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Autore: Longriffiths    05/10/2017    3 recensioni
Si sentiva diversa da tutti i suoi coetanei, e non solo per il non proprio piccolo dettaglio scuro e peloso lungo sessanta centimetri che portava avvolto intorno alla vita e sotto la gonna ogni giorno, per nascondere il fatto di essere la discendente di una razza aliena scomparsa tempo addietro con il suo pianeta natale di cui lei sentiva dentro una grave mancanza pur non avendolo mai visto, e non solo a causa del titolo che avrebbe portato se fossero ancora esistiti.
Genere: Angst, Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Pan, Un po' tutti | Coppie: Bra/Goten, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku, Gohan/Videl , Pan/Trunks
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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《Non lo so.》

《Pan, ti prego, dov’è mia figlia?》

‘Bra, che cosa devo fare..?’ Macchie scure si espansero gradualmente sul tessuto dei jeans della diciottenne, che osservava inerme incapace di fronteggiare il volto della scienziata. Le lacrime della signora Brief scivolarono lente lungo le sue guance, e più abbandonavano quel viso di porcellana cadendo sulle gambe della mora, più  scalfivano il suo cuore. Era impensabile tenere il segreto dinanzi l’evidente sofferenza della donna, in più quel divano ad isola su cui aveva passato la maggior parte dei pomeriggi a giocare con la propria migliore amica, sembrava essersi ristretto più del dovuto, corroso dalle decine di fari puntati su di lei. La tensione divenne palpabile, e la palese preoccupazione congiunta alla speranza dipinta sui volti di coloro che parevano aver incastrato gli sguardi sulla sua figura, le diedero un senso di oppressione e prigionia. Al contrario della coetanea lontana milioni di chilometri da casa che come lei faceva volentieri a meno di  quel tipo di attenzioni, ella odiava a morte la propria incapacità di sapersi muovere correttamente in pubblico. Certe volte la invidiava chiedendosi come facesse a uscire da ogni situazione nel migliore dei modi, lei di certo avrebbe resistito a quel vicolo cieco opponendo resistenza senza dare l’impressione d’essere colpevole, lasciandosi guidare dall’orgoglio Saiyan. Ella invece,  possedeva dentro una quantità di umanità maggiore di quel che avrebbe voluto, che la spingeva a cedere spesso e volentieri all’empatia. Tutte quelle persone intorno a lei aspettavano qualcosa, che questa volta la ragazza non fu propensa a dare. Amava la propria migliore amica molto più dell’onestà, e se avesse dovuto tenersi dentro la verità per lei lo avrebbe fatto. Una sola cosa era in grado di far crollare i ponti della sua anima trasmettendole senza permesso un briciolo di buon senso: il proprio ragazzo. Quel meraviglioso viso scolpito dagli esseri superiori tanto rude quanto adorabile come solo lui poteva risultare, frenava ogni sua convinzione sciogliendo i dubbi della propria coscienza. Da poco avevano iniziato a frequentarsi più apertamente tentando di cercare nell’altro quel qualcosa che rendesse le giornate più soleggiate e limpide, e in pochissimo tempo lo avevano trovato, come se il destino avesse aspettato tutti quegli anni ad aprire gli occhi di entrambi per permettergli di godere gli anni migliori delle loro vite in confidenza ed amicizia, per dar loro modo di capire da sé quanto in realtà fossero meravigliosi insieme. Nonostante ciò, la loro relazione era ancora celata dietro falsi sorrisi amichevoli scambiati dinanzi gli amici ed i parenti, timorosi delle loro reazioni. Un motivo che spingeva i due ad uscire mentendo su dove andassero e con chi, era constatare prima da soli se quel rapporto sarebbe potuto durare, per non essere costretti poi a vivere con il gusto amaro del rimpianto ed il peso di vedersi ogni giorno nonostante si fossero persi, dando un dispiacere alle famiglie. Una relazione azzardata in un gruppo di amici era una responsabilità troppo grande, che Pan e Trunks scelsero di prendere sottogamba. In quel momento, la mora alzò in capo incontrando quelle iridi bramose di risposte, sciogliendosi come neve al sole. Si sentì combattuta maledicendo mentalmente quello stronzo, per colpa sua prese nuovamente in considerazione l’eventualità sepolta in fondo alla coscienza per farsi forza, che la turchina potesse incontrare milioni di pericoli e finire schiacciata sotto uno di questi, prendendo atto della comodità che avrebbero avuto se almeno sapessero in che condizioni fosse la ragazza, senza intralciare i suoi piani. Scelse saggiamente di dire la verità, non venendo meno alla sua promessa.

