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Autore: Ode To Joy    09/10/2017    2 recensioni
ABBANDONATA
[Lotor x Lance]
Post-S3
”I tuoi occhi sono blu…”
Lance avvertì una nota sorpresa nella sua voce. Sorrise.
“Adesso, però, devi dirmi di che colore sono i tuoi.”

Dopo una battaglia finita male, Lance si ritrova solo ed incapace di vedere a causa di un danno irreversibile subito agli occhi.
"Mi permetterai di vedere il tuo viso, prima che tutto questo finisca?"
Viene salvato e fatto prigioniero da un giovane generale Galra senza nome che ha tutte le intenzioni di sfruttare il Paladino a suo vantaggio.
"Hai già visto molto più di quello che avresti dovuto, Paladino Blu."
Ma ogni strategia ha i suoi punti deboli.
[Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!]
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, McClain Lance
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Pioggia




Lance ricordò che erano passati mesi dall’ultima volta che il vento gli aveva accarezzato il viso solo quando fece il suo primo passo su quel pianeta senza nome.

Non aveva indossato il casco: Lotor gli aveva assicurato che non ce ne era alcun bisogno. Inspirò l’aria a pieni polmoni e gli fu impossibile non avvertire la differenza con quella artificiale nella nave del Principe.

C’era un mondo di odori lì fuori e, per un attimo, l’oscurità che lo circondava non gli parve più così soffocante. Fece un passo oltre la piattaforma di Red e gli sfuggì un’esclamazione sorpresa nell'avvertire il terreno cedere sotto i suoi piedi. Non di molto, però.

Mise insieme un po’ di coraggio e fece un passo ancora. La sensazione di affondare si ripeté ma rimase in piedi. Annusò di nuovo l’aria cercando di distinguere ciò che era familiare da quello che non lo era.

In sottofondo, vi era un rumore ritmico, continuo.

Un sospetto lo riempì di speranza. S’inginocchió sul terreno goffamente e vi affondò le dita. Il suo cuore saltò un battito quando chiuse i pugni ed i granelli di sabbia scivolarono tra le sue dita.

Che sensazione meravigliosa!

“È il mare…” Mormorò con voce tremante per l’emozione. Rimase in ascolto e riuscì a riconoscere l’inconfondibile rumore dell’acqua che accarezzava la spiaggia. “Questo pianeta ha un mare!” Esclamò rivolgendosi al giovane Galra rimasto alle sue spalle.

“È un grande lago,” lo corresse Lotor con voce incolore.

“Come si chiama questo posto?” Domandò Lance alzandosi in piedi con un saltello. “A chi appartiene?”

“Non ha un nome, solo un numero identificativo,” spiegò il Principe. “È molto piccolo, l’Impero non ne vanta la proprietà.”

“È bellissimo!” Commentò Lance. “Non c’è il sole?”

Lotor sollevò gli occhi al cielo. “È coperto.”

“Da cosa?”

“Lo scoprirai.”

Lance s’imbronciò e tornò sui suoi passi.

“Fermo,” ordinò Lotor con voce pacata.

Il Paladino ubbidì. “Perché?”

“Rimani dove sei e non discutere.”

“Mi hai portato sul luogo della mia esecuzione?” Domandò sarcastico. “La sabbia ed il mare sono una sorta di ultimo desiderio per il condannato?”

“Non so di cosa stai parlando, Paladino.”

“Ti ho raccontato di essere cresciuto sul mare, mannaggia a me!”

Lotor continuo a guardare il cielo plumbeo sopra di loro e si assicurò di fare ancora un passo indietro, all’interno della bocca del leone. “Ci siamo quasi, credo…”

“A cosa?” Domandò Lance irritato. “Ad io che vengo lì e ti faccio passare la voglia di prendermi in giro?”

Il boato di un tuono lo zittì un istante più tardi.

La pioggia arrivò improvvisa, vigorosa.

Lance lasciò andare un’esclamazione stridula, quasi spaventata, poi si fece immobile.

Le labbra di Lotor si piegarono in una smorfia soddisfatta nel vedere l’espressione di assoluta sorpresa sul viso del Paladino. Gli occhi blu si accesero e, lentamente, gli angoli della bocca di Lance si sollevarono. “Sta piovendo…” Mormorò..

Allargò le braccia e sollevò il viso verso il cielo col sorriso più felice e luminoso che Lotor avesse mai visto.

