapeva ancora che quello scontro gli avrebbe messo a soqquadro la vita e tutti i ripostigli delle loro anime.

 
  
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