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Autore: _Polx_    07/10/2017    1 recensioni
La vicenda prende ispirazione dall'ottava opera, non più narrativa bensì teatrale, che ha offerto al pubblico nuovi personaggi molto promettenti, ma al contempo uno sviluppo di trama, a mio parere, mediocre. Forse raccontare quanto venne dopo renderà tutto più chiaro.
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“Cos'ha a che vedere questo con Delphi? Lei è ad Azkaban, isolata dal mondo. Non può certo essere a capo di simili azioni criminali”.
“Ho la forte sensazione che in tutto questo Delphi sia sempre stata una semplice pedina. Un mezzo, inconsapevole d'essere tale, che infine è sfuggito dal controllo di chi cercava di governarlo”.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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C'era una donna nella Sala Grande. Una donna abbigliata in nero e argento, alle cui spalle scalpitava un vero e proprio esercito, decine di maghi che occupavano una buona metà dell'intero ambiente. Lei era impaziente ma austera e, sebbene fosse ormai prossima ai sessanta, dava l'impressione d'essere forte e vigorosa.
Non era soddisfatta dalla mole di prigionieri che era riuscita a raccogliere attorno a sé: meno della metà degli studenti di Hogwarts attendeva irrequieta alle spalle dei propri professori. Neville non faceva che inviare occhiate angosciate ma decise alla Preside McGranitt, perché la vedeva fiera e integerrima, ma anche scossa da profonda angoscia, per quanto impegno mettesse nel nasconderlo.
“Ricordavo questa scuola molto più popolosa” commentò la donna con voce tonante, ampliata da un incantesimo sonorus “posso immaginare dove abbiate rintanato i vostri pupilli più giovani, ma non temete: non sono di mio interesse. È il prodotto migliore che abbiate da offrire quello che ora vedo di fronte a me” e sorrise con grande soddisfazione.
Le mani di Neville attendevano frementi, già pronte a impugnare la bacchetta. Quelle della McGranitt, invece, si stringevano l'una nell'altra, ostentando indifferenza di fronte alla minaccia.
Forse anche per questo Neville continuava a sbirciarla con sguardi fugaci e irritati: desiderava che stesse pronta, ma in quel momento a lui sembrava d'esser l'unico disposto a ingaggiar duello pur di proteggere i ragazzi: i suoi colleghi attendevano sull'attenti, ma non davano l'impressione d'essere sul piede di guerra; la professoressa Melisan tremava come una foglia e, per quanto ne sapeva, Draco Malfoy non era presente.
“Non si affanni troppo, Preside” rise acidamente la donna “non ha colpe, se un tale numero di... forestieri è riuscito a penetrare nella sua adorata scuola”.
“Mi piacerebbe conoscere il nome di colei che invade la mia casa” il contegno della McGranitt era strabiliante.
Quella sorrise: “Letitia Ursul. Forse avrete sentito di me: ero braccio destro di Lord Voldemort, quando la guerra imperversava per l'intera nazione e oltre” attese, ma c'era solo smarrimento e dubbio negli sguardi di coloro che ricambiavano il suo “no?” chiese sardonicamente, poi rise di nuovo “certo che no. Io ho impedito che il mio nome divenisse di dominio pubblico. Ora, purtroppo, mi trovo costretta ad agire”.
“Perché mai, se mi è concesso saperlo?” insistette la Preside.
“Il tempo dell'ozio è finito. Le ferite sono sanate. È giunto il momento di rivendicare ciò che è mio. Melisan, mia cara”.
La donna interpellata fu scossa da un tremito che quasi la fece barcollare.
“Non temere” Ursul tese una mano verso di lei “vieni da me” e, sotto gli occhi increduli di colleghi e studenti, quasi fosse trascinata da una forza che non le apparteneva, la professoressa di babbanologia si fece avanti per raggiungerla.
“Io ti ringrazio” scandì Ursul quando le sue mani si strinsero sulle spalle di lei “per l'aiuto che ci hai dato”.
“Melisan!” esclamò la McGranitt, sconvolta e inferocita.
“Oh, no” la zittì Ursul “non abbiatene con lei: la colpa è mia. Per meglio dire, la colpa è della sua mente facilmente dominabile e del mio talento innato per la manipolazione: la maledizione Imperio è tremenda” rise aspramente “per mesi ho guardato attraverso i suoi occhi e per mesi ho agito attraverso le sue mani” carezzò il volto di Melisan come se fosse di seta “lei ci ha permesso di entrare”.
“Idiozie” sbottò Neville “un idiota avrebbe notato tutti questi maghi oltre il confine. Se non desideri parlare, almeno non mentire e dicci cosa vuoi”.
