Serie TV > Merlin
Segui la storia  |       
Autore: _Falsa Pista_    06/10/2017    1 recensioni
Merlin è un giovane ragazzo che gira il mondo in autostop, con un enorme zaino rosso, una tenda azzurra e la testa piena di sogni e avventure.
Cosa succede se, un giorno, mentre si apposta sul ciglio della strada col pollice alzato, passa una grande e nuovissima macchina bianca guidata da un giovane, biondo e ricco Arthur Pendragon?
Si fermerà o passerà oltre?
Una scelta semplice, ma con un sacco di conseguenze.
Storia già completata, pubblicazione (si spera) regolare.
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
.Capitolo 4.
 
 
“Dimmi qualcosa di te, ragazzino selvatico, com’è che un bel giorno ti è saltato in mente di girare il mondo con sandali e tenda?”
La frase di Arthur era ironica, ma il suo tono era per lo più curioso.
Merlin era stato così tanto nei suoi pensieri, nella sua testa, intorno a lui, eppure lo conosceva così poco...
Merlin sorrise leggermente, seduto sul prato con le braccia intorno alle ginocchia piegate.
“E’ una storia un po’ lunga, sicuro di volerla sentire?”
“Al massimo mi addormento...” sorrise Arthur, seduto vicino a lui, né di fianco né di fronte, anche se era sicuro di poter rimanere sveglio ad ascoltarlo anche per giorni.
“Non so bene da dove iniziare... Vedi, fino a un po’ più di un anno fa abitavo con mia madre in una piccola città parecchio lontana da qui. Non è che me la passassi male, però... non so come dire, c’era qualcosa che non andava.
Studiavo, avevo qualche amico, un ragazzo, però non riuscivo mai a essere del tutto soddisfatto, contento, a posto, non so se mi spiego.”
Arthur annuì.
“Questa cosa mi tormentava davvero, mi chiedevo perchè non riuscissi mai a sentirmi felice e soddisfatto come tutti gli altri, pensavo di essere in qualche modo sbagliato. Ci pensavo di continuo, soprattutto negli ultimi anni, durante l’Università...”
“Hai fatto l’Università?!”
Merlin gli lanciò in testa un bastoncino con aria indignata. “Perché no, scusa, babbeo che non sei altro?!”
“Scusa, è che non mi davi l’idea di un grande, ehm, letterato...”
Questa volta Arthur dovette impegnarsi per evitare il pugno di Merlin diretto al suo naso, riuscendo anche a bloccargli la mano dentro la sua. A quel punto, però, Merlin era abbastanza vicino perché Arthur riuscisse a sentire l’odore della sua pelle. Il biondo, preso dal panico, mollò immediatamente l’altro, scusandosi precipitosamente. Merlin lo guardò stranito per quella strana reazione, i suoi occhi spalancati da cerbiatto erano luminosi persino nell’oscurità della notte.
Arthur si affrettò a proseguire “Allo studio di quale nobile materia ti sei dunque dedicato?”
Merlin provò a restare serio senza successo.
“Ho fatto un corso triennale di infermieristica. Centodieci e lode! Comunque ti stavo dicendo che non stavo molto bene e dopo averci pensato davvero un sacco ho capito cosa non mi piaceva.”
Fece una pausa, come preso dai ricordi.
“Cosa?”
“La logica. La logica della gente, intendo, il loro modo di pensare. Volevano tutti diventare persone importanti. Vivevano come un’offesa personale il fatto di essere persone di provincia, sai, una piccola città dove non succede mai molto e dove tutti sanno quello che fanno gli altri, e così erano tutti terribilmente finti e sempre costantemente in lotta per cercare di guadagnarsi un’occasione verso il successo.
Io, invece, ero completamente diverso, perché non volevo diventare nessuno, io volevo solamente vivere una vita normale, tranquillamente, facendo quello che volevo fare, avere buoni amici, un buon fidanzato, sai, nulla di ché. Però volevo che fossero cose sincere, spontanee, che venissero dal cuore. Insomma, tutto questo lì era impossibile, perché c’era sempre questo velo di finzione che appannava tutto e dopo un po’ sono arrivato a non sopportare più nulla, più nessuno, ho capito che lì non avrei mai potuto trovare quella semplice felicità che cercavo, così ho deciso di partire.” Il suo tono di voce era serio, lasciava intendere quanto in realtà tutta quella situazione fosse stata pesante per lui.
