Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: Allison_McLean    08/10/2017    0 recensioni
Allison McLean è una ragazza tormentata da mille demoni di cui non riesce a liberarsi, ma quando arriva al penitenziario minorile di Alkalie Lake, la sua vita cambia completamente. Qui troverà la sua strada accompagnata dai suoi stessi demoni e da una luce che scoprirà solo dopo molto tempo.
---
«Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.» dal capitolo 1
AVVERTENZA : la storia è originale, solo alcuni dei personaggi sono tratti da A Tutto Reality, gli altri sono di mia completa invenzione
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Duncan, Nuovo Personaggio, Scott, Trent
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
BROKEN PIECES - Part 5
 
Maggio
Il suo lavoro era tornato nella biblioteca, dov'era ancora da sola. La mattina non lavorava più di tanto, se ne stava alla scrivania di legno rovinato a leggere, ogni tanto si metteva a fare l'inventario, ma per la maggior parte del suo tempo pensava, rigirandosi una penna tra le mani o osservando la biblioteca smorta e invecchiata, invecchiata insieme alle pareti marce del riformatorio. Più volte aveva pensato che sarebbe stata una bella cosa poter ristrutturare quella stanza in cui molti dei detenuti venivano a rifugiarsi, darle un tocco in più di vita, ma ricordava sempre a sè stessa che Harrison le avrebbe riso in faccia e accantonava immediatamente l'idea.
I pomeriggi, invece, lavorava parecchio, visto l'afflusso di ospiti che, nel tempo libero, andavano a trascorrere le ore tra la biblioteca e il cortile. Le piaceva stare lì, come sempre le era piaciuto ogni ambiente in cui ci fossero stati dei libri; le ricordava la bella abitudine di Valery e il suo sguardo dolcemente perso tra le righe dei suoi romanzi, per lo più fantasy. 
Carven se ne stava lì sulla sua seggiolina a sfogliare pigramente il suo quotidiano, mentre la radiolina vecchia di più o meno vent'anni riproduceva le solite nostalgiche canzoni country e folk dell'infanzia del secondino. Ogni tanto alzava i suoi occhi color nocciola sulla silenziosa ragazza, notando il suo sguardo perso e stanco, uno sguardo invecchiato di dieci anni rispetto a quando l'aveva vista la prima volta. Sembrava così sfiancata...
-" Tutto a posto, McLean? "
Allison si voltò quasi allampanata verso Carven, che la fissava con un'apatica curiosità, e lei annuì silenziosamente. Lo faceva automaticamente, ormai. Tanto chi poteva capire come ci si sentiva ad essere completamente esclusi dal proprio mondo, dalla propria vita, definitivamente?
Sembrava che fosse tornata come i primi giorni di detenzione, in quei freddi giorni di fine ottobre quando ancora sembrava un uccellino perduto in una tormenta, quando si era improvvisamente trovata nel limbo della sua anima e per lei il tempo si era fermato. Aveva smesso di sorridere e di parlare, aveva smesso di esprimere emozioni, di partecipare davvero al girotondo della vita. Era tornata nel limbo, nei suoi pensieri devastanti che le stavano lentamente lacerando l'anima, di nuovo. Solo Trent sembrava far breccia nel suo cuore di titanio e nessun altro, nemmeno il Lupo Cattivo.
Aveva ricominciato a vivere alla giornata, come se tutta la sua vita da quel momento in poi fosse stata solo ed esclusivamente tra le mura di Alkalie Lake, in mezzo a corpi vuoti che camminavano senza meta. Niente sembrava avere più senso, eppure non capiva perchè. Prima o poi avrebbe dovuto riprendersi, ma quando, di preciso? Forse mai. No, non ci si poteva riprendere dai terribili schiaffi che la realtà e la vita che scorre senza di te ti rifilano. 
Nel frattempo, continuava gli allenamenti, stavolta senza uno scopo preciso, solo quello dello sfogo e dell'abbattimento della noia, della disperazione, della voglia di spegnersi una volta per tutte. Stava molto migliorando, diventava sempre più agile e anche più muscolosa, pur restando magra e quasi mingerlina com'era da sempre. Gli incontri contro il Lupo Cattivo ora erano lunghi e stremanti, il più delle volte entrambi uscivano dalla palestra con un livido sul viso e un'articolazione dolorante, ma tutto quello dava una certa macabra soddisfazione ad Allison : era bello saper fare qualcosa di così adrenalinico. Le dava una mano, la aiutava a non pensare a tutto quel complesso e fragile puzzle di cristallo della sua vita che cadeva lentamente a pezzi, portando con sè un lungo pezzo della sua anima mortalmente ferita. 
Impara a rinchiudere il demone che c'è in te, prima che ti mangi vivo, si ripeteva spesso, e inconsciamente ripensava al Lupo Cattivo. I suoi occhi che la guardavano di soppiatto non la lasciavano andare. Non sapeva che quegli occhi le stavano salvando la vita.
 
Qualcosa era cambiato in lei. La tristezza profonda che solcava il suo sguardo i primi giorni in cui l'aveva davvero osservata era tornata e sembrava che non avesse alcuna intenzione di andarsene di nuovo. Ogni volta che la guardava o che provava ad avvicinarsi a lei si sentiva respinto, anche se non era proprio così, non materialmente. C'era come una forza attorno alla ragazzina, un'entità tanto potente quanto crudele che gli impediva di avvicinarsi a lei quanto avrebbe voluto. 
Gli dispiaceva infinitamente vedere di nuovo un fantasma e non una ragazza, gli dispiaceva non essere di alcun aiuto e gli dispiaceva vederla di nuovo completamente sola a lottare contro i suoi demoni. In un certo senso, lei era diventata sua amica, quasi più di Paulie; tra di loro c'era una sorta di alchimia, quel sentimento per cui tra due persone i silenzi valgono più delle parole. Con lei si sentiva bene, si sentiva Duncan, non doveva fingere di essere un duro immune alle emozioni umane e nemmeno un onnipotente bastardo. Solo Duncan, nè più nè meno. 
Eppure c'era sempre quella maledetta vocina. Non sei abbastanza. No, non lo era. Ogni volta che l'adocchiava, tutta infagottata nella sua tuta arancione con quella cascata bionda e quegli occhi color ghiaccio, si sentiva infimo, inutile, una goccia nel mare, mentre lei era il mare stesso. Era una sensazione assurda, lo riconosceva, ma nessuno l'aveva mai fatto sentire così. Così insufficiente. E questo gli faceva male, anche se non sapeva perchè. 
Anche ora, alla luce di quel magnifico sole, si sentiva poco più di uno scarafaggio. Lo sguardo della ragazzina era malinconicamente puntato sulla strada che portava ad Alkalie Lake, una strada che scompariva nella campagna e tra gli alberi, una strada che avrebbero percorso molto, molto tempo avvenire; aveva i capelli legati in una lunga treccia dorata e sembrava quasi uscita da un film o da un quadro con quel suo profilo delicato. Era molto bella, doveva riconoscerlo. 
Sbuffò una nuvoletta di fumo azzurrino e la guardò dissolversi della brezza primaverile ormai estiva e rivivendo tutti i ricordi che risvegliava in lui quell'arietta dolce e profumata d'estate. Gli mancava molto quel periodo, quei mesi di libertà in cui poter vivere selvaggiamente ogni bollente giorno. Ne sentiva dannatamente la nostalgia, nonostante ora fosse molto grande, forse troppo per quelle avventure. 
-" Come sta oggi la tua biondina? "
gli chiese Paulie, avvicinandosi e accendendo a sua volta una sigaretta scadente. Duncan fece una smorfia e spostò il suo sguardo sulle montagne a est, stizzito più che mai da quella domanda. Odiava essere colto in flagrante.
