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Autore: killian44peeta    07/10/2017    0 recensioni
Prologo - Gli Elementi - Secondo libro della prima trilogia di ''i sei predestinati'' -
La luce sciamava appena tra le sottili mura di quella che per aspetto poteva apparire una stanza come tante, provenendo da una piccola lampada accesa e appesa alle pareti, la cui fiamma bramava ossigeno per la bassa quantità che c'era nella stanza.
I sibili e gli schiocchi delle lingue di fuoco si ripetevano a lungo, come un tabù tra quel pesante silenzio, dando a Luxor una sensazione di ripetitività insopportabile ed insostenibile.
Se ne stava lì, sul letto, le mani congiunte e chiuse in una stretta ferma e rigida, rigida come la stessa mascella del giovane, talmente tanto serrata che sembrava stesse stringendo i denti per non urlare di rabbia, per non sputare ogni emozione negativa soppressa.
I suoi occhi gelidi fissavano la porta chiusa dall'esterno con ira folle e insistenza.
Dentro stava perlopiù boccheggiando, era una settimana intera che era rinchiuso in quella stanzetta come un animale in gabbia, cercando una ragione per non iniziare rabbiosamente a sbattere il proprio corpo sull' uscita per cercare di buttarla giú.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Elementi- saga'
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Silver

-Abbracciami- mi attiró a sé con un braccio, facendomi appoggiare al suo petto-Abbracciami e sta' zitta-

A tale frase arrossii come un pomodoro, mentre involontariamente bloccavo il mio stesso respiro, passando le braccia attorno alla sua schiena liscia, sentendone i muscoli contratti, trattenendo degli strani fremiti.

Avrei voluto poter avere un minimo diritto di protesta, ma non lo avevo e tantomeno sarei riuscita comunque a cavarmi qualcosa fuori dalla bocca così scioccata e sbalordita com'ero, da arrivare a non trovare più un minimo di senso in pensieri e parole.

Mi sentivo nettamente a disagio, più di quanto mi fossi mai sentita, mentre il cuore sembrava essermisi placcato tra la gola e la cassa toracica, continuando a sbattervi contro, fino a farmi perdere la ragione.

Sentivo la sua pelle sotto le dita, anche se coperta dalla stoffa maglia.

Sentivo il suo odore e potevo percepirmelo addosso.

Strinsi la presa, lasciando che appoggiasse la testa nell'incavo del mio collo mentre a sua volta mi stringeva le spalle.

Non avevo mai sentito il cuore battermi tanto forte prima di quel momento,ma proprio mai, pareva rimbombare, desideroso di uscire, di scattare al di fuori, pompando il sangue alla ricerca di ossigeno vero che mi sembrava di perdere ogni secondo di più.

Le mie guance erano terribilmente in fiamme, così calde da mettermi l'ansia e sentivo vivamente la sensazione che sarei potuta svenire da un momento all' altro, solo per colpa della sua presenza e del suo essere così maledettamente strano da arrivare a chiedere simili cose cosi alla sprovvista... e per il suo essermi abbracciato.

Rimasi ferma, quasi paralizzata, cercando inutilmente di recuperare almeno un po' di calma e soprattutto provando a respirare, nonostante faticassi in una maniera quasi assurda.

Non mi aspettavo affatto una richiesta del genere, non da lui, né da altri probabilmente, ma principalmente non da lui.

Avevamo sempre litigato, la maggior parte delle volte per colpa mia e del mio carattere che mi portava a dire cose senza pensarci o ad innervosirmi senza chiedere spiegazioni ... e lui voleva che lo abbracciassi?

Era davvero così.

Non mi stava prendendo in giro nonostante non fosse molto sensato.

Il suo sguardo mentre aveva fatto la propria richiesta, non era stato sarcastico o in qualche modo negativo, ma piuttosto serio e pieno di rimorso che al solo vederlo mi aveva fatta sentire oppressa.

Eppure non aveva davvero senso,questo era tutto quello che pensavo, mentre i restanti pensieri erano spariti chissà dove, usciti dalla mia testa per colpa dell' agitazione che non riuscivo affatto a scrollarmi di dosso, la quale pareva quasi averli spinti fino a rendere impossibile l'arrivo degli altri, ma neppure di un minimo.

Ogni singola osservazione o idea era sparita al contatto tra me e lui, mentre una scarica mi aveva accelerato il ritmo cardiaco fino a farlo diventare sfrenato.

