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Autore: Hil 89    08/10/2017    0 recensioni
Come si può notare dal titolo, ho preso spunto da questo meraviglioso libro. Non ci sono molte altre parole da aggiungere, se non che ci sarà molto angst, ma anche tanto amore.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1



Erano passate due settimane dalla morte di Stiles.
Derek si muoveva come un fantasma nel loro piccolo appartamento.
L’avevano comprato con i loro risparmi, appena il più piccolo aveva finito il liceo. Il padre di Stiles non era stato molto convinto della loro scelta, lasciare Beacon Hills per trasferirsi a New York, ma l’esuberanza e i buoni propositi del figlio alla fine erano riusciti a convincere lo sceriffo a lasciarli partire.
Derek ancora ricordava il sorriso a trentadue denti dipinto sul volto del suo ragazzo quando ricevettero le chiavi dell’appartamento. I suoi occhi d’ambra brillavano di felicità e quando si voltò verso di lui, la sua contentezza fu talmente contagiosa, che lo sollevò da terra senza fatica facendogli fare un mezzo giro prima di baciarlo sulle labbra.
Lo sguardo di Derek cadde sul mazzo di chiavi abbandonato sul tavolino vicino all’ingresso, lo prese con dita tremanti e se lo strinse al petto.
La casa era buia, silenziosa, spenta. Esattamente come la sua vita prima di incontrare quel ragazzino logorroico ed iperattivo. Si lasciò cadere sul divano, le chiavi ancora strette nel pugno, le spalle curve ed il respiro tremolante.
Come avrebbe fatto ad andare avanti senza di lui?
Non poteva.
Si sentiva vuoto, solo.
Il silenzio surreale venne interrotto dal suono del telefono, Derek alzò lo sguardo verso il ricevitore, ma non mosse un muscolo.
Non voleva parlare con nessuno. Non voleva sentire la voce dell’ennesima persona che gli faceva le condoglianze, che gli diceva che avrebbe dovuto reagire al dolore, che ci sarebbe stata se avesse avuto bisogno di qualcosa.
Lui non aveva bisogno di niente.
Voleva solamente rimanere chiuso in casa, circondato dai ricordi e dagli oggetti che gli riportavano alla mente il suo Stiles.
Si passò le mani sul volto, e non fu affatto sorpreso di trovarlo umido.
Succedeva spesso ormai.
Lui non aveva mai pianto così tanto.
Nemmeno quando i suoi genitori e sua sorella Laura morirono a causa di una fuga di gas, che causò l’incendio che bruciò la sua vecchia casa.
Ora invece, i suoi occhi non facevano altro che lacrimare.
E lui non aveva più la forza per contrastare tutto quel dolore, tutta quell’amarezza, tutto quella rabbia che lo avvolgeva da quel maledetto giorno.
Il suo sguardo cadde su una foto appesa vicino all’ingresso: lui e Stiles erano seduti su una panchina di Central Park, Derek leggeva un libro, una mano sulla caviglia di Stiles che teneva le gambe stesse sulle sue e lo guardava con sguardo sognante.
Quel giorno nessuno dei due sapeva che quello sarebbe stato l’ultimo giorno completamente spensierato.
Il giorno seguente infatti, Stiles iniziò ad accusare dei forti mal di testa, che diventavano sempre più frequenti e devastanti, fino a che non rivelarono la triste verità: un tumore al cervello.
Un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra, seguito subito da un altro. Si accasciò sul divano e chiuse gli occhi, crollando in un sonno tormentato e senza sogni.

