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Autore: keli    20/06/2009    2 recensioni
[…] i tasti bianchi e neri, che rilucevano opalescenti, chiedendo di essere nuovamente premuti, di creare di nuovo musica. Il buio poteva proteggerlo, lui stesso poteva ingannarsi ma non poteva ingannare lo strumento che lo osservava, silenzioso, scrutandolo. Non poteva, o forse non voleva, ecco tutto […]
[Partecipante al contest "Makin' the Music" indetto da Hotaru]
Genere: Triste, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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The Sound of a Bond




Non avrebbe dovuto farlo, lo sapeva.
Ma era stato più forte di lui. Si era ripromesso che non sarebbe più entrato in quella stanza, ma era come se una calamita invisibile l’avesse attirato.
Si diede dello sciocco, mentre ne varcava la soglia, senza accendere la luce, andando a tentoni.
Era da cinque mesi che non vi metteva piede, si era ripromesso che non l’avrebbe più fatto.
Era troppo doloroso, semplicemente troppo per poterlo accettare.
Come se lo avesse richiamato, come la voce di una donna amata, il suo sguardo si bloccò sullo strumento al centro della stanza. Anche se era buio, e non poteva vederlo bene, sapeva perfettamente di cosa si trattava.
Prese un respiro profondo, e si decise, lasciando che la porta si chiudesse dietro di lui.

I ricordi sono quanto di più prezioso e doloroso che l’essere umano possieda
(anonimo)


Lasciò che la mano pallida scorresse lungo il legno liscio e freddo del pianoforte a coda, seguendo con le dita l’intaglio con lo stemma di famiglia, un ventaglio, e sotto, l’anagramma del nome di sua madre e di…
… no!
Chiuse gli occhi, ritirando la mano come se si fosse scottato.
Fece per voltarsi e andarsene[scappare] ma qualcosa, una presenza invisibile, lo trattenne dal farlo. Sospirò, riaprendo gli occhi, e dandosi una seconda possibilità.
Non appena le sue mani toccarono la pezza di seta rossa che copriva la tastiera, seppe che quella era la sua ultima chance.

[Il pianoforte di mogano riluceva di una strana magia, sembrava essere uno di quegli oggetti
incantati che si trovavano nelle fiabe.
Era perfetto, in ogni sua rifinitura e striscia di colore, persino nella tovaglietta di broccato rosso che pendeva di lato lungo la tastiera, per proteggerla dalla polvere.
Era un pianoforte antico, di quelli a coda, ma perfetto.
Il bambino dai capelli corvini lo ammirò estasiato, chiudendo gli occhi neri, e lasciando che le note di “Per Elisa” si spargessero nell’aria, come in una meravigliosa nenia.
Il ragazzo seduto sullo sgabello nero, sorrise, mentre le dita sottili scivolavano sui tasti che rilucevano come opali, formando quelle note sopraffine, tanto da sembrare di aver davanti l’ombra del compositore tedesco.
Chinò il viso chiaro, facendo scivolare sulle labbra pallide una ciocca di capelli scuri, mentre dietro di lui, una donna dalle sue stesse fattezze che aveva una mano sulla sua spalla, lo osservava commossa, il viso dolce aperto in un sorriso.
<< Voglio suonare il pianoforte come Itachi! >>
Se ne uscì il piccolo.
La madre lo fissò sorpresa, per poi sorridergli teneramente, e inclinare appena il capo verso di lui le labbra schiuse
<< … non se ne parla! Ci basta già una mammoletta, senza che anche tu ti ci metta, Sasuke! >>
L’uomo sulla soglia osservava con rabbia la moglie, e con disprezzo il figlio maggiore che sembrava non avergli dato retta, e continuava a suonare.
Il piccolo piegò le labbra in un broncio, stringendo i pugni
<< Perché? Perché non posso?! Io VOGLIO suona… >>
“Schaff!!!”
Il bambino si ritrovò a terra, la guancia destra in fiamme, gli occhioni neri pieni di lacrime.
La madre corse incontro al piccolo, attonita, stringendolo fra le braccia, lo sguardo onice sul marito che aveva ancora la mano alzata
<< Fu-fugaku… perché non… >>
<< Ho detto di no, Mikoto. Hai già avuto qualcuno che suonasse come te in quello smidollato effeminato la giù! Non ti permetterò di rovinare anche Sasuke. Lui farà Kendo, come un Uchiha che si rispetti, e con questo la storia è chiusa! >>]