Lui, al contrario mio, sembrava calmo invece, solo inizialmente era stato rigido, poi era tornato rilassato almeno un po',  come se avesse necessitato quell'abbraccio da tempo, come se tutto quello di cui aveva bisogno fosse il calore corporeo di qualcun'altro ad accompagnarlo.

Era immobile come me e potevo sentire il suo respiro sul mio collo, lento ma regolare, come se non volesse mostrarlo affrettato e lo trattenesse, cosa che mi faceva venire i brividi, sempre bollenti, che salivano e scendevano sulla schiena dandomi una sensazione di fastidio inizialmente e poi di una pace assurda.

Era come se, oltre ad aver bisogno lui del mio, a sua volta mi stesse scaldando internamente più stava abbracciato a me, rendendomi man mano più tranquilla e forse anche felice di quell' incontro, di quel gesto d'affetto non voluto da me, -sempre se si potesse definire tale- che non mi sarei mai aspettata di ricevere, non dopo mio padre e mia madre, di cui, purtroppo, non ricordavo gli abbracci, né il loro calore.

"É dunque questo che si dovrebbe provare davvero?" non potevo non chiedermelo, ma decisi di mettere da parte il pensiero, socchiudendo gli occhi con un lieve sospiro amaro.

E rimasi in silenzio, proprio come lui aveva richiesto, riprendendo stavolta per davvero un briciolo di calma che mi portò a tranquillizzarmi in poco.

Mi sentivo bene, dopotutto, fin troppo paragonando la situazione alle immediate aspettative.

Mossi appena la mano sulla sua schiena, dando accenni di carezze impacciate e imbarazzate, sentendolo inizialmente irrigidirsi, ma poi tornare allo stato precedente come se niente fosse.

-Grazie- lo sentii sussurrare, facendo accellerare nuovamente i miei battiti.

-Di niente- borbottai, ancora abbastanza confusa, cercando di non balbettare stupidamente o di non mostrarmi fin troppo incerta, continuando ad accarezzarlo e a gustarmi le sensazioni che mi avvolgeva prepotente come un laccio, quasi fossero una corrente che non poteva non scrosciarmi addosso, infradiciandomi da capo a piedi.

La stoffa della sua maglia sembrava rimanermi impressa sulle dita, insieme alla alta temperatura  di cui era immersa.

Era così liscia, scorreva sotto le mie dita con piccole pieghe poco visibili, simili a onde nella marea, che si spostavano appena ce le passavo un poco sopra.

Salii ad accarezzargli i capelli, giocando con i ciuffi rossi, lasciando scorrere le mani tra di essi, tirandoli all'indietro.

Erano incredibilmente soffici e morbidi, come li immaginavo, simili a fiamme vere, tali che non avrei mai voluto smettere di toccarli.

Erano seriamente come una droga, sia per il tatto che per lo sguardo e non potevo non darmi della malata per tale motivo.

Non era normale che adorassi così tanto i suoi capelli... mi sentivo come se mi fossi trasformata in quel tipo, quello che mi ero trovata affianco appena avevo ritrovato l'uso della parola e un po' di quella lucidità di cui avevo decisamente avuto bisogno per reagire contro il Signore.

Me li aveva perfino baciati, i capelli, come se, fossero stati una qualche strana divinità o altro.

Beh, quelli di, Task erano probabilmente ancora peggio, siccome non volevo farne minimamente a meno, sia di guardarli che di toccarli.

Ero ancora persa tra simili pensieri quando lui sciolse l'abbraccio, staccandosi da me,  cosa che mi portó a percepire improvvisamente freddo, forse perché in parte mi ero abituata al suo calore corporeo.

Guardando davanti a me però, capii che in realtà ne avevo perché era scesa la sera, difatti la volta celeste si era nettamente oscurata, diventando blu scuro, mostrando le nuvole grigie e imponenti che si muovevano spinte dal vento, cercando di raggiungere chissà quale meta.

Avrei voluto sinceramente continuare ad abbracciarlo, stessa sensazione che generalmente provavo sempre quando mi distaccavo da un abbraccio,  ma come richiesta, la mia, avrebbe avuto anche meno senso della sua, che, in fondo,  doveva essere basata sulla sua mancanza nei riguardi del padre, cosa che realizzai a mente lucida, una volta dopo che lui si staccó, girandosi un attimo a guardare il cielo, tornando poi a voltarsi, con un sopracciglio alzato.

Per un po' tacque, fissandomi dritta negli occhi, poi parlo.

-Vuoi provare ad avanzare fino a raggiungere magari un vero riparo? Non vorrei che iniziasse a piovere, che,poi saremmo completamente esposti se non per gli alberi che coprono ben poco e non avremmo modo di poterci cambiare- commentò, col naso all'aria, alzandosi, tendendomi la mano per imitarlo subito dopo.

