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Autore: Lady Lara    07/10/2017    2 recensioni
Tratto dall'incipit.
“Mi dispiace … mi dispiace veramente … ma il mio cuore deve restare di ghiaccio!”
La sua mente se ne stava facendo una convinzione e stava alzando dei muri spessi intorno a quel cuore. Ne aveva bisogno perché … perché quegli occhi verdi e quelle labbra di ciliegia, erano riusciti a scalfire quel ghiaccio irrimediabilmente!
Una giovanissima Emma Swan, studentessa universitaria, incontra "casualmente" un giovane che sconvolgerà la sua vita e la condizionerà nelle sue scelte professionali e sentimentali. Il destino è spesso crudele e la vita lascia traumi difficili da superare. L'amore a volte può essere un trauma, specialmente quando ti viene strappato agli albori, quando le speranze sono tante e i sentimenti sono potenti ma, una nuova possibilità fa risorgere la fenice dalle sue ceneri. Emma si chiederà come si è potuta ingannare e innamorare in breve così profondamente. Dovrà lavorare duramente su se stessa per erigere i muri che la proteggeranno, ma se la fenice risorgerà dalle sue ceneri? Sboccerà ancora l'amore? Sarà Emma la fenice? O sarà il bellissimo uomo misterioso che, da un quadro visto in un museo, tormenta i suoi sogni con i suoi magnetici occhi azzurri?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 10
 
Impreviste sorprese
 
Boston.  Lunedì 21 Maggio 2008.
 

Un mazzo di rose rosse, avvolte in una carta crespa verde, galleggiava sui flutti del Mystic River. La carta andava assorbendo velocemente l’acqua e presto, ormai diventata una poltiglia, avrebbe liberato quelle dodici rose rosse.
Una donna alta e snella guardava il destino inesorabile di quel mazzo di fiori e pensava proprio a quanto il destino lo fosse veramente … inesorabile.
Lentamente le rose si sparpagliarono sull’acqua. Nulla più le teneva unite e i flutti le allontanarono l’una dall’altra, portandole via definitivamente.
 
“Inesorabilmente definitivo …”        
 
Quel concetto si ripeteva come un eco nella mente della donna affacciata al parapetto che costeggiava il fiume, mentre il vento di quel fresco mattino di Maggio le scompigliava i lunghi e lisci capelli neri. Attraverso i grandi occhiali da sole scuri osservò sparire l’ultima rosa.
 
“L’ultima rosa … andata via come il mio amore per te Kim … andata via come te … in questo fiume crudele …”
 
Una lacrima rotolò lungo lo zigomo di Milah Gold. Il dolore le dilaniava il petto e non poteva raccontarlo a nessuno. Il suo amore per quel giovane doveva restare un suo segreto. Una parentesi meravigliosa, apertasi e chiusasi nella sua vita nel giro di sei mesi. Si, sei mesi! Lo aveva incontrato casualmente proprio sei mesi prima …
Tutti i lunedì, nel suo giro di shopping, Milah passava dal suo fioraio di fiducia, lo stesso dove quella mattina aveva acquistato quelle dodici rose scarlatte.
Amava i fiori, amava circondarsene. Un vaso di fiori freschi doveva sempre essere presente nella sua casa. Lo posizionava su una consolle nell’ingresso dell’elegante appartamento dove viveva con suo marito, il Professor Robert Gold, un Barone dell’Università più prestigiosa di Boston.
Quel lunedì di sei mesi prima, uscendo dal fioraio, con l’immancabile bouquet, si era diretta verso la sua auto parcheggiata lungo il marciapiede antistante il negozio e aveva avuto la spiacevole sorpresa di trovare uno degli pneumatici anteriori a terra. Avrebbe voluto imprecare, ma le uscì quella semplice esclamazione di negazione che aveva attirato un passante.
 
– Oh nooo!
– Ha bisogno di aiuto Signora?
 
Concentrata sul danno, nemmeno lo aveva guardato in viso quell’uomo, mentre aveva continuato a lamentarsi di non saper come fare per cambiare la ruota.
 
– Ha una ruota di scorta Signora o uno spray riparatore nel bagagliaio?
– Come scusi … uno spray?
 
L’uomo le si era avvicinato e solo allora Milah lo aveva guardato in viso. La domanda le si era spenta sulle labbra, mentre era rimasta quasi senza fiato a guardare il bel viso di quel giovane che a malapena poteva avere ventotto o ventinove anni.
 
– Permette che l’aiuti Signora?
 
Il giovane moro le aveva rivolto un sorriso gentile che aveva dato un tocco di malizia al suo sguardo azzurro. Lei era riuscita a sospirare un “Si grazie … “ incantata da quei magnetici occhi azzurri che la fissavano con un cipiglio quasi divertito.
Il giovane le aveva tolto di mano le chiavi dell’auto e, velocemente, con fare esperto, aveva aperto il bagagliaio e in men che non si dica aveva tirato fuori la ruota di scorta con l’occorrente per cambiare quella danneggiata e aveva riposizionato nel bagagliaio la vecchia.
 
– Sarà il caso che la faccia risistemare quanto prima Signora! C’è un’officina a pochi isolati da qui …
- Si la conosco, grazie Signor …
- Vero … mi scusi, non mi sono presentato … sono Kim Steward, incantato di conoscerla!
- “Incantato … sono incantata anche io!” Io sono Milah Gold … come posso ringraziarla?
- Non c’è da ringraziarmi è un piacere aiutare una bellissima donna come lei, ma mi piacerebbe offrirle un caffè o un drink se preferisce …
- Sarà per un’altra volta Kim, ho premura adesso!
 
Il giovane l’aveva guardata con quel suo sorriso dolce e malizioso insieme e in un attimo le aveva preso gentilmente la mano, portandola alle labbra e deponendovi un leggero bacio sul dorso, mentre i suoi occhi erano puntati in quelli di lei.
 
– Allora arrivederci Milah, ci conto su una prossima volta! Siete in debito con me per un drink!
 
 
Milah aveva provato una punta d’imbarazzo, ma contemporaneamente la sua vanità sopita aveva subito uno scossone. Da quanto un uomo non le faceva quei complimenti e il baciamano?
 
Nei giorni seguenti aveva spesso pensato a quel bellissimo giovane uomo, ma si era arresa alla consapevolezza che una casualità, come quella del lunedì precedente, non si sarebbe verificata facilmente per una seconda volta. Il lunedì seguente capì di essersi sbagliata. All’uscita dal fioraio quasi si urtarono e quella fu l’occasione che iniziò ufficialmente la loro conoscenza. Questa volta andarono veramente in un locale per un drink, poi tutto prese una rotta particolare. Si rincontrarono nuovamente, sempre di lunedì mattina. Diventarono amici. Kim era un consulente legale, era irlandese e viaggiava durante la settimana tra Dublino, Boston e New York, aveva quasi dieci anni meno di lei, era un giovane estremamente piacevole, simpatico, spigliato, un uomo molto seducente. Per lei quell’amicizia si era trasformata in un sentimento sempre più profondo, per lui non era così, ne era sicura. Lei non pretendeva nulla da lui e lui non pretendeva niente da lei. Non le aveva mai fatto avances, finché, un giorno, non la incontrò con quegli enormi occhiali da sole.
 
Mentre lo ricordava, una seconda lacrima scivolò sulla sua guancia. Milah tolse gli occhiali per asciugarsi gli occhi con un fazzolettino di carta. Nessuno poteva vederla in viso in quel momento. Nessuno avrebbe potuto notare quello che anche Kim, quel giorno, aveva visto.
Una macchia violacea si stendeva intorno al suo occhio destro. tamponò piano le lacrime, sperando di smettere di piangere, la tumefazione le faceva molto male e le palpebre di quell’occhio erano quasi del tutto chiuse per quanto erano gonfie. Sotto la camicia setosa, all’altezza dell’avambraccio destro, ancora sentiva il dolore dell’altro livido che lo circondava come un bracciale. 
Ricordò quando Kim aveva scoperto il suo occhio nero. Aveva insistito per farle togliere gli occhiali, voleva guardarla nei suoi occhi grigi, le diceva sempre di trovarli bellissimi e tristi. Lei non voleva toglierli e lui aveva capito che qualcosa non stesse andando. Le aveva detto di non temere nulla e, gentilmente, con lentezza, lui stesso le aveva tolto gli occhiali, facendo un’espressione preoccupata e stizzita insieme.
 
– Dimmi che non è stato tuo marito Milah!
 
Lei, vergognandosi, aveva annuito e aveva visto Kim stringere il pugno sul tavolo.
 
– Mi avevi detto che non ti trattava bene, ma non credevo fino a questo punto! Che scusa ha tirato fuori?
 