-" E dai, calmati amico. Nessuno ti accusa di nulla : è molto carina. "
Malgrado sapesse che quelle parole non erano dette con malizia, bensì con tanta tenerezza, una scarica di rabbia gli attraversò la spina dorsale come una scossa elettrica. Non gli piaceva che i ragazzi del riformatorio parlassero della ragazzina. Da quella mattinata di febbraio, quell'indimenticabile, orribile mattinata, era stato all'erta : non avrebbe permesso a nessuno di farle del male, sè stesso compreso.
~~~
Il momento stava per arrivare. Mancavano ancora molti giorni, ma Allison non poteva fare a meno di pensarci. E come poteva non farlo? Trent, il suo migliore ed unico amico nel riformatorio, stava per uscire. Sorrideva al pensiero che almeno lui potesse già percorrere la strada della libertà e allontanarsi da quell'orribile posto che era Alkalie Lake, eppure soffriva dannatamente -forse egoisticamente- al pensiero che lui non sarebbe più stato lì con lei e che probabilmente non si sarebbero visti più. E il tempo sembrava voler scorrere sempre più in fretta.
Scacciò quel pensiero dalla testa ed entrò nella palestra, avvicinandosi al ring, dove però c'era qualcosa di diverso. Un capannello di ragazzi stava ammucchiato lì attorno, a bisbigliare e ridacchiare, fissando quasi ossessivamente le corde rosse e blu. Sul quadrato, Duncan e Paulie stavano conversando a bassa voce con sguardo serio e molto concentrato, il primo in normali abiti arancioni e il secondo con i calzoncini da ginnastica e il torso nudo.
Allison rimase ai piedi del ring, ad osservare quello strano spettacolo nella sua consueta tuta da ginnastica, con le mani e i piedi fasciati, mentre alcuni galeotti si voltarono a guardarla con curiosità e qualche indecifrabile sorrisetto che sembrava d'incoraggiamento. Che quel giorno ci fosse in programma un incontro? No, non era possibile : lei e Duncan avevano già organizzato tutto per l'allenamento di quel pomeriggio. Ma perchè diavolo aveva ancora addosso la tuta arancione?
Il Lupo Cattivo l'adocchiò con i suoi meravigliosi occhi color acqua marina e si congedò momentaneamente dal suo amico, invitandola a salire sul ring con un cenno della mano. Allison, più titubante che mai, obbedì. La cerata del ring era fresca e appiccicosa sotto i suoi piedi fasciati; gli sguardi del capannello di ragazzi che si puntavano su di lei le fecero avvertire un gran peso nel petto, anche se non sapeva perchè.
-" Oggi combatterai il tuo primo incontro. "
sentenziò il ragazzo, accompagnandola ad uno degli angoli, e a quelle parole la ragazza si bloccò all'improvviso, sbarrando gli occhi e trattenendo il respiro. Lui si limitava a guardarla con la sua consueta apatia e le braccia incrociate, aspettando una qualsiasi reazione.
-" C-cosa? "
mormorò spaventanta, lanciando un'occhiata a quel gigante che l'aspettava dall'altra parte del ring; era lo stesso ragazzo che aveva visto combattere contro Duncan parecchio tempo prima. Deglutì a vuoto, già vedendosi arrivare un abnorme pugno nel naso e stramazzare al suolo ancora prima di aver cominciato. 
Il Lupo Cattivo le si avvicinò ulteriormente e con molta naturalezza le poggiò le grandi mani sulle spalle e le puntò gli occhi nei suoi; si sentì gelare il sangue.
-" Sta' tranquilla : non te lo farei fare se non fossi pronta. Ricorda quello che ti ho detto sui punti da colpire e sulla tua rapidità. Lui tende ad essere istintivo, perciò usa le finte. Puoi benissimo batterlo, d'accordo? "
Allison annuì con poca convinzione a quelle parole di conforto, ma gli fu grata della piccola e tenera pacca sulla spalla che le lasciò.
-" Hey, ragazzina. "
Mentre si sfilava la felpa, Allison si voltó verso il suo allenatore, che era al suo angolo, fuori dalle corde, sempre con le braccia conserte e lo sguardo di ghiaccio.
-" Non fargli troppo male. "
Un sorriso si disegnò sul sorriso di entrambi, poi il mondo sembrò sparire.
I due avversari iniziarono il riscaldamento, studiandosi a vicenda come lupi famelici; per entrambi, quel giorno, quell'incontro era un problema. Nessuno dei due conosceva la tecnica di combattimento ed era la prima volta che si affrontavano tra loro. Non sarebbe stato affatto facile, contando anche la stazza : mentre Paulie era un colosso di quasi due metri per circa cento chili, Allison era uno scricciolino di un metro e sessantatrè che pesava a stento cinquantasette chili. L'avrebbe ridotta ad un hamburger, pensò tristemente mentre si scrocchiava le dita.
La campanella d'inizio match trillò, quasi spaventando Allison; le tremavano le gambe, ma si obbligò a rimanere calma e a combattere come le aveva insegnato il Lupo Cattivo. Non voleva deluderlo, e non voleva deludere nemmeno Valery e Trent, Chris e Chef, i suoi genitori e zia Adeline. Erano tutti lì, lo sentiva. Non poteva perdere.
Paulie partì alla carica, facendo tremare il pavimento del ring, e Allison fu molto rapida nello schivarlo da sinistra, sgusciandogli alle spalle. Si sentiva il cuore rimbombarle nelle orecchie e percepì il proprio respiro più fremente e tremolante di adrenalina. Si sentiva sola ed impotente in quel quadrato, mentre la piccola folla incitava e il Lupo Cattivo la fissava quasi ossessivamente, trattenendosi dal gridare a sua volta.
Paulie caricò nuovamente come un toro imbizzarrito; provò nuovamente a scartare di lato, ma il colosso allungò un braccio e la colpì in pieno ventre, facendola volare e ruzzolare al suolo. Nonostante il dolore atroce, rotolò rapidamente e si rimise in piedi un secondo prima che l'avversario calasse su di lei; mentre era ancora in ginocchio, ne approfittò per rifilargli un calcio sull'orecchio, facendogli perdere momentaneamente il senso dell'orientamento. Entrambi erano già stanchi, Allison soprattutto, la quale per il persistente dolore allo stomaco cominciava a vedere doppio. Dio se quell'essere aveva forza! 
Fece in tempo a scartare un gancio, rifilando a sua volta un calcio allo stomaco, ma non potè evitare che Paulie l'afferrasse per una spalla, trascinandola al suolo; sentì le sue unghie penetrarle nella pelle e ferirla. Si liberò convlusamente da quella stretta, facendosi graffiare ma allontanandosi momentaneamente dal suo avversario. Non si accorse delle lacrime che le bagnavano il viso e nemmeno della frustrazione faticosamente contenuta del Lupo Cattivo.
Che diavolo le stava succedendo?! Doveva combattere, non scappare.
Prese la rincorsa e fece una finta; Paulie scoprì il costato, su cui Allison infranse una potente ginocchiata e poi un'altra nella schiena, obbligandolo ad abbandonarsi al pavimento. Fece per infierire nuovamente, ma con uno scatto quasi felino il ragazzo si rialzò e l'afferrò alla gola, stringendo le sue forti dita attorno al collo delicato della ragazzina; in quegli occhi color cioccolato e nei bianchi denti digrignati Allison lesse sfida e ira pura. Guardò per un momento alle spalle del ragazzo e vide il Lupo Cattivo che si copriva gli occhi con una mano; sentì un pugnale perforarle il cuore come un fulmine che squarcia il cielo.
Reagì proprio quando il fiato cominciava a mancarle sul serio, colpendo il colosso appena sotto l'occhio, e lui rispose rifilandole un potente pugno nel naso e laciando la presa sul suo collo; rovinò a terra e sentì il colpo rimbombarle in tutto il corpo, in ogni osso, in ogni nervo. La testa le sembrò un mattone, il corpo un tronco morto. Era a pezzi.