Poi però si riscosse e sorrise divertito, guardando Arthur negli occhi.
“Poi, in realtà, tutta la storia dei sandali e della tenda, come la chiami tu, è venuta un po’ per caso. Una volta che avevo preso la decisione di partire ho pensato che avrei dovuto fare un bel taglio netto col passato e mi è venuta questa idea del girare a piedi il mondo in cerca di...non lo sapevo neanche io. Direi di emozioni, avventura, autenticità... Ora sono un’altra persona, - sorrise di uno di quei suoi sorrisi speciali, che illuminavano gli occhi e facevano stranamente contorcere il cuore di Arthur – ora sono davvero felice!
Ad Arthur, guardandolo negli occhi, quasi gli venne voglia di abbracciarlo e Merlin, per un momento, pensò a cosa sarebbe successo se si fosse casualmente  avvicinato all’altro quel tanto da far sì che non ci fosse più nulla a separarli.
Poi un uccello notturno lanciò un grido lancinante, Arthur sobbalzò, Merlin rise di lui. Arthur cercò di darsi un contegno, si passò una mano tra i capelli e poi chiese. “ E il tuo ragazzo?” e veramente sperò che la sua voce suonasse neutra come sperava e disinteressata come non era..
Merlin ridacchiò un attimo, tutto sommato contento che l’altro, su tutto, ci teneva a chiarire proprio quel tema.
“Lui si chiama Will. Lo conosco da sempre, o meglio, lo conoscevo, cioè, lo conosco ancora, però...”
“Ho capito cosa intendi, vai avanti”
“Eravamo amici fin da bambini, da che ricordo era sempre stato il mio migliore amico. Dopo, all’ultimo anno delle superiori, abbiamo scoperto di essere entrambi gay. Cioè, ognuno di noi sapeva di esserlo, ma non che pure l’altro lo fosse. Ci è sembrato naturale metterci insieme, e, almeno all’inizio, era proprio bello...”
Arthur sentì una fitta di genuina antipatia per questo tale Will-amico-da-sempre.
“Però, in fondo, non basta essere amici per stare bene insieme, non basta conoscersi o andare d’accordo e bla bla bla, ci vuole qualcosa di più...”
Arthur pensò a Mithian e a quanto bene le parole di Merlin descrivessero la situazione passata con la ragazza.
“Poi lui era ossessionato dal giudizio della gente, non voleva che ci facessimo vedere in giro come una vera coppia, dovevamo fingere che fossimo solo amici quando eravamo con altri, diceva che così tutto era più semplice. Io gli dicevo che così, invece, tutto era più finto, che non aveva senso, che non ci doveva importare nulla di quello che dicevano gli altri, dovevamo pensare a stare bene noi.
Arthur guardava l’altro parlare, i suoi occhi brillanti e appassionati nel buio, mentre proclamava la sua voglia di essere sé stesso indifferente dell’approvazione del mondo, guardava la linea dritta del naso, il movimento delle labbra mentre parlava, il modo in cui il suo sorriso contagiava tutto il viso, gli zigomi pronunciati appena visibili nella notte.
Arthur si rese conto che avrebbe voluto rimanere a guardarlo parlare per secoli, che avrebbe voluto baciarlo, che quello che Merlin riusciva a provocare in lui era caldo e freddo contemporaneamente, brividi ed eccitazione. Era una territorio sconosciuto, imprevedibile e maledettamente affascinante. Quasi dal nulla la parola “innamorato” comparve nella sua mente confusa, e davvero, davvero non riuscì a trovare un vocabolo che meglio descrivesse i suoi sentimenti.
Sperò ardentemente di non essere arrossito, aveva quasi timore che Merlin gli potesse leggere quella terrificante verità negli occhi, ma il moro proseguiva il suo racconto ignaro di tutto.
“E aveva anche un altro problema, forse ancora peggiore. Era troppo, troppo, possessivo. Voleva che stessimo sempre insieme, non voleva che incontrassi altri, che avessi degli amici. Anche questo ha contribuito alla mia partenza: oltre ai miei problemi che ti ho già detto c’era Will che mi voleva tenere sempre accanto a sé, ma che rifiutava di rendere visibile la nostra storia. Alla fine non ce l’ho più fatta. Da quando sono partito non l’ho più sentito, anche se mia madre dice che a volte le chiede di me.