“Sta piovendo!” Esclamò Lance guardando il Principe, sebbene non potesse vederlo realmente. “Sta piovendo! Sta piovendo davvero!”

Quanta innocenza c’era in quell’esclamazione?

Troppa per un giovane che avrebbe dovuto essere la personificazione del guardiano del fuoco – o dell’acqua, Lotor non ne era certo.

Quel Paladino era così inadatto per essere qualunque cosa il suo titolo gli imponeva, eppure Lotor non lo trovava patetico o fuori luogo.

Lance fece un paio di piroette sotto la pioggia. Alla seconda, rischiò quasi di cadere e rise di se stesso.

Non si era mai fermato a riflettere sul concetto di bellezza, il Principe dei Galra. Gli era sempre sembrato qualcosa di troppo lontano dalla realtà in cui era nato. Inutile, quasi.

Aveva la netta sensazione, però, che l’immagine che aveva davanti ne fosse un buon esempio.

Un altro boato, un altro tuono.

Lotor tornò alla realtà e si accorse che Lance si era fatto immobile e gli dava le spalle.

Attese alcuni istanti ma non accadde nulla.

La pioggia si fece più fitta ed un fulmine cadde al centro del lago. Lotor decise che era giunto il momento di rientrare. “Torniamo dentro, Paladino. Le altre saranno qui prima che il temporale finisca.”

Lance, però, non si mosse.

“Paladino.” Riprovò Lotor con voce più ferma.

L’altro non sembrava riuscire ad udirlo.

Lotor imprecò tra i denti ed uscì fuori dalla bocca del leone, sotto la pioggia. “Lance.” Chiamò afferrando una spalla del.giovane.

Quesi si ritrasse immediatamente e lo guardò con un astio che non gli aveva mai rivolto prima. “Perché?”

Lotor vide che stava piangendo. “Perché cosa?”

“Perché mi hai portato qui?” Urlò Lance. “Dovresti odiarmi, no? Siamo nemici! Perché mi porti in un luogo in cui c’è tutto quello che mi manca della mia casa?”

Lotor strinse le labbra per un istante. “Mi sembrava uno scambio equo,” disse. “Tu mi aiuti a capire tutta questa assurdità di Voltron e dei Paladini ed io… Io potevo solo darti questo.”

“Solo questo?” Ripeté Lance con rabbia. “E riportarmi dai miei amici? E provare a capire Voltron facendone parte?”

Lotor strinse i pugni. “Preferisco la morte, piuttosto che combattere in nome di Voltron!”

“Possibile che tu non lo capisca!” Urlò Lance tra le lacrime. “Non è Voltron che ti ha portato via tuo padre e tua madre, Lotor!”

Fu troppo.

Qualcosa si ruppe.

Lance non vide l’espressione atterrita ed iraconda di Lotor. Non vide la maschera della bestia orgogliosa costretta in un angolo da chi avrebbe dovuto proteggerla.

Lance sentì solo la sabbia bagnata contro la schiena e le mani di Lotor strette intorno alla sua gola.

Sapeva che era colpa sua. Si era cacciato da solo in quella situazione. Lotor non gli aveva mai davvero fatto del male e Lance aveva sfogato su di lui una frustrazione che aveva cominciato a covare da molto prima che le loro strade s’incrociassero.

Forse, se entrambi non si fossero aggrappati con tanta fiducia al desiderio di comprendersi a vicenda, le cose sarebbero state molto più semplici.

Si erano sfiorati. Per farsi del male, per respingersi ancora ma si erano sfiorati.

Tanto bastava a renderli qualcosa di diverso da semplici nemici.

Anche Lotor lo sapeva.

Per questo lo lasciò andare.

Lance ingoiò aria con disperazione e si girò su di un fianco. Tossì.

Lotor non lo toccò più. Si alzò in piedi e lo lasciò lì, sotto la pioggia.



Pioveva appena quando Lotor tornò a cercarlo.

Lance si era trascinato fino alla bocca di Red e lì era rimasto, seduto a terra con le ginocchia strette al petto. L’odore della terra bagnata gli fece compagnia fino a che un rumore di passi alle sue spalle non lo costrinse a stare sull’attenti.

Lotor, però, non fece nulla per minacciarlo: si limitò a  sedersi accanto a lui.

“Come fai a dirlo?” Domandò.

Lance rimase in silenzio.