Si rialzò faticosamente, con i fiato corto e rantolante e ciocche di capelli dorati e sudaticci davanti agli occhi, un rivoletto di sangue dal naso e dalla spalla brutalmente graffiata le scivolavano sulla pelle candida e luccicante di sudore. Fissò con odio puro Paulie, che la guardava allo stesso modo. Due lupi che combattono per una cosa sola : dimostrare di essere qualcuno.
-" Sei dura a cadere, eh ragazzina? "
le disse il colosso, sorridendole in modo strano, quasi divertito; anche lei sorrise, un sorriso malato e psicotico, maledettamente inquietante e che lasciò un indelebile segno nella mente di Paulie, che per un momento ebbe paura.
Entrambi partirono alla carica; Allison schivò il pugno del ragazzo, abbattendolo con una gomitata in pieno viso. Paulie cadde al suolo, il pavimento tremò sotto i piedi della ragazza, che si avventò sul corpo disteso del suo avversario per atterrarlo, ma che ancora un volta fu più rapido di lei. Si vide arrivare un pugno in faccia, alla mascella, e ricadde di lato, al fianco di Paulie; rimase stesa di schiena in una posizione innaturale, a fissare il soffitto e a vederlo di mille colori diversi. Era bellissimo.
Una convulsione la fece tossire e sputare sangue, poi si voltò verso il suo angolo. Il Lupo Cattivo era ancora lì, immobile, che la guardava, ma non riusciva a vedere come. Provò faticosamente a rialzarsi, ma le braccia non sopportarono il suo gravoso peso. Ricadde inerme al suolo e la campanella rimbombò nella sua mente.
Sia lei che Paulie erano ancora distesi a terra.
 
Riaprì gli occhi e si sentì come rotta in mille pezzi. Non c'era una sola parte del corpo che non le facesse male; faceva fatica a respirare, era uno sforzo terribile, e di muovere i muscoli non se ne parlava proprio. 
Non appena la vista le concesse di guardarsi attorno, si accorse di essere nell'infermeria, quella terribile stanza bianca e che odorava di lattice e disinfettante. Era disesa su una delle morbide brande, la stessa su cui era stata in quella terribile mattina di febbraio, ancora con la sua tuta da ginnastica e le mani e i piedi bendati. In bocca percepì il metallico e dolce sapore del sangue e automaticamente volle sputare da qualche parte. Lo detestava, quel sapore.
Come diamine ci sono arrivata qui? si chiese, e la risposta non tardò ad arrivare. Fece per alzarsi, ma una voce profonda e calma, quasi melliflua ed eterea, la fermò.
-" No, sta giù. "
Il Lupo Cattivo le si sedette accanto e le sorrise appena, un sorriso così tenero che la fece sorridere a sua volta. Con uno straccetto di lino umido di acqua calda, le pulì la bocca e il naso, ancora sporchi di sangue; il suo tocco era delicato e prudente, quasi ristoratore. Non si sottrasse a quelle premure, in fondo adorava il modo in cui lui la curava. Non ricordava che qualcuno l'avesse mai fatto in quel modo tanto sincero e gentile.
-" Siediti, dammi le spalle. "
Allison obbedì, constatando che il dolore acuto di poco prima era ridotto ad un dolce pulsare sordo e nulla più : ormai le ferite del corpo non avevano troppo effetto su di lei.
Duncan le spostò dolcemente i capelli spettinati sulla spalla destra e infilò un dito sotto la spallina del top della ragazza, la quale scattò per un secondo, tendendo ogni muscolo a lui visibile. Si era dimenticato quanto lei detestasse certi contatti fisici.
-" Voglio solo controllarti la spalla. Non ti faccio nulla. "
Si voltò appena per guardarlo, svelando un segreto e tenero rossore, poi si rilassò un minimo e lo lasciò fare. Duncan le abbassò la spallina sul braccio, notando il tremendo graffio perpetrato da Paulie; sulla pallida pelle della ragazza, i segni delle cinque unghie avevano lasciato altrettanti tagli, due avevano strappato via piccoli lembi di pelle, imbrattando di sangue la spalla e il top. Quando li sfioró con lo straccetto bagnato d'acqua bollente, Allison ruggì per il dolore, che le attraversò il braccio come una scarica elettrica. Facevano dannatamente male.
Dopo qualche secondo, Duncan riprese a tamponarli pazientemente, sempre con quel suo sguardo corrucciato e attento da chirurgo, mentre la ragazzina si scioglieva le bende sulle braccia e cercava di distrarsi da quel dolore pulsante e fastidioso.
-" Come ti senti? "
le chiese, senza staccare gli occhi da quelle ferite, e lei ridacchiò con ironia.
-" Sono stata meglio... "
mormorò stanca e delusa, puntando gli occhi sulla finestra sbarrata e sulla luce argentea che ne penetrava. Quel giorno era nuvoloso, le nubi erano cariche di pioggia e presto sarebbe arrivato un grande temporale.
-" Te la sei cavata molto bene oggi. "
-" Lo dici solo per farmi piacere. "
-" Ormai dovresti conoscermi : quello che dico è quello che penso e quello che è vero. Paulie non è un avversario comune, anzi. Tu l'hai affrontato molto bene. "
Un sorriso di malinconica soddisfazione si dipinse sul volto battuto di Allison, che ringraziò mentalmente quel cupo ragazzo per essere lì insieme a lei.
Quell'atmosfera di pace e silenzio, però, fu interrotta da una fulminante presenza che si abbattè sul Lupo Cattivo come l'onda anomala di uno tsunami. Come una tigre, Trent saltò oltre il letto, andando a colpire Duncan in pieno volto e trascinandolo a terra con sè; gli si sedette a cavalcioni sullo stomaco e cominciò a prenderlo a pugni, urlandogli i peggiori insulti mai sentiti. Allison, più che ruggire per il dolore alla spalla e fissare sconvolta la scena, non riuscì a fare nulla. Almeno per un momento, perchè istintivamente volle gettarsi tra i due ragazzi, ma prima che potesse fare qualche passo oltre la brandina un braccio ciclopico le avvolse dolcemente ma saldamente la vita, imprigionandola per la sua sicurezza. Quando si voltò e vide che era Paulie, per un attimo si spaventò. Era terrificante con la sua stazza e suoi occhi castani che sprigionavano fiamme.
-" Stanno arrivando i secondini, è meglio che lasci fare a loro, principessa. Andiamo via. "
Paulie la prese in braccio e, nonostante le proteste della ragazza, la portò alla sua cella.
 
Arrivò la sera, ma diversamente dal solito non portò con sè la calma. Nel riformatorio si erano già sparse le voci sulla rissa tra il detenuto Nelson e il detenuto McCord e ora si trovavano entrambi e da un bel pezzo nell'ufficio di Harrison. Tutti i secondini erano nel caos più totale, Berry compreso, e alla mensa si respirava tensione.
Per il resto del pomeriggio, era stato Paulie a tenerle un po' di compagnia. Aveva chiesto ad una delle guardie di portare una bacinella di acqua bollente e uno straccetto, cerotti e cuscinetti di ghiaccio sintetico, con cui aveva terminato di curarla. Era stato molto carino, più affabile del Lupo Cattivo ma allo stesso tempo un pochino più rozzo. Non l'aveva biasimata per le sue lacrime di pura disperazione e non le aveva fatto domande di sorta sulla rissa; era rimasto in silenzio, a lasciarla sfogare e riordinare i pensieri finchè non smise di piangere.
