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Autore: clarisss95    08/10/2017    3 recensioni
(Basato sulla 1x10 della serie)
Clary ha lasciato il mondo parallelo, ma ciò non vuol dire che le vicende degli altri non continuino.
Alec è un ragazzo gay fiero che organizza dei party.
I Sizzy sono dei nerd che stanno insieme.
Magnus è una persona timida e innocente che fa tarocchi in televisione.
I Clace sembrano i perfetti fidanzati.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2


Isabelle era intenta ad osservare le varie forme tridimensionali che passavano sullo schermo, eppure non riusciva ad identificare quali fossero le più adatte. I triangoli? I cerchi? I rettangoli? I pentagoli? Gli otto-
Una voce la risvegliò, mentre era assorta in quelle figure. Era la voce di Valentine che parlava con Raj, addetto alle vendite. Si soffermò più del dovuto a guardarlo. Quell'uomo era così....affascinante. 
Lei non aveva mai avuto nessun ragazzo - a parte Simon, con cui stava - nessuno l'aveva mai calcolata prima e si perdeva spesso a fantasticare sugli amori dei suoi romanzi preferiti. 
Con Simon invece era andato tutto di fretta, era stato troppo spontaneo. 
Si erano conosciuti  tramite un social che reclutava dieci dei più intelligenti ragazzi di New York. Erano il quinto e la seconda, loro. 
Inutile dire che avevano passato tutta la settimana parlando tra loro, da Star Wars agli Avengers, dalle serie tv più conosciute a quelle meno, a quelle che stavano andando in onda nel periodo. Si erano persi di vista, alla fine. Ma si erano ritrovati grazie a Jace e Clary, che avevano iniziato ad uscire insieme. 
 Ed era scoccata la scintilla dopo che lei lo aveva battuto a Fifa10. 
 Il moro l'aveva accompagnata alla porta di casa sua, e aveva parlato così velocemente che lei non l'aveva sentito, chiedendogli di parlare con calma.
- Izzy, mi piaci. Tanto - aveva mormorato. Lei era rimasta senza parole. Avrebbe creduto fosse uno scherzo, ma quello sguardo l'aveva davvero catturata. 
- Anche tu mi piaci, Simon - aveva detto lei, ad alta voce. 
Poi lui si era avvicinato e le aveva dato un bacio sulla guancia. 
Simon lo sapeva, che Izzy non era mai stata fidanzata, e non le aveva messo mai pressioni. Si diedero il primo bacio alla terza uscita, perché lei voleva andarci piano e voleva che fosse tutto il più bello possibile. 
Ed era così. Con Simon stava davvero bene.... 
- Non sei voluta venire ad abitare con me per lui, vero? - disse una voce dietro di lei. La voce del ragazzo a cui stava pensando.
- Eh? - fece lei, voltandosi per guardare Simon. 
Il suo ragazzo in quel momento sembrava arrabbiato. - Ti piace il nostro capo. Sei interessata a lui.
- Cosa? - Isabelle strabuzzò gli occhi. Come faceva lui a saperlo?
- Non sono stupido, Isabelle. Le noto certe occhiate...
- Simon, non è il momento di fare una scenata. 
- Sai che sono più responsabile di quel che sembra. Comunque okay, rimani invaghita di un uomo sposato che non ti noterà mai. 
- Dai, Simon devi capire..... 
- Cosa? Izzy io ti amo. Stiamo insieme da un anno, avrei capito se fosse stato questo il problema. Ma...lui? - adesso il ragazzo sembrava più...deluso. 
Ma Isabelle si difese per orgoglio. - E' solo una cotta platonica...tu stesso mi hai confessato di averla per Emilia Clarke. Eppure io non ho dato il via alle Nozze Rosse per questo...
- Si tratta di persone che non conoscerò mai! - Simon aveva alzato la voce. Si guardò intorno, poi, abbassandola lievemente - Invece Valentine....dannazione, è il nostro capo!!
- Sei geloso di lui?  - chiese Isabelle. Era davvero quello il problema?