Quest’ultima informazione Arthur avrebbe preferito non sentirla, si affrettò quindi a cambiare discorso.
“Da quanto sai di essere gay?”
Quando si accorse che quello che aveva pensato l’aveva anche pronunciato ad alta voce Arthur si sentì un completo idiota.
“Ehm, cioè, non intendevo dire che...” che cosa non intendeva, poi? Ma dov’erano finite tutte le sue capacità oratorie tanto decantate dai suoi colleghi di lavoro?
Si sentiva letteralmente un cretino.
Merlin, però, ancora una volta, sembrava prendere la situazione con molta più leggerezza.
 “L’ho sempre saputo, direi,” ridacchiò “tu?”
Arthur lo guardò shoccato, allibito, cercando di capire se l’altro stesse cercando di prenderlo in giro in qualche strano modo. Ma lo sguardo che Merlin gli restituì era genuino e curioso come sempre e Arthur cercò di riguadagnare un minimo di calma.
“Ehm, io... Direi che l’ho scoperto da poco” rispose vago. Dire che se ne era accorto cinque minuti prima non sarebbe stata proprio una grande idea.
Arthur pensò che probabilmente non si era mai sentito così tanto confuso e su di giri come quella sera  in tutta la sua vita. Con Merlin era come camminare su una corda tesa a mezz’aria, ma con sotto un immenso lago azzurro. C’era l’ansia di muoversi in un territorio instabile e sconosciuto, ma anche l’idea di poter sbagliare e cadere in qualche punto non sembrava poi così terribile.
“Mmm” commentò Merlin vago, per poi alzare la testa e sorridergli, un sorriso immenso, misto di sollievo e gioia pura. Per  un attimo Arthur pensò che questo potesse centrare in qualche modo con lui, e il solo pensiero lo lascò accecato.
“Dai, io ho parlato tanto, ora tocca a te.
E così, con la semplicità e la serietà che Merlin aveva usato fino a poco prima, Arthur gli raccontò di sé, parlando della propria vita come mai aveva fatto prima. Gli sembrava, tutto d’un tratto, di aver scalato un gradino immaginario ed essenziale e da lì ora poteva godere di una vista d’insieme sulla sua vita come mai aveva fatto, si sentiva forte di una nuova lucidità e una nuova consapevolezza, che spiegava molte cose che fino ad allora non aveva capito.
Raccontò a Merlin della morte di sua madre quando era un bambino, degli sforzi di suo padre per conciliare l’amatissimo lavoro con la condizione di genitore solo. Ammise anche la scarsa dimestichezza di Uther con tutto quello che riguardava comprensione, libertà, messa in discussione degli ordini e affetto.
Raccontò a Merlin di Morgana, sua sorella,  ribelle ed energica com’era, non aveva tollerato a lungo quella situazione e, appena maggiorenne, aveva lasciato la loro casa per non tornare mai più. Ogni tanto Arthur la sentiva per telefono, ma erano anni che non la vedeva. Con uno strano sorriso Arthur pensò che forse Merlin le sarebbe piaciuto, che sarebbe stata contenta di saperlo vicino a lui.
Il biondo raccontò di come a stento avesse tollerato la figura paterna negli anni della crescita, in tutta la giovinezza, ma di come non se l’era sentita di abbandonare il padre, ora che non aveva veramente nessuno a parte lui. Sentiva che, se a costo di qualche sacrificio poteva evitare di distruggere completamente la vita del padre era sua responsabilità impegnarsi per non farlo.
Diventando più grande, poi, aveva preso in carico gran parte dell’azienda, lasciando al padre solo un ruolo di immagine che fosse però abbastanza pomposo da soddisfare il suo ego, era riuscito a ritagliarsi e guadagnarsi la propria indipendenza, i propri spazi e la propria vita.
Merlin lo guardava parlare sperando che non finisse mai, ammirando il suo tono fermo e serio, la sua grande calma e obiettività di chi aveva affrontato i problemi della propria vita come nemici da sconfiggere con strategia e perseveranza. Di chi c’era in parte anche riuscito.