“Come fai a dire che non è stato Voltron la ragione della caduta di Zarkon?” Domandò il Principe.

Lance si umettò le labbra. “La quintessenza ti corrompe, così mi hanno detto,” rispose. “Voltron, no. Voltron non ti porta ad annullare te stesso, ti permette di essere un tutt’uno con cinque esseri ed altre quattro persone.”

“Ti entra nella testa,” insistette Lotor.

“Red non ha provato a sottometterti mentre la pilotavi,” gli fece notare Lance. “Stava cercando un legame con te.”

“Perché glielo hai chiesto tu.”

“Perché si fida di me,” disse Lance gentilmente. “Siamo una cosa sola.”

“È invasivo,” disse Lotor.

“È simbiotico,” replicò Lance.

Lo sguardo del Principe si spostò sul profilo del Paladino. “E non è per tutti.”

“No,” confermò Lance. “Non è per tutti.”

Lotor lasciò andare un sospiro rassegnato. Il Paladino Blu, però, aveva qualcos’altro d’aggiungere. “Shiro ha avuto più difficoltà di tutti noi a divenire il nuovo Paladino Nero.”

Lotor gli concesse di nuovo tutta la sua attenzione. “Perché me lo stai dicendo?”

“Perché è l’unica cosa che ho che possa farti capire chi era il primo Paladino Nero,” disse Lance. “Diecimila anni ed un Impero di terrore dopo, Black non riusciva ancora a spezzare definitivamente il suo legame con Zarkon. Potranno raccontarti di tuo padre in cento, in mille… Ma nessuno lo conosceva come Black. Nessuno sa che uomo fosse quanto lei e… Dopo tutto questo tempo, dopo tutto quello che Zarkon ha fatto, esisteva ancora un’eco del loro legame. Se questo non ha valore per te, allora rinuncia a capire chi era tuo padre.”

Lotor non disse nulla e Lance non detestò mai la sua cecità come in quel momento. Allungò una mano alla cieca e trovò il profilo di uno zigomo.

“Che cosa stai facendo?” Domandò Lotor afferrandogli il polso.

“Ti sto guardando,” rispose Lance con semplicità.

Il Principe non lo lasciò andare ma gli concesse abbastanza libertà di movimento per fare quello che voleva.

Aveva un bel viso, pensò Lance. C’era poco da fare.

“Hai i capelli tutti bagnati,” notò distrattamente infilando le dita tra le lunghe ciocche di cui non conosceva il colore preciso.

“Anche tu sei tutto bagnato,” replicò Lotor.

Il Paladino scrollò le spalle. “Non ho freddo.”

Il Principe portò le dita sul collo dell’altro, risalì la gola, gli tenne il mento sollevato per guardare meglio i suoi occhi. “È un pianeta caldo.”

Lance trattenne il respiro e Lotor se ne accorse ma non smisero di toccarsi.

“Assomigli a tua madre?” Domandò il giovane terrestre.

“Non lo so,” ammise Lotor. “Tutti parlano di mio padre e nessuno di mia madre. La strega dice che gli somiglio ma credo che lo faccia solo per indispettirmi.”

Lance reclinò la testa da un lato ma Lotor non allontanò la mano dal suo viso. “Non mi hai ancora detto di che colore sono i tuoi occhi.”

“Tu come li immagini?”

Lance sorrise. “Sono influenzato dall’immagine degli occhi di Keith,” ammise. “Devi avere uno sguardo intelligente. Non per forza tagliente ma, sì, intelligente. Determinato. Lo sguardo di un Re. Immagino i tuoi occhi basandomi sulla tua voce.”

Lotor sospirò risalendo il profilo del viso di Lance, fino a toccare i capelli castani arricciolati sulle punte. “Che cosa ne pensi della mia voce?”

Lance scrollò le spalle e non rispose. “Ti piace guardarmi?”

Il Principe si fece rigido e ritrasse la mano. “Sarebbe controproducente perderti d’occhio.”

“Ezor mi ha detto che mi guardi dormire tutta la notte.”

Lotor strinse le labbra: era troppo chiedere che Ezor non parlasse a sproposito? “I primi tempi piangevi continuamente,” si giustificò. “Avevo bisogno di assicurarmi che non facessi nulla di stupido.”

Lance sorrise amaramente. “Sono troppo codardo per togliermi la vita, Lotor. Te lo assicuro.”

