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Autore: shinigami di fiori    08/10/2017    2 recensioni
Quando Gin arrivò sull'isola portava te in braccio...Eri piccolissimo.
Ci chiese di occuparci di te.
Non potevo lasciarti nelle sue mani, così decisi di prenderti con noi.
Provai a chiedergli di tua madre ma mi disse che si erano separati.
Per questo noi...
Non sappiamo nulla di tua madre...
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jin Freecss, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi di Gon si focalizzarono immediatamente sugli ingranaggi del videoregistratore che giravano.

Due uccellini si posarono sul davanzale della colorata finestra della stanza.

 

-E così alla fine sei diventato Hunter-. La voce di Gin era molto matura, quella di un uomo ormai.

Killua fissò prima il ragazzino corvino davanti a sé, poi si concentrò nuovamente su quella voce sconosciuta.

-Comunque ho una cosa da chiederti...-

Ogni parola era preziosa e gli occhi di Gon luccicavano come pietre preziose.

 

 

-Vuoi incontrarmi-?

 

 

 

La sua voce così carica di sentimenti.

Gon si sentì il cuore riempire di una strana forza che non conosceva.

Qualcosa di potente.

Gon aveva sentito per la prima volta la voce di suo padre; era come se, prima di registrare il nastro, Gin avesse letto nella mente di suo figlio.

Certo che lo voleva, più di qualsiasi cosa.

-Se ci tieni continua ad ascoltare, altrimenti premi il tasto Stop- Disse la voce.

A Gon non passò nemmeno per l’anticamera del cervello.

 

Mito approfittò della giornata soleggiata per stendere i bianchi panni al calore del sole, addolcendo lo sguardo quando si ritrovò fra le mani la maglietta verde di Gon.

 

 

-Immagino che la risposta sia “si”-.

Anche se Gon non avrebbe potuto saperlo, pensò che nel pronunciare quelle frasi Gin avesse sorriso.

-Allora rispondi ad un’altra domanda-. Disse ancora.

Gon rimase immobile.

 

-Sei pronto-?

Il piccolo non ebbe nemmeno il momento di realizzare che subito l’uomo parlò di nuovo.

-Gli Hunter sono una razza egoista: sono pronti a rinunciare a tutto per inseguire ciò che vogliono-.

Killua incrociò le braccia al petto.

-Se vuoi semplicemente incontrarmi, è meglio che fermi qui la registrazione-.

I ragazzini rimasero in silenzio.

-Ti do un minuto per pensarci-. E la voce cessò di parlare.

Il piccolo assassino si voltò interrogativo verso Gon.

-Cosa pensi di fare-? Chiese, pentendosene subito dopo.

Non aveva mai visto uno sguardo così determinato sul viso del suo amico...Forse quando doveva rubare la targhetta di Hisoka aveva avuto uno sguardo simile.

L’albino sorrise, attendendo lo scadere del minuto.

 

Mito si asciugò il sudore dalla fronte con un sorriso intenerito, godendosi il calore del sole.

Dal registratore emerse un sospiro dolce e paterno.

-Immagino tu voglia davvero incontrarmi-.

Gon sorrise.

 

 

 

-Ma io non voglio vedere te- Disse poi.

Gon e Killua si stupirono, chi più chi e chi meno dispiaciuto.

-Non so con quale faccia tosta potrei mai presentarmi a te-. Disse imbarazzata la voce, molto simile al tono che usava spesso Gon in certe situazioni.

-D’altronde ho rinunciato alla mia paternità per perseguire i miei interessi, non sono una brava persona- Ammise.

I due piccoli passeri spiccarono il volo, allontanandosi verso il mare.

-Immagino che da quando abbia registrato questo nastro siano passati almeno dieci anni-.

 

 

 

Mentre il nastro scorreva, da qualche parte nel mondo, un enorme tornado di fuoco imperversava su un’isola lontana.

 

-Ma c’è una cosa che non è affatto cambiata-.

 

Sotto un enorme albero secolare, un uomo si sollevò non badando alla sabbia impetuosa e al vento minaccioso.

Un sorriso.

-Io sono sempre lo stesso-.

 

L’uomo, seduto sopra la testa di una strana creatura anfibia, urlò:-Bo-!

E subito la creatura su cui era comodamente sistemato si sollevò, dando il segnale ad un altro mostro sotto di lui di levarsi in volo.

Le eleganti ali piumate iniziarono a sbattere forti contro il vento contro corrente.

Davanti a lui, un oscuro tornado nero si avvicinava senza esitazione, portandosi dietro una sconveniente melma nera.