-" Non volevo farti così male. "
le disse quando finì di medicarla, spostando lo sguardo altrove. Allison fu sorpresa di questa sensibilità, visto che nemmeno lei c'era andata leggera. Il ragazzo, infatti, aveva un grande livido sotto l'occhio destro e sull'orecchio sinistro.
-" Non ti preoccupare... Anche a me dispiace averti fatto male. "
Paulie le sorrise con tenerezza, una tenerezza da bimbo paffutello che le scaldò il cuore. Trovava incredibile che un colosso come lui potesse ispirare in realtà tanta dolcezza e che potesse essere tanto caro. Alkalie Lake, dopo quasi sette mesi, era ancora ricca di sorprese.
-" Si vede che ti sta allenando il Marcio : sei davvero in gamba. "
Allison arrosì a quel complimento, che ricambiò con molta convinzione e sincerità, poi il ragazzone le disse di riposarsi e la lasciò sola nella sua cella. Per un millisecondo, però, tornò a chiedersi perchè lo chiamassero "il Marcio" .
Ora, nella mensa, si sentiva un pesce fuor d'acqua. Lei era ancora sola al suo tavolino, così come il posto del Lupo Cattivo era vuoto. La sua cena era quasi intatta, non aveva la minima voglia di mangiare. Il pensiero di quei due al cospetto del Grande Capo perchè erano stati tanto idioti da prendersi a pugni per una ragione sconosciuta le toglieva tutto l'appetito. Voleva piangere, ma s'impedì di farlo. Non era nè il luogo nè il momento. 
Ricacciò indietro il vassoio, colta da un'improvvisa nausea, e si abbandonò delicatamente alla sedia, carezzandosi pensierosamente il livido violaceo che aveva attorno all'angolo destro della bocca. Ne aveva un altro sul naso e un altro ancora sullo stomaco : era stata conciata per benino, ma in quel momento non gliene importava proprio nulla.
I suoi pensieri furono interrotti dall'entrata nella mensa di Trent e Duncan, ammanettati e scortati rispettivamente da Carven e Poynter; continuavano a squadrarsi come lupi famelici in attesa di sbranarsi, mentre tutti i loro compagni li fissavano e il silenzio calava come una coperta su una debole fiammella. Gli vennero tolte le manette ed entrambi furono lasciati liberi di accomodarsi ai propri posti, Duncan al suo tavolo e Trent di fronte ad Allison. Il ragazzo aveva un cerotto sulla fronte e quattro nocche stampante in viola su uno zigomo, mentre il suo rivale aveva un occhio pesto e un labbro livido e spaccato. Maledisse entrambi mille e più volte.
Senza guardare il suo migliore amico negli occhi, gli allungò il proprio vassoio e si strinse nelle braccia conserte, sempre fissando altrove.
-" Allis... "
-" Mangia. Non ho voglia di parlare. "
Trent non potè fare altro che ubbidire.
~~~
Quel pomeriggio il sole splendeva tiepido sul cortile ancora infangato. Nonostante fosse maggio, la giornata era umida e fredda. Tutti erano usciti con le maniche delle camicie calate fino ai polsi, le ossa infastidite dall'umidità tipica di fine primavera e il pessimo umore a causa del cortile melmoso e scivoloso.
Ancora con il viso pesto, Duncan si accese la sua consueta sigaretta e passò uno degli accendini dei secondini a Paulie, che ancora portava qualche acciacco dell'incontro con la ragazzina. Non si parlavano da vari giorni, non si era nemmeno presentata all'allenamento, e lui aveva dovuto sfogare la sua frustrazione sui sacchi da boxe e sull'unico che poteva considerare suo amico, Paulie per l'appunto; nella cella 42B sembrava che fosse stato costruito un muro : si rifiutava di parlargli, nemmeno lo guardava più. Si sentiva in colpa e si sentiva anche un idiota, malgrado non sapesse che cos'avesse fatto di male : era stato quello stronzo di McCord ad attaccare rissa, lui si era solo difeso. Pensavano davvero che per una ragazzina si sarebbe fatto pestare gratuitamente?! Nossignore. A tutto c'era un limite.
-" Ancora si rifiuta di parlare? "
chiese, e Paulie lo guardò intenerito dall'alto della sua ciclopica statura. 
-" No, sembra tutto tornato normale. "
Duncan si voltó di scatto verso l'amico, con gli occhi sbarrati e i muscoli del viso tesi. Sembrava che qualcuno l'avesse preso a schiaffi e per un attimo Paulie si pentì di avergli dato quell'informazione. Lo conosceva fin troppo bene e quello sguardo non prometteva nulla di buono.
-" Che cosa? "
-" È tornata normale. Parla, ride, scherza e con McCord non pare ci siano problemi. "
Il Marcio tornò a voltarsi verso la strada, fissandola con sguardo inceneritore e chiudendo e rilasciando convulsamente il pugno. Si sentiva dannatamente ferito, nell'orgoglio e nei sentimenti, si sentiva preso per i fondelli. In quel momento, avrebbe voluto sbranarla viva. Ma perchè?
Quando la vide comparire da sola, con il suo malinconico sguardo puntato sui piedi e le braccia strette attorno al corpo, si sentì ribollire il sangue. 
 
Erano stati giorni piuttosto difficili. Dopo la rissa di alcuni giorni prima, aveva cercato di evitare ogni possibile rapporto umano, ma non ci era riuscita. C'erano troppe persone in ballo, da Trent ai secondini fino al Lupo Cattivo, che aveva tenuto alla larga più di chiunque altro. Si era perfino rifiutata di andare ad allenamento, cosa che le dispiaceva infinitamente, ma proprio non se la sentiva di stare in sua compagnia. Già essere in cella insieme, ora, le risultava più difficile che mai, nonostante la tensione l'avesse aiutata con la sua cappa opprimente.
Mentre camminava a testa bassa verso la recinzione pensando a quanto poco tempo mancasse alla partenza di suo fratello, sentì su di sè uno sguardo penetrante e carico di sentimenti gelidi e fiammeggianti ad un tempo. Si fermò e alzò appena gli occhi, quel tanto che bastò per incrociare quelli del Lupo Cattivo che, nell'ombra, la scrutavano ringhiando. Con i brividi lungo la schiena, riprese a camminare, più in fretta di prima, ma dopo pochi passi una mano forte e violenta le afferrò il braccio, obbligandola con uno strattone a voltarsi; non riuscì a trattenere un gemito di terrore nel vedere il modo così terribile in cui il ragazzo troneggiava su di lei, sia col corpo che con quel suo sguardo di gelido marmo. Le sue dita le stringevano dolorosamente il braccio magro, una stretta da cui non riusciva a liberarsi. Si sentì le lacrime salirle agli occhi : non le aveva mai fatto così tanta paura, nè così tanto male, nemmeno quando le aveva rifilato il pugno che aveva fatto infuriare Trent. 
-" Ti ho per caso fatto qualcosa? "
sibilò il Lupo Cattivo, puntandole rabbiosamente gli occhi nei suoi. Non attese risposta.
-" Allora perchè non ti degni nemmeno di... di salutare, o di presentarti all'allenamento? Eh?! "
-" Lasciami andare! "
strillò Allison, l'unica cosa che riuscì a dire, ma lui non allentò la presa e tentò di troneggiare maggiormente sulla sua figura minuta, riuscendoci senza difficoltà. In compenso, la ragazza si sentì sempre più schiacciata, sempre più insignificante ed impotente. Perchè lui la faceva sentire così? Perchè le faceva del male in quel modo?
-" Duncan, lasciala stare... "
disse Paulie, a pochi passi da lui, ma nessuno dei due sembró udirlo; una cappa di negatività li aveva isolati dal mondo intero, i fulmini dei loro sguardi tenevano chiunque.