Quando decisero di tornare in paese a entrambi sembrava fossero passati anni da quando erano saliti lì in cima. Erano storditi e contenti di quel loro raccontarsi, svelarsi piano o velocemente, ridendo o seriamente, di quel mostrarsi in viso aperto e donarsi reciprocamente parti di sé, che faceva una paura terribile e, allo stesso tempo, accelerava il cuore fino a sentirlo sotto la pelle e ovunque. Erano elettrizzati da quel che sentivano per l’altro, ma troppo confusi per lasciarlo trapelare chiaramente, così tutta quell’agitazione scorreva nei loro movimenti, nei gesti, nelle risate e negli occhi, che si incontravano e si incontravano, ma poi si lasciavano per paura di rimanerci bloccati dentro a vicenda.
 
******
 
Ormai era passato un mese da quando Merlin e Arthur si erano trovati a parlare delle proprie vite in cima alla montagna.
I due ragazzi continuavano a lanciarsi frecciatine, Arthur calpestava lo spogliatoio con le scarpe sporche e Merlin cercava di stenderlo a suon di stracci lanciati in testa, Arthur gli regalava radici e bacche che raccoglieva dai cespugli del paese, presentandosi come un “brava persona che si prende cura dei ragazzini denutriti” e Merlin, indignato, gli toglieva il saluto, anche se era solo per costringere l’altro a offrirgli un caffè per riottenere la possibilità di prenderlo in giro.
Era chiaro che tra loro stava nascendo qualcosa di particolare, Arthur era affascinato sempre più da quel ragazzo strambo e divertente, che ogni giorno riusciva a stupirlo con qualche idea o attività strampalata, Merlin era colpito dall’ironia di Arthur, ma anche dalla sua sicurezza, dalla caparbietà con cui affrontava e superava le difficoltà della vita, con un senso del dovere che forse lui non aveva mai avuto. In qualche modo, forse, Arthur era qualcosa che gli era sempre mancato, una persona sicura e divertente in grado di prendere sulle proprie spalle le difficoltà senza gettarle addosso a chi era più debole di lui. Quando gli portava radici e fiorellini di campo da mangiare, però, rimaneva il solito babbeo.

****** 
 
Sembrava fosse una tradizione, lì in paese. Tutti ne parlavano, a partire dagli anziani boscaioli fino ad arrivare a Gwaine, che, in realtà, era da mesi che assillava tutti con questa storia.
Avevano addirittura montato un palco all’interno del campo da basket (che avrebbe svolto la funzione di pista da ballo) e Arthur, vedendo le minuscole dimensioni di quel palco si chiese se i rozzi abitanti di Lois e tutte le loro mucche e pecore avessero mai visto una festa o un concerto come si deve.
Quando venne annunciato che sarebbe stato presente addirittura un furgoncino che preparava crepes Arthur giunse alla conclusione che no, decisamente la parola “festa” non avevano nemmeno l’idea di cosa potesse significare.
Fatto sta che quella Sagra di paese di mezza estate  rendeva tutti felici e frizzanti e ognuno era indaffarato a preparare cibo e dolci, a sistemare i gazebo e allestire tavoli e panche per gli stand gastronomici.
Ovviamente, notò Arthur, Merlin era riuscito ancora una volta a farsi coinvolgere nelle strampalerie dei paesani e lo vedeva tutto il giorni correre su e giù per il paese, facendo del suo meglio per aiutare chiunque gli chiedesse un favore, primo tra tutti il vecchio Gaius, che aveva intenzione di allestire una bancarella per la vendita di tartufo ed erbe aromatiche.
E infine venne la sera della festa.
Nonostante tutto il brulicare dei giorni precedenti le aspettative di Arthur erano alquanto scarse.
Non migliorarono affatto quando vide che praticamente tutti gli anziani montanari del luogo, insieme, evidentemente, a tutti quelli di tutta la valle e dei paesi vicini, si erano radunati lì.
Un grande gazebo era stato montato nel prato vicino al campo da basket-pista da ballo, sotto c’erano un sacco di tavoli dove veniva servito cibo tipico del luogo.
Arthur si stupì, ma in fondo neanche così tanto, quando vide Merlin, con un grembiule alquanto malconcio, scorrazzare su e giù lungo i tavoli portando vassoi in equilibrio estremamente precario.