Chi avrebbe mai potuto pensare che il serissimo Professore Robert Gold, famoso Docente di Storia dell’Arte della Harvard University di Boston, conosciuto e stimatissimo nel suo ambiente, fosse un uomo con un profondo lato oscuro?
Si erano sposati dieci anni prima, lei aveva 28 anni allora, venti meno di lui. L’aveva affascinata con la sua cultura, le sue belle parole, la corte costante e appassionata che le aveva fatto. Le aveva fatto lasciare il suo ruolo di insegnante di Letteratura inglese presso un istituto superiore di Boston, convincendola che non avrebbe avuto bisogno di lavorare, voleva che fosse la “sua bellissima Signora Gold”, racchiusa in quello scrigno prezioso che era il lussuoso appartamento in cui l’aveva portata a vivere. I primi attacchi erano arrivati con la scoperta che Milah non avrebbe potuto avere figli. Avevano provato per i primi due anni di matrimonio, ma ogni volta che lei iniziava una gravidanza, nel giro di poche settimane perdeva il piccolo spontaneamente. Robert non aveva mostrato nessuna sensibilità nei suoi confronti, appena tornava dall’ospedale lui pretendeva di riprendere la loro attività sessuale, senza preoccuparsi di proteggere sua moglie da ulteriori precoci gravidanze, ne permettendole di usare la pillola. Era talmente ossessionato dall’idea di volere un figlio, che stava distruggendo sua moglie con quelle gravidanze che si interrompevano di continuo, senza darle il tempo di riprendersi completamente dal trauma fisico e psicologico. Quando i medici avevano chiarito che sua moglie non era in grado di portare a termine una gravidanza, per una sua anomalia congenita, Robert aveva iniziato a colpevolizzarla e ogni occasione era buona per farle sapere cosa pensasse di lei. “Mezza donna! Buona solo per essere scopata!” questo le diceva! Poi aveva iniziato a tradirla.
Milah aveva scoperto che spesso si trattasse di giovani studentesse. Suo marito si  vantava con lei delle sue conquiste, paragonava la ragazza di turno con lei in modi volgari e scurrili, sottolineando particolari che la disgustavano. Ma ciò che la disgustava maggiormente era il fatto che quelle povere ragazze, si “povere”, erano ingannate e ricattate non meno di lei.
 
In quegli ultimi otto anni Milah si era sentita annullare ogni giorno di più. Si sentiva morta dentro, non aveva più nessun desiderio sessuale ne voglia di vivere. Se andava dal parrucchiere e a far shopping ben vestita e curata, era solo perché suo marito non la voleva sciatta per casa. Era diventata una sorta di oggetto, era una moglie di rappresentanza, questi erano gli usi che faceva di lei l’ “esimio” Professore Mister Robert Gold!
In alcune occasioni, negli ultimi cinque anni, aveva dovuto organizzare delle cene d’affari per suo marito, far la bella statuina a tavola e sparire ad un suo cenno, quando lui voleva restar solo con i suoi commensali. Erano uomini che a Milah non piacevano affatto. Erano sempre elegantissimi, pieni di gioielli, volgari e non davano l’impressione di essere acculturati come suo marito. Arrivavano con auto di grossa cilindrata, l’autista e uomini che restavano di guardia. Spesso alcuni di essi avevano un rigonfio sotto la giacca.
L’ultima volta che aveva chiesto spiegazioni al marito questi l’aveva malmenata e, proprio in quell’occasione, Kim aveva scoperto il suo occhio nero.
 
Quel giorno, Milah aveva raccontato al suo giovane amico come erano andate le cose. Gli aveva detto di quegli uomini di dubbia moralità e onestà. Non aveva idea di cosa stesse combinando suo marito, ma era sicura che non fosse nulla di buono. Kim l’aveva ascoltata attentamente, in silenzio, e le aveva fatto delle domande molto specifiche. Non le erano sembrate strane, in fin dei conti lui era un legale, certe domande gli venivano di sicuro spontanee! Ad alcune aveva saputo rispondere ad altre non aveva saputo cosa dire. Kim le aveva preso le mani, sul tavolo del Pub dove si erano dati appuntamento, le aveva detto che quella non era una situazione normale, era da denuncia e che lei avesse bisogno di essere aiutata. Milah gli aveva risposto di non averne la forza e aveva iniziato a piangere. Il giovane avvocato le aveva asciugato le lacrime e l’aveva portata via di lì, voleva trovare un posto tranquillo dove permetterle di sfogarsi e, uscendo da Boston con il suo BMW nero, l’aveva portata in un Motel.
 
– Milah esistono centri per donne maltrattate … ti metteranno in sicurezza, tuo marito non saprà dove sei e avrai cure psicologiche per riprenderti! Dovrai denunciarlo ovviamente!
– No Kim! Ho troppa paura di lui! Ha tutte quelle strane conoscenze! Non posso fuggire da lui, ho paura che possa farmi uccidere!
– A maggior ragione Milah! Fai come ti sto dicendo!
 
Lei aveva pianto ancora e lui le aveva preso il viso tra le mani, dandole un piccolo bacio sulle labbra. Era la prima volta che la baciava, era stato un bacio tenero, non aveva intento sessuale. Milah purtroppo era come una piantina bisognosa di acqua e quel bacio era stata una goccia dell’acqua di cui aveva bisogno. Finirono col fare l’amore e non fu l’unica volta che capitò. Allora erano tre mesi che si conoscevano, Milah non lo aveva pensato come un amante, era così più giovane di lei! Ma nei due mesi seguenti il loro rapporto diventò quello di due amanti clandestini.
 
Continuarono ad incontrarsi il lunedì in quel Motel. Lei non aveva voluto lasciare il marito, né denunciarlo e Kim le aveva detto di continuare a tenerlo d’occhio e a riferire a lui il lunedì, come stessero andando le cose e chi Gold incontrasse durante la settimana. In un’occasione, più o meno due mesi prima della morte di Kim, gli aveva detto che Gold aveva ricevuto in casa uno studente, cosa strana per lui, poiché per gli studenti usava il suo ufficio dell’ Ateneo. Kim aveva voluto sapere chi fosse il ragazzo e lei, che aveva risposto al citofono, aveva ricordato facilmente il suo nome. Quando il ragazzo era andato via, Robert era molto arrabbiato e non aveva risposto nemmeno alle domande che lei gli aveva rivolto, ignorandola completamente. Da quell’ evento le cose erano iniziate a cambiare anche con Kim. Nell’ultimo mese e mezzo, avevano continuato a vedersi il lunedì mattina, ma parlavano soltanto, Kim non aveva voglia di far l’amore con lei e sembrava sfuggente. La abbracciava confortandola, le dava qualche tenero bacio sulla fronte e poi andava via, raccomandandole di stare attenta a se stessa e di chiamarlo se c’erano delle novità con Gold, specie se avesse alzato nuovamente le mani su di lei. Le ribadiva sempre che avrebbe dovuto entrare in un programma di tutela, ma lei rispondeva sempre allo stesso modo.
 
La settimana in cui Kim era stato ucciso non si erano incontrati al Motel. Quel lunedì lui le aveva dato appuntamento al parco dell’ Università. Gli aveva raccontato che Robert aveva ricevuto diverse telefonate ed era furente, inoltre le aveva dato uno spintone, facendola sbattere con la schiena al muro, quando aveva provato a chiedergli qualcosa. In più aveva scoperto che stava cercando di circuire un’altra studentessa, una sua laureanda molto bella e brillante. Aveva visto una sua fotografia nello studio del marito, tra le pagine della sua tesi; era una bella moretta dai capelli tagliati in un corto sbarazzino, con begli occhi castani e la bocca carnosa. Aveva notato una piccola cicatrice sul labbro superiore destro della ragazza ma, nonostante il piccolo segno, il sorriso radioso, che mostrava nella foto, non ne era deturpato. Ricordava ancora il nome della studentessa … Mills … Regina Mills.
 
Kim l’aveva ascoltata come al solito, poi le aveva detto che stava per prendere l’aereo per Dublino. Sarebbe stato via alcuni mesi, la loro relazione non poteva continuare! L’aveva pregata di rivolgersi ad un Centro di cui le aveva dato l’indirizzo, ancora conservava il bigliettino. Lei gli aveva chiesto di non lasciarla, ma aveva capito che Kim era già lontano da lei, gli aveva detto addio e con le lacrime agli occhi lo aveva baciato un’ultima volta. Poi era successa una cosa che l’aveva turbata. Kim si era staccato da lei repentinamente e si era guardato intorno. C’era una ragazza dai lunghi capelli biondi che li stava osservando poco distante. Kim si era affrettato a prenderla per il braccio e l’aveva portata in macchina e lei gli aveva chiesto se conoscesse quella biondina. Le aveva risposto che non l’aveva mai vista in vita sua, ma da una lieve incrinatura della sua voce, Milah aveva avuto l’impressione che mentisse.
 
Non aveva idea di cosa fosse successo a Kim nei giorni seguenti. Doveva essere a Dublino e invece i giornali della domenica avevano riportato la notizia della sua morte a Boston e avevano parlato di lui come un complice di trafficanti di droga. Non poteva ancora crederlo! Ucciso per qualche sporco regolamento di conti e gettato nel Mystic. Proprio lì lo avevano ripescato, nel punto dove lei aveva deciso di salutarlo definitivamente con quelle dodici rose scarlatte, un simbolo dell’amore che aveva provato per lui.
 