“Dare valore alla propria vita non è codardia,” replicò il Principe. “L’idea che i tuoi compagni potessero cadere per te ti era tanto insopportabile?”

“Non voglio che nessuno si faccia male per me.”

“Siamo in guerra, Paladino.”

“Keith non mi salverebbe per il bene della guerra. Quella sarebbe la scusa, il modo di convincere Allura ma Keith, Pidge, Hunk e Shiro…”

“E tu moriresti per ognuno di loro,” concluse Lotor.

Lance aprì e chiuse le labbra. “Io non valgo la vita di nessuno di loro.”

Lotor aggrottò la fronte. “E tutti quei discorsi sull’essere Paladini insieme? Sull’essere un tutt’uno?”

Il Paladino strinse gli occhi e cercò di ricacciare indietro le lacrime. “È tutto vero.” Confermò. “Ciò non cambia quello che ho nella testa.”

“Pensi di non essere degno?” Domandò Lotor.

Lance scosse la testa e voltò lo sguardo altrove.

Il Principe si sporse in avanti ed il Paladino si fece immobile nell’avvertire il respiro di lui sulla guancia.

“Non importa quello che credi. Se i tuoi compagni sono disposti a morire per te, allora quello è il valore che hai per loro.”

Lance si umettò le labbra. “Come tuo padre con tua madre.”

Lotor si fece indietro e lo guardò dritto negli occhi. Mantenne la calma. “Ti ho detto che…”

“Con tutto il rispetto, Lotor, mi hai ordinato di farti capire ma hai la tra le mani tutto quello che ti serve per farlo,” lo interruppe Lance. “Ti chiedi che uomo fosse tuo padre quando sai bene per cosa è caduto. Sai bene che non è stato per Voltron.”

Le labbra di Lotor si piegarono in una smorfia sarcastica. “Coraggio, Lance,” disse. “Raccontami la storia dei miei genitori a modo tuo, perchè ho la netta sensazione che non sia la stessa che conosco io.”

Le labbra di Lance si strinsero in una linea dura. “Tuo padre ha voltato le spalle ai suoi amici e ha messo in pericolo loro e tutta la sua gente per salvare tua madre.”

“E come è finita lo sappiamo tutti e due,” concluse Lotor. “Avanti, Lance, usa il tuo talento, trova qualcosa di buono e rendila una bella storia.” Aggiunse con velenoso sarcasmo.

Il blu degli occhi di Lance si fece più cupo. “Zarkon è caduto per amore,” disse senza rifletterci troppo. “Sei figlio di un uomo che è arrivato a distruggere se stesso per sua moglie. Sei nato da quell’amore.”

Fu il turno di Lotor di trattenere il fiato e quando riuscì a respirare, un’ondata di rabbia lo travolse. Strinse i pugni, puntò gli occhi sul cielo fuori dalla bocca del leone ed impose a se stesso di non perdere il controllo come era successo poche ore prima, sotto la pioggia.

“Lotor…” Lance sollevò una mano e trovò i capelli del Principe. Lotor non si sottrasse a quella carezza ma si fece rigido. “Non puoi allearti con Voltron perchè tu non vuoi distruggere tuo padre. Vuoi che lui ti riconosca un valore.”

Lotor sbattè il pugno a terra e si alzò in piedi.

Lance fu più veloce. “Aspetta!” Pur nell’oscurità, riuscì a trovare la mano del Principe e la strinse tra le sue.

Lotor prese un respiro profondo. “Voglio restare solo, Paladino,” sibilò con rabbia. “Vuoi sfidare di nuovo la mia ira?”

“Hai gli occhi blu, vero?” Domandò Lance.

Il Principe rimase immobile, come congelato.

Il giovane terrestre accennò un sorriso. “Quando ti sei accorto di che colore erano i miei, c’era una nota sorpresa nella tua voce,” disse. “All’inizio, ho pensato che ti piacessero. Poi mi hai detto quella cosa sugli Altean e ho capito: sono la prima persona che incontri con gli occhi blu come i tuoi, vero?”

Lotor non aveva parole per rispondere. Come potevano gli occhi ciechi di quel Paladino guardargli dentro con tanta facilità? Era stato lui a dargli quel potere nei mesi che avevano passato insieme? O, forse, quello era il talento che Lance non aveva ancora riconosciuto a se stesso.