-Sì, credo che sia meglio così- asserii, mettendomi a mia volta in piedi e dando una veloce ripulita ai pantaloni jeans che portavo e che dietro si erano sporcati appena di verde.

Ci rimettemmo in viaggio, meno stanchi e più tranquilli rispetto a poco prima, senza litigare in maniera seria e rimanendo spesso in un silenzio che non sapevo se definire pesante o sereno.

Forse più la seconda, siccome sapevo che forse avevamo fatto un passo avanti entrambi.

Io perché avevo capito cosa simboleggiasse la sua sofferenza, il suo darsi colpe e mi sentivo perlopiù meno seccata dal suo atteggiamento.

Lui perché le aveva tirate fuori, le emozioni, anche solo un poco, invece che tenerle dentro, permettendomi, in un modo o in un altro, di venirgli incontro.

"Forse andremo un po' più d'accordo " pensai, assorta, sentendomi internamente un po' sollevata, nonostante non ne capissi a pieno il motivo.

Pesante era invece l'essere troppo zitti.

Avrei voluto dire qualcosa, anche di insensato, ma stranamente non riuscivo a trovare argomenti utilizzabili e la cosa non capitava spesso, ma succedeva con lui e basta.

Con lui non sapevo cosa dire, era come se il solo guardarlo mi frenasse.

Anche per questo mi veniva spontaneo litigare, soprattutto per questo.

Com'era possibile che non sapessi mai di cosa parlare con lui? Non era normale né aveva senso e mi dava parecchio sui nervi

Cercai di cacciare via l'insistente domanda dalla mia testa, scuotendo il capo, fatto che portó Task ad osservarmi incerto.

-Tutto ok? In qualche modo ti ho innervosita con la mia richiesta inusuale?- chiese, con un accenno sarcastico all'ultima parola, che aveva peró anche del deluso

-No, no... non é colpa tua...- accennai un sorrisetto, cercando di non trasformarlo in qualcosa di troppo strano e di tranquillizzare ; cosa parecchio strana da parte mia;lui, reagendo ai miei strani istinti in maniera positiva e non distorta -Non stavolta-

-Come sarebbe a dire 'non stavolta'?- borbottó, aggrottando la fronte

Trattenni una risata a stento, mordendomi il labbro,  -Ah, sí, sarebbe a dire che la maggior parte delle volte é davvero colpa tua-lo canzonai, facendo capire che in realtà scherzavo, facendo una linguaccia a lui e tirando verso il basso una delle palpebre inferiori con due dita, appoggiando la restante mano al fianco.

-Mmmh... certo, Silver, certo, come vuoi tu- accennó un movimento della mano abbastanza strano, ma allo stesso tempo buffo.

E scoppiai davvero a ridere, non riuscendo più a trattenermi per via del tono in principale con cui aveva risposto alla mia finta provocazione che era stata fatta al solo scopo di poter interrompere quel silenzio.

Lo vidi accennare un, sorriso vero, scuotendo il capo e ricambiai con un espressione energica, smettendo di ridere e di fare la bambina, incrociando le braccia dietro la schiena, facendo tornare purtroppo il nulla che continuava ad avvolgerci, distogliendo poi lo sguardo.

Provai a concentrarmi inutilmente su qualcosa;non avevo voglia di guardarmi attorno, non mi sembrava di alcun aiuto per via della troppa similarità del paesaggio che finiva col sembrare e apparire davvero più che noioso.

L'unica cosa che era cambiata da quando avevamo superato il fiume era il colore dei fiori, precedentemente blu-viola e ora rosso sangue, che rendeva tutto alquanto inquietante, tale da mettere i brividi in una maniera assurda.

Gli alberi erano fin troppo simili tra di loro per i miei gusti, l'unica cosa che pareva differenziarli era l'altezza.

Avremmo potuto davvero perderci e sinceramente non la trovavo una buona idea e non avevo intenzione di fare in modo che accadesse.

Anche se, in realtà, potevamo già definirci come tali, non sapevamo nemmeno dove stessimo andando e non avevamo la, più pallida idea di come potessimo raggiungere un riparo per la notte.

Speravamo soltanto di trovarne almeno uno, per poi rimuginare la mattina dopo a mente lucida, perfettamente riposata, su che cosa avremmo dovuto fare per tornare indietro, da Nemes e gli altri.