Milah Gold rimise gli occhiali neri sul naso. Kim era morto, ma lei era viva e, nonostante l’ultima violenza che suo marito le aveva perpetrato la sera prima, voleva restarlo! Mise la mano nella tasca dell’elegante giacca che indossava e tirò fuori il biglietto con l’indirizzo che lui le aveva dato l’ultima volta che lo aveva incontrato. Aveva deciso. Non sarebbe tornata a casa. Sarebbe andata a quell’indirizzo, lo doveva a Kim e soprattutto lo doveva a se stessa!
 
Guardò i flutti che scorrevano un’ultima volta. Le rose erano sparite ormai. Si volse e si diresse verso la sua auto, sapeva quale era la sua meta.
Da un SUV nero, poco distante, un uomo l’aveva osservata fino ad allora e le stava scattando delle foto con il suo cellulare. Milah Gold non se ne accorse, come non si accorse che il SUV continuò a seguirla fino al Centro per le donne vittime di violenza.
 
***
 
Centro Studi Oceanografici di Cork, Irlanda. 28 Maggio 2008.
 

La giovane neo-dottoressa Elsa Frozen guardò il suo orologio da polso, mentre affrettava il passo verso il Centro per gli studi oceanografici dell’Università di Cork.  Si era laureata da un mese presso quell’ Università, era un Biologo Marino finalmente! Laureata cum laude! Si era inserita presso l’Università irlandese con un programma di scambio culturale, gestito dall’Università di Harvard e si era fatta apprezzare per l’ottimo rendimento. In più aveva ottenuto una borsa di studio per altri tre anni, come ricercatrice presso il Centro Studi dove si stava dirigendo con una mezz’ora di ritardo.  Era arrabbiata con se stessa. Non era da lei essere in ritardo! Sua sorella Anna la prendeva sempre in giro per la sua pignoleria e la sua puntualità. La chiamava “Miss Oraspaccata”!
 
Pensare a sua sorella le riportò un po’ di buonumore. Anna era il suo preciso opposto, sia caratterialmente che fisicamente. Sembrava più sua sorella Emma, che le era cugina, che la sua vera sorella! Lei, sua madre ed Emma erano bionde, con la carnagione chiara, differivano solo per il colore degli occhi. Emma li aveva verde acqua, lei e sua madre Ingrid celesti. Anna era castana e aveva una spruzzata di lentiggini sul naso e sulle gote ed era molto più estroversa di Elsa ed Emma.
 
– Signorina! Signorina!
 
Una voce maschile, calda e profonda la distrasse dai suoi pensieri. L’uomo era dietro di lei e stava affrettando il passo per raggiungerla.
 
– Mi scusi Signorina! Non volevo disturbarla … ma le è caduto questo!
 
Elsa si costrinse a fermarsi, anche se infastidita. Cosa le era caduto? Non le sembrava di aver perso nulla!
 
– Oh! Si grazie! Il mio foulard!
 
Non si era accorta che il foulard, che aveva allacciato alla cinghia della tracolla, si fosse sciolto e scivolato sull’asfalto. L’uomo glielo stava porgendo educatamente. Lo sguardo di Elsa andò dalla mano, che reggeva il foulard, al viso dello sconosciuto. Realizzò che indossasse una divisa della Marina Irlandese. Non se ne intendeva di gradi militari, ma ebbe l’impressione che fosse un ufficiale.
Anche l’uomo sembrava aver fretta e si guardarono per pochi secondi in viso. Quel poco tempo bastò per ripetere il “Grazie” da parte di Elsa e far fare un saluto militare all’uomo. Quasi le venne da ridere, pensando che la deformazione militare l’avesse portato a salutarla come un commilitone.
 
– Arrivederla Signorina!
 
In breve l’uomo era andato via. Elsa riprese il suo cammino, seguendolo con lo sguardo.
 
“Un bel tipo!”
 
Ammirò a distanza il portamento dell’ufficiale sui trent’anni. Molto alto, sul metro e novanta. Spalle larghe e belle gambe lunghe e muscolose, i pantaloni bianchi della divisa  ne esaltavano i glutei e i muscoli delle gambe. Sotto il cappello si notavano i capelli corti, ramati e ricciuti. Per quel poco che si erano guardati, aveva notato un bel viso maschio e occhi chiari.  Peccato che fosse stato un incontro così fugace! Elsa si chiese chi fosse, ma sapeva che doveva tenersi la curiosità. Lì a Cork il porto era molto grande e di Ufficiali di Marina ce ne erano a bizzeffe, sempre pronti a partire e ad arrivare. Forse quello era uno in partenza e chissà quando sarebbe tornato!
Proprio in quel momento un gruppo di marinai arrivò dalla parte opposta, li vide salutare militarmente l’ufficiale. Poi, arrivando verso di lei, glielo fecero perdere di vista. Qualcuno dei giovani marinai fece un fischio di apprezzamento nei suoi confronti, facendola arrossire. Odiava quel modo di fare di alcuni uomini, la imbarazzava, mettendo maggiormente in evidenza la sua timidezza.
 
***
– Scusatemi per il ritardo Professor Amilton!
– Dottoressa Frozen! Come mai?! Non è da lei!
– Si … in effetti …
- Non si preoccupi! Non è l’unica in ritardo questa mattina! Venga in ufficio da me, oggi avrà l’incarico che segnerà la sua carriera di ricercatrice! Erano pochi i candidati, la crema dei neolaureati, e lei è stata scelta tra tutti!
 
 Elsa era passata dal rossore iniziale per il ritardo, al pallore per la sorpresa. Quale proposta doveva farle il Professore Sean Amilton?
 
Il Professore le fece strada verso il suo ufficio e, aprendo la porta, disse con il suo tono di voce assertivo:
 
– Comandante William Jones … le presento la nostra migliore neo-laureata, la Dottoressa Elsa Frozen!
 
L’ufficiale, seduto di spalle, si alzò automaticamente, voltandosi e portandosi sull’attenti, facendo un cenno d’inchino alla giovane Dottoressa Frozen che rimase a bocca aperta scoprendo che si trattasse dell’ufficiale che le aveva appena restituito il foulard.
I due si sorrisero e scambiarono una stretta di mano.
 
– Ci siamo rivisti presto Dottoressa!
– Direi di si Comandante!
– Ma già vi conoscete?
– Non così bene come vorrei Professor Amilton! Un semplice incontro fugace mentre venivo da lei, ma io e la Dottoressa Frozen rimedieremo presto!
 
Elsa sgranò gli occhi e diventò paonazza. Jones era un tipo intraprendente, diretto e malizioso, da quel che sembrava! Nella sua frase si potevano leggere dei doppi sensi, che dal risolino divertito del Professor Amilton, evidentemente, aveva colto in pieno.
Un moto di stizza si dipinse sul viso arrossato di Elsa. Il Comandante Jones se ne accorse e sul suo si dipinse un’ espressione ora costernata. Lo vide mordersi l’angolo inferiore del labbro.
 
“Bene! Ti sei reso conto! Meglio così, con me non te lo devi permettere!”
 
– Carissima Dottoressa Frozen, il nostro Comandante Jones è un Ingegnere specializzato in sottomarini ed è al comando del sommergibile che la Marina di Stato ci ha messo a disposizione per le nostre ricerche …
 
Elsa era ora piacevolmente sorpresa e iniziava vagamente a tornare sul primo giudizio che aveva avuto dell’ ufficiale, appena lo aveva incontrato.
 
– Come avrà capito, lei sarà la Biologa che farà parte dell’equipaggio scientifico del Nautilus, naturalmente non mi aspetto rifiuti Elsa! Questa è una grande occasione non trova?
- “Occasione?!! Dio mio! Questo è un sogno che si avvera!” Professore … sono senza parole … questa è una sorpresa inaspettata!
– Beh! Mia cara, le persone in gamba come lei debbono aspettarsi prima o poi simili sorprese no?
 
Questa volta Jones le rivolse un sorriso di stima e  ammirazione.
 
– Accetta?
– Come non potrei Professor Amilton! Sono felice di accettare!
– Benissimo! Allora la lascio con il Comandante Jones, le spiegherà i dettagli dell’operazione, io ho una sessione d’esami che mi aspetta, prepari il suo bagaglio! Starà in mare per minimo tre mesi!
 
Il Professore afferrò velocemente dei registri e uscì dal suo ufficio salutandoli e lasciandoli soli. Elsa era sbalordita.
 
–Tr – tre mesi?!
 
Jones la guardò e sorrise con comprensione.
 
– Mai messo piede in un sommergibile Dottoressa?
 
Elsa era ancora sotto shock.
 
– N - no!
 