-" Rispondi! "
ringhiò Duncan, spaventando ulteriormente la ragazzina, che per un attimo si ritrovò a fissarlo negli occhi e a vedere un mostro divoratore di anime, un vero lupo famelico alla ricerca di cerbiatti feriti da sbranare.
-" Mi dispiace. Mi vergognavo per quello che aveva fatto Trent! Mi vergogno ancora adesso : nessuno dovrebbe fare del male agli altri per proteggere me... "
mormorò appena, sconvolta e terrorizzata, gli occhi pieni di lacrime. Nonostante la sua stretta fosse ancora ferrea attorno al braccio di Allison, il suo sguardo da iracondo si tramutò in basito e colpevole. Ora la fissava con puro senso di colpa, capendo che non l'aveva fatto apposta, che non lo odiava, bensì perchè le dispiaceva per ciò che aveva fatto McCord.
Non appena allentò le dita, Allison corse via alla velocità della luce, con il viso coperto di lacrime e il corpo posseduto da una cieca paura. Ma non stava scappando solo da lui; aveva l'intera schiera dei suoi demoni alle spalle, risvegliata da tutto quell'odio.
Nel cortile era calato il silenzio, mentre nel petto e nella mente di Duncan infuriava una tempesta. Che diavolo ho fatto? Che cosa le ho fatto?! Avevo promesso di non...
Un ringhio feroce gli uscì dalla gola e un suo potente pugno s'infranse su una parete, ma non sentì alcun dolore. Dopo molti anni, volle piangere.
 
Con Trent non proferì parola di quello che era avvenuto nel pomeriggio, ma pensava che già sapesse tutto; semplicemente non voleva infierire per non peggiorare di nuovo quella tremenda situazione. Per "fortuna", era stato al suo turno ai lavori forzati e non in cortile, quando tutto era accaduto.
Nemmeno quella sera mangiò; si limitò a stringersi il braccio livido e a fissare il tavolino lucido davanti a sè. Solo due volte aveva alzato lo sguardo, guardando per un attimo e quasi istintivamente il posto del Lupo Cattivo, che era insolitamente vuoto. Sinceramente, anche se voleva celarlo più a sè stessa che al resto del mondo, era preoccupata. Dove diavolo era quel maledetto?
-" Come mai non mangi? "
le chiese serio Trent, e lei sforzò un sorrisetto ancora malconcio dalle botte date e ricevute qualche giorno addietro.
-" N-non ho fame... Ho solo voglia di andare a letto. "
In realtà, l'idea di entrare in quella cella e dover convivere con il Lupo Cattivo le faceva venire il voltastomaco. Non lo odiava, ed era questo il peggio : era perchè non lo odiava che stava così male. Perchè le aveva stretto il braccio in quel modo? E perchè aveva continuato a parlarle così, come se avesse voluto picchiarla da un momento all'altro? Come tante altre persone prima di lui, l'aveva avvicinata solo per divorarla. Sentì nuovamente le lacrime salirle agli occhi, così si obbligò a scacciare quel ricordo ancora fresco nella sua mente e si aggrappò il più forte possibile alla realtà : la mensa, il tavolo, la sedia, il vassoio intoccato.
-" Sicura? Hai gli occhi lucidi. "
-" Un granello di polvere. "
si affrettò a rispondere all'amico, che la fissò per qualche secondo, capendo ogni singola cosa che le sue parole non rivelavano e ricostruendo mentalmente la scena del cortile che gli era stata raccontata da qualche altro detenuto. Oh, come avrebbe voluto tagliare la gola a quello stronzo schifoso, ma Allison sarebbe stata peggio di com'era ora; lasciar perdere era la cosa migliore da fare, più per lei che per sè stesso.
-" Allison, tra poco io uscirò da questo posto, ma tu sarai ancora qui. Ho seriamente paura di lasciarti da sola. "
le disse, guardandola con quei suoi occhioni verdi ora pieni di risolutezza. Ancora una volta, Allison sorrise commossa e strinse la mano a suo fratello, percependo un calore che non ricordava, un calore che la catapultava indietro nel tempo, quando ancora c'era speranza, quando ancora c'era Valery accanto a lei.
-" Tranquillo fratello, non sono sola. Ce la farò. "
Trent si alzò e le si inginocchiò davanti, poi le circondò la vita con le braccia e si strinse al suo corpo magro; Allison ricambiò, trattenendo a stento le lacrime e rimproverandosi di essere una piagnucolona, nascondendo il viso nei soffici capelli scurissimi di un altro fratello che presto avrebbe perduto.
~~~
Una nuova tempesta infuriava fuori da Alkalie Lake. I tuoni rimbombavano violenti tra le mura del penitenziario minorile, mentre la pioggia batteva rabbiosa contro di esse e il vento sbuffava feroce. L'estate, qualche giorno prima così vicina, sembrava fosse improvvisamente scomparsa del tutto, lasciando il posto ad una stagione nuova e terribile.
Il braccio B era completamente immerso nel silenzio; nessun rumore, nessun respiro, nessun detenuto che russasse. Nulla, se non l'eco della pioggia e dei fulmini in mezzo a quelle pareti marce e fredde.
Anche la cella 42B era silenziosa. La detenuta Allison McLean se ne stava accoccolata nella sua branda con il piumino fino alle orecchie, al calduccio, ma in un odioso stato di dormiveglia. Continuava a rivedere sua sorella, i suoi genitori e sua zia, angeli che si trasformavano in mostri nella sua mente buia, e accanto a lei ogni suo demone, dalla sua forza fino ai suoi brucianti e consumanti ricordi, le sussurrava parole taglienti.
Aprì di colpo gli occhi, ritrovandosi a pochi centimetri dal bellissimo ritratto di sua sorella, sorridente e splendente, con i capelli al vento e un magnifico vestito estivo, il vestitino viola. La confortava e la tormentava ad un tempo, una cosa che le piaceva, che le ricordava di essere ancora viva. 
Scivolò silenziosa dalla sua branda, rabbrividendo a causa dell'aria fredda sulle braccia e le gambe nude, e si diresse pian piano alla toletta, si sciacquò il viso e si guardò per pochi secondi allo specchio. Della Allison di sette, forse anche otto mesi prima, ormai non ricordava nulla, non ne vide alcuna traccia. Perfino il colore dei capelli le sembrava sbiadito, più bianco che biondo, per non parlare del suo corpo ridotto a lividi ed escoriazioni, sebbene più solido.
Ritornó alla sua branda, infilandosi nuovamente al calduccio, voltata verso la parete. Il sonno sembrò avvolgerla come una seconda coperta, eppure qualcosa non andava. Quasi allarmata, si voltò di scatto verso l'altro letto a castello, verso la branda parallela alla sua, ed incrociò due occhi luccicanti nella penombra; tirò un sospiro di sollievo mentre il suo cuore si fermava. Rimase immobile, con gli occhi fissi in quelli del Lupo Cattivo, finchè stranamente non fu lui ad abbassarli e a voltarsi con aria colpevole. Notò che il suo piumino era tutto ammucchiato in un angolo del letto e che stava tremando per i brividi; era mezzo nudo, coperto solo da un paio di boxer neri. Ma che diavolo, voleva prendersi una polmonite quel babbeo?!
Allison saltò agilmente dalla sua branda, zampettando rapidamente fino a quella del Lupo Cattivo e arrampicandosi quanto bastò sulla scaletta a pioli del suo letto. Pian piano e con prudenza, lo coprì dolcemente con il suo piumino, assicurandosi che fosse ben coperto e al caldo. Gli tirò la coperta fin sulle spalle e in quel momento lui aprì nuovamente gli occhi e le afferrò il polso con delicatezza, spaventandola un po' . Noto solo dopo qualche secondo la mano fasciata. Cosa gli era successo?