Lei non è qui. Ma vi assicuro, che non so dove si trovi.》



《Va tutto bene, signore?》

《Si, vi ringrazio, pensate voi al prigioniero.》

《Si rimetta presto!》Dopo essere stato curato, pulito dal sangue ancora fresco e bendato ove necessario, il Generale della Pattuglia Galattica acconsentì a prestargli una navicella di riserva -meno spaziosa e appariscente di quelle usate in servizio- per il ritorno a casa ed il congedo per malattia, fino a quando non fosse stato capace di svolgere le proprie mansioni senza rischi di ricaduta. I piani dell’alieno sarebbero stati ben altri, egli era infatti intenzionato ad avvertire la donna con cui da qualche anno condivideva la propria abitazione della sua prolungata assenza per qualche tempo. Sapeva di star commettendo una grave infrazione, ma ogni cellula del suo corpo non avrebbe trovato pace fin quando la principessa non fosse tornata sana e salva a casa per mano sua, avendo acconsentito a lasciarle vivere  un’impresa più grande di lei. Dovette faticare a lungo per destare la propria fidanzata dalla sua volontà di partire insieme, avendole spiegato il problema a cui era andato incontro. Alla polizia, fu costretto a raccontare la verità. Il prigioniero avrebbe potuto condurre una squadra sul luogo degli assassinii commessi, ed una falsa testimonianza da parte di un guerriero d'élite valeva a significare il suo immediato licenziamento, o un possibile mandato d’arresto per la copertura di un crimine, senza contare l’ipotesi di finire nella lista dei sospettati. Simili rogne, avrebbero potuto rovinare la sua intera vita e carriera. Il lato positivo, era che nessuno a parte lui fosse al corrente dell’esistenza di individui Saiyan stabiliti sul pianeta Terra, ed almeno loro sarebbero stati esclusi dalla faccenda. Bra sarebbe potuta essere ovunque, e data la notevole vastità della Via Lattea, il pensiero non risuonò affatto piacevole nella sua testa. Le ricerche sarebbero potute durare settimane o mesi, o addirittura anni. Il panico prese nuovamente il sopravvento di quel corpo minuto e tremante, già in volo verso una traiettoria immaginaria priva di qualsivoglia tipo di meta. Escluse lo stazionamento della ragazza laddove l’aveva lasciata molte ore addietro, trovando conferma delle proprie teorie non appena arrestò la sua corsa dinanzi il luogo ancora macchiato della morte delle due creature, notando che la Pattuglia avesse già provveduto a portar via i cadaveri. Sbuffò contrariato accendendo i motori a propulsione, per poi sfrecciare veloce tra i mille astri celesti spaziali. Nel mentre, un’astronave azzurra di notevoli dimensioni tagliò la strada dell’alieno, che al di sopra della prua vi lesse un antico simbolo appartenente ad una lingua morta quanto la popolazione estinta da cui derivava, il cui significato poteva essere interpretato in due varianti; paladino o intrepido. La struttura mobile scomparve dalla vista di Jaco, e con una smorfia di confusione stampata in volto, egli grattò la propria nuca con fare riflessivo, chiedendosi dove avesse già visto quel disegno. 