Lui sorrise ancora. Elsa notò che avesse un bel sorriso, con denti bianchi e perfetti. Non indossava il cappello, era infatti poggiato sul piano della scrivania, lei valutò che avesse una bella testa proporzionata e un bel profilo.
 
– Stia tranquilla Dottoressa, in tre mesi usciremo praticamente tutti i giorni dal sottomarino, non saremo in immersione continua. Il Nautilus è piuttosto grande e ha un ponte su cui poter passeggiare e sgranchirsi a prender aria e sole. Dal tramonto e per tutta la notte, saremo riemersi. Se non soffre di claustrofobia non avrà nessun problema, sarà come vivere nella cabina di una comune nave!
– Non mi pare di aver mai sofferto di claustrofobia Comandante Jones!
– Vedremo! Me lo auguro! Faremo oggi pomeriggio le prove al simulatore. L’addestrerò io stesso, deve sapere come comportarsi a bordo. Il resto della squadra ha già esperienza, quindi sarà la mia unica allieva. Dovesse avere dei malori o senso di soffocamento dovrà dirmelo tempestivamente! La comunicazione è fondamentale, sempre, non solo a bordo!
– Farò del mio meglio Comandante!
– Mi consente di chiamarla per nome?
– Certamente, mi chiami pure Elsa …
- Elsa … mi chiami Comandante solo quando saremo a bordo o sarò comunque in divisa, diversamente mi chiami Liam.
– Liam?
– Si, il diminutivo di William! Ha domande da farmi Elsa?
– Si …
 
Elsa aveva preso un’espressione sorridente e maliziosa e azzardò quella domanda impertinente che non era tipica della sua proverbiale timidezza e riservatezza.
 
– Mi dica pure …
- Mi incuriosisce la differenza, capisco a bordo e la divisa …
- Quindi?
 – Anche sua moglie la chiama Comandante quando è in divisa?
 
Liam scoppio in una fragorosa risata e guardandola, egualmente con sguardo malizioso, le rispose:
 
 – Elsa … è un modo indiretto di chiedermi se sono sposato?
 
Lei arrossì e in cuor suo Liam pensò che fosse particolarmente bella con quel colorito sugli zigomi.
 
– Nooo! Era veramente una curiosità, ironica se vogliamo! Visto come l’aveva detto!
– Non ci avevo mai pensato, ma credo che se avessi una moglie mi chiamerebbe comunque per nome … non ho ancora questa esperienza! Lei Elsa? Ha un fidanzato nascosto da qualche parte?
– Questo non è un modo indiretto, ma intenzionalmente diretto  Comandante!
– Si, ovviamente e decisamente si, ma non mi ha risposto!
– No .. non ho fidanzati nascosti! Tranquillo ora?
– Si, così so che se la inviterò a cena questa sera non mi dovrò aspettare un tizio intenzionato a prendermi a pugni!
– Ha intenzione di invitarmi a cena Comandante?
– Solo se riuscirai a darmi del tu e a chiamarmi Liam entro i prossimi cinque minuti Elsa!
– Non credo di avere difficolta a darti del tu Liam Jones!
– Benissimo Elsa Frozen! Ti aspetto alle tre al dipartimento della Marina Militare per la simulazione. Se non supererai la simulazione non partirai con me, ma se superi o meno, questa sera sei ufficialmente invitata a cena. Posso avere l’onore di cenare con te?
– Sei un tipo veramente diretto Liam, ti risponderò dopo la simulata!
– Vuoi lasciarmi sulle spine Elsa?
– Sei troppo sicuro di te Comandante! Anche io sarò sulle spine per il risultato della simulata!
– Non pensare di corrompermi Elsa!
 
Liam sorrideva maliziosamente. Lei gli sorrise a sua volta e aggiunse:
 
– E tu non pensare di comprarmi Liam.
– Non mi piaceresti se fossi una da comprare Elsa! Ma ora bando alle chiacchiere e vediamo il progetto della missione di questi tre mesi, ho con me le varie carte.
 
Dopo quella parentesi trascorsa a flirtare esplicitamente l’uno con l’altra, che aveva contribuito a sciogliere il ghiaccio, Liam si mostrò estremamente professionale ed Elsa non fu da meno. Prima di andar via Elsa aveva capito pienamente il valore di quanto avrebbero fatto in quei tre mesi, sperò di riuscire a superare la simulata di quel pomeriggio. Aveva piena fiducia in Liam, sapeva che non l’avrebbe favorita tanto per. Era un ufficiale serio ed era stato molto chiaro. Se avesse avuto problemi di claustrofobia non sarebbe entrata nella squadra di ricerca, ma la cena insieme, anche se lei non lo aveva ancora detto, già aveva deciso di concedergliela.
 
***
 
Boston  11 Giugno 2008
Una nuova settimana stava iniziando! Un nuovo lunedì era arrivato ed Emma non avrebbe saltato quel quarto appuntamento con la Dottoressa Lorna Stone. Si sentiva molto meglio da quando aveva affrontato certi argomenti sulle sue perdite affettive. Avevano iniziato a scavare tra i ricordi della sua infanzia e i rapporti affettivi più importanti della sua vita. La presa di consapevolezza le aveva comportato momenti di tristezza, sogni strani, ma secondo Lorna era tutto normale. Avevano esaminato insieme il contenuto di quei sogni e Lorna l’aveva trattata, in quei momenti, più come una Psicologa-tirocinante che come una paziente. Le piaceva il rapporto che si era instaurato con la Dottoressa Stone, la stimava molto e si era resa conto che Lorna stava facendo veramente tanto per aiutarla a rinforzare la sua autostima ed a superare i suoi traumi. Quel tipo di lavoro Emma lo avrebbe dovuto fare comunque un giorno, prima di esercitare lei stessa la professione di Psicologo, peccato solo che era iniziato precocemente a causa della perdita di Kim.
 
Un groppo le si formò nella gola. Ancora faceva male pensarlo, ma ormai era consapevole che avrebbe continuato a sentire sempre un certo dolore per lui, anche se con il tempo sarebbe diventato sempre più fioco.
Si sentì improvvisamente molto stanca e rallentò la sua corsa. In quei quattro lunedì consecutivi, dall’assassinio di Kim, si era sempre alzata alle sei di mattina per andare a correva nel parco, poi, dopo doccia e colazione, si era recata da Lorna.
Quella mattina sentiva il cuore affaticato più del solito. Smise di correre e iniziò a camminare, facendo esercizi respiratori. Sembrava affamata di aria. Inspirò aprendo completamente la cassa toracica ed espirò lentamente. Ripeté l’esercizio una decina di volte, poi decise di tornare a casa camminando. Era strano … eppure era parecchio allenata, tra corsa e boxe in palestra! Sperò di non essersi beccata qualche infezione o avrebbe dovuto ricorrere nuovamente agli antibiotici, ormai li odiava!
 
Tornata lentamente a casa incrociò Ingrid in corridoio che si bloccò subito guardandola in viso.
 
– Tesoro tutto bene?
 – Si, si!
 
Ingrid la stava guardando di sbieco, con una smorfia sul viso.
 
– Sicura Emma? Sei piuttosto pallida!
– Tranquilla mamma, un po’ di debolezza, devo fare ancora colazione!
 
Ingrid le fece una carezza ad una guancia sbirciandole gli occhi.
 
– Febbre non ne hai … fai una doccia prima, poi una colazione nutriente, vado a prepararti del latte caldo intanto. Ti scongelo dei pancakes o preferisci i fiocchi d’avena?
– Sai che sono golosa mamma … i pancakes andranno benissimo con la marmellata ai mirtilli!
Ingrid sorrise, si aspettava quella risposta da Emma, la conosceva bene, lei stessa, di sua iniziativa, le avrebbe preparato i pancakes!
 
***
Il profumo dolce si era sparso per la casa. Emma uscì dalla sua stanza, dopo essersi asciugata e vestita e, con un sorriso, accolse quel profumo respirandolo golosamente. La sensazione che solitamente le faceva quel profumino, non fu quella solita. Le salì nuovamente un groppo alla gola e una fortissima nausea le provocò un riflesso gastrico che già conosceva. Invece che scendere in cucina si voltò nuovamente verso la sua stanza, proprio mentre Anna usciva dalla porta e Ingrid dal piano di sotto chiamava avvisando che la colazione fosse pronta. Con una mano alla bocca e con l’atra spostando bruscamente Anna, Emma entrò velocemente nella stanza, andando verso il bagno interno alla loro camera.
 
– Che diavolo Emma!
 
Anna si era spaventata, urtata in quel modo repentino, e la seguì verso il bagno, battendo sulla porta.
 
– Emma? Che succede?!
 
Emma non rispose, ma furono chiari i rumori dei conati di vomito.
 
– Vuoi aiuto? Ti sei chiusa pure a chiave?! Ti potevo tenere la fronte!
 
Emma stava rigettando solo l’acido dello stomaco digiuno, inginocchiata davanti al Water. Riuscì a biascicare un:
 
– Non ti preoccupare … passa subito ..
– Va bè! Se lo dici tu!
 