-" Che stai... "
-" Avevi freddo. Ti ho coperto. "
disse risoluta Allison, non lasciando trasparire alcuna emozione; il battito del suo cuore, che Duncan avvertiva attraverso il polso, la tradì.
-" Non serviva. "
-" Sì invece. Stavi tremando, avevi freddo. "
Il Lupo Cattivo emise un grugnito e la lasciò andare. La fissò per qualche secondo, mentre lei se ne stava lì impalata a strofinarsi il polso. La trovava ancora maledettamente adorabile nella sua pacata e falsamente apatica gentilezza.
-" Mi dispiace per l'altro giorno. Non avrei dovuto trattarti a quel modo. Non te lo meriti. "
disse, dopo aver raccolto un'enorme dose di coraggio. Da molto tempo non chiedeva scusa per certe cose, orgoglio e corazza gliel'avevano sempre impedito, ma con quella ragazzina nè l'orgoglio nè la corazza contavano più qualcosa. Era la prima volta che incontrava una persona come lei, e ne era felice. Lo faceva sollevare, ma anche soffrire. Lo faceva sentire di nuovo vivo.
Allison, dal canto suo, non seppe come rispondergli. Si sentiva bene, anche se forse non avrebbe dovuto, e allo stesso tempo si sentiva male, come se le stesse girando la testa.
-" N-non fa niente... Mi hanno fatto di peggio. "
mormorò, sorridendo con nervosismo e il ragazzo incredibilmente le sfiorò una ciocca di capelli ribelli, osservandola come se fosse stata un oggetto dai poteri mistici.
-" Non avrebbero dovuto. "
Lasciò che i capelli gli scivolassero tra le dita e tornò a guardare la ragazza, Allison, che lo guardava incantata a sua volta. 
-" Io penso di sì, invece. Mi hanno insegnato come non devo essere. "
Duncan ridacchiò, trovando quella risposta più che giusta. Era così bella in quella luce eterea e spettrale, così adatta alla sua persona...
-" Può darsi... Su, torna a letto adesso, o ti prenderai l'influenza. "
Allison annuì, rincuorata più che mai, e prima di tornare alla sua branda gli carezzò delicatamente una spalla, facendolo rabbrividire. Per un secondo, si sentì morire a quel tocco tanto delicato ed intenso.
-" Buona notte, Duncan. "
-" Buona notte, Allison. "
E si addormentarono sorridendo. 
~~~
Era una mattina umida, in cui il cole splendeva dietro ad una leggera coltre di nebbia mattutina. Tutto attorno ad Alkalie Lake era come illuminato da una luce divina ed ogni filo d'erba luccicava di rugiada ad essa; la strada di cemento grigio pareva brillare come fosse stata d'oro oltre la recinzione, vicina e lontana ad un tempo. 
Era ancora relativamente presto, appena dopo le otto, ma Allison era lì, in quello stesso ufficio e magazzino in cui era stata tanto tempo prima, più di quello che era nella realtà. Nulla era cambiato lì dentro, tranne lei, con i suoi capelli sbiaditi e cresciuti a dismisura, la pelle troppo pallida e la sua tuta arancione. Stava pazientemente aspettando che Trent si cambiasse ed in realtà era ansiosa di vederlo in abiti civili, come un ragazzo normale. Sapeva che non sarebbe stato molto diverso da prima, ma ormai era cosi abituata a tute arancioni e divise blu scure che non ricordava gli abiti comuni. Quasi rise a quel pensiero.
Si era portata la bandana che le aveva regalato, la bandana portafortuna che tanto adoravano entrambi. Quello era il giorno in cui gliel'avrebbe restituita. Era arrivato il momento.
Trent uscì dal camerino ed Allison gli andò incontro sorridente, svegliandosi dai suoi tristi pensieri e piombandone in altri più cupi. Indossava una semplice t-shirt verde, dei jeans strappati sulle ginocchia e delle Vans nere; si era lasciato crescere leggermente la barba e il ciuffo, che ora gli cadeva sugli occhi e lo faceva molto emo. Lo trovava così cresciuto, così bello, così diverso. Non aveva mai notato quel cambiamento fino ad ora, pensò, trovandolo assolutamente deprimente ed assurdo. Si sorrisero affabilmente, con gli occhi colmi di tristezza, e si avviarono fianco a fianco verso la strada della libertà.
Riley, l'anziano secondino che l'aveva accolta ad Alkalie Lake dopo Finch e Berry, aprì il portone di metallo, fecendoli uscire nel cortile d'entrata del penitenziario minorile. Era bellissimo, malgrado fosse ancora fangoso ed opprimente, un mare di melma che li separava dalla recinzione, che si stava lentamente aprendo. Dall'altra parte di essa, riconobbero il pick-up nero di Gwen, ancora molto lontano. Trent lo fissava sorridente e pensieroso, così come Allison. Riuscivano a percepire ogni singola emozione che volteggiava tra loro, l'intensità e la complessità di esse.
-" E così ci siamo. Sei libero. "
-" Già, ce l'ho fatta. "
-" Non avevo dubbi. "
Il ragazzo si voltò e la guardò con tanta tenerezza e malinconia. Come avrebbe voluto portarla con sè...
Allison non perse tempo e prese dalla sua tasca la magica bandana, piegata a mo' di bandiera americana qual era, ma Trent la rifiutò con un gesto della mano e un sorriso malinconico.
-" È tua, riprenditela. "
-" No, Allison. Ridarmela sarebbe come dirmi addio, non trovi? Questo è soltanto un arrivederci. Perchè ci rivedremo, sorellina... "
La voce gli si ruppe, mentre una lacrima iniziò a rigargli il viso pallido; anche a lei gli occhi diventarono immediatamente lucidi, mentre rimetteva la bandana al suo posto, nella tasca della camicia che stava a livello del cuore. In compenso, si slacciò la sua catenina, quella di Sant'Antonio da Padova, e la allacciò al collo di suo fratello, il quale, per la prima volta, non si ritirò.
-" Questo è soltanto un arrivederci... "
ripetè a bassa voce la ragazza, cercando di sorridere ma asciugandosi le lacrime dal viso.
-" Beh, stammi bene campione. "
disse scherzosamente, tentando di chiudere tutto lì; detestava i saluti con tutta sè stessa, soprattuto a persone vicine come Trent. Sarebbe passato molto, troppo tempo prima che potessero rivedersi e forse lui si sarebbe dimenticato di lei. Ma la speranza, per una volta, urlava più forte dei suoi demoni.
Il ragazzo la abbracciò con un calore esplosivo che li fece scoppiare in lacrime; piansero entrambi, uno sulla spalla dell'altra, presi da mille sentimenti. Il cuore di entrambi era lacerato dal dolore della perdita, mentre il loro animo sembrava bruciare nel calore di tali emozioni.
Allison si sentì morta e rinata ad un tempo, sentiva infuriare una tempesta e soffiare la brezza calda dell'estate, sentiva il cuore in pezzi e che batteva ancora.
Si separarono a fatica da quell'abbraccio, l'ultimo prima di un anno e più, ed entrambi puntarono lo sguardo su quel pick-up nero in lontananza, oltre la recinzione spalancata; videro Gwen scendere e sorridere raggiante più che mai, osservarono gioiosi la strada illuminata dai raggi dorati e la nebbia che iniziava a diradarsi, lasciando più spazio al sole. Quella sarebbe stata una giornata splendida, la calma dopo i continui temporali dei giorni passati. Sarebbe stato un nuovo inizio. Per entrambi.
-" Ti sta aspettando... Su, vai. Hai passato troppo tempo lontano da lei. "
sussurrò Allison, tenendo lo sguardo fisso sulla libertà della persona tanto amata quanto avrebbe potuto amare un fratello, che amava come amava Valery.