La stoffa scivolò, delicata, come in una cascata di broccato rosso, a terra ai suoi piedi lasciando liberi i tasti bianchi e neri, che rilucevano opalescenti, chiedendo di essere nuovamente premuti, di creare di nuovo musica.
Il buio poteva proteggerlo, lui stesso poteva ingannarsi ma non poteva ingannare lo strumento che lo osservava, silenzioso, scrutandolo.
Non poteva, o forse non voleva, ecco tutto.
Timidamente, lasciò che le mani entrassero in contatto con il freddo dei tasti, e lentamente, la musica tornò a fiorire, lenta, un po’ sgraziata, quasi come un colpo di tosse di un vecchio che era stato costretto al silenzio per troppo tempo.
Chiuse le dita, rimettendolo a tacere, chiudendosi nel mutismo per ascoltare il battito del suo cuore, che premeva contro la cassa toracica, quasi in procinto di sfondarla e uscire.
Le labbra sottili si piegarono per un istante in un sorriso amaro, mentre le dita accarezzavano con dolcezza mista a rammarico, l’intarsio di un fiore di ciliegio, proprio sopra i tasti del sol e del mi.
Ricordava perfettamente a chi appartenesse quella sorta di anagramma.
Solo il fatto che fosse li era un evento eccezionale.
Il sorriso si spense, portato via da una lacrima che, traditrice, gli solcava il viso, andando a cadere sul legno, in una goccia cristallina.
Il suo anagramma non c’era. Non ci sarebbe mai potuto essere.
Era normale.
Ma quel fiore di ciliegio in quell’istante, gli fece capire quanto aveva sbagliato, nel suo egoismo, fino a quel momento.
Gli fece comprendere che Lui non l’avrebbe mai accettato. La sua anima era troppo nera per poter produrre qualcosa di buono…
… io… mi … dispiace…

[Aveva aperto la porta con forza, sbattendola contro il muro, lasciando che un po’ di intonaco cedesse dalla parete, cadendogli sulle spalle in una polvere bianca.
C’era solo rabbia ceca nei suoi occhi neri. Solo quello.
Rabbia. Rancore. Tristezza.
Suo fratello non aveva smesso nemmeno allora di far veleggiare le mani sopra quei tasti, e la musica riempiva la stanza, come la presenza tangibile del pianoforte, che osservava con le sue parole sorde, la scena.
Non aveva smesso, si era limitato ad alzare il viso privo d’emozione, candido, e puntare gli occhi neri su di lui, un sorriso appena accennato sul volto.
Non aveva smesso, e quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
<< Cosa succede Otoo… >>
<< NON PERMETTERTI A DIRMI COSA SUCCEDE! SAI BENISSIMO COSA SUCCEDE, BRUTTO STRONZO! >>
L’aveva colpito con un pugno dritto contro il viso, rompendogli il labbro.
Il maggiore era stato preso alla sprovvista, e non aveva reagito. Si era limitato a finire a terra, lo sgabello rovesciato sulle gambe, gli occhi scuri leggermente sgranati.
La musica era cessata.
Sui tasti bianchi ora c’era una scia rossa di sangue, che non se ne sarebbe andata facilmente.
Il ragazzo a terra richiuse gli occhi, asciugandosi il rivolo di sangue con una mano, per poi riaprili e puntarli sul fratello.
Nei suoi occhi c’era il rimorso.
Rimorso, Tristezza, Consapevolezza.
Non rabbia. Non c’era mai stata rabbia in lui. Mikoto diceva sempre che un musicista non può provare altro che amore, nel suo animo. Per questo Sasuke non sarebbe mai stato bravo, col piano.
<< … Sakura ha fatto la sua scelta, Otooto… non volevamo farti soffrire… non era nelle nostre intenzioni…>>
Sasuke aveva sgranato gli occhi, preso da una follia irrefrenabile, e aveva battuto il pugno contro i tasti macchiati di sangue, producendo un suono secco e sgraziato.
Itachi era sobbalzato, come se avesse appena colpito lui.
Il Pianoforte aveva dei sentimenti… ma Sasuke non l’avrebbe mai capito.
<< Ah non era vostra intenzione, ma davvero? Quando avevate intenzione di dirmi che Sakura era incinta e che vi sareste sposati fra due settimane?! Quando?! >>
Si era ammutolito, aveva chiuso gli occhi, e si era rimesto composto, gettando uno sguardo d’odio allo strumento.
Itachi amava solo il Pianoforte e Sakura.
Per lui non c’era mai stato posto.
Si era voltato, dandogli le spalle.
<< Per quanto mi riguarda non sei più mio fratello… >>]