In quel momento squillò il telefono e Ingrid da sotto gridò.
 
– Ragazze rispondete voi per favore?!
 
Anna prese il cordless della stanza che occupava con Emma e rispose lei.
 
– Ciao sorellona!
 
Dal bagno, Emma capì benissimo di chi si trattasse. A quell’ora di lunedì mattina Elsa chiamava sempre! Si tirò su e si guardò allo specchio. Aveva una faccia sconvolta e gli occhi arrossati. Si lavò nuovamente il viso e si sciacquò bene la bocca, si sentiva un saporaccio acido che le risaliva per l’esofago. Non ce l’avrebbe fatta a mangiare i suoi amati pancakes, solo all’idea le tornava la nausea, ma doveva scendere, non voleva far preoccupare inutilmente Ingrid e inoltre voleva fare due chiacchiere con Elsa.
 
Anna si era portato il cordless in cucina e, mentre mugolava a telefono, Emma la vide caciarsi in bocca due pancakes farciti di marmellata ai mirtilli con aggiunta di nutella. Normalmente lei avrebbe fatto anche di peggio, ci avrebbe messo pure la panna! Ma in quel momento il disgusto le diede nuovamente la nausea. Non poteva permettersi di vomitare ancora e tolse di mano ad Anna il telefono, allontanandosi in giardino, con la speranza che un po’ d’aria fresca la rinfrancasse.   
 
– Mmgnam .. che modi Emmaaa! Stavo parlando con Elsa!
– Si lei stava parlando, tu stai mangiando!
 
Anna aveva fatto spallucce e si era gettata nuovamente sul piatto di pancakes.
 
– Emma come stai?
– Così! Tu piuttosto? Qualche novità interessante?
– Sapessi Emma! L’ho detto già ad Anna e lo starà dicendo alla mamma!
– Cosa?
– Tre settimane fa sono stata scelta per un incarico. Sarò in missione di studio per tre mesi con un sottomarino della Marina. Ho superato brillantemente la simulata per accedere al progetto! Liam è stato un tesoro! Durante la simulata è stato severissimo ma è stato più felice di me quando ha visto che non soffrivo di claustrofobia e mi ha detto che potevo iniziare il giorno dopo l’addestramento. Liam è eccezionale Emma, mi ha addestrata lui stesso. Liam ha molta esperienza con il sommergibile sai? Tra l’altro Liam …
- Aspetta aspetta … Hai nominato questo Liam non so quante volte, ma chi è Liam?
– Ecco … Liam … il Comandante Liam Jones … lui … lui è il Comandante del sottomarino Nautilus … partirò con lui e il gruppo scientifico di ricerca oceanografica … lui … io … io e lui …
- Elsa … sei innamorata?!
 
Ad Emma non pareva vero che la sua glaciale cugina, più sorella che cugina, si fosse finalmente innamorata.
 
– Emma ti prego … non dire nulla alla mamma né ad Anna per ora. Ho aspettato di finire il corso di addestramento per dire dell’incarico, non voglio far sapere a loro di me e Liam per ora …
- Con me ne vuoi parlare?
– Mi farebbe piacere ma mi vergogno un po’ … tu … tu hai perso da poco quel ragazzo … so che lo amavi, io ero lontana … non ho potuto esserti vicina …
- Non ti preoccupare Elsa. Non avresti comunque potuto farci nulla, ma mi fa piacere che finalmente qualcuno ti abbia rapito il cuore, dai raccontami!
– Sai, ci siamo piaciuti fin dal nostro primo incontro, proprio il giorno che ho saputo dell’incarico. Lui, come Ufficiale in capo del sommergibile, era presente. Insomma per farla breve! Quel pomeriggio mi ha fatto fare la simulata e lì tutto è andato a gonfie vele! Mi aveva invitata a cena già appena finito il colloquio e io ho accettato dopo il risultato della simulata. Sapessi che bel ragazzo che è Emma! Con quella divisa bianca della Marina fa un figurone! Nei giorni seguenti ci siamo visti tutti i giorni per l’addestramento e praticamente mi ha invitato a cena quasi tutte le sere, poi una sera … beh hai capito no? Lo sai che mi imbarazzano certe cose!
– Insomma … vi siete baciati e poi …
- Si, ci siamo baciati e lui si è dichiarato in verità, ma non è successo subito quello che sospetti!
– Per come mi sembri presa da lui avrei giurato di si!
– Liam è un gentiluomo, non mi ha fatto quel tipo di avances, è stato romantico e molto dolce. Io … insomma Emma, io non ho una grande esperienza per certe cose, l’avrai capito! Lui però è veramente speciale …
- Insomma pensi che sia quello giusto, quello del “brivido” …
- Si, si Emma! Poi, pochi giorni fa, è successo tutto il resto! Mio Dio ancora non posso crederlo Emma! Ho una piccola vera all’anulare adesso, mi ha detto che vuole conoscere la mamma e tutta la famiglia, questo anello è solo una promessa … mi ama e io amo lui pazzamente! Non credevo che avrei provato un sentimento così forte verso un uomo! Tra quattro giorni partiremo con il Nautilus, Liam lo sta finendo di equipaggiare in questi giorni. Quando torneremo, tra tre mesi, conoscerò suo fratello e gli zii che li hanno allevati, il padre l’ho conosciuto ieri mattina, è venuto a Cork per salutare Liam prima di tornare in America, abita in Florida. Da giovane probabilmente era un uomo molto bello, Liam dice che suo fratello ha ripreso da lui, moro come il padre, mentre Liam ha i capelli biondo ramato della sua povera madre!
– Quindi la madre è morta?
– Si, anni fa! Liam non ne parla volentieri, lui e suo fratello hanno sofferto molto per la sua perdita!
– Li capisco …
- Oddio Emma! Scusami sono un’insensibile!
– No, figurati! Sei solo felice perché innamorata! State facendo progetti per il futuro?
– Forse siamo due pazzi, visto che ci conosciamo da poco ma … si, stiamo progettando il nostro futuro insieme, sono così eccitata per tutte le cose che stanno capitando e mi sento in colpa nei tuoi confronti!
– Non devi Elsa! Meriti ogni bene, è il tuo momento, vivilo in pieno! Io sono stata troppo poco con Kim … ma quel poco è stato molto intenso e non lo dimenticherò per il resto della mia vita …
- Oooh Emma! Ti auguro invece di trovare una felicità più grande!
 
 
Parlarono ancora un po’, poi Emma chiuse la telefonata ripetendo a sua cugina la promessa di mantenere il silenzio su Liam.
 
Mentre riponeva il cordless Emma sospirò, ripensando a se stessa nel periodo in cui era presa da Kim come Elsa lo era ora di Liam. Come per Elsa, anche per lei, incontrare Kim era stato da “brivido”, lo aveva considerato quello giusto e aveva deciso che con lui voleva avere la sua prima esperienza sessuale.
Il giorno che lui l’aveva invitata per la prima volta ad uscire insieme per una cena in quel bel locale italiano, aveva preso quella decisione. Kim si era fatto trovare casualmente vicino alla Facoltà di Psicologia, ora, a pensarci, Emma si rendeva conto che c’era andato appositamente per invitarla, pochi giorni dopo il loro primo incontro “imbarazzante”. Credeva che da quella orribile serata al Rabbit Hole non lo avrebbe più rivisto, invece lui l’aveva cercata e sarebbero usciti il venerdì seguente. In quei due tre giorni prima, aveva immaginato vari scenari tra loro, anche erotici. Kim l’attraeva come una calamita! Gli aveva detto di non mettersi idee strane per la testa, lei non era una facile. Nonostante avesse intenzione di non concedersi ad una prima uscita, aveva deciso di premunirsi. Sapeva che Anna facesse uso della pillola contraccettiva, sapeva anche che fosse necessario un controllo ginecologico per la prescrizione, ma si era vergognata troppo ad andare dalla ginecologa di Ingrid o anche da un altro medico. Quel tipo di visita non l’aveva mai fatta!
Alla fine aveva deciso di rubare delle pillole a sua cugina, pensando che non se ne sarebbe accorta, e aveva iniziato a prenderle.
La serata del venerdì era stata molto piacevole e romantica. Quando Kim l’aveva riportata a casa in macchina, si erano fermati poco distanti da casa e, tra un bacio e l’altro, lei era diventata anche troppo passionale. Ora si rendeva conto che si era lasciata trasportare troppo dall’attrazione per il ragazzo. Anche lui era stato ardente, ma l’aveva bloccata, rimproverandola scherzosamente che se avesse continuato a muoversi in quel modo non sarebbe riuscito a resisterle e lei si era ritirata sul suo sedile vergognandosi. Non era successo nulla in realtà e quando avevano fatto l’ultimo pezzo di strada a piedi, nel freddo serale, lui le aveva posto sulle spalle il suo giubbotto in pelle e lei lo aveva tenuto con sé, con l’intento di restituirglielo presto. Quella notte aveva dormito con quell’indumento vicino, sentendo l’odore del profumo  di Kim, impregnato nel giubbotto e aveva fantasticato sulla scusa per rivederlo. Il pomeriggio del giorno dopo era sabato, spesso il fine settimana lo passava con Regina e aveva usato la scusa di doverle restituire degli oggetti per uscire con quella borsa contenente il giubbotto.
 