“Oh, ma io non mento. Il più astuto degli uomini non vede ciò che non può essere visto”.
I denti di Neville digrignarono: “neppure Voldemort in persona avrebbe potuto congiurare un incantesimo d'invisibilità così esteso”.
“Non ho parlato d'incantesimi” Ursul scrollò le spalle con sufficienza “io ho parlato di tempo e dedizione, di fatica e fallimenti, che infine hanno condotto a un eccelso risultato. Dov'è l'ormai esponente dei nostri antichi alleati? Dov'è Draco Malfoy? Era un ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto”.
Neville e la McGranitt si inviarono uno sguardo scettico: avevano temuto che l'unico professore in quel momento assente avesse mostrato il lato più meschino della propria personalità, schierandosi un'ultima volta dalla parte del nemico, ma se Letitia Ursul chiedeva di lui e affermava di non avere sue notizie da così lungo tempo, allora di certo non erano in combutta. Ciò che la donna aggiunse subito dopo, però, fece vacillare le loro supposizioni: “i miei ringraziamenti vanno anche a lui”.
“Ti piace perder tempo, Letitia” la incalzò Neville e a fatica Ursul trattenne la propria irritazione, perché cominciava a detestarlo, ma per ragioni che loro ancora non conoscevano non desiderava fargli del male.
“Ho saputo che gli è stata concessa la cattedra di Pozioni. Ottima scelta, Preside McGranitt” lo ignorò invece “tuttavia, non avete mai compreso il suo potenziale, persino quand'era studente. Arrogante, prepotente e vizioso. Questo sembrava... questo era” ammise “e il suo talento ne è sempre stato offuscato. Ma se aveste saputo cosa è riuscito a compiere, quali obbiettivi ha saputo raggiungere, in tutti questi anni di silenziosa solitudine cui si è costretto, allora avreste dato più credito al suo operato e alla sua ricerca. Il nostro Draco era consapevole dei rischi che potevano derivare dalle sue creazioni. Molte le ha messe sotto chiave. Le ha rese irraggiungibili... o così sperava. Sono occorsi quattordici mesi per la realizzazione di quello che sono certa sia il miglior prodotto magico dai tempi della grande guerra e ora decine di uomini si ergono davanti a voi, dopo esservi scivolati sotto il naso senza nemmeno che lo sospettaste”.
Finalmente ebbero spiegazione a molti degli interrogativi che per mesi avevano arrovellato i loro pensieri, ma non ne furono soddisfatti: innanzitutto, scoprirono che non ne avrebbero ricavato alcun aiuto e, in secondo luogo, quelle risposte non fecero che creare nuove domande.
“Quel vigliacco desidera davvero farla franca” ghignò Ursul “non me ne farò un cruccio. Non è l'unico Malfoy presente” schioccò le dita e la schiera di maghi alle sue spalle si aprì. Due uomini ammantati si fecero avanti con un prigioniero al seguito. Lo gettarono malamente a terra e strapparono il cappuccio che avevano calato sul suo capo.
La McGranitt avanzò d'un passo senza pensare e Neville estrasse la bacchetta, ma quando altri professori diedero cenno di voler fare altrettanto, l'intera schiera nemica si armò e nessuno ebbe più il l'ardire di farsi avanti. Poche bacchette e molti studenti spauriti contro decine di maghi esperti e spietati: persino il più impavido era costretto a dar retta al buon senso, in una situazione simile.
Ciononostante, dal naso di Scorpius colava un rivolo di sangue e non dava l'impressione d'esser stato trattato coi migliori riguardi.
“L'abbiamo trovato mentre cercava riparo per l'ala orientale del castello, assieme a una giovane babbana che...” Ursul strinse i denti, disgustata “è riuscito a far fuggire”.
In quel momento, in lei c'era solo disprezzo per i due scagnozzi incompetenti che, seppur capaci di prelevare il giovane Malfoy, s'erano lasciati scappare la ragazza. Ancora non sapeva che, desiderosi di porre rimedio al terribile fallimento, s'erano addentrati nei padiglioni esterni di Hogwarts alla ricerca della fuggitiva e ancora una volta avevano fallito, facendosi bagnare il naso dai due giovani Potter.
Letitia si chinò accanto a Scorpius che, per quanto terrorizzato, sosteneva il suo sguardo caparbiamente. Lei gli prese il volto con la destra: “somigli a tuo padre, ma c'è molto dei Greengrass in te: un animo ardito e un coraggio ingenuo, ma temibile. Tuttavia, resti pur sempre un Malfoy e non posso pretendere troppo da ciò che sei. Un uomo non può scegliere di ripudiare la propria vigliaccheria”.