Si guardarono un'ultima volta, dicendosi le mille cose che non riuscivano a dire in quel momento tanto carico di emozioni così forti e devastanti, così potenti e prorompenti da togliere il fiato e lasciare solo un sorriso tra le lacrime, poi Trent prese a correre, saltando e gridando come un pazzo. Saltò letteralmente addosso alla sua amata, sollevandola da terra e baciandola mille e più volte, abbracciandola, piangendo con lei ed esultando. Mai l'aveva visto così felice, e ciò risollevò lo spirito anche a lei.
Prima che i due entrassero nel pick-up nero, si voltarono entrambi, Trent con un braccio attorno alla vita di Gwen, e la salutarono con una mano, le lacrime che bagnavano il volto di tutti e tre, mentre la recinzione si richiudeva lentamente, cigolando, dividendoli per molto, molto tempo; Allison rispose a quel saluto con malinconia ed allegria ad un tempo, promettendo a sè stessa che quando fosse uscita, quella bandana sarebbe tornata in mano a Trent. 
Il ragazzo salì al posto del guidatore, la sua ragazza al posto del passeggero, e partirono spensierati per quella strada tanto agognata, la strada della libertà, dove suonarono il clacson per un buon tratto. Rimase lì a fissare il veicolo finchè non scomparve dietro agli alberi, a pensare a mille cose in un solo momento, poi si asciugò le lacrime e tornó al suo posto di lavoro, stavolta la lavanderia, mentre la recinzione schioccò, chiudendosi definitivamente alle sue spalle; un tuono lontano rimbombó, ma il sole spuntò sempre più luminoso.
Sorrise al cielo, stringendo tra le dita la bandana e respirando profondamente l'aria umida del mattino. Sì, quella sarebbe stata una bellissima giornata.
 
Già cominciava a mancare qualcosa nella routine. Mancava ovunque. Nella mensa, nella biblioteca, nella palestra... Eppure se n'era andato soltanto quella mattina.
Per tutto il giorno era stata silenziosa e malinconica, lontana da qualsiasi contatto umano possibile; si era limitata a lavorare, tenendosi impegnata tutto il giorno e cercando di ignorare tutti i segni di amicizia che le venivano lanciati dai suoi compagni più benevoli, come Paulie, che era passato qualche volta per la lavanderia, le aveva sorriso e offerto il suo aiuto, ma di cui non aveva voluto saperne. Era rimasta lì tutto il giorno, a parte durante l'ora d'aria, dove si era seduta in un angolino un po' più asciutto del cortile, vicino alla recinzione, e dove era rimasta a fissare il panorama illuminato dal sole.
Era arrivata la sera, con la sua campanella della cena, ed era arrivato il momento di andare nella mensa e non trovare di nuovo Trent, con i suoi bellissimo occhi verdi, il sorriso raggiante e i vassoi colmi di sbobba calda. Era andata a prendersi il suo vassoio da sola, si era seduta al suo solito tavolo deserto e aveva cominciato a rovistare nel piatto con la forchetta. Si rese conto che mangiava quello schifo solo perchè l'allegria di Trent le metteva fame, ma ora che non c'era più... Scacciò malamente il vassoio, corrucciandosi contro lo schienale della sedia e cercando di isolarsi dal brusio e le risate degli altri detenuti. Non sapeva perchè, ma quella sera era particolarmente irritante. Ah, giusto : non c'era Trent a distrarla con le sue battute idiote. 
Chiuse gli occhi e ingoiò le lacrime a fatica, ricordando improvvisamente di odiare con tutta sè stessa quel posto schifoso in cui era finita per colpa di un bastardo che non aveva fatto altro che usare sua sorella. Solo suo fratello lo rendeva piacevole, ma ora suo fratello se n'era andato. Non sarebbe sopravvissuta per più di un anno senza di lui, lo sentiva. 
Ricordò la scuola, dove aveva provato le stesse sensazioni. Le venne da ridere a pensare al suo liceo come una prigione, anche se forse Alkalie Lake era meglio : almeno quello era un penitenziario dichiarato. 
Un rumore vicino la destò dai suoi pensieri alquanto assurdi e deprimenti, come se qualcuno avesse poggiato un vassoio sul tavolo, proprio al posto di Trent. Aprì di scatto gli occhi, quasi sperando che fosse lui, ma non c'era. Nessuna traccia di Trent, eppure un vassoio c'era, e c'era anche un detenuto in tuta arancione in piedi di fianco alla sedia. Per un attimo, ebbe l'istinto di andarsene, ma dove diavolo avrebbe potuto scappare? 
Non guardò nemmeno chi fosse, si limitò a richiudere gli occhi e tentare nuovamente di isolarsi. Quanto odiava la gente...
-" Posso sedermi? "
Quella voce profonda e leggermente gracchiante, la voce da pazzo criminale domato ormai così familiare la fece saltare sulla sedia, sorpresa più che mai. Il Lupo Cattivo se ne stava lì impalato in tutta la sua stazza, a fissarla con quello che sembrava un sorrisetto tanto bonario quanto quasi provocatorio, affascinante, misterioso e detestabile come al solito. 
-" Ehm... Beh... Se vuoi... "
rispose, fingendosi il più disinteressata possibile e cercando di tornare al suo stato di completo isolamento dal mondo. Perchè si è seduto proprio qui?! , si chiese innervosita, ma respirò profondamente e scacciò quel pensiero. 
In compenso, mentre Allison se ne stava lì con il broncio, Duncan la osservava quasi divertito. Era perfettamente a conoscenza del fatto che McCord se n'era andato quella stessa mattina ed era perfettamente a conoscenza del fatto che la ragazzina si era isolata per tutto il giorno. Non appena l'aveva vista al tavolo da sola, con lo sguardo tra il depresso e l'arrabbiato, era andato da lei. Non gli piaceva vederla giù di morale.
Ora però era lì e lei era visibilmente innervosita, faceva finta di ignorarlo e non si azzardava a togliere quel musetto imbronciato che, francamente, trovava quasi adorabile. Era buffa da arrabbiata.
-" Dovresti mangiare. Gli hamburger sanno di qualcosa di molto simile a carne e il purè non è omogenizzato. "
esordì con la sua solita apatia, quest'oggi leggermente velata da una palese tenerezza ed affabilità totalmente estranea alla sua personalità; Allison socchiuse i suoi occhi azzurro ghiaccio, incrociando quelli acqua marina del Lupo Cattivo, che la fissavano in attesa di qualcosa di simile ad una riposta, che arrivò dopo molti secondi di scambio di occhiate. Non l'aveva mai guardato in quel modo tanto freddo, nello stesso modo in cui lui l'aveva guardata per così tanto tempo, e per la prima volta si sentì quasi in soggezione. Quasi.
-" Non ho fame. "
disse seccamente la ragazza, tornando al suo scontroso pisolino. 
-" E va bene, ti lascio da sola. "
Duncan fece per alzarsi e portarsi con sè il vassoio, ma si bloccò quando Allison gli scoccò un'occhiata triste velata da indolenza. Capì perfettamente i suoi pensieri : Non voglio che tu te ne vada, ma okay, vai pure. So che sono una stronza
-" Scusa... R-resta. S-se vuoi... "
mormorò, arrossendo e spostando il suo malinconico sguardo altrove. In quell'azione la rivide per la ragazzina che aveva conosciuto e ne fu sollevato. Non gli piaceva affatto essere messo in soggezione da una ragazzina. 
Si accomodò di nuovo, nascondendo un sorrisetto soddisfatto, e riprese a mangiare, fissando di sottecchi Allison, la quale continuava a guardare un punto nell'infinito con gli occhi pieni di tristezza e nostalgia. Evidentemente stava pensando a McCord; non era da biasimare, visto che erano molto legati. Lo stronzetto aveva persino osato attaccare rissa con lui per difenderla, quindi era facile dedurne che le mancasse molto. 