Quando la ragazza capì le intenzioni del proprio ‘salvatore’ fu troppo tardi, egli infatti in una sola e fluida mossa, caricò la turchina in spalla tenendola dalla schiena e dall’incavo delle gambe, ignorando le proteste e i suoi tentativi di sottrarsi alla presa. Il modo di camminare grossolano e maldestro dell’uomo rese impossibili i tentativi della ragazza di inutili le gambe. L’essere strattonata come in una giostra dei Luna Park terrestri resero la mira impossibile da prendere. Dopo vari minuti di cammino, l’alieno riportò la ragazza in terra tenendole le mani incrociate dietro il busto, e lo spettacolo che le si parò dinanzi le risultò incredibile. Una navicella -come ne aveva viste soltanto nei film- dalla prorompente statura grande venti volte quella su cui aveva viaggiato per intraprendere la propria esperienza personale, era parcheggiata al centro di una radura dal verde brillante, completamente differente dal resto della superficie su cui si era rifugiata. Fiori circostanti rendevano l'aria più pulita e gradevole, ma niente bastò a distrarla dalla voglia di poter scappare via. Al comando del proprio accompagnatore, un portellone si spalancò verso il basso rivelando il contenuto della nave spaziale. Rampe di scale, porte e corridoi ospitavano decine di creature umanoidi marcianti simultaneamente come tanti soldati, divisi in gruppi composti da parti uguali, ognuno indirizzato in una direzione. Ogni uomo o donna presentava un proprio aspetto estetico, l’unica cosa che accomunava quegli individui erano le uniformi, tutte cucite allo stesso modo ed adornate da una cintura raffigurante il medesimo disegno presente all’esterno della struttura. Senza tanti complimenti, l’alieno scortò la ragazza in un lungo corridoio poco illuminato infilandole in un orecchio un auricolare diverso dal precedente. Questo era molto più grande e munito di un microfono, probabilmente sarebbe stata interrogata, per cui anche loro avrebbero dovuto comprenderla. L’idea le diede la sensazione di ingoiare un amaro boccone andato di traverso. Qualsiasi persona incrociasse la loro strada si fermava a salutare rispettosamente il secondino della turchina, che dovette supporre di essere al fianco di un pezzo grosso. Con gran rammarico e inquietudine, ella fu costretta ad assistere ad una scena che mai si sarebbe aspettata o avrebbe voluto vedere; barelle volanti trasportavano guidate da due infermiere le carcasse degli uomini uccisi da se stessa. Ora i motivi di quel colloquio verbale imminente le furono chiari, e con un groppo in gola rabbrividì al pensiero di ciò che sarebbe potuto accaderle ora che era finita nelle mani di quelle persone, palesemente infastidite dalla perdita dei compagni. ‘Dai sempre l’impressione di avere il controllo della situazione. Mai esternare i punti deboli, né farsi prendere dal panico’. S’impose di non scomporsi neanche per sbaglio facendo appello a tutta la fierezza in suo possesso cercata nelle parole del proprio padre, mostrandosi audace ed orgogliosa avanzando senza ombra di paura. Con sua grande sorpresa, non alzarono neanche un dito su di lei quando le fu ordinato di passare attraverso una porta. Le uniche cose presenti nel campo visivo della ragazza erano una scrivania vuota ed una sedia illuminata interamente da un fascio di luce proveniente dal soffitto, posizionata al centro della stanza tra due figure alte e intimidatorie. Gli uomini tenendola per le spalle, la costrinsero ad accomodarsi tra di loro senza bloccarla con corde, catene e quant’altro. In piedi a braccia conserte, quegli alieni non degnarono di uno sguardo la turchina attendendo istruzioni mentre il loro Capitano richiudeva la porta alle spalle. 

《Qual è il tuo nome.》

《Intendi il nome d’arte o quello di battesimo?》

《Identificata lingua- signore. Origine- Terrestre.》

《Bene, bene. Che ci fa una terrestre qui?》

《Mi piacerebbe saperlo, mi ci hai portata tu in questo ammasso di ferraglia.》

《Non scherzare con me. Che ci fai qui?Infastidita, la turchina accavallò le gambe soffiando su una ciocca ribelle cadutale dinanzi un occhio, incrociando le braccia al petto.