“Credi che io sia un vigliacco?” bofonchiò Scorpius, le cui labbra erano tagliate e gonfie per il colpo secco che aveva ricevuto al mento. Sputò sangue e disprezzo sul volto di Ursul che ne fu così sorpresa da non riuscire a scansarsi in tempo.
“Ecco la mia vigliaccheria” sibilò il ragazzo.
Uno degli uomini di Letitia si fece avanti per allontanarlo e punirlo a dovere, ma lei lo fermò. Si pulì il viso e sorrise ampiamente.
C'era un'ombra tangibile di follia nel suo entusiasmo: “sì” annuì estasiata “sì... non ci occorre suo padre se abbiamo lui. Marchiatelo” ordinò poi con rinvigorita autorità.
Due uomini presero il ragazzo per le spalle e sul volto di lui sorse finalmente sincero e viscerale panico.
“La tua pupilla ha tentato di uccidermi più d'una volta” azzardò disperatamente “ora tu vuoi che sia dei vostri?”.
Ursul sospirò, fingendo sconforto e rassegnazione: “Delphini, povera miserabile. Vedete perché sono stata costretta ad agire? Non delegare ad altri ciò che dovresti fare tu stesso: ne otterresti solo delusione e contrattempi. Sono felice ed estremamente sollevata che se ne stia a marcire in una cella” lo guardò per un lungo istante, in silenzio “marchiatelo” ribadì infine.
Di certo Scorpius non semplificò il loro lavoro: due maghi cercavano di tenerlo fermo mentre una strega ammantata di blu muoveva fluidamente la propria bacchetta per eseguire l'ordine della sua signora, ma non era semplice se il soggetto su cui applicare il marchio si agitava come un'anguilla.
Quando Ursul fu a un passo dal perdere del tutto la pazienza, il suo nome risuonò per la Sala, pronunciato da una voce carica e tonante.
Lei si rizzò come un avvoltoio: “temevo ti fossi perso” commentò con sarcasmo.
“Prendi decisioni simili senza di me?” la provocò l'uomo in nero che avanzava trascinando dietro dius3 sé due ragazzi ammanettati da catene incantate.
“Sono forse due Potter, quelli?” chiese Ursul.
“In carne ed ossa”.
“Lascia che vadano dai loro cari professori, tutti impietriti come statuine. Hanno così paura di far scatenare una battaglia e veder morire qualche studente, da permettere che uno di loro venga torturato” la provocazione della donna colpì Neville come una saetta e lei ne era consapevole, perché lo guardò di sfuggita, ma a sufficienza da scorgere il cocente odio che s'annidava nei suoi occhi. Era certa che nella testa dell'eroico Paciock s'arrovellassero le più varie pianificazioni su come intervenire senza causare un disastro. Ovviamente non trovava alcuna soluzione, perché i professori erano soli, i ragazzi non erano pronti a combattere e non un Auror sarebbe accorso, dato che nessuno al di fuori di Hogwarts sapeva quanto stava accadendo.
L'uomo la raggiunse: “ne sei sicura?” mormorò a un soffio dal suo viso, timoroso che altri potessero sentirlo “sono tenaci e lui sembra avere una bella tempra”.
“Ne sono sicura” sibilò Ursul, infastidita dalle sue obbiezioni.
Lui si arrese con molta facilità e liberò i ragazzi. Albus fu spintonato con forza verso gli altri studenti nel momento stesso in cui cercò di raggiungere Scorpius.
“Andiamo, Al” lo implorò Lily in fil di voce “non fare cose stupide. Resta con me” sapeva che quello fosse l'unico modo per convincerlo a non farsi ammazzare.
Pur trasudando astio, Albus cedette e raggiunse la Preside, arretrando con cautela, costringendo la sorella dietro di sé e forzando il proprio sguardo sul nemico, senza perderlo d'occhio un solo istante.
“Non sono d'accordo” borbottò nuovamente l'uomo in nero.
“Il giorno in cui irretirò un Potter non mi chiamerò più Letitia Ursul” replicò lei in un sibilo “anche se si unissero a noi di loro spontanea volontà, sarebbero una piaga per la nostra causa”.
“Come desideri” tagliò corto lui, poi andò da Scorpius, ancora carponi a terra, e si erse al suo fianco come un pilastro di tenebra.
Si tolse il cappuccio: “cosa abbiamo qui?” chiese ostentando un sorriso affettato.
Gli occhi di Scorpius si sgranarono: “Tom?” chiese con immensa sorpresa “Tom Greengrass?”.
L'altro rise: “vedo che riconosci ancora tuo zio. Sei cresciuto bene, ragazzo” poi si rimboccò le maniche, scoprendo il marchio nero celato sotto la sinistra: “da bravo, ora: dammi il braccio”.
 
  
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