Aveva cercato la lettera K sulla rubrica e lo aveva chiamato, chiedendogli se fosse nel suo appartamento. Kim le aveva risposto che in effetti era nel suo appartamento vicino all’Università. Si sarebbero visti lì per le 16.00.
Emma ricordava ogni dettaglio di quel sabato, come l’avrebbe potuto dimenticare? Quel sabato aveva fatto l’amore per la prima volta in vita sua e lo aveva fatto con il ragazzo di cui si era innamorata.
Capiva perfettamente Elsa e la sua felicità. Volle ripercorrere mentalmente ogni dettaglio di quel sabato pomeriggio, aveva bisogno di sentirsi ancora felice come in quel momento.
 
--0--
Erano le 16,00 in punto ed Emma stava suonando al campanello di fianco allo stipite della porta dell’appartamento di Kim. Aveva il fiatone, ma era così impaziente di vederlo che non si era dato il tempo di riprendere fiato. Probabilmente lui aveva la stessa impazienza, visto che aveva aperto mentre Emma ancora stava suonando! Perse un battito al cuore quando lui le aprì con quel sorriso splendido sul viso rasato di fresco e non riuscì nemmeno a dirgli “Ciao”.
 
– Accidenti Swan! Non mi dire che hai fatto i sei piani di scale a piedi!
 
Lei aveva risposto quasi boccheggiando.
 
– Si, mi sembra di averti detto  che quel tipo d’ascensore mi da le vertigini!
– Tesoro se mi citofonavi venivo a prenderti giù e salivamo insieme!
– Il portone era aperto … non ci ho nemmeno pensato …
- Come mai da queste parti?
 
Veramente le stava chiedendo una cosa simile? Non era chiaro che voleva vederlo?
 
– Beh … volevo restituirti il tuo giubbotto … me lo hai lasciato ieri sera!
– Oh! Grazie Swan!
 
Kim aveva preso la busta, restando sull’uscio senza apparente intenzione di volerla invitare ad entrare. Aveva buttato la busta di fianco  e aveva riportato la mano destra allo stipite, mentre con l’altra teneva la porta non completamente aperta.
 
– Avevi altro da dirmi?
 
La stava guardando con uno sguardo malizioso e la stava imbarazzando da morire. Che doveva fare? Era andata lì per passare del tempo con lui e, se anche lui avesse voluto, non gli avrebbe detto di no. Invece lui si stava comportando quasi come se non vedesse l’ora che andasse via!
 
– No! Nulla di particolare … ma ti ho disturbato? Eri impegnato? Mi avevi detto di poter venire …
 
Lui continuava a guardarla con quel sorriso sghembo, gli occhi azzurri magnetici e lo sguardo malizioso. Emma sapeva di essere diventata rossa e più ci pensava e più si convinceva che se lui avesse continuato a guardarla in quel modo sarebbe andata a fuoco!
 
– No … non mi hai disturbato affatto Emma …
- Oh! Bene! Quindi … beh … io ti ho restituito il giubbotto … missione compiuta … allora  … ciao … vado!
 
Si era voltata quasi con gli occhi lucidi. Pensava di essersi resa ridicola, era meglio sparire giù per le scale, non voleva che lui si accorgesse della sua delusione.
 
– Emma aspetta!
 
Velocemente Kim le aveva afferrato la mano e la stava trattenendo. Lei si girò di tre quarti verso di lui, quasi vergognandosi di guardarlo negli occhi.
 
– Non ti andrebbe di entrare per un caffè o qualcosa … di più forte?
“Qualcosa di più forte …”
 
Lo guardò in viso e ora sembrava lui quello un po’ intimidito. Si aspettava un rifiuto? Si era deciso finalmente! Emma non avrebbe rifiutato. Gli sorrise lei questa volta e, mordendosi il labbro inferiore, velando leggermente le iridi verdi con le palpebre, non seppe come aveva trovato il coraggio di rispondergli:
 
– Credevo non me lo avresti chiesto!
 
Kim l’attirò a sé portandola dentro e mentre l’avvolgeva con il braccio sinistro, ruotando verso l’interno dell’appartamento, con la destra aveva dato una spinta alla porta, facendola chiudere. Tenendola stretta a sé con un braccio, con la mano le accarezzò la guancia e poi sollevandole il mento come aveva fatto la sera prima, le accarezzò leggermente le labbra con il pollice. Emma sapeva che quel gesto preludeva il suo modo di baciarla e schiuse automaticamente le labbra, mentre i loro occhi si perdevano quelli dell’uno dentro quelli dell’altra.
Anche Kim schiuse le labbra e, chinando la testa verso di lei, iniziò ad assaporare le sue con dei piccoli morsi innocui, mentre le accarezzava languidamente con la punta della lingua, fino al ricambiare di lei, in modo sempre più avido, ambedue interrompendo per guardarsi in viso, sorridendosi e riprendendo più di prima in baci sempre più profondi e passionali.
Le braccia di Kim la circondavano alla vita e lei portò le mani al suo collo, accarezzandogli la nuca e poi facendo scorrere i suoi capelli neri tra le dita.
Finirono verso il muro, lei con la schiena alla parete, baci sempre più appassionati. Poi improvvisamente Kim si staccò da lei ansimando e lasciandola delusa e desiderosa ancora dei suoi baci, con le labbra umide schiuse e gli occhi verdi languidi.
 
– Emma … non è giusto … io non posso!
– C- come …
- Emma tu vuoi una situazione seria, vuoi una situazione stabile, un ragazzo fisso, il matrimonio, la famiglia … Emma quello che posso darti io non è quello che vuoi! Non mi conosci affatto! Io non sono quello giusto per te! Non posso darti quello che vuoi …
- Kim io non ti ho chiesto nulla e non ti chiederò niente …
- Non ne hai bisogno! Ti conosco! Sei una ragazza all’antica! Ti sveglierai dal sogno e scoprirai che era un incubo! Stai lontana da me Emma … fallo finché sei in tempo!
– Io non ti capisco Kim! Mi hai detto già più o meno la stessa cosa, sei venuto a cercarmi tu e mi hai invitato a cena! Sono qui e non ti sto chiedendo di sposarmi … io … io pensavo di piacerti … credevo mi volessi anche tu …
- Emma … tu non hai capito nulla di quello che ti ho detto! Pensi semplicemente che non mi piaci e che io non ti voglia?  Tesoro non immagini nemmeno quanto tu mi piaccia! E non ti accorgi di quanto io ti voglia?
– Allora perché mi stai respingendo?
– Perché è tutto sbagliato! Tu non hai esperienza alcuna e io sono quello sbagliato per averla con me …
- Quella è una mia decisione Kim e ti ribadisco che sono qui …
- Stai dicendo che sono quello per cui “vale la pena”?
– Non ti vedo come una pena, io sento qualcosa per te e mi piaci, ma non voglio costringerti ad un impegno che non vuoi, sei stato chiarissimo per quello!
 
La luce del pomeriggio filtrava dalla finestra e illuminava il viso di Emma, i suoi occhi erano più limpidi del solito mentre lo guardava in faccia e lui si intenerì vedendola così illuminata e sicura di sé.
 
– Dio se sei bella Emma!
 
Non era riuscito a stare lontano da lei, l’aveva ripresa tra le braccia e si era avventato nuovamente sulle sue labbra, mentre lei lo accoglieva con tutte le intenzioni e la passione che le era possibile.
 
– Ti voglio veramente Emma, ti voglio da quando ti ho visto la prima volta! Speravo che venissi da me con la scusa di quel giubbotto, te l’ho lasciato con questa speranza. Ti stavo aspettando! Ma sono un bastardo che ti farà solo del male!
– Ora non mi importa nulla di dopo, ti voglio anche io!
 
Le loro fronti erano l’una poggiata all’altra e con quelle dichiarazioni ripresero il rituale di baci. Le mani di Kim scorsero sotto la camicetta di Emma, accarezzandole la pelle nuda della schiena, risalendo verso il gancio del reggiseno. Poi Kim si scostò nuovamente con lo sguardo carico di desiderio.
 
– Tesoro … non ci potremo fermare da adesso, io non ci riuscirò … sei veramente sicura di volerlo fare?
 
Emma scrutata in quel modo in viso, si sentì in imbarazzo, abbassò leggermente il viso e lo guardò timidamente.
 
– Sono qui …
- Allora ho bisogno di un Condom …
Lui si era guardato intorno come per ricordare dove li avesse messi. Emma sentì un colpo al cuore per la gelosia, pensando che lui avesse chissà quante ragazze ed occasioni, per cui fosse sempre fornito di quegli aggeggi, ma anche lei in fin dei conti si era preparata. Pensò fosse meglio dirglielo.
 