 

 

-Mentre stai ascoltando la mia voce, starò di sicuro facendo qualcosa di folle- Continuò la voce.

 

-Se mi vuoi incontrare vienimi a cercare, ma come ti ho già detto, io non ti voglio vedere- Disse asciutta la voce del nastro.

 

 

Un ruggito animalesco fuoriuscì da quel tornado di nubi e liquido nero.

I capelli non erano più di quel bianco candido da anni ormai, abbandonati ad un orribile grigio spento.

L’armatura era rovinata e alcune parti assenti: non vi erano più i guanti neri, l’elmo scuro e un gambale.

Ormai era a pezzi.

Il viso era scarno e scheletrico, non vi era niente di vivo sotto quei pochi pezzi di ferro.

A coprire dove avrebbero dovuto esserci gli occhi una benda lasciata penzolare di fianco al viso, lunga fino al busto che, oramai, non si muoveva nemmeno per inalare aria ed espellere anidride carbonica.

-Ancora fuori dal confine, Cavaliere-? Sorrise l’uomo, mordendosi le labbra.

In risposta la creatura gli urlò contro, sguainando la spada arruginita dalla lama spezzata e l’elsa rotta, simbolo che anche la restrizione, ormai, si era indebolita.

 

-Se capirò che ti stai avvicinando, mi allontanerò- Il nastro proseguiva il suo corso.

-Prova a prendermi, sei un Hunter no-?

 

La spada cozzò contro il muso del drago piumato, facendo scaturire scintille rosse e gialle.

 

 

Il piccolo corpo di Gon venne scosso da un fremito e, per istinto, il nen ricoprì il suo corpo per qualche istante.

Aveva accettato la sfida di Gin.

-Sembra che tuo padre ci darà del filo da torcere- Sorrise Killua.

Si sporse in avanti per spegnere il registratore, ma il corvino lo bloccò.

-Aspetta, Gin è ancora lì-. Disse serio.

-Ah, dimenticavao di dirti una cosa-.

Killua si sistemò di nuovo a gambe incrociate.

-Riguarda tua madre-.

Il cuore di entrambi ebbe un sussulto.

-Se ti interessa continua ad ascoltare il nastro, altrmim-.

 

 

 

Click.

 

 

 

 

Il vortice nero rallentò, muovendosi dolcemente.

Le urla del Cavaliere si attenuarono, lasciando spazio solo al silenzio e al grido della tempesta.

Il rumore del battito d’ali della crature era potente, tanto da rimbombare tra le mura del vento compatto.

Gin aguzzò lo sguardo, interrompendo il duello.

Il Cavaliere, tenuta saldamente dalla melma abissale che l’accompagnava, volse lo sguardo coperto verso l’altro, gemendo piano.

Il Double Hunter piegò la testa, confuso.

-Cosa succede? Ti sei dimenticata come si combatte o hai deciso di tornare a casa per questa volta-? Chiese, cercando di mantenere un sorriso sulle labbra.

Ormai le parlava sempre così, non era più Alva.

Ma rimaneva immobile.

-Ohi, Cavaliere-! Chiamò, non ottenendo risposta.

 

 

 

 

 

 

 

-Ne sei sicuro-? Chiese Killua, notando lo sguardo deciso ma, al tempo stesso, confuso del ragazzino di fianco a lui.

Un respiro profondo.

-Si-.

Gon sorrideva.

-Ma potrebbe esserci qualche indizio-. Lo spronò lo Zoaldyck.

-Ne dubito, è il mio istinto a dirmelo-. Sorrise, osservando il vecchio registratore davanti a lui, fermo sulla modalità “Stop”.

-Te l’ho detto ieri no-?

 

 

 

 

Il Cavaliere sollevò il braccio ossuto e tremante coperto di ferro scuro.

Arrivò dove un tempo il suo cuore batteva per la vita, per cercare la cura di quei bambini colpiti dalla malattia causata dal Girotondo delle Rose.

 

 

 

 

 

-Mia madre...è Mito-san-!

 

 

 

La tempesta cessò in quel momento e Gin, preso alla sprovvista, atterrò sulla terra della piccola isola, ai piedi del grande albero secolare.

Improvisamente, grandi nuvole nere portarono la pioggia in quella zona.

Succedeva sempre, pensò Gin: dopo la tempesta di sabbia le nuvole potevano scaricare la loro acqua in santa pace.

-Cosa succede-? Chiese, sentendo con i palmi delle mani la fresca pioggia scura.

Scura.