《Dato che mi hai rapita, te lo dirò se mi fai capire chi siete e che cosa volete da me.》

《Sarebbe un ringraziamento per averti salvato la vita?》

《Caricare una persona come un sacco di merda non è un buon movente di ringraziamenti!》L’uomo osservò intrigato ed ammaliato la ragazza. Adagiato dal fondo schiena alla scrivania per fronteggiarla, un sorriso divertito gli apparve in volto mostrandole un cenno d’assenso col capo. Adorava le tipette sveglie e impertinenti come lei, e fu l’unica ragione che lo spinse ad assecondare quel capriccio.

《Il mio nome è Zargat, e sono il Capitano della nave. Questi due gentiluomini sono il mio Tenente ed il mio Comandante. Tutti facciamo parte di una grande squadra, e svolgiamo un compito importante. Noi facciamo il lavoro sporco dei Pattugliatori Galattici. Quando troviamo individui sopravvissuti a razze sterminate li togliamo di mezzo, prima che possano fare danni. Abbiamo un nuovo obiettivo al momento, e vogliamo sapere da te per quale motivo ti trovi su questo pianeta.》Al discorso del capitano, Bra sentì il sangue gelare nelle vene ed ogni pelo corporeo rizzarsi sulla pelle compresa la peluria superficiale della coda, ringraziando ogni essere superiore esistente di averla fatta prima arrotolare attorno alla vita, e poi farle indossare la tuta. Aveva compreso appieno che tipo di obiettivo avessero nel mirino, e impercettibilmente iniziò ad accusare un fastidioso tic ai nervi della gamba, sentendola tremolare da sé. Non volle restare ancora lì neanche per pochi minuti, e drizzandosi a sedere cercò di dare una plausibile spiegazione che spingesse quella gente a lasciarla andare.《Sono scappata, non volevo infastidire nessuno.》

《Perché mai?》

《Sono affari miei.》

《Potresti avere la mia solidarietà.》

《Spara.》Completamente ignaro dei modi di dire del pianeta Terra, Zargat corrugò la fronte sotto gli sguardi perplessi degli uomini, scambiandosi occhiate confuse con essi. Quella richiesta inusuale e completamente assurda colse alla sprovvista l’uomo. Curioso di andare a fondo per scoprire cosa avesse in mente la turchina, si strinse nelle spalle raggiungendo la cintura posata in vita, estraendo un Faser per poi puntarlo verso di lei, accorgendosi in ritardo del suo sguardo smarrito e spaventato, temendo di aver commesso uno sbaglio. Prima ch’ella potesse avvertirlo di non aver dato il comando inteso nel modo errato, un raggio cremisi prese ad avvicinarsi al suo viso. Con i riflessi pronti ed una notevole velocità, Bra generò una sfera d’energia lanciandola contro la scia rossa, e prima che poté colpirla fu sbattuta verso una delle pareti laterali, distruggendo parte del materiale. Gli uomini presenti non badarono affatto ai lamenti e le accuse della terrestre che urlava infuriata chiedendo se per caso fossero matti, troppo impegnati a scrutare scioccati i resti di metallo giacenti.  

《I Terrestri sono capaci di questo?》

《Io si. Non sono una terrestre normale.》

《È per questo che sei fuggita?》

《Capo, ci farebbe comodo una così.》

《Già. Sei arruolata, ragazzina.》

《Che cosa? No!》

《Tesoro, chi sale su questa nave ci resta, o scende morto. Ma non posso reclutarti in questo modo, devo vedere come te la cavi corpo a corpo. Preparati, domattina te la vedrai con uno dei miei uomini più bravi. Se vinci, fai parte della ciurma.》