– Non ne avrai bisogno, a meno che non abbia malattie, io non ne ho e prendo la pillola …
- Non ho malattie Emma, ma il sesso sicuro ha i suoi motivi, non pensavo che prendessi la pillola! Mi avevi detto che non l’hai mai fatto! Da quando prendi la pillola?
 
Kim era sembrato veramente sorpreso e la guardava interrogativamente con la testa leggermente inclinata di lato. Emma imbarazzata si portò le mani in avanti giocherellando nervosamente con le proprie dita, tenendo la testa bassa.
 
– Beeeh non da molto in effetti!
– Da quando Emma?
 
Lei guardava di fianco, tentando di sfuggire al suo sguardo, ma Kim le fece sollevare il viso portandole dolcemente l’indice sotto il mento.
 
– Due - tre giorni direi …
 
Un sorriso emozionato illuminò gli occhi azzurri di Kim.
 
- Hai iniziato a prendere la pillola per me?!
 
Emma si chiese se era stata così trasparente lei o se fosse particolarmente bravo lui a leggerla come un libro aperto. Certo che aveva iniziato per lui! Le aveva rubate addirittura a sua cugina le pillole! Ma questo non glielo avrebbe certo detto! Gli rispose sottovoce, con un filo di fiato, abbassando la testa:
 
- Si …
– Allora avevi già deciso Emma … mi vuoi veramente!
 
Emma lo guardò finalmente negli occhi, lui aveva una tale espressione! Tra la gioia, la sorpresa e forse lo sgomento, come se non si sentisse degno di lei. Gli rispose nuovamente in un sussurro.
 
– Si!
– Allora sono qui … a tua disposizione Emma!
 
Non era ironico il sorriso che le stava rivolgendo, anzi! Era molto dolce in verità ed Emma sentì di amarlo tanto, ma rimase anche in imbarazzo, perché lui si era fermato e aspettava una sua prima mossa. Che doveva fare? Non sapeva più se era il caldo, se era la vergogna o cosa, ma sapeva che stava andando a fuoco.
 
– Io … io non so che devo fare …
 
Kim le sorrise, ancora intenerito dalla sua ingenuità.
 
– Oh Emma! Quasi rimpiango l’effetto che ti ha fatto l’ecstasy! Mentre ballavamo mi avevi detto che volevi togliermi la camicia …
“Dio Kim! Devi proprio ricordarmela quell’esperienza?!
– Puoi cominciare così … toccami … voglio che tu sia libera di fare quello che senti …
 
Le aveva preso le mani intanto e se le era portate sul petto. Emma sentì, attraverso la stoffa di cotone azzurro intonato ai suoi occhi, il calore del suo corpo e la tonicità dei suoi pettorali. Desiderò come al Rabbit Hole di togliergli la camicia ed accarezzarlo. Fu quello che fece, aprendo lentamente quei bottoncini e sfilando dai pantaloni i lembi della stoffa. Kim chiuse gli occhi, mentre lei lo accarezzava dal collo ai pettorali, seguendo la linea della peluria che scendeva a segnare gli addominali. Aveva un bel torace, Emma lo trovava perfetto. Kim assaporava le sue carezze inspirando e tirando indietro la testa. Le stava dando l’impressione di essere alla sua mercé e ad Emma quella sensazione di potere su di lui, piacque molto. Gli tolse la cintura, aprendola decisa, risalì con le mani sul suo petto e sulle spalle, facendogli scorrere la camicia lungo le braccia e togliendogliela completamente. Lui continuava ad essere passivo, ma era evidente la sua tensione sessuale. Kim sospirava leggermente e sorrideva con gli occhi chiusi, stava godendo di quel tocco avido di Emma. Poi lei raggiunse il bottone e la lampo dei pantaloni, le mani le tremarono mentre li aprì, rendendosi conto di quanto lui la desiderasse come le aveva detto.
 
– Ora ferma … tocca a me Emma, voglio accarezzarti anche io!
 
Le aveva ripreso le mani e se le era riportate al collo, poi a sua volta aveva iniziato ad aprirle la camicetta bianca. Decisamente era più esperto di lei, Emma ricordò che quando l’aveva ripescata dal fiume, in quella brutta serata al Rabbit Hole, l’aveva dovuta spogliare e poi le aveva fatto fare sauna e doccia. Lei non ricordava  nulla, ma aveva creduto al suo racconto, prova ne era stata che si era svegliata nuda nel suo letto!
 
Emma era rimasta con il reggiseno di pizzo bianco e Kim iniziò a baciarla sul seno, mentre la teneva per i fianchi. Poi la sollevò in braccio e la portò nella camera da letto, dove Emma si era risvegliata quella mattina dopo il tuffo nel Mystic.
Kim fu veloce a toglierle i jeans e lei, seduta sul letto, fece lo stesso con lui. Finirono abbracciati distesi, l’uno al fianco dell’altra. Emma ancora con reggiseno e slip in pizzo e lui con i suoi boxer neri. Kim la sovrastava e la teneva tra le braccia, chinato sul suo volto, incredulo di averla con sé, almeno così sembrava ad Emma. Baci e carezze si erano susseguiti, sempre più sensuali ed eccitanti. Si erano esplorati reciprocamente, togliendo le ultime barriere di stoffa e pizzo, mentre le loro mani avevano raggiunto la conoscenza e la confidenza più dolce della loro intimità. Ambedue bruciavano nel calore dei loro corpi e Kim si portò quasi seduto sul letto, poggiando le spalle ai cuscini.
 
– Emma … voglio che tu faccia come ieri sera in macchina, muoviti come ti viene spontaneo … fai quello che desideri fare …
 
Emma aveva capito. Era eccitata all’inverosimile ormai e si portò sul suo bacino. Era emozionatissima e lo voleva anima e corpo. Fu così che lei  lo prese piano, scivolando lentamente e cautamente sulla sua erezione, fino a sentire un’insolita e sconosciuta sensazione di pienezza. Lui la teneva per i fianchi, senza costringerla in alcun modo e non meno eccitato ed emozionato di lei.
 
– Love sono tuo ora e tu sei mia, lo sai?
 
Emma non si muoveva, stava sentendo una miriade di sensazioni, fisiche ed emotive. Lo guardava negli occhi, con i suoi vagamente intimoriti e le labbra schiuse.
 
– Tesoro … dovresti muoverti …
- Io … non posso …
- Come non puoi?!
– Ho paura ….
 
Kim era sgomento e lei aveva uno sguardo veramente intimorito.
 
– Paura? Love … adesso? Di cosa?
– Ho paura di sentire dolore!
– Ne hai sentito così tanto?
 
Kim iniziava ad avere un’espressione preoccupata.
 
– Non so nemmeno io cosa ho sentito! Del dolore all’inizio si … poi no, ma ora se sentirò dolore?
 
Kim le sorrise teneramente e l’abbracciò baciandola lungo il collo e scendendo sul seno. Giocherellò con i suoi capezzoli, facendole delle piccole carezze con le labbra e la punta della lingua, li sentì indurire e iniziò a succhiarli sensualmente, poi sollevò il viso per guardarla ancora. Quel tocco aveva avuto un nuovo effetto sulla ragazza. Le sorrise sulle labbra e prima di baciarla ancora la tranquillizzò dicendole dolcemente.
 
– Ti prometto che non sentirai più dolore, ma solo piacere, fidati di me …
 
Avevano continuato nel crescendo dell’eccitazione ed Emma seppe che Kim aveva mantenuto la promessa, quando si sentì portare sempre più in alto nel massimo del piacere che riuscì a farle raggiungere, seguendola subito dopo e restando abbracciati stretti a scambiarsi ancora teneri baci e accarezzandosi in silenzio.
 
Per Emma era stato bellissimo e sarebbe rimasta per ore tra le braccia di Kim, avvolta nella sua tenerezza e inaspettata dolcezza.
Arrivò il momento di separarsi e, dopo essersi fatta una doccia insieme, di cui Emma ebbe piena consapevolezza, rispetto alla volta precedente, si rivestirono e scesero insieme con l’ascensore. Kim ricordava bene della fobia di Emma e delle vertigini, le fece chiudere gli occhi come la volta precedente, ma diversamente da allora, scesero con le labbra incollate tra loro, continuando a baciarsi.
Giunsero a pian terreno e prima di aprire il cancello dell’ascensore Kim si offrì di riaccompagnarla a casa con la sua auto.
 
– No non ti preoccupare, andrò in autobus, non vado a casa, passerò la notte da Regina!
 
Kim la guardò nuovamente negli occhi e lei notò nei suoi un lampo particolare. Poi, inaspettatamente Kim la baciò di nuovo, un ultimo bacio prima di uscire da li?
 No, non era quella l’idea del ragazzo! Mentre la baciava, togliendole nuovamente il fiato e scatenandole nuove sensazioni, con la mano destra schiacciò il pulsante e l’ascensore iniziò a salire di nuovo.
 