Perchè quella pioggia era causata dalla tempesta dell’abisso del Cavaliere, e non dalle nuvole sopra di loro, pensò Gin.

Non era una pioggia normale.

Quando Gin sollevò gli occhi, il suo cuore cominciò a pompare più sangue del normale.

Il Cavaliere stava atterrando graziosamente accompagnata dal vento nero, come avrebbe fatto la mano di un uomo che la aiutava a scendere da una carrozza.

Gin rimase in guardia, scendendo dai due mostri che, a quella scena, si ripararono ai piedi dell’albero.

Quando l’unico stivale di ferro toccò l’erba bagnata, il tornado si ritirò verso il mare, come a voler lasciare i due da soli.

Gin azzardò.

 

-Cavaliere-?

 

 

Improvvisamente tutto il fango e l’abisso sul suo corpo cominciarono a cadere a terra, facendo appassire tutti i fili d’erbi superstiti della tempesta.

La pezza che copriva i suoi occhi cadde, acciambellandosi ai suoi piedi.

Gin spalancò piano la bocca.

I suoi occhi del colore del miele divennero lucidi e del moccio cominciò a colare dal suo naso.

Un sorriso gentile e stanco cominciò ad avvicnarsi a lui.

Due braccia magre e pallide si stavano spalancando all’orizzonte, rimanendo però davanti a lui alla giusta distanza.

Gin cominciò a piangere silenziosamente, osservando quello spettacolo.

Erano i suoi occhi.

I capelli decisamente più lunghi, tanto da strisciare contro l’erba umida, ma di nuovo di quel nero corvino che li aveva accompagnati quando consumarono il loro amore in una notte lontana.

 

 

-Alva-. Sussurrò.

 

La donna sorrise, fermandosi a parecchi metri da lui, ma riconosciubile con la donna di cui si era innamorato.

-Ha fatto la sua scelta, Gin-. La sua voce, così dolce, così calma da poter cullare qualsiasi cosa.

Erano più di dieci anni ormai che Gin sentiva solo versi animaleschi e grida di dolore uscire da quelle labbra.

Ora era davanti a lui.

Era li.

-Alva, Alva-.

I singhiozzi rendevano impossibile una conversazione.

-Gin...Grazie per avermi trattenuta tutti questi anni...Grazie di tutto-.

-Alva, aspetta, cosa succederà ora-? Chiese Gin, sbracciandosi verso di lei.

Aveva capito... Avea capito che Gon aveva fatto la sua scelta, e per lui era stata quella sbagliata, per quanto egoista possa essere stato il suo pensiero.

Alva Sorrise dolcemente mentre la melma nera ricominciava ad arrampicarsi sulle sue gambe, i suoi capelli tornavano a schiarirsi e la pelle a impallidirsi.

-Ho tenuto quel poco di energia che mi era rimasta per poter assistere con lucidità alla decisione più importante della mia vita; sono soddisfatta, Gin-. Si portò le braccia al petto, chiudendo gli occhi.

-Cosa? Te ne andrai di nuovo-? Urlò, in preda alla rabbia e alla tristezza.

Aprì piano gli occhi scuri.

-Gin, tornerò ad essere quell’orribile mostro, a meno che tu...-

A Gin mancò un colpo, non poteva chiedergli una cosa del genere.

-Cosa? No, non lo farò mai, mi hai sentito? Continuerò a respingerti, conintuerò a lottare contro di te tutte le volte che vorrai-. Piangeva, accasciandosi a terra in ginocchio.

Alva sorrise tristemente.

-E mi abbandoneresti in un incubo senza fine? Ti prego Gin, ora so che Gon è felice anche senza di me...Non abbandonarmi ancora in quello stato-.

-Io non lo farò, io...Non posso farlo, capisci? Io ti...-

Rhea non era mai stata tanto felice.

-Anche dopo avermi vista in quello stato-?

-Non mi importa! Tu sei Alva Rhea, la donna che ho amato-. Gridò, sbattendo un pugno sull’erba morbida.

Alva sorrise mentre la melma le copriva metà viso, segnadolo in due.

 

-Grazie, Gin-.

 

 

L’Hunter singhiozzava affranto e imbestialito con il mondo intero.

-è l’ultima cosa che ti chiedo, Gin...Non farmi tornare com’ero...Ti prego-.

 

 

 

 

 

 

“Raccontami tutto quello che sai...Sul continente oscuro”

“Sei molto curioso, Gin Freecs”

“Passa la notte con me, Cavaliere”

 

 

 

Alva chiuse l’unico occhio che le rimaneva, dal quale scesero brillanti e trasparenti lacrime.