Attraversammo un sentiero che serpeggiava tra le felci e l'erba alta in discesa, inoltrandosi in un percorso che ogni tanto mostrava dei ciottoli grigi ben assestati, alcuni grandi come il mio stesso pugno, altri più piccoli e lisci che ad ogni nostro passo si spostavano, avvicinandosi o allontanandosi tra di loro, schizzando a destra e manca come dei pazzi.

Vidi delle foglie cadere dagli alberi, seguiti dallo spiccare in volo di due uccelli grigi col becco piccolo e l'aspetto paffuto, con le piume ben lucenti e decorate.

Sfrecciarono nell' aria, sbattendo le ali, muovendosi aggraziati a ritmo rapido per salire verso al cielo innuvolato e ancora più scuro di prima, cosa che permetteva la visione di qualche stella nel firmamento a interromperne l'oscurità, insieme alla luna, pallida e in parte nascosta.

A guardarli sollevarsi e  sparire, trattenni il fiato.

Ma prima che potessi mostrare tutto il mio apprezzamento con pensieri espressi a voce alta, le prime gocce di pioggia iniziarono a piombare verso il terreno, scontrandosi con i miei capelli,le mie ciglia e le mie guance.

-Accidenti- feci, guardando Task con un occhiata prima di capire che ormai non avevamo tempo da perdere.

Un rifugio era l'unica cosa di cui necessitavano.

Accelerammo il passo, rimanendo tra il passo e la corsa fino a che la pioggia non parve iniziare a scendere fin troppo veloce.

E mentre quasi correvamo, si udirono ululati in lontananza, cosa che mi portò a rabbrividire.

Certo, erano lontani, ma non abbastanza da rassicurarmi che non ci fossero alle calcagna.

Ogni secondo che passava sembrava diventare sempre più pesante e agitato.

Dal semplice passo affrettato, ci ritrovammo a correre, imprecando mentalmente.

Mi tirai su il cappuccio della felpa che portavo insieme ai jeans, lanciando un rapido sguardo al Fuoco che mi imitò, correndo tra sassi e fango, con le precipitazioni che scendevano sempre più fitte, fino a bagnarci come dei calzini.

Continuammo a correre fino a non avere piú fiato, sentendo comunque i minacciosi versi delle bestie che, era confermato, ci stavano dando la caccia.

Era confermato perché, nonostante avessimo già corso un bel po', le loro voci erano troppo alte e vicine per non essere circa dietro di noi.

Attraversammo diversi sentieri senza darci tregua, rischiando spesso di scivolare per colpa del terreno troppo bagnato e scomposto per essere regolare e facile da percorrere.

In un attimo poi, per colpa di una stupidissima curva scoscesa che scendeva nella radura, inoltrandosi profondamente, così che a vista d'occhio non se ne notasse la fine, caddi davvero, rotolando giú, mentre Fireburns urlava il mio nome.

Più rotolavo e più sentivo l'intero corpo venirmi sballottato come una pezza, seguito da forti bruciori alla pelle improvvisi e degli accenni di conati che mi salivano vistosamente nella gola.

Non seppi esattamente quanto a lungo scesi, ma fu un esperienza che, lo sapevo per certo, in un modo o in un altro, avrei potuto evitare.

Completamente sporca dalla testa ai piedi, una volta raggiunto lo 'stop' a quel girare in mezzo a fango ed erbacce, trovandomi a pancia in giù, provai a rialzarmi a stento nonostante le gambe mi tremassero e avessero iniziato a farmi male, e tentai inutilmente, diverse volte di fila, mentre lui mi correva incontro, attento a non cadere a sua volta in quel percorso scivoloso e fin troppo esteso.

Per quanto impegno ci mettessi, era assolutamente impossibile per me rialzarmi da sola, cosa che mi portò a gemere di dolore e dal nervoso, dalla rabbia e dalla sofferenza che mi si accumulavano addosso come pietre da portare.

Dovevo essermi slogata la caviglia nella caduta e probabilmente anche sbucciata la pelle su ginocchio e polpaccio, siccome bruciavano come non mai. 

Facevano davvero male ed iniziavo a pensare che, qualcosa intendesse prendersi burla di me, di noi, della situazione urgente in cui eravamo e di tutto quello che stava accadendo, probabilmente ridendosela dall'alto.

-Maledizione!- strinsi la mascella - Proprio ora doveva succedere una cosa simile?!- borbottai frustrata, tremando ancora per ritentare di rimettermi al più presto in piedi, ovviamente senza risultati.

-Tutto ok? Stai bene?- domandò il Fuoco, piegandosi su di me, cercando di aiutarmi a riprovare.