Riaprì gli occhi, e lasciò che questi si perdessero nel buio.
Non avrebbe potuto più far nulla. Non avrebbe avuto un'altra possibilità. Si era solo illuso.
… perdonami…
Non sapeva di preciso a chi fosse rivolto quel sussurro.
Forse al Pianoforte, forse all’ombra del ricordo di Itachi. Forse a nessuno dei due, o a tutti e due.
Lui non amava abbastanza, ecco perché non poteva comprenderLo.
Non era destinato a lui, non lo era mai stato. Se l’era voluto prendere con la forza. Ecco cosa ne era derivato…
Abbassò lo sguardo sullo strumento che rimaneva li, immoto, e che sembrava volergli parlare.
Chiuse per l’ennesima volta gli occhi, lasciando che le dita scivolassero precise sui tasti.
Avanti… puoi farlo… ora dimmi…

[La lettera era rimasta li, sigillata, per una giornata intera.
Non l’aveva nemmeno toccata, l’aveva lasciata sopra il piano dello strumento, dove l’aveva trovata quella mattina.
Aveva subito riconosciuto la grafia sottile è un po’ sgraziata di Sakura, per quello non aveva voluto toccarla.
Stava davanti al pianoforte, immobile, lo sguardo su quel dannato pezzo di carta.
La voglia di sapere era paragonabile solo a quella di stracciare la lettera.
Poi l’aveva fatto, l’aveva aperta.
E fu li, per la prima volta, che Sasuke Uchiha pianse.
Lasciò che la lettera cadesse a terra, aprendosi in quelle poche righe che avevano posto fine alla sua esistenza.
Tre giorni dopo ai telegiornali si parlava ancora della tragedia della nave da crociera Akatsuki, affondata nel mar Atlantico, portandosi con se più di duecento anime, tra cui il famoso pianista Itachi Uchiha e la moglie, la celebre cantante Sakura Haruno.]


Non si accorse dello spostamento d’aria dovuto all’aprirsi della porta, ne del secco rumore attutito della stessa che veniva richiusa.
Rimase così, lo sguardo vuoto, ridestandosi solo quando sentì una piccola presenza sedersi al suo fianco, occupando il posto vuoto accanto al suo.
Si voltò, quando una manina si strinse alla sua manica, richiamandolo, e due occhioni verdi lo osservarono timidi.
<< Zio Sasuke… mi insegni a suonare? >>
L’uomo dai capelli neri annuì, piegando le labbra in un sorriso, passando un braccio attorno alle spalle del piccolo, sistemandone le manine sui tasti.
<< Certo Idatechan… certo… >>

[<< Neesan, neesan mi insegni a suonare?! >>
Un sorriso, nel buio di quella stanza
<< Per suonare devi voler bene al tuo strumento, Sasuke… >>
Una smorfia sul visetto candido, poi sostituita da un brillare di occhi scuri
<< E tu? Tu, tu mi vuoi bene Itachi? >>
<< Certo Otooto, certo… >>]





Angolino di Keli



Questa shot è arrivata soltanto quarta, ma non me ne rammarico. L’adoro, è l’unica cosa che ho scritto che mi piace, che mi è rimasta dentro. Sono pazza? Forse u.u pazza e fiera di esserlo. Adoro la mia “bambina” tutto qui. Detto questo, un BRAVE gigantesco alle podiste e soprattutto alla Sae che ha dimostrato ancora una volta di essere la migliore arrivando prima (brava ragazza vai così *O*).
Ok, ora mi eclisso sul serio u.u Addio <3
  
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