Arthur si avvicinò all’altro, comparendo nel suo campo visivo e facendogli quasi rovesciare tutto dalla sorpresa.
“Oh, Arthur. Anche tu qui? Sei addirittura uscito dal tuo ufficio luccicante per venirti a mescolare con noi gente del popolo?” disse ironico, ma il suo sorriso era così sincero che Arthur perse un attimo a riprendersi prima di rispondere.
“Un cavernicolo come te a servire ai tavoli? Se viene un controllo sanitario farai chiudere tutto!”
“Perché non sei mai stato in cucina” ridacchiò Merlin. Poi afferrò dal uno dei piatti che teneva sul vassoio uno stuzzicadenti su cui era infilzato un salatino dall’aria sfiziosa e lo porse ad Arthur con aria ammiccante. “Senti che buoni questi, io ne ho già ehm, assaggiati un sacco...”
“Ma...” si indignò Arthur accettando però il regalo “Rubi dai piatti che porti?!”
“Solo un po’” rispose l’altro e, con un sorriso complice, gli strizzò l’occhio, prima di allontanarsi tra i tavoli.
Mentre assaporava il salatino e usciva dal gazebo con i tavoli Arthur si chiese come mai ogni volta che incontrava Merlin ne usciva così imbambolato e, fece fatica ad ammetterlo a sé stesso, incantato.
Dalla sua spontaneità, dalla sua autenticità, dal suo...
Una mano si abbatté sulla sua spalla a mo’ di saluto.
“Gwaine! Le buone maniere proprio non te le hanno insegnate...”
“Certo che me le hanno insegnate, principessa, ma devo averle dimenticate da qualche parte. Comunque, parlando di cose serie, a chi stavi pensando con quell’aria trasognata...?”
“Ma cosa dici, non stavo pensando a nessuno” Tagliò corto Arthur con la sua migliore aria seria e distaccata, guadagnandosi comunque un’occhiata inquisitrice da parte di Gwaine. “Guarda, là ci sono gli altri, andiamo a salutarli...”
In fondo, pensò Arthur qualche ora dopo, quella festa paesana non era poi così male. Chiacchierare con i suoi amici, con Elyan, Leon, Lancelot, Percival (che per l’occasione sfoggiava una maglia smanicata nuovissima) e, ovviamente Gwaine, non era affatto spiacevole. In fondo l’atmosfera era allegra, i paesani  chiacchieravano a voce alta intorno a loro e, man mano che la sera procedeva, le voci erano sempre più alte e i bicchieri sempre più vuoti.
Ormai erano le nove di sera quando la pista da ballo cominciò ad animarsi. La musica era terribilmente paesana, ma probabilmente Arthur aveva già bevuto abbastanza per riuscire a non trovarla spiacevole. C’era un che di magico e semplicemente spensierato nelle coppie di anziani che volteggiavano più o meno goffamente sulla pista, nell’aria della sera, nelle risate con i suoi amici, nella testa un po’ pesante e annebbiata dovuta all’ennesimo bicchiere di vino rosso bevuto.
Un paio d’ore dopo la situazione non era particolarmente cambiata, se non che la maggior parte degli anziani se ne era già andata e la musica, pur rimanendo terribilmente provinciale, era leggermente più giovanile. I suoi amici si erano sparpagliati da qualche parte e Arthur era rimasto appoggiato a un muretto, con la splendida vista sulla pista da ballo.
In più c’era un’altra diversità non indifferente per Arthur. Merlin, a quanto pareva, aveva terminato di lavorare, si era tolto il grembiule sudicio e, con indosso un vecchio paio di pantaloni marroni e una maglietta scolorita, si era lanciato in pista, insieme ai pochi altri che ancora ballavano imperterriti.
Arthur non poteva fare a meno di osservarlo e, sebbene i pensieri circolassero nella sua testa piuttosto pesanti e rallentati, come grosse balene cofuse, doveva ammettere che Merlin riusciva a sorprenderlo anche mentre ballava.
Non è che fosse un ballerino provetto, era piuttosto scoordinato, come se le gambe e le braccia fossero troppe cose da gestire tutte insieme e bene nello stesso momento, però il suo non era nemmeno un dimenarsi casualmente nello spazio. Era certamente un ballo, però uno così personale e insolito, così mai visto in altre persone che risultava difficile catalogarlo in un qualche modo.