-Sono quelli i ricordi che dovresti avere di me, Gin...-

Freecs strinse i denti, sollevandosi di scatto e gridando al cielo terso e scuro.

 

 

-Allora...- Alva venne totalemente inghiottita dalle tenebre di nuovo, questa volta per sempre.

 

-Alva Rhea, io ti amo, capito? Ficcatelo in testa-! Urlò, tra le lacrime, accarezzando la piccola pistola che, da qualche tempo, si portava dietro quando il Cavaliere varcava il confine del Continente Oscuro.

La mente del Cavaliere cominciava ad annebbiarsi.

Si sentì in pace.

 

 

 

 

 

-Il tramonto di una vita che ha imparato a splendere...La cenere che ha conosicuto la brace-.

 

 

 

 

 

Netero sollevò lo sguardo verso la finestra; l’aria di York Shin City si era fatta geilda.

-Hai finito di aspettare, Cavaliere-? Sussurrò, osservando la licenza che, molti anni prima, Alva aveva riportato all’associazione.

-Quel continente oscuro...Potrebbe essere un vero problema- Disse in tono scherzoso, mangiando un biscotto che la cameriera gli aveva lasciato sul vassoio.

 

 

 

 

Gon chiacchierava felice con Mito, prendendo in giro Killua che, intanto, arrossiva e rincorreva il corvino in giro per casa.

Anche se il nastro era stato programmato per distruggersi dopo l’ascolto, Gon era convinto di poter trovare Gin anche senza indizzi...Perchè è questo che fa un Hunter.

Dpotutto lui era il figlio di un grande uomo, un grande Hunter.

 

 

 

E di un grande Cavaliere...Una madre che ha sacrificato la sua alba per lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alva Rhea, Cavaliere dell’alba.

3:45- Audio-registrazione:

Mi dispiace Gon, di non poter esserti accanto e di non essere la mdre che ogni bambino desidera.

Però sono molto felice di poter parlare con te.

Da madre ci sono così tante cose che vorrei dirti.

I miei occhi non vedono più...Le mie orecchie non percepiscono alcuni rumori e presto non potrò più camminare...Però io…

Sento ancora della vita che scorre in me...E quella vita sei tu...Il mio bambino, il mio piccolo Gon.

Chissà quale futuro sceglierai...Chissà se seguirai le orme di tuo padre.

 

 

Sentendo la mia voce...Come mi immaginerai?

Ascoltando il silenzio di questa stanza...Dove credi che sia in questo momento…

 

Come sono i miei capelli...Il colore dei miei occhi, i lineamenti del mio viso…Ti chiederai com'era fatta la tua mamma, Gon?

Gon Freecs…

Non sentirò la prima volta che riuscirai a pronunciarlo...Non udirò tutti i tuoi tentativi di camminare, parlare...Chiamarmi mamma.

Non sarò lì con te...Gon.

 

Vorrei...Stare con te...Vorrei crescerti, conoscerti, insegnarti a leggere.

Però io...

“Cavaliere, dobbiamo chiamare i dottori”

Ma io, io devo parlare, con, con Gon.

Gon, io...

“Non abbiamo tempo, Cavaliere”

 

 

Ma certo, ma certo!

Io sono Alva Rhea, il Cavaliere dell’Alba, la tua mamma, Gon!

Ti voglio bene Gon...La mamma ti vuole bene.

 

 

Dobbiamo prepararla per un parto naturale?
No, il suo corpo non reggerebbe lo sforzo, preparate la sala operatoria...Faremo un cesario

 

 

 

 

Il Cavaliere...Aspetta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-Angolino dell’autrice in lacrime-

Ve lo dico, sto piangendo.

Finita, capuuuuut!!!

E io sono davvero, tanto, molto, super (stile Franky), iper, mega trsite.

Da dove cominciare? Ahahahaha dalle lacrime nel mio caso.

Spero che questo triste viaggio vi sia piaciuto almeno quanto sia piaciuto a me <3

Ringrazio tanto chi è arrivato fin qui perchè è per far conoscere questa storia anche a voi che l’ispirazione ha fatto le sue mosse... Quindi GRAZIE DI CUORE A TUTTI VOI! <3

A chi ha letto, recensito e parlato con me, davvero, avete reso tutto meraviglioso ;D

Fatemi sapere cosa ne pensate, se volete discutere di qualsiasi cosa io sono qui, ad aspettare le vostre recensioni e le vostre opinioni <3

Ci vediamo, mando una abbraccio a tutti voi!
GRAZIE <3

-Shinigiami di fiori-.

 

 

  
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