BAM BAM BAM

Derek si svegliò di soprassalto, si guardò intorno ancora assonnato e notò i raggi del sole filtrare dalla finestra, aveva dormito sul divano tutta la notte.
Si passò la mano sul volto stanco quando quel rumore fastidioso si ripeté, si alzò di malavoglia e si avvicinò alla porta, guardò nello spioncino e sospirò prima di aprire.
“Der, finalmente. Mi stavo preoccupando”  il viso delicato di sua sorella Cora lo squadrava con attenzione, “Hai un aspetto orribile fratellone” continuò la ragazza accarezzandogli piano una guancia coperta dalla barba, Derek si sottrasse dal suo tocco e si spostò per farla entrare.
“Cora, cosa ci fai qui?” chiese senza realmente voler sapere la risposta.
“Sono venuta a controllare come procedeva la tua autodistruzione, Derek”
“Simpatica” disse semplicemente mentre tornava a sedersi sul divano, Cora dette un rapido sguardo all’interno dell’appartamento ed iniziò a recuperare alcuni piatti sparsi per il salotto.
Derek si passò le dita tra i capelli, prima di parlare: “Cora, lascia stare. Ci penso io”.
La ragazza si voltò verso di lui e gli regalò un sorriso dolce: “Der. Sei il mio fratello preferito, lo sai. Ma mi spiace dirti che al momento non sei in grado di pensare a te stesso. Guardati intorno, c’è un vero e proprio casino qui. E tu sei in condizioni ancora peggiori. Da quando non ti fai una doccia?” disse avvicinandosi e prendendogli entrambe le mani l’aiutò ad alzarsi, “Che ne dici di approfittarne? Io sistemo un po’ mentre tu ti fai una doccia? Poi ci beviamo un caffè insieme”
Derek annuì appena e si fece baciare una guancia dalla sorella, prima di trascinarsi verso il bagno in silenzio. Si chiuse la porta alle spalle e si guardò allo specchio: era pallido, profonde occhiaie gli incorniciavano gli occhi verdi dandogli un aspetto malaticcio e la barba incolta lo faceva sembrare un barbone.
Si spogliò e si buttò sotto il getto dell’acqua beandosi di quella sensazione di leggero benessere. Si lavò con cura, chiuse il rubinetto e si avvolse i fianchi con un asciugamano, tornò davanti allo specchio e sistemò la barba tagliando quella in eccesso, si passò la mano tra i capelli per dargli un senso ed uscì dal bagno per andare ad indossare dei vestiti puliti.
Quando tornò dalla sorella, la trovò concentrata a preparare due tazze di caffè, si guardò intorno e notò che la ragazza aveva pulito l’intero appartamento. 
“Ehi” lo richiamò Cora, andandogli incontro con una tazza in mano, “Grazie” sussurrò lui mentre la seguiva sul divano. Si sedettero vicini, in silenzio, sorseggiando la bevanda calda.
“Che ne diresti di venire a cena da noi, stasera?”
“Cora…”
“Lo so che ti manca. Che non è giusto che sia morto. Che avevate una vita da vivere. E che ora vorresti solo stare solo...”
“Cora…”
“Stiles non vorrebbe vederti rinchiuso qui dentro per sempre”
Gli occhi di Derek si sbarrarono, si voltò verso la sorella con uno sguardo tra il furioso ed il disperato, ma dalla sua bocca non uscì un suono.
Cora gli tolse la tazza dalla mano e gliela strinse, facendogli un altro sorriso, “Pensaci, ok? Ti aspettiamo per le 19.30” detto questo si alzò e si diresse verso porta, prima di uscire si voltò verso il fratello e disse: “Stamattina è arrivata una lettera per te a casa mia. Non c’è il mittente. Ma sopra il mio indirizzo c’è scritto Sourwolf. A stasera” Cora gli sorrise un’ultima volta e poi se ne andò.
Derek rimase in silenzio ad osservare il vuoto.
Sourwolf
Solo una persona lo chiamava così: Stiles
Com’era possibile?
Il destino maledetto aveva deciso di prendersi gioco ancora una volta di lui.
Cosa doveva fare?
Rimanere chiuso in quella casa ricca di ricordi passati, oppure uscire ed andare incontro a quella piccola speranza?
Chiuse gli occhi, lasciandosi cadere tra i cuscini del divano.

“Avanti, Sourwolf! Cosa aspetti? Buttati!”
Stiles era di fronte a lui, il volto cosparso di nei era illuminato dai raggi del sole, gli occhi d’ambra brillavano e le sue labbra morbide erano piegate in un meraviglioso sorriso.
“Fidati di me!” il ragazzo gli dette le spalle e si tuffò dalla scogliera.
Derek lo osservò e fece qualche passo in avanti per guardare oltre il precipizio.
La risata di Stiles riempì l’aria, lo vide nuotare verso la riva fino alla spiaggia, poi alzò lo sguardo verso di lui e lo salutò con la mano.

Derek riaprì gli occhi, si guardò intorno leggermente spaesato, la sua attenzione venne attirata dall’orologio elettronico del forno: 19.15.
Si alzò ed afferrò la sua giacca di pelle, osservò ancora per un attimo la foto appesa vicino alla porta, prima di aprirla e chiudersela alle spalle.

  
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