《E se perdessi?》

《Moriresti ugualmente, perché ti ucciderebbe. Portatela nella sua stanza e dite al timoniere di salpare.》Senza aver modo di replicare ed opporsi, i due alieni la sollevarono di peso addentrandosi al piano di sotto, ove una moltitudine di cabine distinte tra loro attraverso un numero in ottone segnato sulla porta, occupavano le pareti di destra e sinistra in tutta la loro lunghezza. Uno di essi spalancò la porta, e subito dopo l’altro sbatté in malo modo la turchina all’interno della camera allestita con una brandina, uno spazio interno predisposto al bagno ed un baule contenente alcuni abiti. Lasciandola sola dopo aver dato due scatti alla serratura, gli alieni si allontanarono a grandi falcate. Senza perdersi d’animo conscia di poter sconfiggere chiunque la sfidasse al combattimento, la giovane sfilò l’auricolare scavando all’interno della cassa di legno alla ricerca di qualcosa di comodo, trovando suo malgrado solo indumenti aderenti, che avrebbero chiaramente mostrato il rigonfiamento della coda. ‘Come potrei fare? Se solo ci fosse un modo per..’ Un’idea orribile e terrificante balenò nella sua mente, costringendola a sedersi per non cedere al mancamento. Calò lo sguardo sulle proprie mani, scoprendo di essere completamente scossa dalla paura. Per quanto ella scavasse nello scomparto mentale delle alternative, non riuscì a trovare nulla di sensato che l’aiutasse ad evitare di sbarazzarsi di ciò che fin da bambina aveva preservato contro il volere di tutti. Doveva strappare via la propria coda, tagliarla l’avrebbe fatta ricrescere troppo in fretta. Un brivido elettrico le attraversò le viscere dandole l’impulso di portare le mani a proteggere il margine del muscolo in questione, ma non vedeva altro modo per evitare una morte prematura. Poche ore di riposo e avrebbe colmato la debolezza che quel gesto avrebbe comportato, e sapeva che se fosse rimasta a pensarci un altro minuto avrebbe rinunciato. Una forza invisibile rese i passi della giovane lenti e pesanti, fu come se la sua stessa anima fosse uscita fuori dal corpo per trattenerla, ed impedire quell’azione di cui poi si sarebbe pentita. Bra denudò il proprio corpo entrando nella doccia. In ginocchio prese dei profondi respiri, battendo tra loro le arcate dentali come un animale indifeso nel bel mezzo di una tempesta. Con la mano destra tenne saldamente l’inizio della scura ed elegante coda, con la sinistra portò alla bocca un asciugamano da mordere in caso di acuto dolore. Non appena cercò di estrarla, avvertì una stanchezza fisica paragonabile ad una giornata lavorativa passata a spaccare intere montagne con le sole mani. Ignorando la sensazione, dopo alcuni minuti passati a ripetere la stessa operazione, constatò che non avrebbe mai portato a termine l’estrazione, perché frenata dalla paura e dal ripensamento. Caricò il proprio Ki al massimo della potenza anche se bastarono pochi attimi, e versando fiumi di lacrime con maggiore energia estirpò finalmente il muscolo in una sola volta, sentendo piccoli rivoli di caldo liquido colarle lungo le gambe. Un male mai provato fino a quel momento non le diede modo di trattenere un urlo disumano partito dal fondo del petto. Esausta e zuppa del suo stesso sudore, ebbe la forza di incendiare la prova della natura in cui si riconosceva con un ultimo lampo d’energia, osservando le ceneri spargersi ovunque. La principessa infine cadde sul pavimento vinta dal dolore e dalla spossatezza, assopendosi in un sonno tormentato, riscaldata solo dalla pozza di sangue che circondava quel corpo inerme contenente il coraggio di mille leoni.

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Salve a tutti! Lo so ci ho messo un pochino, almeno ne è valsa la pena? Come vedete ho introdotto una delle coppie che sostengo maggiormente, scusatemi ma dovevo. Situazione interessante non trovate? Adesso se ne vedranno delle belle, Jaco dovrebbe saperlo di essersela fatta scappare così..

Ragazzi io devo porgervi davvero i miei ringraziamenti, siete in undici a seguire questa storia ma io davvero non avrei mai pensato! Vi devo moltissimo e vi adoro tutti quanti, offro caramelle a tutti♡

Un grazie particolare a BlackFeath per aver inserito la mia storia tra le seguite, e a paige95 e felinala per il supporto ed il prezioso sostegno.

Alla prossima♡♡

   
 
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