- Sai bene che lo sono. Perché non sono mai abbastanza. 
- Sono io che non sono mai abbastanza per nessuno - disse Izzy, abbassando lo sguardo - E dunque ti arrendi solo perché mi piace il capo? - domandò poi.
- Al momento... - e Simon sospirò dicendo queste parole - ...voglio solo andarmene via e non vederti.
E così dicendo, com'era arrivato, sparì, lasciando Isabelle ammutolita, irritata e...colpevole.







Mentre Clary vedeva la madre alle prese con i fornelli, le si avvicinò con calma. Stava preparando il pollo e le patate arrosto, perché lei gli aveva specificato quanto piacessero al suo fidanzato.
- Mamma... - mormorò. La donna non si voltò, lasciandola continuare - Per favore, Jace è timido...comportati bene con lui - le disse.
- Timido? - domandò sua madre, voltandosi - Siete già stati a letto? - chiese schietta.
Clary inorridì a quella domanda - Mamma! 
- Niente 'ma', signorina. - Il tono di Jocelyn era ammonitore - Ti ha trattata bene, almeno? Le precauzioni?
La ragazza alzò gli occhi al cielo, esclamando - Papà! Puoi dire alla mamma di smetterla? Tu alla festa hai conosciuto Jace...
Valentine entrò in cucina indossando un sorriso - E' un bravo ragazzo, Jocelyn. E poi anche tu ed io ci siamo conosciuti a diciannove anni. Chissà che non nasca qualcosa di profondo....
- E' la nostra bambina! - la voce di Jocelyn si fece più dolce. 
- C'è anche Jonathan, mamma. - Le ricordò Clary.
- Jonathan è lontano, a Bristol e lo sai. Ci ha lasciato.
Valentine la rassicurò - Oh, amore, dai, è andato all'università e tornerà qua per le feste.
- Non voglio che....
Ma Valentine sapeva come stavano le cose - Tu non vuoi vedere i tuoi figli crescere. - Gli prese il volto tra le mani - Ehi, amore. I tuoi figli ti vorranno sempre bene.
- Ovvio, mamma. Ti vorrò sempre bene - fece Clary, avvicinandosi.
- Clarissa, smettila di copiarmi - sorrise Valentine.
- E dai, papà...
- Scherzavo! Ma, secondo me è stata una buona idea far venire Jace. Così tua madre si tranquillizzerà. 
- In che mondo un padre non è preoccupato del ragazzo della figlia? - domandò Jocelyn, ritornando ai fornelli.
- Perché mi fido di Clarissa, e so che è responsabile né farà mai niente di contorto - disse Valentine, guardandola. 
Clary pensò a quanto dovesse essere fortunata ad avere un padre come lui. Andava più daccordo con lui che con la madre.
Ebbe quasi ansia della madre, quando andò ad aprire il campanello che aveva appena suonato. 
Fece un sorriso al nuovo arrivato, che si sporse per darle dei fiori. - Questi...ehm, sono per tua madre... 
Clary li prese, facendo un cenno con la testa e invitandolo ad entrare. 
Jace era sempre timido ed imbarazzato, in ogni occasione. 
- Salve - salutò, quando vide Jocelyn e Valentine giungere da lui. 
- Ehi.... mamma, lui è Jace. Jace... conosci già mio padre. 
- E' un piacere rivederla, signor Fairchild. Signora Fairchild...
- Clary mi ha detto che ami il pollo con le patate arrosto. L'ho preparato - fece svelta la madre.
- Oh...non ce n'era bisogno... - mormorò Jace.
- Certo che ce n'era bisogno. Non vorrei sfigurare di fronte al ragazzo di mia figlia.
- Be'...io mangio qualunque cosa. Lavoro in un fast food, quindi mi sarei adeguato - disse, facendo spallucce. 
E lui forse non lo sapeva, ma aveva già guadagnato punti per la madre di Clary.