Dopo qualche minuto, Allison si riprese il vassoio e cominciò a mangiare, lanciando di tanto in tanto qualche sguardo a Duncan, che le sorrideva affabilmente. 
 
La cena passò ed arrivò l'ora di coricarsi. 
Nella cella era tutto normale, tranquillo e silenzioso. Allison era distesa sopra le coperte sulla sua branda, ad ascoltare musica e a cercare di non deprimersi, mentre dall'altra parte Duncan leggeva attentamente un nuovo libro, stavolta L'incendiaria di Stephen King. 
Allison teneva gli occhi fissi su quel misterioso ragazzo, ma non lo stava guardando. Pensava e pensava, ricordava, ingoiava lacrime. In quel momento si sentiva vuota, senza nessuna ragione per essere al mondo, così dannatamente sola in quel piccolo angolo d'Inferno in cui era stata spedita. Come avrebbe fatto a sopravvivere senza nessuno su cui fare affidamento? 
Una lacrime scivolò silenziosa sulla sua guancia pallidissima, luccicando debolmente alla luce della lampada da ufficio di Duncan, il quale le scoccò un'occhiata di soppiatto. 
-" Va tutto bene? "
le chiese apaticamente, riprendendo a leggere; Allison si asciugò in fretta la lacrima ed annuì con ben poca convinzione, cercando di soffocare il fiume che stava per versare. 
Il Lupo Cattivo chiuse il libro, non curandosi di tenere il segno, e si girò verso di lei, guardandola in modo apparentemente indolente; poggiò la schiena contro il muro freddo, parendo improvvisamente stanco, ma non smise di guardarla. Lo trovava stranamente bellissimo, in quella fievole luce gialla e calda, con la canottiera bianca e i boxer grigi, i tatuaggi in bella mostra così come il suo fisico... Improvvisamente, tutto ciò le sembró oltremodo meraviglioso.
-" Ti manca già, non è così? "
Non ebbe il tempo per sorprendersi e nemmeno la forza. Si limitò ad asciugarsi un nuova lacrima e continuare a guardarlo, rispondendo sileziosamente ad ogni domanda che avesse voluto porle; fu facile notare che abbassò il volume dell'MP3.
-" Come va con il tuo unicorno? "
Quella domanda lasciò Allison leggermente perplessa. Che cosa c'entrava Pinky? Sorrise per un secondo, portandosi il peluche rosa tra le braccia ed abbracciandolo affettuosamente; il sorriso contagiò anche il Lupo Cattivo, che sembrò più giovane, più dolce, più umano e meno lupo.
-" Anch'io avevo un pupazzo. Era un coniglietto. "
L'immagine di un Lupo Cattivo da cucciolo, nel suo lettino di notte, abbracciato ad un enorme coniglio bianco e beatamente addormentato, immerso in qualche bel sogno da bambino. Una tenerezza inaspettata la colse, facendola sorridere; anche lui sorrideva, probabilmente stava ricordando, ed era davvero bello. Per la prima volta, lo vide sotto una luce completamente diversa. 
-" Come si chiamava? "
Si voltò a guardarla, sorpreso ma sorridente. 
-" Clark. Quando gli diedi il nome ero ossessionato da Superman... "
Un dolce rossore gli colorò le guance, ma non cancellò il suo stanco e giulivo sorriso.
-" Speravo anch'io di diventare un supereroe... "
La vitalità si affievolì di colpo sul suo viso, tornando ad essere l'apatica stanchezza di poco prima. Era ritornato il solito Lupo Cattivo, quel ragazzo troppo uomo dai lineamenti duri e squadrati e lo sguardo di marmo. Allison lo trovò bello anche così, esattamente come lo trovava sempre, perchè in fondo lui era davvero bello. I capelli corvini, gli occhi chiari, i tatuaggi, la sicurezza che emanava il suo corpo solido... Ogni parte di lui infondeva fascino e mistero, tipici dei belli e dannati come lui.
Si svegliò dai suoi pensieri quando Duncan tornò a voltarsi pigramente verso di lei e a guardarla con tanta stanchezza ma anche con una certa punta di tenerezza. Era strano, pensò, dal momento che ben poche volte durante la sua permanenza ad Alkalie Lake le aveva rivolto quello sguardo particolare. Che cosa stava succedendo?
-" Probabilmente ora ti sentirai sola al mondo, senza nessuno su cui fare affidamento, e pensi che non potrai mai farcela da adesso, ma non è così. Ce la farai, hai la forza e lo spirito per farlo. Non pensare di essere debole, perchè non lo sei. "
Gli occhi di Allison si spalancarono automaticamente e in quel momento il Lupo Cattivo spense le luci e si accoccolò sotto le coperte, dandole la schiena. Aveva detto sul serio quelle parole? E che diamine volevano dire?!
Ancora scossa, si rivoltò nella branda, girandosi verso la parete scura e fredda, e si concentrò su quelle bellissime e confortanti parole, quelle che mai e poi mai si sarebbe aspettata dal Lupo Cattivo. In realtà, le avevano molto giovato. Ora che non aveva più nessuno accanto a sè, aveva davvero bisogno di qualcuno che avesse fiducia in lei ed era quasi sollevata che quel qualcuno fosse Duncan. Inoltre lui sembrava capirla, tanto che per un momento pensò che riuscisse a leggerle nel pensiero. Si sorprese a pensare che forse lui, tempo prima, avrebbe potuto essere nella stessa situazione. Era così strano immaginarlo nelle vesti della vittima, del "debole", proprio lui che la stava allenando, che l'aveva sfidata, picchiata, protetta. 
Si voltò nuovamente e si ritrovò a fissargli l'imponente schiena semiscoperta; nella penombra intravide la scritta, quella frase di cui si scoprì perdutamente innamorata, ed intravide anche i suoi muscoli tendersi e rilassarsi al ritmo del suo respiro. Sentiva che ancora non dormiva, ma l'avrebbe fatto presto. 
 
Ora ci sono io con te.
Quella vocina forse era ancora più fastidiosa di quella dei suoi demoni, la vocina della speranza.
Speranza in che cosa? Che cosa sei tu? NULLA! Tu per lei non sei assolutamente nulla, non vali niente!
Continuava a sentire quelle voci ripetutamente, le sentiva urlare più forte di qualsiasi cosa e non riusciva a farle smettere. Era così da molto tempo, ma da quando la ragazzina era entrata nella sua vita erano peggiorate. Non era colpa di Allison, certo, ma avrebbe voluto che quelle maledette si zittissero. Le voci lo spaventavano più di ogni altra cosa al mondo.
Si rigirò nella branda e si mise a fissarla, cercando conforto nella sua figura infagottata nel piumino, mezza nuda e con i capelli scompigliati; aveva gli occhi chiusi e uno sguardo imbronciato, quello che aveva identificato come lo sguardo degli incubi, eppure era immobile e pareva perfino tranquilla. La invidiava per la sua capacità di prendere sonno tanto facilmente, eppure non avrebbe mai voluto avere i suoi incubi. Quali demoni la tormentavano? , si chiedeva spesso e se lo stava domandando anche in quel momento, ma qualcosa gli impedì di rispondersi. Forse i demoni di Allison erano troppo spaventosi anche per lui.
No, nessun demone sarà mai più forte. So che non ne hai bisogno, ma io sarò con te d'ora in poi.
Chiuse gli occhi acqua marina e riuscì ad addormentarsi grazie all'immagine di quella dolce ragazzina stretta tra le sue braccia.
Sarebbe stato lui il suo supereroe.
 
 
 
Nda : A tutti i miei affezionati lettori, chiedo scusa per il grave ritardo, ma ci sono state delle complicazioni con la mia rete internet. Un saluto dalla vostra sempre grata Allison_McLean!
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: Allison_McLean