“Ezor ha gli occhi azzurri, non è la stessa cosa ma... Ed i nostri non sono proprio uguali,” disse Lotor. “I tuoi sono blu. Semplicemente blu. C’è qualcosa di viola nei miei.”

Lance sorrise. “Semplicemente blu,” ripeté. “In tutto il tempo che siamo stati insieme, questa penso che sia la prima volta che mi guardi davvero.”

Lotor rispose con un cenno del capo, troppo distratto da quegli occhi blu per ricordarsi che non potevano vederlo.

Lance voltò lo sguardo verso l’esterno. “Ha smesso di piovere?”

“Sì,” rispose Lotor senza verificarlo davvero.

“Sento il sole sulla pelle,” disse Lance con un sorriso. “Sta tramontando?”

“Sì,” rispose Lotor ma non prestò nessuna attenzione al cielo.

Lance sbatté le palpebre un paio di volte. “Puoi descriverlo?”
“È rosso,” si limitò a dire il Principe. “È bello…” Aggiunse a voce più bassa.

Lance smise di sorridere e riportò lo sguardo dove credeva si trovasse il Principe. “Perchè lo dici guardando me?”

Un colpo alle spalle lo avrebbe preso meno di sorpresa. Lotor non rispose, non poteva.

Lance, però, era più coraggioso di lui. Fece un passo in avanti, le sue dita trovarono di nuovo i suoi capelli. Quegli occhi blu disarmanti puntati sui suoi.

Non si muoveva, Lance.

Aspettava.

E Lotor sapeva cosa.

Sfiorò il viso di Lance con la punta delle dita… Poi qualcun altro spezzò il silenzio.

“No, la sabbia bagnata no!” Ringhiò Zethrid non troppo distante. “Odio la natura!”

Lotor fece due passi indietro e Lance avvertì una fitta al cuore.

“Oh! Eccoli!” Esclamò la voce di Ezor.

Li avevano trovati.

“Perchè siete tutti bagnati?” Domandò Acxa confusa.

Ezor ridacchiò. “Avete fatto il bagno vestiti?”

Lance non rispose e Lotor si allontanò da lui ulteriormente. “Riportatelo alla nave, ha bisogno di vestiti asciutti.”

“E tu dove vai?” Domandò Acxa.

“Ho una questione da risolvere,” tagliò corto il Principe.

Lance non disse niente, gli occhi persi nel vuoto. Si avvolse le braccia intorno al corpo: improvvisamente, aveva freddo.




Lance gli aveva raccontato una storia d’amore.

La storia dei suoi genitori. Lotor, però, non gli aveva detto che a quell’amore non aveva mai creduto, che era sempre riuscito a dare solo interpretazioni oscure alle azioni di suo padre.

Se fosse stato onesto con Lance anche su quello, quegli occhi blu lo avrebbero guardato nello stesso modo?

Non lo sapeva. Non doveva interessargli.

Perchè, se così non fosse stato, avrebbe dovuto accettare che per lui era importante.

“Cercate qualcosa in particolare, sir?” Domandò la padrone del bordello.

Di norma, Lotor non aveva bisogno di pagare per ottenere quel genere di attenzioni ma non era un semplice sfogo che cercava. Non quella volta.

Gli serviva qualcosa che potesse togliergli dalla testa l’immagine degli occhi blu di Lance e l’idea di quel bacio che non c’era stato.

“Un ragazzo…” Rispose distrattamente.

“Oh, abbiamo i giovani più belli dell’intero universo!”

Lotor ne dubitava ma quello che desiderava aveva un volto ed un nome ed aveva deciso di lasciarselo alle spalle. Si sarebbe accontentato.

“Qualche dettaglio in più, giovane signore?”

“Corporatura minuta,” rispose. “Capelli castani.”



Lance vagava nella sua cella come un’anima in pena.

Una mano appoggiata alla parete e le dita dell’altra che si aprivano e chiudevano nervosamente. Le ragazze si erano prese cura di lui ma si era aspettato di trovare Lotor ad attenderlo quando lo avevano lasciato solo.

Non era accaduto.

Erano passate ore e del Principe non c’era traccia.

Lo stava evitando? Lotor non era un codardo. Se voleva tenerlo a distanza, lo avrebbe fatto in un altro modo. Con rabbia, forse.

Lotor era sempre così arrabbiato, anche nei momenti in cui era più controllato.

Lance lo avrebbe preferito a quel silenzio prolungato.