Merlin ballava da solo, ma sorrideva e, dall’aria leggermente ebete del suo sorriso Arthur dedusse che probabilmente, oltre ai salatini, doveva essere riuscito ad acciuffare anche qualche bicchiere di vino dalle cucine. Merlin ballava solo e spensierato, in quel suo modo allegro da cerbiatto impacciato e Arthur quasi si strozzò con la saliva quando vide, dall’altra parte della pista Gwanie procedere direttamente verso Merlin.
Per un momento fu preso dall’inspiegabile volontà di lanciare il bicchiere in testa all’amico, poi però optò più saggiamente per scolarsi il vino che gli era rimasto, abbandonare il bicchiere in un cestino e dirigersi il più rapidamente possibile verso Merlin.
Gli si avvicinò mentre l’altro gli dava le spalle, continuando la sua danza allegra e solitaria, evitò all’ultimo secondo una gomitata sul naso e passò un braccio intorno alla vita del ragazzo, che sobbalzò spaventato.
“Arthur!” Merlin si girò e lo fissò con occhi enormi e stupefatti.
“Posso chiederti l’onore di questo ballo, ragazzino selvatico?” chiese Arthur formale, tradito però da un sorriso smagliante.
“Sono ore che aspetto che tu me lo chieda!” rispose Merlin con un  sorriso sghembo e un po’ brillo. Portò le mani intorno alle spalle di Arthur, mentre quest’ultimo gli cingeva i fianchi con le braccia.
Quando la musica attaccò un pezzo quanto mai scatenato, però, entrambi si accorsero che avevano leggermente sottovalutato lo stato delle loro connessioni mente-corpo.
Forse era possibile che entrambi avessero esagerato un pochino con vino, così quello che doveva partire come un ballo di trasformò in una specie di danza tribale di coppia, dove entrambi si dimenavano senza freni sorridendo brilli e felici.
Alla dodicesima volta che si pestavano i piedi a vicenda scoppiarono a ridere così tanto che Merlin quasi collassò addosso ad Arthur, con la testa appoggiata al suo petto. Entrambi continuavano a sussultare da ridere, si guardarono negli occhi, si abbracciarono il più stretto possibile e comicniarono a vorticare come una trottola folle per tutta la pista da ballo ormai semideserta.
Avvinghiati e frastornati come non mai accelerarono sempre più, creando il panico nei pochi che ancora occupavano la pista, finché non inciamparono goffamente nei reciproci piedi, schiantandosi in modo contorto sul pavimento.
Massaggiandosi la testa alquanto confuso Merlin si accorse di essere seduto a cavalcioni sull’altro, l’altro che, nello specifico, teneva la mani sulle sue cosce.
“Arthur... Arthur” biascicò Merlin cercando di concentrarsi senza successo “Mi stai ... toccando...”
Arthur scoppiò a ridere sotto di lui, contagiando un Merlin ormai completamente stordito.
“No, Merlin, cosa te lo fa credere? Mmm?”
Le mani di Arthur salirono verso l’alto, passarono lentamente sul sedere di Merlin fino a cingergli i fianchi.
I loro sguardi si incontrarono per un istante e non riuscirono a staccarsi, entrambi incantati, stupiti, felici e...
“Ehi, principesse, appartatevi almeno, ci sono dei bambini qui!” li interruppe la voce ilare di Gwaine.
Come se fosse stato fulminato da una scossa elettrica Merlin balzò in piedi con aria terrorizzata, per poi inciampare nuovamente sui propri piedi e cadere nuovamente.
Arthur, ancora per terra, non riusciva a controllare le risate.
Quando infine riuscirono a tirarsi in piedi tutti e due Merlin, con aria terribilmente assorta, di mise a guardare in direzione del bosco.
“Che c’è?” chiese l’altro, traballando vistosamente, cercando di mettere a fuoco qualsiasi cosa che potesse esserci nel bosco. La sua testa che autonomamente ciondolava a destra e a sinistra senza controllo non lo aiutava particolarmente nel compito.
Infine Merlin lo prese deciso per un braccio, l’aria seria e concentrata che si contrapponeva all’andatura vistosamente ondeggiante.