-Ma proprio guarda! Benissimo, proprio- sbottai irata, facendo una smorfia, gli occhi socchiusi e i muscoli contratti per il dolore che continuava ad infiammarmi le gambe, prima di scusarmi con uno sguardo per la rispostaccia data.

E anche con il suo aiuto, non c'era davvero nulla da fare, non riuscivo a reggermi in piedi.

Riuscii solo a ruotarmi a pancia in su, notando che i jeans si erano strappati e che le mie gambe erano decisamente più che semplicemente sbucciate.

Sanguinavano, alcune parti erano aperte da graffi e non solo, la parte più bassa delle gambe era quasi tendente al nero.

-E ora?- domandai, sottovoce, quasi esasperata al ragazzo che mi era affianco e che si era improvvisamente spostato davanti a me.

Vidi Task guardarsi attorno, prima a sinistra e poi a destra, facendo divampare una fiamma nella mano, lanciandomi un occhiata, lo sguardo determinato a reagire e a fare tutto quello che gli era possibile.

-Se continuiamo a scappare, saremo come topi braccati anche nel caso trovassimo un riparo dalla pioggia- disse, il verde nei suoi occhi nuovamente ingiallito verso i lati, con quell'accenno rabbioso che sembrava renderlo pericoloso al solo guardarlo, i capelli zuppi, i vestiti circa in uguale stato -Quindi tanto vale affrontarli in un posto qualsiasi, non importa quale... andrà bene anche qui, immagino-

-Sicuramente non ci saranno solo dei lupi- ribattei -Riusciresti davvero ad uccidere delle persone senza avere rimorsi?- chiesi, fissandolo ancora, pensando alla sua reazione di poche ore prima, alla sua rivelazione e a quell'abbraccio stranamente confortante.

Lui sorrise amaramente, in modo talmente forzato che mi fece capire in meno di un attimo che, no, il rimorso lo avrebbe avuto, ma era una scelta a cui non poteva opporsi.

Anche una seconda brace divampò nella sua mano, mentre entrambi guardavamo il lungo sentiero in discesa da cui ero caduta, come una stupida, forse per la troppa frenesia, forse per il voler seminarli il prima possibile.

Continuai a tentare comunque di rialzarmi, fino al punto che mi arresi seriamente, vedendo che ad ogni tentativo di più mi sentivo sempre più incapace di riprovare una seconda ed una terza volta.

Ero decisamente più che frustrata per aver raggiunto una situazione simile.

Volevo soltanto non mostrarmi inutile almeno nel proteggere me stessa ed invece a questo punto non potevo fare altro che aspettare, in silenzio, sperando che la pioggia si fermasse, pregando silenziosamente che le persone che avevano seguito i lupi non fossero troppi.

''Perché non sono capace di far smettere di piovere?'' mi ammonii ''Perché non posso essere stata più prudente invece di cadere in questo modo?''

E mentre tali domande mi tormentavano la testa, seguiti da rimproveri senza sosta, realizzai che almeno un modo per fermare la pioggia o proteggere entrambi, c'era.

L'avevo già utilizzata, certo, con scopi dissimili, ma con più persone ed ero stata più piena di forze, quindi per due forse, un risultato lo avrei ottenuto.

Sentivo l'acqua scorrere, scendere dal cielo velocemente e pensai alle emozioni che avevo provato cercando di unirmi al pensiero di Task per comprendere meglio.

E proprio come me e lui, lentamente univo le gocce di pioggia, rendendole come uno scudo, ferme attorno a noi a creare una bolla resistente, che purtroppo però sembrava incapace di contenerci entrambi, probabilmente per il flusso del mio sangue che mi indeboliva, interrotto appena con una stoffa  che lo stesso Task si era tolto di dosso poco prima, rimanendo in canottiera, ma che mi rendeva poco affabile e resistente.

Il Fuoco, nonostante volessi proteggerlo a mia volta come lui era pronto a fare con me, uscì dalla bolla alla comparsa dei primi lupi e delle prime persone, armate di spade.

-Rientra, stupido!- gli urlai, agitata, cercando di non piangere, trattenendo infatti le lacrime nel miglior modo possibile, ovvero concentrandomi sulla barriera che, lentamente, mentre vi ero solo io, sembrava in grado di reggere.

-No- ribattè invece lui, lanciandomi una seconda occhiata che mi fece rabbrividire, siccome ormai l'intera iride era gialla, circondata  dalla congiuntiva che, lentamente, iniziava a diventare nera.


 

  
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