Jace aveva scoperto che Jocelyn non era così severa come dava a vedere: era semplicemente attaccata in modo morboso alla figlia, e poteva sapere anche il perché. Clary gli aveva raccontato che Jonathan, suo fratello, aveva deciso di lasciare New York per vivere a Bristol e frequentare la facoltà di medicina. Sua madre era caduta in depressione, per mancanza del figlio primogenito. Non voleva che anche l'altra figlia lasciasse il nido. 
Al momento, lui e Clary erano seduti sul divano, da soli, perché i genitori di Clary stavano parlando tra loro in cucina. 
- Come ti sembra la mamma?  - domandò la ragazza, avvolgendosi tra le sue braccia.
- Un po'...attaccata. Ma è okay.
- Stai pensando ai tuoi? - gli domandò. 
Il biondo fece un mezzo sorriso - Ai miei saresti piaciuta. Ma ti presenterò ai Lightwood, e ti ameranno anche loro. 
- La prima volta che ti ho incrociato per strada ho creduto seriamente di aver visto un angelo... 
- Non esistono gli angeli, Clary. 
- Lo so...
- Però anche io. Anche io ho visto qualcosa di bellissimo. Ho continuato a passare per strada negli stessi giorni affinché potessi incontrarti, e poi...
- Poi un giorno sono caduta da quei tacchi orrendi che avevo e sei venuto a salvarmi. E' stata tutta colpa di Simon, comunque! - gli ricordò Clary.
- Quello è stato il mio giorno preferito  - confessò Jace - avrei voluto sempre guardarti negli occhi e finalmente ne avevo la possibilità... 
- Quel che si suol dire 'segno del destino' - disse Clary, ridendo. 
- Adoro questo destino.
I due ragazzi si osservarono. Jace deglutì, prima di andare verso la sua bocca e toccarle le labbra.
- Non di fronte ai nostri occhi - sentirono una voce in lontananza. 
I due si allontanarono subito
- Scusa mamma - Scusi signora Fairchild   - fecero contemporaneamente, sistemandosi sul divano.






Quando sua madre lo aveva chiamato per vedersi da Joseph, un ristorante che faceva delle eccellenti créme brulée, gli era venuta subito l'acquolina. Alec amava quel dolce, lo preferiva anche al tiramisù. Non si aspettava certo di conoscere un ragazzo. 
Sua madre era così ansiosa di presentarglielo, le brillavano gli occhi. Prima di farli conoscere l'aveva preso da parte dicendogli che sia lei che Robert erano fieri del suo lavoro con il party di Valentine, così tanto che il padre di Clary si era congratulato con loro, dicendo che avrebbe chiamato Alec ogni volta che doveva organizzare dei ricevimenti. 
I Lightwood erano benestanti, non pativano certo la fame, ma sapere che il loro figlio maggiore fosse così importante li rendeva fieri. Avrebbero amato comunque Alec - anche se fosse stato scorbutico, acido e perennemente arrabbiato con il mondo - ma invece si trovavano di fronte un figlio in gamba, che amava la sua passione, che dedicava ore intere per realizzare ciò che voleva. Non chiedevano di meglio.
Dopo avergli lanciato un occhiolino, Maryse Lightwood andò via, orgogliosa del figlio e di quel regalo che gli aveva lasciato. 
Alec e sua madre parlavano tanto, a volte anche troppo. Né Maryse - e neanche Robert - avevano fatto problemi per il suo coming out. Semplicemente, accadeva. Non si può odiare un figlio per il proprio orientamento sessuale. E poi Alexander era un ragazzo tranquillo e responsabile, in ogni caso lui avrebbe scelto da sé cosa fosse stato giusto. 
Il ragazzo si trovò colto di sprovvista quando vide quel francese lasciatogli dalla madre. Maryse conosceva i suoi gusti, ovvio. Era sua madre, dopotutto.
Ma Jean Jacque era un tipo così noioso. Aveva il viso ossuto, capelli biondi e occhi luminescenti, ma Alec non riusciva a capirlo. I francesi erano propri bei uomini, eppure..... 