“Il bosco ci chiama, andiamo a rispondergli!”
A dispetto del tono da condottiero che aveva usato, l’andatura con cui si muoveva era alquanto ridicola. A braccetto e ciondolanti, ridacchiando in modo ebete i due si diressero verso il bosco, seguendo il sentierino che portava alla tenda di Merlin.
“Fermati!” disse Merlin in tono misterioso, bloccandosi davanti a una grande quercia. Arthur lo guardò confuso.
“Quercia...” Merlin biascicò quello che nella sua testa era una chiamata piena di sentimento “Sei tu che ci stai chiamando?”
Arthur scoppiò a ridere in modo incontrollabile, e Merlin si girò verso di lui con aria offesa.
“Cosa c’è da ridere? Non mi vuole rispondere...”
Arthur ormai si contorceva dalle risate.
“Quercia, non lo ascoltare, è uno sciocco....” biascicò ancora Merlin, facendo un passo avanti verso l’albero. “Dai, facciamo la paceee!”
Con grande slancio Merlin abbracciò amorevolmente l’albero. “Vieni, Arthur, fai la paceee anche tu...”
Arthur non era proprio sicuro di star facendo qualcosa di logico o sensato, ma in fondo chi era lui per rifiutare la pace di un albero?
Si avvicinò e aderì al corpo di Merlin, allargando le braccia per circondare il ragazzo moro e l’albero contemporaneamente. Merlin ora aveva chiuso gli occhi e teneva la faccia appoggiata con la guancia alla corteccia dell’albero, mentre il calore del corpo di Arthur contro il suo gli infondeva una profonda tranquillità.
Stettero fermi così per alcuni minuti, tanto che Arthur pensò che l’altro si fosse addormentato.
Invece dopo un po’ Merlin aprì gli occhi e si girò verso di lui con aria sconvolta.
“Arthur...” disse, con un’espressione serissima “Sento un bruco che mi cammina tra i capelli...”
Merlin si liberò dall’abbraccio e cominciò a dimenarsi come un indemoniato, passandosi le mani tra i capelli e borbottando parole incomprensibili, mentre Arthur sghignazzava a quella scena, cercando con fatica di reggersi sulle proprie gambe.
Infine proseguirono lungo il sentiero appena visibile in direzione della tenda. Merlin aveva i capelli tutti in disordine e continuava a blaterare cose senza senso su alberi e bruchi con aria indignata, mentre Arthur, che non era abituato a camminare al buio, sbatteva contro ogni ramo e rametto che si sporgeva nel sentiero.
“Eccola” disse Merlin quando avvistò la tenda appena visibile nell’oscurità “Avanti mio prode...” Inciampò nuovamente nei propri piedi e si schiantò per terra, la caduta appena attutita dalle foglie del sottobosco.
Raggiunse l’ingresso della tenda gattonando e anche aprire la cerniera fu una questione tutt’altro che immediata.
Infine rotolò dentro, seguito poco dopo da Arthur.
“Arthur...” sussurrò Merlin, facendo accelerare il battito del cuore all’altro ragazzo “Chiudi la zanzariera, che entrano... i bruchi...”
“Sei proprio un citrullo” ridacchiò Arthur, chiudendo la cerniera della tenda.
Si distese nel buio e si girò su un fianco. Allungò un braccio finché non trovò il corpo di Merlin accanto al suo. Passandogli il braccio intorno alla vita lo tirò a sé, la schiena del moro contro il suo petto. Merlin gli si acciambellò contro, ascoltando il suo respiro lento, sentendo il suo profumo tenue finché non si addormentò.
 
 
*******
 
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti, anche se col solito ritardo sono qui (a questo punto credo che l’aggiornamento possa passare al venerdì).
Comunque in questo capitolo succedono parecchie cose, spero che il risultato sia IC ed equilibrato.
Spero anche che voi abbiate apprezzato leggere queste pagine come io mi sono divertita a scriverle. Ovviamente ci terrei tantissimo a sapere il vostro parere in una recensione (alla fine un “scrittore” di fanfiction vive di questo! <3 )
Grazie infinite a tutti quelli che hanno recensito, che preferiscono, seguono o ricordano la storia, al prossimo capitolo,
_Falsa Pista_
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: _Falsa Pista_