– Ma Kim?!
– Sssht Chiudi gli occhi e baciami o ti torneranno le vertigini!
– Ma io devo andare da Regina!
– Le telefoni e le dici che hai da fare questa notte!
 
L’ascensore risalì per i sei piani, mentre loro erano ancora incollati bocca a bocca. Lui fu veloce ad aprire il cancello dell’ascensore e la porta di casa, la riprese in braccio e la portò nuovamente nella sua camera. Questa volta Kim si prese la rivincita contro la sua passività precedente, poiché con la stessa dolcezza e passione di prima, la fece nuovamente sua.
---0---
Il ricordo era ancora indelebile. Era stata una notte di passione, romanticismo e amore. Kim era stato veramente quello giusto per lei. Sorrise a quel ricordo, ma i suoi occhi erano tristi. Doveva andare da Lorna, aveva giusto il tempo di prendere l’autobus ed arrivare da lei. Non poteva fare colazione, la nausea non l’aveva abbandonata. Quando lo disse ad una delusa Ingrid, lei non rispose, ma la guardò enigmatica.
 
“ Santo cielo Emma … non sarai … no, no non può essere!”
 
Il pensiero che era balenato nella mente di Ingrid non venne esternato verbalmente e decise di toglierselo dalla mente. Non era il momento per Emma di affrontare una simile situazione. Doveva studiare, doveva trovare la sua strada. No, decisamente non era il caso di avere un altro “problema” per una ragazza così giovane!.
 
Dublino. Stesso giorno stesso momento.
 
– Ciao Campione! Sei a lavoro?
– Liam! Ciao fratello! Si sono nel mio ufficio, tra poco vado a pranzo! Tutto bene?
 
Killian aveva visto illuminarsi lo schermo del suo cellulare ed apparire il bel viso di suo fratello maggiore. Non lo aveva fatto squillare oltre e aveva risposto, contento di sentirlo da dopo qualche settimana.
 
– Tutto benissimo grazie? Tu piuttosto! Alla fine non hai voluto vedere papà!
– Liam … se è per lui che mi hai chiamato puoi pure riattaccare!
– Dio Killian! Sei sempre stato il migliore tra noi due! Quello sensibile e il più affezionato a nostro padre! Vorrei sapere che diavolo ti è successo!
 
 
Quando Liam aveva quel tono imperioso e serio, da paternale, non lo chiamava mai con il diminutivo che usava per lui da quando era piccolo.
 
– Non so come fai tu Liam! Come sei riuscito a perdonarlo. Tutto è successo a causa sua! Se non era per colpa sua la mamma sarebbe ancora viva!
– È stato un incidente Killian! Ancora non riesci a fartene una ragione? Lei correva troppo, sotto un temporale pazzesco! Nostro padre ha pagato parecchio per i suoi errori non credere! Tu gli hai voltato le spalle, la sua seconda moglie lo ha lasciato e poche settimane fa è morto suo figlio … nostro fratello!
– Non voglio nemmeno chiamarlo fratello Liam!
– Sei diventato proprio di “ghiaccio” Killian! Papà era tornato per te! È a pezzi! Voleva rivederti, forse era un modo per sentire ancora vicino anche nostro fratello minore … tu non l’hai voluto conoscere … era molto somigliante a te … papà mi ha detto che ti sei fatta crescere la barba … senza sareste sembrati quasi gemelli! Killian ci sei ancora?
– Si … sono qui …
- Ti costava così tanto incontrarlo e parlargli?
– Liam basta così! Ho da fare adesso!
– Aspetta Killian, ho altro da dirti!
– Se devi farmi un’altra paternale scordatelo Liam, non voglio sentire nostro padre e non serve che mi faccia da padre tu, ci ha pensato zio Henry a quello!
– Non voglio farti da padre … non l’ho mai fatto … sono stato semplicemente tuo fratello e ho avuto le tue stesse esperienze … volevo darti una bella notizia piuttosto!
– Già va meglio Liam e dal tono direi che è un’ottima notizia! Di che si tratta?
– Ho conosciuto una ragazza!
– Non mi pare che sia la prima volta no?
– Non fare l’idiota fratello! Questa non è una ragazza qualsiasi … è speciale! Se la vedessi! Un angelo biondo, bella intelligente, spiritosa, seria quel che deve …
- Wow! Sei cotto Liam?!
– No peggio! Sono pazzo di lei! Ci siamo fidanzati, la voglio sposare …
 
Killian si era tirato più su sulla sedia ergonomica del suo ufficio, interessato a quello che diceva il fratello.
 
– Sposare?
– Ti sembra così strano Killian! Dovresti innamorarti anche tu, ti scongeleresti un minimo ne sono certo! La mia Elsa è un biologo marino. Ci siamo conosciuti tre settimane fa. È una ragazza brillante, viene da Boston, ha perso il padre qualche anno fa e vive con la madre, una sorella e una cugina orfana che è cresciuta con lei …
 
Killian ebbe una strana sensazione.
 
– Scusa … come hai detto che si chiama?
– Elsa … Elsa Frozen …
“Non ci posso credere! Liam si è fidanzato con la cugina di Emma!”
– Ti ho chiamato per dirtelo e per dirti che partiremo tra pochi giorni per uno studio di tre mesi …
- Ovviamente con il tuo Nautilus!
– Ovviamente fratello! Quindi quando torneremo, fatti bello, che te la farò conoscere, forse inviteremo in Irlanda la sua famiglia, voglio festeggiare il nostro fidanzamento ufficiale!
– Vuoi fare proprio le cose per bene?!
– La amo Killian e ti auguro di trovare la donna giusta per te, come io ho trovato Elsa!
 
“La donna giusta!”
 
La telefonata finì con i saluti reciproci e con gli auguri di Killian a suo fratello maggiore.
Posato il cellulare sulla sua scrivania, Killian si allungò con la schiena verso la spalliera della sedia ergonomica, la quale oscillò molleggiando. Guardò verso il soffitto bianco del suo ufficio supertecnologico. Chiuse gli occhi e li massaggiò con il pollice e l’indice della mano destra. Si chiese perché tutto era così facile e semplice nella vita di Liam rispetto alla sua, così ambigua, tesa … complicata. Liam aveva detto che avevano avuto le stesse esperienze. Non sapeva quando fosse in errore! Non immaginava nemmeno quali fossero state le esperienze di Killian. Come avrebbe mai potuto dirgli che aveva conosciuto il loro fratello più piccolo? Lo aveva conosciuto bene e sapeva anche quanto gli somigliasse, come una goccia d’acqua! Sapeva perfettamente che era morto poche settimane prima e non avrebbe potuto dirgli nemmeno perché lo sapeva! Erano tante le cose che Liam non sapeva di lui. Non sapeva nemmeno che l’avesse già trovata la donna giusta, quella da amare per il resto della propria esistenza! Altroché se l’aveva trovata! Dolce, intelligente, bella con due occhi cristallini e puri come l’acqua del  Lough Tay!
 
Aveva bisogno di vederla ancora. Aprì il cassetto alla sua destra ed estrasse una copia a dimensione naturale del suo viso. La posò sulla scrivania, davanti a sé e con l’indice seguì il contorno della sua guancia. Avrebbe voluto accarezzare veramente quella pelle giovane e tonica e quelle labbra, prima di baciarle con sentimento.
Non avrebbe potuto ovviamente. Lei era ancora innamorata di un ragazzo ormai defunto e lui come avrebbe potuto presentarsi da lei?
 
– Devo vederti Emma! Troverò il modo per farlo! Voglio capire se è un incantesimo questo che mi hai lanciato o se è la realtà!
 
 
Angolo dell’autrice
 
Eccovi il ritorno di questa storia! L’aspettavate? Vi si sono chiariti dei dubbi?
Ci sono state diverse sorprese in questo decimo capitolo e si stendono strade per eventi futuri, ma ancora siamo in alto mare per la conclusione, quindi abbiate un pochino di pazienza. Purtroppo non la pubblico costantemente, ma non ho intenzione di abbandonarla incompiuta, mi piace concludere le cose che faccio!
Questo capitolo tratta nel sottofondo la difficoltà ad ottenere la maternità, la prima esperienza sessuale e sentimentale e la contraccezione, il maltrattamento alla donna, sia psicologico che fisico e l’accettazione di impreviste sorprese, qualsiasi esse siano …
Mi piacerebbe sapere quali sentimenti vi ha suscitato fino ad ora, lo so sono quella rompiscatole dei sentimenti e delle sensazioni! Chi mi conosce sa perché lo chiedo sempre, le mie storie le uso in vari modi! Comunque sia ringrazio tutti coloro che seguono, chi ha inserito nelle varie categorie e chi lascia i suoi commenti.
Un abbraccio e un augurio di buona settimana e buona visione della settima stagione di OUAT.
Baci Lara
 
 
   
 
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