Eppure si ritrovò in bagno, dopo aver improvvisato una scusa, e aveva attaccato la faccia al muro ghiacciato. Volse lo sguardo indietro poi, guardandosi allo specchio. Era un bel ragazzo, lo sapeva. I suoi occhi e il suo metro e novanta di altezza facevano impazzire tutti, ragazzi e ragazze, ma lui era attirato solo dai primi. C'era stato perfino un periodo in cui credeva di esser innamorato di Jace, che poi aveva scartato brutalmente perché era solo un'amicizia e profonda stima. La cosa era reciproca, ovviamente. Guardandolo bene, Jace e quel Jean Jacque avevano in comune i capelli biondi. E, dalla volta di Martin Streisand lui aveva giurato di non uscire più con nessuno dal cuoio cappelluto dorato. 
Al momento gli interessavano i mori... magari con una provenienza orientale, bassottini ma non troppo, e magari anche che fosse timido. 
Nelle notti passate a fare sesso sfrenato non aveva mai incontrato alcun ragazzo che avesse problemi di timidezza, anzi, si mostravano fieri e accaniti, a volte anche troppo. 
Il concetto di timidezza, per Alec era un vero e proprio mistero. Perché le persone dovevano avere il timore di ogni cosa? Di stringere amicizia? Di lasciarsi andare qualche volta? Non credeva possibile qualcosa del genere, ma infondo lui era cresciuto al centro dell'attenzione, insieme a Izzy e a Max, e alla loro combriccola poi verso i nove anni si era aggiunto Jace, figlio di un amico dei suoi genitori, che era morto in un brutto incidente d'auto. Da allora la battaglia per essere al centro dell'attenzione era continua: Alec contro Jace, Jace contro Alec, tutti contro tutti....ed ognuno aveva acquisito il carattere che aveva adesso. 
La timidezza era un difetto, e Alec non poteva permettersi di averne. Aveva scelto semplicemente di ignorare ogni cosa si dicesse sul suo conto e guardare in faccia la realtà per com'era: schifosa ma coerente. 
Proprio com'era lui, del resto, e non si stupì quando si trovò con il telefono in mano, a comporre il numero della pubblicità di quella mattina.
- Parla Magnus Bane, re dei Tarocchi. Vuoi conoscere il tuo futuro? Chiama per un colloquio- iniziò a dire la voce squillante. Sembrava così...sé stesso, si ritrovò a riflettere Alec. Alla festa quell'uomo era stato sbrigativo, come se avesse timore. Invece lì, al telefono, mentre esponeva parole su parole, non sembrava nemmeno timido. 
Ad Alec, venne da sorridere, mentre esclamava, sottovoce, in quel tono che sapeva riuscirgli sexy: - L'unico colloquio che vorrei fare in questo momento è tra me e te su un tavolo. Con te probabilmente sotto. 
Non riusciva ad essere serio nemmeno in quella situazione. Okay, quel Magnus Bane era strano forte, e un po' gli piaceva vederlo timoroso di lui. Sapeva di avere potere, almeno. E lui amava avere il potere su chiunque.
- C-chi parla? - fece ancora la sua voce. Sembrava aver perso il tono di poco prima, quasi vi fosse stato un calo.
- Non mi riconosci? - domandò Alec. Insomma, ovviamente era un tipo che non passava in osservato, e andiamo....
- Dovrei?
Il moro sospirò, prima di presentarsi: - Sono Alec Lightwood. Ci siamo conosciuti ieri, al party di Valentine Fairchild..
- Oh... - fece solo la voce al telefono. 
- Ti manca già il fiato, fiorellino? - calcò più del dovuto quel nominativo alquanto bizzarro, avvertendo il sospiro pesante dell'uomo con cui parlava tramite il telefono. 
- Perché mi hai chiamato? - la voce era calma, ma Alec lo immaginò agitato - Vuoi che ti legga le carte o....