Prese a torcersi le dita, a cercare un’eco della presenza di Red attraverso le pareti della nave.
Non servì a nulla: la fitta che avvertiva al cuore continuò a persistere.



Il giovane che gli portarono non aveva assolutamente nulla di Lance.

Sì, forse il colore della pelle poteva essere simile e così quello dei capelli. Aveva gli occhi grandi, sì, ma erano spenti e scuri. Il naso era troppo piccolo e le labbra troppo sporgenti.

“È quello che cercavate, mio signore?” Domandò la padrona del bordello.

No, non lo era. Quello che cercava lo possedeva già ma non aveva il coraggio di toccarlo.

“Sì…” Rispose con voce incolore.



Nell’udire la porta della cella aprirsi, Lance sentì il cuore farsi più leggero di colpo.

Un sorriso spontaneo gli illuminò il viso ma si assicurò di trasformarlo subito in un broncio. “Era ora!” Esclamò. “Ti avevo dato per disperso!”

Allungò una mano per toccarlo ma le dita che s’intrecciarono alle sue erano troppo piccole per essere quelle di Lotor.

La luce negli occhi di Lance si spense immediatamente. “Chi…?”

“Mi dispiace, Lance.” Era Acxa. “Lotor non è qui.”

Il Paladino Blu si umettò le labbra. “È impegnato in qualche strategia da grande Principe ribelle?” Domandò.

“No, non è sulla nave,” chiarì Acxa. “Non aspettarlo alzato. Non ha detto nemmeno a noi quando tornerà.”

Lance sbatté le palpebre un paio di volte. “Capisco…” Mormorò.

La fitta al cuore si fece più dolorosa.

“Buona notte, Lance.”

Troppo dolorosa.

“Buona notte, Acxa.”



Il giovane dagli occhi scuri cercò di toccargli il viso.

Lotor gli afferrò il polso prima che potesse riuscirci.

“Voltati.” Ordinò.

Non cercava tenerezza.

Non cercava nemmeno piacere.

Voleva solo che Lance uscisse dalla sua testa.

Il giovane ubbidì senza fare storie.



Lance credeva di conoscere il dolore provocato da un cuore spezzato.

Lo avvertiva ogni volta che non riusciva ad essere fedele alle sue aspettative. E, suo malgrado, gli era capitato spesso in diciassette anni di vita.

Aveva imparato a farci i conti da solo. Aveva imparato a nasconderlo, persino.

Un sorriso e passava tutto.

Perchè in quel momento non ci riusciva, allora?

Perchè le lacrime non volevano smettere di scorrere sulle sue guance.

Strapparsi il cuore dal petto sarebbe stato meno doloroso. Non sapeva cosa fosse ma si rifiutava di chiamarlo amore.

Non poteva credere che facesse tanto male.

Non chiuse occhio tutta la notte.

Alla fine, le lacrime cessarono ma non il dolore.

Lance non sappe quante ore passarono dalla visita di Acxa a quando la porta della sua cella si aprì nuovamente ma era certo che la notte fosse finita e non si fermò ad interrogarsi sull’identità del suo visitatore.

“Che cosa vuoi?” Sibilò senza voltarsi o alzarsi dal letto. “Hai voglia di fare conversazione, per caso?”

Nessuna risposta.

“Perchè io sono qui per questo, no? Aiutarti ad ingannare il tempo mentre trovi il modo perfetto per raggiungere i tuoi gloriosi scopi!”

Ancora silenzio.

“Non parli?” Lance si sollevò a sedere. “Non vuoi essere come tuo padre, Lotor? Bene, perchè ho una notizia per te: Zarkon non è codardo nemmeno la metà di te!”

A quel punto, non gli importava nemmeno più di udire la versione di Lotor.

Era rabbia pura, Lance e voleva gettarla tutta contro al Principe che gli aveva spezzato il cuore.

“Se volevi baciarmi, dovevi farlo!” Urlò e le lacrime scesero di nuovo a bagnargli il viso. “Dovevi baciare me ed affrontare le conseguenze, non fuggire! E…” Lance sentì il respiro venire meno ma non per la rabbia o per le lacrime. Si portò una mano alla gola come se vi fosse qualcosa che la stessa stringendo ma nessuno lo stava toccando.

“Mi trovi completamente d’accordo, Paladino Blu,” disse la voce di una donna che non conosceva. “Il nostro Principe ha bisogno d’imparare la lezione.”






 
   
 
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