- Nah - Alec scosse la testa - Questa roba non mi interessa. Volevo vedere se ti ricordavi di me. - Dato che dall'altro lato del telefono non vi furono risposte, continuò: - E a quanto pare ti ricordi. 
- Perché? - domandò solo, Magnus. 
Alec scoprì che la voce di questi era stupita. - Perché non dovrei?
- Senti, questo numero è solo per coloro che richiedono un colloquio nel mio studio e-
- Allora potresti darmi direttamente il numero di telefono. Che te ne pare? 
Quello era il suo modo di flirtare. Conosceva un bel ragazzo, ci passava del tempo, e dopo la prima uscita si recavano a casa dell'uno o dell'altro per passare la notte. Due giorni, al massimo, e poi ognuno ritornava per la sua strada. Erano queste le avventure passeggere. Quelle che si sperimentavano, quelle per cui ne valeva la pena. L'amore, dopotutto, per lui era sopravvalutato. Perché innamorarsi quando ci si può divertire?
Ma Magnus, ed il moro se ne  rese conto, non era come gli altri. Anche solo da uno sguardo, Alec lo aveva capito. Timido, maldestro e innocente. Almeno, qualche lato innocente doveva avercelo per forza
Odiava il fatto che fosse stato sfuggente e che quella conversazione con lui fosse ad un vicolo chiuso, perché l'altro non si sarebbe mai sbilanciato. Quella non era una sfida, certo che no, lui avrebbe potuto avere chiunque. Magnus....quel volto, quegli occhi, quei gesti e quella fottuta timidezza....era da scoprire. E Alec lo voleva scoprire. 
- Non mi sembra il caso - fece infatti, colui che praticava i tarocchi - ...non ti conosco nemmeno - continuò poi.
- Mi hai conosciuto al party - gli ricordò Alec, come se questo bastasse.
- Abbiamo solo parlato qualche minuto.... 
- Che ne pensi di uscire a  cena? - gli domandò schietto. 
Una cena? Al massimo avrebbero potuto andare a bere una birra, sbronzarsi e poi fare tante di quelle porcherie sul divano....
- Non ho accettato.
- Non hai neppure rifiutato - sospirò leggero - Devo dedurre che non ti sono affatto indifferente, Magnus Bane?
- Sono...al momento sono occupato, Alec.
- Occupato nel senso....? - la sua mente aveva già pensato all'immagine di quel ragazzo che si toccava mentre lo pensava - Uh, se me lo dicevi avrei fatto la mia dolce voce suadente e sarebbe-
- Senti - disse Magnus, autoritario - Questo flirtare non fa per me. Non mi piacciono queste cose. 
- Ah si? E che ti piace? - ovviamente Alec alludeva a ben altro.
Ma Magnus non lo colse: - Essere lasciato in pace, per esempio. Perché mi cerchi? Cosa...cosa vuoi da me? - sembrava esasperato, in realtà.
- Voglio conoscerti - Alec iniziò a camminare per la stanza. Parlare era difficile, a volte - Non ti piace il modo in cui cerco di flirtare con te, sei scappato subito alla festa perché sei timido.... mi incuriosisci. E pochi mi incuriosiscono così facilmente. - Non ricevette nessuna risposta, dall'altro lato, e si passò la mano sul collo: - Ti ho lasciato senza parole? 
La risposta impiegò mezzo secondo, prima di arrivare: - In realtà si.
- Questo - Alec non lo avrebbe mai ammesso, ma il suo cuore aveva iniziato ad aumentare di velocità - Questo vuol dire che verrai a cena? 
- Ciao, Alexander - disse Magnus, prima di staccare. 
Il moro rimase con il cellulare all'orecchio, pur avvertendo che la chiamata fosse finita.  Lo allontanò dall'orecchio e rimase a fissare la chiamata terminata. Sorrise. Non avrebbe certo smesso di parlargli o fargli delle avances. Voleva quell'uomo, e lo avrebbe avuto. 
Magnus....
Magnus Bane.... un'incognita.

   
 
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